Gaza e il 60° anniversario dei Diritti Umani: ovvero dell’ipocrisia

di P. Pagliani

 

Ormai anche i sassi sanno che mentre Hamas sei mesi fa dichiarava unilateralmente la tregua, Israele esattamente nello stesso momento iniziava a preparare l’attacco a Gaza. Solo i filibustieri o gli accecati possono dire che Israele si sta difendendo, che è poi il mantra ripetuto in tutto l’Occidente a partire per lo meno dalla Guerra dei Sei Giorni (anch’essa pianificata da anni, come rivelato dai generali di stato maggiore israeliani pochi anni dopo – è una storia interessante che bisognerà riprendere per sfatare i miti).

Poco prima dell’attacco a Gaza è successo il seguente fatto significativo.

Lo speciale relatore ONU per i diritti umani nei Territori palestinesi, Richard Falk, aveva  definito la politica israeliana verso la popolazione araba molto simile a un “crimine contro l’umanità”. In una sua dichiarazione al Consiglio per i Diritti Umani a Ginevra, aveva detto: “Sarebbe obbligatorio per una Corte criminale internazionale investigare sulla situazione e determinare se i leader politici israeliani e i comandanti militari responsabili dell’assedio di Gaza non andrebbero accusati e processati per violazioni contro le leggi criminali internazionali”.

Così il 15 dicembre scorso Richard Falk è  stato espulso dallo Stato ebraico, con l’accusa di aver dichiarato che esistono similitudini fra il trattamento riservato dagli Israeliani ai Palestinesi e quello che i nazisti riservavano agli Ebrei.

Richard Falk è un ebreo americano, professore di diritto internazionale. Evidentemente per i sionisti, Falk è uno di quegli “ebrei che si vergognano di esserlo” se non addirittura un “ebreo antisemita” come qualche volta osano dire persino di sionisti moderati. E’ questo il clima di intimidazione per cui il professore israeliano Ilan Pappè è dovuto emigrare a Parigi, per cui il professor Zeev Sternehell lo scorso settembre è stato ferito da una bomba davanti alla sua abitazione a Gerusalemme e il moderato pacifista – e grande direttore d’orchestra – Daniel Baremboim, che col compianto intellettuale palestinese Edward Said (autore del bellissimo saggio “Orientalismo”) ha fondato l’orchestra giovanile multietnica West-Eastern Divan, è costretto a girare in Israele con la scorta.

Così non solo in Israele ci sono i cittadini di serie A (ebrei) e quelli di serie B (arabi), ma anche tra gli ebrei ci sono quelli di serie A (i sionisti fedeli o gli indifferenti) e quelli di serie B (cioè chi dissente anche moderatamente).

L’unico stato democratico in Medioriente, a quanto sembra.

 

Miscellanea:

 

a) Di fronte all’altissimo numero di civili uccisi, il ministro degli Esteri israeliano Tzipi Livni ha commentato: “Le vittime civili sono il normale esito di una guerra”.

Mi ricorda da vicino il commento di Madeleine Albright, segretario di Stato del democratico Bill Clinton, sul mezzo milione di bambini iracheni morti per l’embargo: “Un prezzo giusto” (traduzione letterale, “The price is worth it”).

Bill Clinton è il precursore di “Obama il salvatore”, perché per la Sinistra (dal PD al PRC) Bill sta ad Obama come Giovanni Battista sta a Gesù. Ma ecco invece cosa pensa di Obama il giornalista israeliano Uri Avnery, ex corrispondente di Haaretz:

Un’altra ragione per questa scelta di tempo [dell’attacco a Gaza]: questi sono gli ultimi giorni di George Bush alla Casa Bianca. Ci si poteva tranquillamente aspettare che questo villano sanguinario avrebbe appoggiato con entusiasmo la guerra, come in effetti ha fatto. Barack Obama non si è ancora insediato, ed aveva un pretesto bell’e pronto per mantenere il silenzio: ‘C’è solo un presidente per volta’. Il silenzio non lascia ben sperare per il mandato del presidente Obama.”

Se poi la sinistra italiana vuole continuare a credere nei miracoli, sia pace all’anima sua.

 

b) Vorrei ricordare che dopo il summit di Annapolis tra Olmert, Abu Mazen e Bush, i pennivendoli nostrani, di destra e di sinistra, si scatenarono a scrivere “Ora la pace è più vicina”. Io espressi subito non il mio scetticismo ma la mia certezza che così non sarebbe stato. Non sono un profeta di sventure, bastava solo avere memoria e non essere ciechi: era la solfa con cui ci hanno intronato dopo ogni summit di questo tipo e in più, nella fattispecie, mancava addirittura l’unico che aveva il diritto di rappresentare il popolo palestinese, cioè Hamas.

 

c) Una, diciamo così, pace monca, ovvero una non-pace, teoricamente sarà possibile solo se Abu Mazen ritornerà a Gaza portato dai carri armati israeliani. Ma … ci sono tanti “ma”. Non è detto che se la senta di sputtanarsi fino in fondo. Abu Mazen è considerato inaffidabile dalla maggior parte dei palestinesi se non proprio un collaborazionista messo al potere dal nemico. Il suo “Stato Palestinese” sarebbe un insieme di bantustan del tutto privo di continuità territoriale e di sovranità politica. Infine dovrebbe fare talmente tante concessioni agli Israeliani che difficilmente i Palestinesi, che hanno la memoria lunga, glielo perdonerebbero. L’unica possibilità di sopravvivenza di questa soluzione monca sarebbe, forse, nemmeno un piano Marshall per i Palestinesi, ma che essi fossero letteralmente coperti d’oro da parte degli Occidentali, un po’ come ha fatto l’Italia con il Sud-Tirolo, cosa che vedo improbabile, anche perché nel caso di Bolzano c’era la NATO a spingere e a sostenere (lato politico) e c’erano i soldi (lato economico).

 

d) Abu Mazen un Quisling? Ecco ancora cosa dice Uri Avnery, ex parlamentare israeliano: “L’Olp viene considerato da molti in Israele come una succursale dell’organizzazione sionista”. Sarà forse anche per questo che le elezioni (“le elezioni più democratiche mai tenutesi nel mondo arabo”, sempre parole di Avnery) sono state vinte da Hamas? Sarà forse per questo che America e Israele – col pietoso codazzo dell’Europa, vera avvilente tirapiedi – ha cercato di rovesciare il responso delle urne con una sorta di colpo di stato pro Al Fatah macchinato con embarghi e isolamento politico?

 

e) Anche a sinistra, a partire da D’Alema (che pure con fatica accetta l’idea che Hamas sia, ahimè, “per varie responsabilità” rappresentativa dei Palestinesi) alla cosiddetta “sinistra antagonista”, si sente spesso ripetere la litania che quella israeliana è stata una “reazione sproporzionata (sic!) alle provocazioni (sic!) di Hamas”, una risposta “alla sua rottura unilaterale della tregua”, cosa che per il succitato D’Alema “e’ stata una iniziativa folle e criminale contro gli stessi Palestinesi”. E evito di parlare del recente (ignobile) intervento  fatte a gamba tesa del presidente Napolitano, colui che sembra sempre sul punto di equiparare antisionismo e antisemitismo.

E allora citiamo ancora una volta Uri Avnery, che a 15 anni è stato membro dell’Irgun, l’organizzazione terroristica di Menachem Begin, che ha combattuto nelle unità d’élite dell’esercito israeliano durante la guerra del 1948, ferito due volte e decorato, che è stato militante dell’ala reazionaria (revisionista) del Sionismo, per poi rendersi conto molto in fretta che era tutta una schifezza e diventare uno dei più lucidi critici della politica sionista.

Ecco cosa dice Avnery rispetto alla cosiddetta “rottura della tregua” da parte di Hamas:

Per la verità, il cessate il fuoco non è stato interrotto, poiché non vi è stato nessun vero cessate il fuoco. Il principale requisito di qualsiasi cessate il fuoco nella Striscia di Gaza deve essere l’apertura dei valichi di confine. Non può esserci vita a Gaza senza un flusso costante di rifornimenti. Ma i valichi non sono mai stati aperti, eccetto che per poche ore di quando in quando.

L’embargo aereo, marittimo e terrestre imposto a un milione e mezzo di esseri umani è un atto di guerra, così come qualsiasi bombardamento o lancio di razzi. Paralizza la vita nella Striscia di Gaza: eliminando le principali fonti di impiego, spingendo centinaia di migliaia di persone sull’orlo della fame, impedendo alla maggior parte degli ospedali di funzionare, interrompendo la fornitura di elettricità e di acqua.

Coloro che hanno deciso di chiudere i valichi – con qualsiasi pretesto – sapevano che non ci poteva essere un reale cessate il fuoco in quelle condizioni.

Questo è il punto principale. Poi sono giunte le piccole provocazioni volte a spingere Hamas a reagire. Dopo diversi mesi, durante i quali non era stato lanciato quasi nessun razzo Qassam, un’unità militare israeliana è stata inviata nella Striscia ‘al fine di distruggere un tunnel giunto in prossimità della recinzione di confine’.

Da un punto di vista puramente militare, sarebbe stato più sensato tendere un’imboscata dal nostro lato del confine. Ma l’obiettivo era trovare un pretesto per porre fine al cessate il fuoco, in una maniera che rendesse plausibile dare la colpa ai Palestinesi. E infatti, dopo molte di queste piccole azioni, in cui sono stati uccisi combattenti di Hamas, il gruppo islamico ha risposto con un massiccio lancio di razzi, e – guardate un po’ – il cessate il fuoco è terminato. Tutti hanno accusato Hamas.

 

E tutti continuano a farlo, politici e pennivendoli italiani in prima fila, in fraterno abbraccio bipartisan.

E intanto su Gaza piove fosforo o uranio impoverito. Piove morte, questo è certo.

E parlano di “Diritti Umani”! Ipocriti!

 

Piero Pagliani