Il “popolo” e i suoi “gradi di libertà”: una breve puntualizzazione
di P. Pagliani
“Il popolo è sempre innocente” era una provocazione per torcere il bastone in modo esagerato in contrapposizione all’idea altrettanto astratta che un popolo possa avere una “colpa collettiva”, concetto che io rifiuto da un punto di vista morale, politico e giuridico.
So bene che “popolo” non è una nozione molto definita e che Marx l’ha usata solo in rari casi.
Mi sia permessa un’autocitazione. Nel mio libro “Naxalbari-India. La rivolta nella futura terza potenza mondiale” a un certo punto riporto un’affermazione fatta da Marx sul New-York Daily Tribune a proposito delle conseguenze del dominio britannico sul subcontinente:
“Tutto quello che la borghesia inglese sarà costretta a fare non emanciperà e neanche modificherà materialmente la condizione sociale della massa della popolazione, che dipende non solo dallo sviluppo della capacità produttiva, ma dalla appropriazione di questa da parte del popolo.”
E così la commento:
“Il significato reale di quel termine ‘popolo’, è però lasciato in una vaga generalità, cosa non comune nella precisa terminologia di Marx.
In effetti, nel processo di transizione al capitalismo di una colonia pre-moderna (e specialmente di una colonia come l’India) il termine “popolo” assume necessariamente significati soggetti a modifiche sia sincroniche che diacroniche, in funzione del punto di vista di classe e del procedere stesso della trasformazione.
Ne segue che i processi di trasformazione capitalistica avranno diverse incidenze sulle possibili accezioni di questo termine, ovverosia sui differenti segmenti di popolazione, ceti e classi cui esso fa riferimento e sui loro rappresentanti politici, e ciò sarà uno dei profondi motivi delle divergenti interpretazioni del grado raggiunto dalla trasformazione capitalistica dell’India che diedero vita ad accese discussioni e divisioni nel movimento naxalita e nella sinistra indiana tutta.”
Penso che queste affermazioni possano essere condivise e abbiano un valore di carattere generale.
Per quanto riguarda il “populismo”, so bene che i lumpen sono spesso manovalanza dei reazionari, so bene che i populisti a volte manovrano con gli antirivoluzionari (a parte la Vandea, si vedano i veri e propri complotti antirivoluzionari dei Socialisti Rivoluzionari in Russia), che i “proletari puri”, che astrattamente hanno magari ragione, almeno in un caso hanno oggettivamente rischiato di minare la sopravvivenza della Repubblica dei Soviet (vedi gli “infelici ribelli di Kronstadt” – e, per l’appunto, se non mi ricordo male, “Tempi nuovi, errori vecchi in forma nuova” di Lenin diceva cose basilari a proposito del populismo e di quello che oggi chiameremmo “buonismo politicamente corretto”).
Io parto da Marx, ma sono del tutto consapevole che da Marx a Lenin c’è stato un vuoto e che solo Lenin ha saputo far progredire, o forse addirittura capire a fondo, il lavoro di Marx, (mettendone ovviamente in discussione, volente o nolente, cosciente o meno, alcuni punti). Tanto di cappello ad Engels, onore a Rosa Luxemburg, ma se non ci fosse stato Lenin saremmo ancora, come si dice a Roma, a “Caro amico …”.
So che anche la nozione di “dominati” è per molti aspetti vaga, non riesce a sostituire la, passatemi il termine, “rocciosità strutturale” di quella di “classe” e che è sottoposta a tutte le spinte dinamiche sincroniche e diacroniche di cui parlavo nella citazione.
E’ però necessario precisare questo termine basilare e i suoi “gradi di libertà”, o meglio ancora le sue “dipendenze funzionali”, all’interno di un sistema che è dinamico – e già questo pone dei bei problemi – e del quale abbiamo, oltretutto, solo una vaga idea delle dimensioni che lo costituiscono. Compito difficilissimo, me ne rendo conto e, da logico matematico che si occupa di queste cose, non mi scandalizzo, anzi trovo sensato e naturale, che tra le molte dimensioni possibili se ne scelgano solo un numero limitato, in base all’esperienza (anche teorica), al buon senso o ad ipotesi.
Ad ogni modo invito ad evitare di stressare un punto di vista o un altro a seconda della polemica in corso. Altrimenti si genera confusione e disorientamento.
E’ un invito che innanzitutto rivolgo a me stesso, ma spero sia raccolto da tutti.
E adesso pensiamo alla Palestina.
Piero Pagliani