IL PATTO DEI MORIBONDI di G.P.

 

Che genio questo Marchionne, dopo aver messo a segno, con l’americana Chrysler, l’operazione commercial-industriale più fumosa della storia – difatti, nessuno ha ancora ben capito in che cosa consista esattamente questo accordo tra i due giganti del settore (fusione? Acquisizione di un gruppo da parte dell’altro? Patto leonino? Manovra di temporeggiamento per convincere i rispettivi governi che i prestiti statali non andranno perduti? Maquillage finanziario?) – adesso ritorna ad invocare la “manna” pubblica, ma solo per garantire, ça va sans dire, il futuro ai suoi operai (circa 60.000 persone che rischiano il posto) e per salvaguardare un’impresa che costituisce un grande patrimonio della nazione.

E’ sempre la solita litania, basta un po’ di fuoco sotto il sedere e gli incalliti liberisti, adulatori ad oltranza della selva oscura mercatista dove le uniche mani invisibili all’opera sono quelle di chi fa sparire i risparmi della gente, si mettono a perorare le ragioni del cuore e quelle del bene comune.

Patriottardi e socialisti con una mano commossa sul petto e l’altra, ben più nascosta e viscida, a parare il loro privato buco del culo, ovvero l’unico orifizio in grado di segnalare loro il momento giusto per mettere in moto l’amor patrio.

Le mammelle pubbliche, sulle quali contano molte imprese dissestate, sono ormai l’ultima speranza per non sprofondare nel fallimento e la Fiat, sull’orlo dell’abisso, in compagnia di tutti i più grandi gruppi mondiali, non vede l’ora di attaccarsi ai seni di “mammona” Italia.

Ma il Sistema-Italia, in questo momento storico, non se la passa per niente bene e non può concedersi il lusso di mettere gli interessi particolari di un gruppo (anche se potente) davanti a quelli generali. Sarebbe uno sbaglio intollerabile che, peraltro, restando nel linguaggio di questi imbonitori domenicali, darebbe il colpo di grazia alla tanto invocata fiducia della gente.

Calderoli fa sapere che il governo non si piegherà per l’ennesima volta al duo Montezemolo-Marpionne, perché, fino ad oggi, la Fiat non ha fatto altro che socializzare le perdite privatizzando i profitti. Parole sue!

Non solo, questi campioni nazionali, che si vantano di far tanto bene al Paese, hanno prodotto il loro gioiellino della “rinascita”, la sopravvalutata 500, in Polonia, infischiandosene dei lavoratori italiani i quali già, da molto tempo, avevano il fiato corto per via della crisi.

E così che lorsignori vorrebbero far bere a noi poveri mortali questo mare di chiacchiere ideologiche che servono solo a camuffare il loro istinto predatorio a danno delle casse pubbliche. Certo, la situazione è complicata perché la Fiat ha in mano le chiavi del ricatto sociale, cosa che l’incauto Calderoli non ha ben valutato, ma per una volta ci vorrebbe un atto di coraggio. Siamo consapevoli che non si possono abbandonare i lavoratori, tuttavia il governo dovrebbe attivare una serie di "soluzioni condizionate" alle quali legare gli eventuali aiuti di Stato, in virtù una prossima riconversione dei settori industriali divenuti obsoleti e conseguente reimpiego e riconversione dei lavoratori espulsi dai rami secchi dell’industria.

E non ci si faccia beffare da questo ennesimo gioco di prestigio di Marchionne. Ci sarà una ragione se Nissan e Gm hanno già rifiutato il matrimonio con Chrysler. La sostanza commerciale di questa intesa fa ridere i polli. Ma davvero si può credere che i “modellini” Fiat potranno scorazzare sulle autostrade americane a otto corsie? E poi, la rete commerciale Chrysler sarà abbastanza flessibile per promuovere e vendere le auto della casa italiana, con i clienti americani che notoriamente non amano i giocattoli da 3 metri e poco più come la 500?

Marpionne si sta arrovellando per trovare 5 mld di euro con i quali rifinanziare i bond e le linee di credito, di prossima scadenza, che la Fiat ha sul groppone. La strada più breve per trovare questi soldi porta direttamente a Roma. Ma anche se lo stato aiutasse la Fiat in questa prima fase, sulla casa torinese continuerebbero a pesare 16 mld di debiti netti. Ci vorrebbe una ripresa sbalorditiva delle vendite, ma considerata la gravità della situazione economica mondiale, ciò è quasi impossibile.

Quindi o paghiamo noi o la Fiat fallisce.