A GEORGES LABICA, UN VERO COMPAGNO di Gianfranco La Grassa
E’ morto Georges Labica; e si può ben dire in questo caso che è morto un comunista, un vero pezzo di storia del comunismo, di quello reale e non puramente parolaio e impiccione. E’ morto un comunista marxista, sempre portato al rigore, mai scevro però di quel sentimento che non si illanguidisce in sentimentalismo. Anche se non lo vedevo dal 2005, ricordo molto bene le non poche volte che ci siamo trovati quando andavo a Parigi: o a casa sua (nelle vicinanze della Capitale) o nei caffè di Place de la Sorbonne o de la Contrescarpe, e altri. Personalità decisamente “latina”, focosa e appassionata, nessun “gelo nordico”. Quasi sempre eravamo d’accordo, soprattutto sulle questioni di fondo, cosa che da ormai un paio di decenni mi capita raramente con gli intellettuali “di sinistra”.
La biografia la si può trovare facilmente in internet; e così pure l’elenco dei suoi libri, delle innumerevoli conferenze e partecipazioni a congressi un po’ dappertutto. Labica è personaggio che non merita alcun necrologio forzatamente laudativo e conformistico. Va però detto, perché non si tratta di pura formalità, che era uno dei personaggi più alieni dall’opportunismo, o anche solo dalla volontà di smussare gli angoli di un dissenso, che abbia conosciuto. Quello che pensava, lo diceva apertamente; e sempre con foga e passione. Soprattutto, non cadeva mai nello snobismo di quei personaggi che si sentono geni per investitura di….non si sa chi.
Una personalità, insomma, che avrei voluto poter frequentare molto di più, perché ci si sentiva veramente a proprio agio, senza la sensazione della rarefatta erudizione, di quella certa aria di distacco abissale che ho riscontrato a volte negli intellettuali sedicenti compagni. Se debbo fare un parallelo, dirò che mi ricordava tanto il mio Maestro italiano, Antonio Pesenti, un vero compagno a tutto tondo; e anche quel che si dice “un compagnone”. Persone intelligenti, da cui si possono imparare tante cose, ma soprattutto a vivere in mezzo alla gente senza un solo briciolo di presunzione e socializzando con tutti o quasi. Rimpiango quindi di non averlo potuto rivedere recentemente. E mi parrà strano tornare a Parigi, come spero di fare al più presto, senza poter organizzare una bella conversazione con lui ed un giro di orizzonti su questo mondo francamente un po’ sbilenco.
Idealmente, un ultimo saluto e abbraccio a Georges Labica; e un grosso ringraziamento per averlo conosciuto e aver goduto un non esiguo numero di volte della sua compagnia, del suo accanito ardore nelle discussioni.