L’abbraccio Calabresi-Pinelli di P. Pagliani

 

Recentemente la vedova di Pino Pinelli e la vedova del commissario Calabresi si sono incontrate col patrocinio del presidente della repubblica Napolitano.

Non voglio assolutamente commentare l’incontro. E’ sicuramente una vicenda troppo delicata e dolorosa per queste due donne per poter intervenire dall’esterno a caldo. Voglio solo associarmi alla denuncia espressa da Gianfranco La Grassa su “RipensareMarx” del commento apparso su “Libero” (nel cui titolo – visibilmente deciso dalla Redazione, visto che non ha riscontro nel testo – sembra ventilata l’ipotesi che gli anarchici possano avere avuto comunque a che fare col terrorismo) ed esprimere due o tre sensazioni esistenziali e politiche che questo incontro mi ha suscitato.

 

Un giorno di molti anni fa ero andato a una riunione politica all’Università Statale di Milano. Avevo solo 17 anni ma ero molto coinvolto nel “movimento”. Tornai a casa la sera in bicicletta e, appena entrato a casa, mia madre mi informò che la radio parlava di un’esplosione proprio lì vicino alla Statale, a piazza Fontana. Ripresi la mia bicicletta e andai a vedere. Ovviamente non riuscii ad avvicinarmi, perché era tutto transennato.

Quel giorno iniziò un periodo fondamentale per la mia maturazione politica, un periodo drammatico il cui insegnamento e i cui “fatti testardi” (come avrebbe detto il filosofo inglese John Locke) sono continuamente attaccati da agenti corrosivi.

Avevo conosciuto Pino Pinelli al circolo anarchico del Ponte della Ghisolfa che avevo frequentato l’anno precedente. Conobbi invece brevemente Licia pochi anni dopo l’assassinio del marito in occasione dell’organizzazione di un evento politico riguardante Piazza Fontana.

Il primo insegnamento lo ricevetti da loro: la dignità.

 

Il secondo insegnamento fu di carattere politico: i rinnegati sono sempre stati e sempre saranno i più infidi.

Un “ex” non è necessariamente un rinnegato. La gente, grazie al cielo,  può cambiare idea; se lo fa onestamente merita il rispetto e il riconoscimento del suo  rinnovamento (anche se non lo si condivide). I rinnegati sono un’altra cosa e qui ne abbiamo un esempio. In quel periodo esisteva un partito chiamato PSDI (Partito Socialista Democratico Italiano). Scorrazzava con quattro gatti nei cortei canonici della sinistra (Primo Maggio, 25 aprile, ecc.) facendosi accompagnare nientemeno che dalle note dell’Internazionale. Questo raggruppamento era tuttavia necessario per gli equilibri di governo e così riuscì ad esprimere forse il peggior presidente della repubblica che l’Italia abbia mai avuto: Giuseppe Saragat, colui che aveva guidato la cosiddetta “scissione di palazzo Barberini”, ovvero il distacco dei socialdemocratici dal Partito Socialista e dal resto della sinistra; scissione ampiamente pilotata da ambienti atlantici. Fu così che sotto la sua presidenza prese forma quella stagione detta “strategia della tensione” finalizzata a normalizzare le lotte sociali e politiche  nate dal sessantotto studentesco e dal sessantanove operaio.

Il presidente Saragat iniziò personalmente accusando gli operai, gli studenti e i sindacati della morte dell’agente di polizia Annarumma durante le violente cariche all’uscita da un convegno sindacale al teatro Lirico, distorcendo i risultati dell’autopsia, come denunciò qualche anno dopo durante una drammatica conferenza alla Statale il direttore del reparto di chirurgia d’urgenza del Policlinico.

Si voleva creare un clima di odio contro gli studenti e gli operai. Con successo visto che Mario Capanna, l’allora leader del Movimento Studentesco della Statale, che coraggiosamente si era presentato ai funerali dell’agente in Duomo, fu quasi linciato dai fascisti (e salvato, sembra, proprio dal commissario Calabresi).

Ma il peggio doveva ancora venire. E fu la bomba di Piazza Fontana.

Saragat aveva un piano semi-golpista: dichiarare lo stato d’emergenza, ovvero la sospensione delle garanzie costituzionali, per bloccare l’avanzata delle sinistre così come aveva promesso nel recente incontro col presidente americano Nixon e il suo segretario di Stato Kissinger. Ma l’allora presidente del consiglio, il democristiano Mariano Rumor non se la sentì di rischiare una guerra civile e si rifiutò di varare le leggi speciali richieste da Saragat.

Si noti che Rumor non era della “sinistra democristiana”, ma fondatore e leader della corrente centrista dei “dorotei”. Sulla carta era decisamente più a destra di Saragat (socialista dal 1922, ex resistente, incarcerato dai fascisti con Sandro Pertini, deputato alla Costituente – insomma un bel curriculum). Ma al momento decisivo Rumor si dimostrò più democratico e indipendente dagli USA del rinnegato presidente della repubblica.

Guardare i fatti, quindi, non stare a sentire i proclami, le note dell’Internazionale, non stare a guardare i simboli, non farsi abbindolare dalla posizione formale a destra o a sinistra. E’ molto più utile.

Fu un notevole insegnamento.

 

Il terzo insegnamento riguarda l’opportunismo.

Durante qualsiasi riunione, assemblea, conferenza, manifestazione, ecc. c’era un infallibile metodo per stanare l’opportunismo del Partito Comunista: chiedere ai suoi rappresentanti se erano d’accordo che l’anarchico Pietro Valpreda fosse innocente della strage di Piazza Fontana.

Ma Valpreda è innocente, sì o no?” era una domanda perfida. I collaudati oratori piciisti  di colpo tacevano, diventavano rossi (in viso) e bofonchiavano immancabilmente, vergognandosi, la linea ufficiale del Partito: “Bisogna fare chiarezza”.

Certo, anche il PCI esprimeva ogni tanto delle anime libere, come quella di Alberto Malagugini che fu il primo avvocato di Pietro Valpreda. Ma questo deputato del PCI fece l’errore di scrivere un articolo su “Rinascita” intitolato “Dunque la strage era di Stato”, infrangendo un tabù piciista. Fu solertemente allontanato dal Parlamento e messo alla Corte Costituzionale. Era un tentativo di neutralizzare questa mente indipendente da parte della direzione del Partito (essendo un amico di famiglia posso testimoniare che quella era anche la netta idea dello stesso Malagugini).

Il PCI è risuscito a trasformarsi in PDS, DS e PD senza essersi mai “fatto chiarezza” sulla bomba di Piazza Fontana.

I miei complimenti!

 

Piotr