PREVISIONI SULLA CRISI SISTEMICA GLOBALE A CURA DI G.P.

 

Prima di lasciarvi a questo nuovo bollettino Leap vorrei riportare quanto dichiarato da Soros in una intervista rilasciata al Corriere di ieri: “Il fondamentalismo di mercato è chiaramente legato al dominio americano nel mondo. L’America ha promosso un ordine mondiale in cui lei era più uguale degli altri, nel senso orwelliano del termine…ora la musica si è fermata. Un enorme aggiustamento è in corso e si riflette anche nel mondo delle idee”. Parole che fanno il paio con quelle di Thomas Friedman: “la mano invisibile del mercato globale non opera mai senza il pugno invisibile”, in questo caso quello militare e politico degli Usa, nazione uscita vincitrice dalla Guerra Fredda. Questo pensiero chiarisce che è l’ordine geopolitico del mondo a determinare l’assetto economico: indebolendosi il primo cominciano a saltare i parametri del secondo, e non viceversa. Il Leap commette spesso questa svista facendo discendere dalla crisi economica la crisi sistemica, il che è palesemente un abbaglio con il quale certe previsioni economicistiche verranno presto inficiate se non ribaltate dai fatti. Il multipolarismo di questa epoca, con uno dei poli più in forza degli altri ma non agli stessi livelli della fase precedente quando il suo dominio era pressoché incontrastato, genererà profondi cambiamenti attraverso conflitti ad intensità variabile. Da questa disputa nasceranno diversi rapporti di forza e nuove relazioni tra gli Stati, rispetto ai quali non possiamo dire molto se non che paesi come Russia o Cina si candideranno a fare da contrappeso alla superpotenza americana. Solo fissando questo punto riusciremo ad interpretare, nella confusione internazionale, gli choc economici e politici che si susseguiranno da qui alla vera e propria entrata nel policentrismo quale era di aperto conflitto tra aree e nazioni per il predominio mondiale.
 
GEAB N.44 USA-UK – La coppia esplosiva della seconda metà del 2010: Estate 2010, la battaglia della Banca d'Inghilterra / Inverno 2010, la Fed si trova di fronte al rischio di fallimento
 
Come aveva anticipato LEAP/E2020 già molti mesi fa, e contrariamente a quanto hanno detto la maggior parte dei mass media e “degli esperti„ nel corso delle ultime settimane, la Grecia può contare sull'Eurozona per sostegno e credibilità (in particolare in materia di futura buona gestione, sola garanzia per un'uscita dal ciclo infernale dei disavanzi pubblici crescenti (1)). Non ci sarà insolvibilità greca anche se l'agitazione attorno alla situazione greca è l'indicatore di una presa di coscienza crescente che il denaro
per finanziare l'immenso indebitamento pubblico occidentale è  sempre più difficile da trovare: un processo ormai “insostenibile„ come sottolinea una recente relazione della Bank for International settlement. Il rumore creato attorno alla Grecia dai mass media, inglesi ed americani in particolare, ha tentato di nascondere alla maggior parte dei soggetti economici, finanziari e politici il fatto che il problema greco non era il segno di una prossima crisi della zona euro (2), ma segnala un indice avanzato del grande choc della crisi sistemica  globale, cioè la collisione tra, da una parte, la virtualità delle economie britannica ed americana fondate su un indebitamento pubblico e privato insostenibile e, d' altra parte, il doppio muro della maturità dei prestiti che scadono a partire dal 2011 aggiunta alla penuria globale di fondi disponibili per rifinanziarsi a buon mercato. Come abbiamo spiegato fin dal febbraio 2006 in occasione dell’anticipazione sulla sua imminenza, occorre non dimenticare che la crisi attuale trova la sua origine nel crollo dell’ ordine mondiale creato dopo il 1945, di cui gli Stati Uniti sono stati il pilastro, appoggiato dal Regno Unito. Inoltre, per comprendere la portata reale degli eventi generati dalla crisi (come il caso greco, ad esempio), occorre riportare il loro significato alle debolezze strutturali che caratterizzano il cuore del sistema mondiale in piena deliquescenza: così, per il nostro gruppo, “il dito greco„ non mostra all’Eurozona che i pericoli esplosivi delle necessità esponenziali di finanziamento del Regno Unito e degli Stati Uniti (3).
Ricordiamo che in un periodo dove la domanda di finanziamenti supera l' offerta disponibile, come è oggi, gli importi d'emissione dei debiti sovrani in valore assoluto svolgono un ruolo più importante dei ratios (importi in valore relativo). Un esempio molto semplice può dimostrarlo: disponete di 100 euro ed avete due amici, uno "povero„, A, che ha bisogno di 30 euro e l'altro “ricco„, B, di 200 euro; anche se B può darvi in garanzia il suo orologio di lusso che vale 1.000 euro mentre A ha solo un orologio da 20 euro, non potrete aiutare B poiché non disponete dei mezzi sufficienti per soddisfare la sua necessità di finanziamento; mentre discutendo garanzia ed interesse, potete decidere di farlo per A. Questa prospettiva invalida così tutti i ragionamenti che fioriscono nella maggior parte dei mass media specializzati e che si fondano sul rapporto d'indebitamento: in realtà, secondo il loro ragionamento, è ovvio che aiuterete B, poiché il suo tasso d'indebitamento è nettamente più favorevole (20%) che non quello di A (150%); ma nel mondo della crisi, in cui il denaro  non è disponibile in quantità illimitate (4), la teoria urta il muro realtà: volere è una cosa, potere è un'altra.
Così, LEAP/E2020 pone due questioni molto semplici:
 
-chi potrà/vorrà sostenere il Regno Unito dopo il 6 maggio prossimo quando il suo disordine politico mostrerà ineluttabilmente la deliquescenza avanzata di tutti i suoi parametri di bilancio, economici e finanziari? La situazione finanziaria del paese è così pericolosa che i tecnocrati di Stato hanno elaborato un piano, sottoposto alle parti in competizione per le prossime elezioni legislative, allo scopo di evitare ogni rischio di vacanza di potere che potrebbe comportare un crollo della sterlina (già molto indebolita) e dei buoni del tesoro (Gilts) britannici (di cui la banca d' Inghilterra ha riacquistato il 70% delle emissioni di quest'ultimi mesi): Gordon Brown resterebbe il primo ministro anche se perde le elezioni (eccetto se i conservatori possono avvantaggiarsi di una maggioranza sufficiente per governare soli) (5). Infatti, sulla base della crisi economica e politica, i sondaggi lasciano pensare che il paese si orienti verso l’“Hung Parliament„, senza maggioranza chiara. L'ultima volta che è accaduto è stato nel 1974, sorta di preludio politico dell’ intervento del FMI diciotto mesi più tardi (6). Per il resto, il governo tratta gli indicatori in un senso positivo per creare le condizioni di una vittoria (o di una sconfitta controllata). Tuttavia, la realtà resta deprimente. Così, il settore immobiliare britannico è intrappolato in una depressione che impedirà ai prezzi di incontrare i livelli del 2007 prima di molte generazioni (come dire mai più) secondo Lombard Street Research (7). E i tre partiti si preparano ad affrontare una situazione post-elettorale catastrofica (8). Secondo LEAP/E2020, il Regno Un
ito potrebbe conoscere una situazione “alla greca„ (9), con la dichiarazione da parte dei dirigenti britannici che in realtà la situazione del paese è infinitamente peggiore di quanto annunciato prima delle elezioni. Le riunioni multiple, della fine 2009, del ministro britannico delle finanze, Alistair Darling, con la Goldman Sachs costituiscono un indice molto affidabile di manipolazione in materia di debito sovrano. Infatti, come abbiamo scritto nell’ultimo bollettino GEAB, basta seguire Goldman Sachs per conoscere il prossimo rischio di insolvibilità di uno Stato.
 
 – chi potrà/vorrà sostenere gli Stati Uniti una volta che il detonatore britannico (11) sarà stato innescato con il panico sul mercato dei debiti sovrani di cui gli Stati Uniti sono di gran lunga la prima emittente? Tanto più che l' ampiezza delle necessità in materia di debito sovrano si combinano alla sopraggiunta scadenza a partire da quest'anno di una montagna di debiti privati americani (settore immobiliare commerciale e LBO da rifinanziare, per un totale di 4.200 miliardi USD di debiti privati che arrivano a scadenza negli Stati Uniti da qui al 2014 (con una media di circa 1.000 miliardi USD/anno) (12). Casualmente si tratta dello stesso importo di emissione globale dei nuovi debiti sovrani per il solo anno 2010, di cui circa la metà da parte del governo federale americano. Aggiungendovi le necessità di finanziamento degli altri soggetti economici (famiglie, imprese, Comunità locali), ci sono dunque quasi 5.000 miliardi USD che gli Stati Uniti dovranno trovare nel 2010 per evitare “il black out„. Ed il nostro gruppo anticipa due risposte molto semplici:
– il Regno Unito, il FMI e l' Ue, forse (13); ed assisteremo a partire dall’estate 2010 “alla battaglia della banca d' Inghilterra„ (14) per tentare di evitare un crollo simultaneo della sterlina e delle finanze pubbliche britanniche. In tutti i casi, la sterlina non ne uscirà indenne e la crisi delle finanze pubbliche genererà un piano di austerità di un'ampiezza senza precedenti.
– per gli Stati Uniti, nessuno; poiché l' ampiezza delle necessità di finanziamento supererà le capacità degli altri operatori (FMI compreso (15)), e questo episodio trascinerà direttamente, all’ inverno 2010/2011, l' esplosione della bolla dei buoni del tesoro US sulla scorta di una crescita massiccia dei tassi d'interessi per finanziare i debiti sovrani e le necessità di rifinanziamento dei debiti privati, che porteranno con sé una nuova ondata di fallimenti degli istituti finanziari. Ma gli Stati Uniti non possano diventare insolventi. Una banca centrale può anche andare in fallimento quando il suo bilancio è composto da “attivi-fantasma„ (16) ed la FED dovrà far fronte ad un rischio reale di fallimento come analizziamo in questo numero del GEAB. L' inverno 2010 sarà anche teatro di un altro fenomeno destabilizzatore negli Stati Uniti: la prima grande prova elettorale dall'inizio della crisi (17) dove milioni di Americani probabilmente esprimeranno il loro “ne abbiamo piene le scatole„ di una crisi perdurante (18), che non influisce su Washington e Wall Street (19) e che genera un indebitamento pubblico americano ormai controproducente: un dollaro preso in prestito genera ormai una perdita di 40 centesimi.
Si può non essere d' accordo con le risposte che fornisce il nostro gruppo alle due precisazioni chieste sopra. Tuttavia, siamo convinti che queste questioni siano inaggirabili: nessuna analisi, nessuna teoria sull’andamento mondiale dei prossimi trimestri risulta credibile se essa non dà risposte chiare a queste due domande: “chi potrà/vorrà? „.  Dal canto nostro pensiamo come Zhu Min, il governatore aggiunto della banca centrale cinese, che “il mondo non ha abbastanza denaro per comperare ancora buoni del tesoro americani„ (20). In questa GEAB N°44, il nostro gruppo ha dunque deciso di fare il punto su questi rischi principali che pesano sul Regno Unito e gli Stati Uniti e di anticipare le evoluzioni dei prossimi mesi, nel contesto di “una guerra di velluto„ tra potenze occidentali (guerra finanziaria, monetaria, commerciale). E forniamo una serie di raccomandazioni per fare fronte al doppio choc delle necessità di finanziamento britanniche ed americane.

 

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Notes:

(1) C'est le type de contrainte que le Royaume-Uni va devoir s'imposer tout seul après les prochaines élections ou bien via une intervention directe du FMI ; et que les Etats-Unis sont incapables de s'imposer sans qu’une crise majeure affecte leur dette publique.

(2) Non seulement la peur diffusée à longueur d'interviews d'experts était sans fondement, mais en plus le cas grec a bien servi à pousser la zone Euro à se doter des instruments et procédures qui lui manquaient en matière de gouvernance. Et nous ne mentionnons même pas l'évidente frustration de nombreux commentateurs et experts qui auraient rêvé de voir l'Allemagne refuser sa solidarité et/ou qui faisaient du cas grec la preuve de leurs théories économiques sur les zones monétaires. A ce sujet, l'équipe de LEAP/E2020 souhaite rappeler son opinion : les théories économiques, que ce soit sur les zones monétaires ou sur d’autres sujets, ont autant de valeur que les horoscopes. Elles ne disent rien sur la réalité mais tout sur l'esprit de leurs auteurs et de ceux qu'ils « ciblent » avec leurs analyses. Une zone monétaire n'existe et ne dure que s'il y a une volonté politique forte et pérenne de partager un destin commun : ce qui est le cas de l'Eurozone. Pour le comprendre, il faut s'intéresser à l'Histoire et non pas à l'économie. Ainsi, pour éviter de répéter à longueur d'articles ses préjugés de baby-boomer et ses dogmes théoriques, un prix Nobel d'économie comme Paul Krugman ferait mieux d'étudier l'Histoire. Cela permettrait aux lecteurs du New York Times et des nombreuses autres publications qui le reprennent dans le monde entier de cesser de se focaliser à tort sur les quelques arbres qui cachent la forêt.

(3) Comme nous l'avons souvent rappelé depuis plus d'un an, il est bien évident que la zone Euro possède aussi des pays qui font face à des besoins de financement très importants et cela contribue justement à créer un environnement difficile pour le refinancement de toute dette publique importante. Or, les deux « champions » toute catégorie en matière de besoins de financement/refinancement sont les Etats-Unis et le Royaume-Uni.

(4) Nous insistons sur ce fait essentiel : les sauvetages de banques par les Etats, puis désormais les risques de faillite de ces mêmes Etats, illustrent le fait que, contrairement au discours lénifiant qui peuplent les médias, l’argent n’est pas disponible en quantités illimitées. Quand tout le monde en a besoin, c’est à ce moment là qu’on s’en rend compte.

(5) Source : Guardian, 30/03/2010

(6) Source : BBC / National Archives, 29/12/2005

(7) Source : Telegraph, 06/04/2010

(8) Source : The Independent, 06/04/2010

(9) C'est après leur victoire électorale que les nouveaux dirigeants grecs ont déclaré que la situation budgétaire du pays était beaucoup plus mauvaise qu'annoncée.

(10) Ces estimations sont fondées sur les anticipations officielles du gouvernement fédéral qui, selon LEAP/E2020, sont beaucoup trop optimistes tant en matière de rentrées fiscales (les rentrées seront plus faibles) qu'en ce qui concerne les dépenses de stimulation de l'économie US (les dépenses seront plus élevées).

(11) Depuis 2006, à travers de nombreux GEAB, nous avons largement explicité les liens structurels entre la City et Wall Street et le rôle de « flotteur » que joue le Royaume-Uni par rapport au vaisseau américain. En l'occurrence, la défiance vis-à-vis de la dette de Londres déclenchera de manière irréversible une défiance vis-à-vis de Washington.

(12) Source : Brisbane Times, 15/12/2009

(13) Peut-être, car il n'y a aucun mécanisme de solidarité financière qui s'impose dans l'UE, surtout pour un pays qui refuse depuis des décennies tout engagement contraignant avec ses partenaires européens. Le « splendide isolement » peut devenir un terrible piège quand le vent tourne. Reste donc le FMI … dont Gordon Brown était étrangement si préoccupé de remplir à nouveau les caisses l'année dernière !

(14) Et à la différence de la bataille d'Angleterre (06/1940 – 10/1940) qui vit les pilotes de la RAF, assistés du radar, empêcher l'invasion nazie des îles britanniques, les « pilotes » des établissements financiers de la City, assistés de l'Internet, contribueront à aggraver le problème en fuyant vers l'Asie et l'Eurozone.

(15) LEAP/E2020 avait indiqué début 2009 qu'une fois passé l'été 2009 il serait impossible de canaliser la crise. L'année dernière, les besoins de financement US étaient encore dans la gamme des interventions possibles d'un FMI recapitalisé à hauteur de 500 milliards USD (suite au G20 de Londres). Outre le fait que cette somme n'est plus disponible dans son intégralité puisque le FMI a dû déjà déboursé plus de 100 milliards USD d'aide aux pays les plus gravement touchés par la crise, cette année, la mobilisation de ce montant ne représenterait que 10% des besoins de court terme des Etats-Unis ; autant dire une goutte d'eau.

(16) Comme l'ont démontré les informations enfin communiquées par la Fed sur l'état de son bilan. Sources : Huffington Post, 22/03/2010 ; Le Monde, 06/04/2010

(17) L'élection présidentielle de 2008 a été concomitante avec la perception qu'une crise commençait. En Novembre 2010, les électeurs exprimeront leurs opinions après deux pleines années de crise. C'est une grande différence.

(18) A la différence de ce que proclament Wall Street et Washington, la crise est toujours là et les PME américaines sont de plus en plus pessimistes. Un détail très utile pour comprendre les statistiques US : elles ignorent généralement les PME dans l'établissement de leurs différents indicateurs. Quand on sait qu'aux Etats-Unis aussi, les PME constituent le socle de l'économie, cela relativise fortement la valeur de ces statistiques (même non manipulées). Source : MarketWatch, 13/04/2010

(19) Pour évaluer l'ampleur du problème socio-politique américain, ce n'est pas tant le rapport de force Démocrates/Républicains qui va être intéressant à suivre, mais l'évolution des extrêmes au sein de ces deux partis et le développement de tout ce qui se situe hors des deux partis.

(20) Source : Shanghai Daily, 18/12/2009