PER UNA “NUOVA OPPOSIZIONE” (N.O.); di Giellegi il 26 apr ’10
Pochi commentatori hanno affrontato, in chiave non personalistica, lo scontro Fini-Berlusconi; adombrando spiegazioni dotate di un certo senso, ma fermandosi di fronte alle questioni di fondo. Si sono distinti per superficialità e inconsistenza i commenti della solita sedicente sinistra. Lo sbiadito segretario del Pd – sempre più controfigura di Maurizio Ferrini; ci si ricorderà di “quelli della notte”, del romagnolo che parlava del pedalò – ha parlato di spettacolo indecoroso (o indecente) e ha pronunciato una frase storica per i suoi densi contenuti: Fini ha le sue ragioni. Poveri sinistri: non avendo più nulla da dire, essendo dei rinsecchiti residui di inesistenti idee circa un futuro passato da decenni, non possono che riconoscersi in “Farefuturo”, medesima versione del polveroso “politicamente corretto”, i cui guasti inenarrabili sono ormai stati provocati quasi al completo. Si potrebbe chiudere con un lapidario commento: tra rinnegati (del comunismo e del fascismo) si riconoscono all’odore, anche nel buio pesto del cervello, come nella “Commedia degli Zanni”, quando due personaggi, incontratisi di notte in una calle veneziana, si annusano per un po’ e poi: “buona sera sior Toni”, “buona sera sior Bepi”.
E’ tuttavia utile andare un po’ oltre. Da quasi vent’anni, come chiarito più volte, la “manina d’oltreoceano”, con la complicità dei settori finanziari e industriali italiani al suo servizio, ha utilizzato, fino all’estremo limite dell’imbecillità e della menzogna, i rinnegati del comunismo con l’aggiunta di minori gruppi di transfughi opportunisti della Dc e Psi, andati a formare quei partitini di contorno al “piatto principale”, che si sperava potesse guidare le masse lavoratrici – anche grazie a sindacati indecorosi e a un ceto intellettuale funesto – in pieno appoggio ad un totale succhiamento della ricchezza prodotta dai ceti effettivamente attivi in questo paese. Per vari motivi, anche questi da noi chiariti più volte, l’operazione assomigliò ad una maionese “impazzita” perché una personalità non eclatante, ma evidentemente bastevole per simili sciagurati senza arte né parte, si mise di traverso.
La perdita di senno dei nani e ballerine della sinistra, dei suoi intellettuali da diporto, dei suoi politicanti con rigidi baffetti o con facce flaccide di color lunare, è stata totale. Per anni sono stati scatenati e magistratura, e giornali pagati dai finanzieri e industriali parassiti suddetti, e cortigiani e buffoni d’ogni tipo, per eliminare il “bastone tra le ruote”. Non c’è stato nulla da fare. Idee non ce n’erano, intelligenza nemmeno, il rinnegamento ha accentuato la pesantezza dei cervelli. Man mano che il tempo passava, questi politicanti di infimo conio, detti “di sinistra”, si sono sempre più affidati ad un unico programma: unire il maggior numero possibile nell’odio ad una persona. Di politica non una sola parola sensata, una pur piccola ideuzza di quelle che talvolta albergano pure nei cervelli dei bruchi. Niente da fare: l’encefalogramma si è appiattito sempre più ed è sopraggiunto il coma irreversibile. Non cessa però l’accanimento terapeutico. I politicanti di sinistra, che per anni ci sono stati propinati quali intelligenze sopraffine, sono arrivati al capolinea; così pure gli intellettuali, anch’essi trattati da geni (nel senso che i parassiti finanziatori fanno parlare solo loro), stanno dimostrando di che stoffa sono; hanno inverato ciò che Pasolini disse di questi inverecondi decerebrati, formatisi nella notte di quel periodo da qualche poveraccio definito “formidabili quegli anni”; e da qualcun altro, ancor più demenziale, “la meglio gioventù”.
Nel frattempo, la “manina d’oltreoceano” ha dovuto aggiornare le sue tattiche in un’epoca che non è più quella descritta da sbiaditi pensatori, molti dei quali insistono pateticamente in quella descrizione. Senza un supporto deciso e compatto del paese predominante, finanzieri e “grandi” imprenditori industriali hanno perso una parte delle loro capacità di imbroglio e raggiro, di saccheggio della ricchezza prodotta da chi si ingegna effettivamente. La crisi ha solo messo in più vivida luce la pochezza di questa parte d’Italia, composta da cavallette e roditori. Essa non gode più di molto credito; cresce il numero di coloro che hanno individuato i borseggiatori privi di reale capacità imprenditoriale. Quanto al ceto politico e intellettuale, che essi continuano disperatamente a pagare, la loro funzione diventa sempre più invisa, il disgusto cresce, la sedicente “egemonia” (di una cultura di “sinistra” nuova come le bende di una mummia egiziana) non esiste in pratica più. Le Università, in mano ai nuovi baronetti formatisi nella notte del ’68 e anni seguenti, non sono più luoghi di cultura, bensì di chiacchiera vana prodotta da avanzi rifatti di rimasticature di 30-40 anni fa.
Insomma questa sinistra politica e intellettuale è un cancro che ha ormai diffuso la metastasi al massimo livello di cui era capace. Non è però riuscita a distruggere l’intera società, si vanno formando anticorpi. I finanzieri e industriali, succhiatori della ricchezza prodotta da altri, devono correre ai ripari, inventarsi qualche altra cosa. Speravano in un certo andamento delle elezioni regionali per poi portare a fondo la loro opera di devastazione. E’ andata molto male per loro. Mutamenti di tattica sono necessari. Hanno la fortuna che pure gli avversari (sedicenti di destra) dei loro “sinistri” sicari non sono molto capaci né decisi. Anche in questo campo, le idee sono molto pasticciate; inoltre i vari gruppi politicanti, raccogliticci, si ostacolano l’un l’altro.
Sono quindi in pieno sviluppo gli ultimi tentativi di quella che chiamai GFeID (grande finanza e industria decotta), assai poco unita, ancor meno di qualche anno fa, ma certo sempre più disperata nel suo cercare l’uppercut per il mento di Berlusconi (la cui faccia ha già resistito ad un brutto lancio di modellini marmorei). La Fiat – il cui smalto non è più quello di quando il vecchio Giovanni Agnelli e Valletta si misero in fez e camicia nera, passando poi per la “svolta” (diciamo così) del 25 luglio 1943, poi ancora per tutto il periodo della cementazione del territorio per favorire il trasporto su strada, dei finanziamenti di tutti i generi a “scroscio”, dell’essere la “suggeritrice” della “sinistra” nella svendita dell’industria “pubblica”, ecc. – si è di fatto divisa in due. La Fiat auto è, al momento, controllata da un manager, ma di fatto da ben altri “operatori strategici” per i quali essa funziona da “quinta colonna”.
I superficiali economicisti (i pochi dementi marxisti rimasti e i molti liberisti e/o keynesiani) pensano che abbia acquistato la Chrysler, mettendosi sulla strada buona per divenire un forte competitore nel mercato sedicente globale (quello in cui, fino a pochi anni fa, i decerebrati sostenevano l’ormai avvenuto decesso degli Stati nazionali). La realtà, per chi ha cervello, è che tramite l’“offa” dell’altrettanto decotta casa automobilistica americana (acquisita dalla Fiat perché si è fatto in modo da fargliela acquisire), gli Usa hanno situato una buona
pedina, apparentemente multinazionale, in un ben preciso punto (italiano) del tessuto economico-sociale europeo, quale contraltare – grazie ai legami politici e intellettuali conservati a “sinistra” come a “destra” – di altri settori economici che potrebbero funzionare per interessi “nazionali”; per soddisfare i quali diventa indispensabile spostare l’asse della politica estera verso est (Russia in primis).
La divisione effettuata nel gruppo Fiat consente ad uno che scalpita come Montezemolo di cercare d’essere punto di raccordo di ammucchiate indecenti, ma che si spera di far funzionare. Si tratta di raccogliere i Casini, i Fini, i Rutelli. Convincere poi il grosso delle truppe – ancora Pd e sindacati (ma soprattutto Cgil), che hanno ormai fallito la loro “missione storica”, iniziata con il rinnegamento del comunismo, il sicariato verso Usa e GFeID, “mani pulite”, ecc. – a mettersi al traino di capi senza seguito e tuttavia appoggiati dai gruppi dominanti, in specie stranieri. Si tratta di convincere anche l’Idv che ha ormai fatto tutto quel che poteva nell’azione di sovversione e di diffusione della metastasi. Si tratta di invitare gli ormai miseri resti della sinistra ridicolmente detta “estrema” a versare nell’ammucchiata quel che resta dei poveretti che la seguono ancora, avendo qualche minore posticino per un quota minima del suo personale politicante spento e cialtrone.
Nel frattempo, per consolidare le posizioni nella finanza “weimariana” (cioè serva degli Usa), si cerca di portare alla presidenza dell’ABI Mussari, al vertice del MPS (banca che, sfidando il ridicolo, si denomina ancora banca “rossa”), chiaramente uomo di tale grande finanza; mentre colui (Faissola) che (mal) rappresenta Banche Popolari e Cooperative, quindi la finanza tutto sommato pingue ma “piccolo-media”, dovrebbe cedere il passo; giacché tale settore finanziario è troppo sensibile ad interessi localistici, non a quelli del mercato “globale”, cioè del predominio statunitense. Il coacervo di interessi (non omogeneo se non nel servire gli Usa per le “mance” da intascare), che sta dietro alle manovre della Fiat e delle grandi banche, dovrebbe in definitiva mettere in piedi la “compagnia di guitti” in grado di rappresentare, sul palcoscenico, la “commedia dell’antiberlusconismo”, del ritorno al “buon gusto”, ad una “estetica” più gradita ai vari “radical chic” del ceto medio imbolsito e rimbambito, con i suoi diversi salotti che riversano il loro “bon ton” in TV e nei media in genere.
Tale compagnia di guitti non sarebbe altro che una “ammucchiata Prodi” appena più allargata, che spera di trovare qualche sponda pure nei settori del centro-destra più sensibili agli Usa (e a Israele), quelli la cui punta dell’iceberg fu non molto tempo fa Guzzanti, troppo agitato per riuscire a mascherarsi. Le “forme espressive” saranno probabilmente diverse perché, come spesso detto, “tutto torna ma diverso”. L’obiettivo è però sempre lo stesso, ed è quello di tutte le classi dominanti al tramonto. Vi ricordate il Principe di Salina (il Gattopardo)? Per una classe ormai destinata a scomparire, durare ancora qualche anno (nel Gattopardo si parlava di decenni, ma la GFeID non durerà tanto) è come durare sempre. Una classe alla fine vive alla giornata; i mesi diventano anni, le ore giorni. Solo che la fine della GFeID rischia di trascinarci ben in fondo, con gravi problemi di risalita.
Da questa presa d’atto della situazione odierna bisogna ripartire per costruire una Nuova Opposizione (N.O.). Parlo di opposizione non per il solito preconcetto antiberlusconiano. Il problema è che la sinistra dei rinnegati ha fallito la sua “missione storica” – e deve rassegnarsi a mettere le sue truppe al servizio di una nuova manovra delle classi dominanti in declino – anche perché si è attenuta alla recita del “vecchio soggetto” della sinistra contro la destra, dei progressisti contro i conservatori; arrivando poi sempre, in deficit di idee e di politica, alla pantomima dell’antifascismo e della “nuova resistenza” contro il fascismo montante, sempre montante da vent’anni a questa parte. Berlusconi ha tuttavia messo in scena la recita opposta, non è uscito dalla pantomima. Egli ha solo dichiarato di essere contro il ritorno del comunismo, “dei rossi”; ha sostenuto la presunta difesa dei valori della tradizione (che effettivamente non rappresenta poiché certo non appartiene alla vecchia borghesia), mentre l’imbarbarimento e degrado culturale non ha subito alcuna inversione, per demerito sia degli uni che degli altri.
Occorre allora dar progressivamente vita ad una Nuova Opposizione; smettendo innanzitutto di anticipare se è dentro o contro il Sistema. Intanto, oggi nessuno ha una chiara idea del Sistema; tutto è, a seconda degli orientamenti (“veterotestamentari”), o capitalismo o imperialismo o mercato (globale) o imprenditorialità diffusa (e ovviamente sempre benemerita, senza alcuna attenzione a ciò che fa, alle direzioni secondo cui si sviluppa), ecc. Intanto, incominciamo a imparare che cos’è questo sistema, quali variazioni ha subito. Cominciamo a capire che cos’è il sedicente imperialismo, che è una nuova articolazione multipolare della formazione sociale mondiale, di cui le “cellule” (formazioni particolari) sono ancora paesi, nazioni, Stati, ecc. Impariamo che cosa sono oggi le potenze in conflitto (e cooperazione conflittuale) fra loro. Avendo meglio imparato questo, vedremo poi il dentro o il contro della Nuova Opposizione.
La questione più complicata mi sembra la predisposizione di chi intende costruire questa opposizione. E’ ovvio che devono essere superati i vecchi tic, le vecchie ideologie. Non si deve restare dentro il comunismo (e dunque l’anticomunismo), dentro il fascismo (e dunque l’antifascismo); non va più accettato il gioco degli specchi tra “destra” e “sinistra”. Chi non esce da simili schemi partecipa alla pantomima degli attuali gruppi dominanti, vecchi e nuovi. Il primo obiettivo è tuttavia quello di frapporre ostacoli ai disegni delle più vetuste classi dominanti “gattopardesche”, quelle dell’ammucchiata di cui si è sopra parlato. Di conseguenza, fa parte di tale obiettivo l’attacco politico, culturale, ecc. alla “sinistra” dei rinnegati che, pur avendo ormai fallito la sua “missione storica”, fornisce ancora il grosso delle truppe al disegno delle classi dominanti del saccheggio e “invasione di cavallette”. Se qualcuno, schiavo della pantomima, pensa che non si possa criticare radicalmente, e distruttivamente, la “sinistra” perché altrimenti si favorisce Berlusconi, non lo si ascolterà più. Questa “sinistra” della metastasi deve preliminarmente essere combattuta se si vuole svuotare il serbatoio delle classi “gattopardesche” e iniziare una reale Nuova Opposizione. Chi non capisce questo, resti intanto a ponzarci sopra.
Questo anche il senso della riunione “maggiolina” del blog. Da tempo abbiamo ormai abbandonato i vecchi schemi. Occorre un nuovo salto; di questo si dovrà parlare. Lo ripeto: ognuno abbandoni i suoi stantii tic ideologici; altrimenti, si tratterà di una riunione largamente inutile.