IL VERTICE ITALO-RUSSO F. D'Attanasio
Meno male che c’è Silvio! Non per scimmiottare certi fan del presidente del consiglio, dato che certo atteggiamento da tifosi ciechi e faziosi non ci appartiene assolutamente, ma perché in politica siamo propensi ad andare al sodo.
Quindi non possiamo non notare certi fatti, che abbiamo l’abitudine di considerare non per quel che appaiono superficialmente, da un punto di vista esclusivamente morale, vale a dire avulso da ogni concretezza inerente le relazioni sociali, ma per gi effetti sociali e politici più profondi che possono produrre. Dunque sembra proprio che l’amicizia tra il premier italiano ed il primo ministro della federazione russa Putin, sia più forte che mai. Infatti secondo quel che si può apprendere da giornali e vari organi di informazione, il recente vertice tra i due leader è stato molto proficuo, non solo dal punto di vista delle relazioni personali, ma anche perché ha rinsaldato certi rapporti tra i due paesi. Si va da intese che spaziano in diversi settori industriali (e questo non è certo storia solo di qualche giorno fa), all’obiettivo di riportare l’interscambio fra i due paesi ai livelli pre-crisi cioè il 30% in più dell’attuale, fino alla questione ben più importante e strategica delle politiche energetiche. E’ sicuramente da rimarcare l’intenzione del gigante euro-asiatico di far leva a tal proposito non solo sul gas ma anche sull’atomo. Putin difatti avrebbe assicurato che il suo paese garantirà appoggio per la costruzione delle nuove centrali in Italia non solo dal punto di vista del know-how e della tecnologia, ma anche sul versante dei finanziamenti, grazie al coinvolgimento di diverse società. D’altro canto l’Enel avrebbe già, con il colosso Inter Rao Ues, dato vita ad una partnership pubblico-privato finalizzata alla costruzione di una nuova centrale nucleare nel Kaliningrad, a coronamento di una collaborazione scientifica tra i due paesi che comunque avrebbe origini non proprio recenti e che sarebbe anche culminata con la firma di un memorandum d’intesa che vedrebbe i rispettivi ministeri della Ricerca collaborare attivamente niente meno che nello sviluppo della fusione nucleare.
Come sappiamo, certo attivismo del Cavaliere in direzione dell’amico Putin non è mai piaciuto a Washington, tant’è che nell’autunno dello scorso anno addirittura il neo ambasciatore americano in Italia, si era persino spinto a dichiarare apertamente e pubblicamente che il suo paese era fortemente preoccupato di come l’Italia (ma anche l’Europa) si stava legando alla Russia a causa proprio di certe scelte portate avanti in campo energetico. Il riferimento era chiaramente al progetto South Stream, una imponente pipeline che porterà gas russo in Europa superando i problemi legati all’instabilità sociale e politica di certi paesi ex-Urss tipo l’Ucraina, togliendo così una formidabile arma in mano agli stessi americani, finalizzata, tramite l’influenza che gli stessi possono esercitare su tali paesi, a contrastare il risorgere della potenza russa e la conseguente possibile acquisizione di maggior autonomia dei paesi europei maggiormente sviluppati.
Successivamente a questo episodio, c’è stato un viaggio di Fini proprio negli USA, e come ricorda oggi Franco Bechis su Libero (articolo fra l’altro riportato nei commenti da un nostro lettore) America Oggi ne ha parlato, sottolineando come la nuova classe politica al potere con Obama avrebbe scelto proprio il presidente della Camera quale più credibile ed accreditato personaggio del mondo politico italiano che dovrebbe prendere il posto di Berlusconi. Tutto ciò aveva comunque prodotto degli effetti proprio sul Cavaliere, e non solo, data la particolare sensibilità, si può dire, di tutto l’arco istituzionale del nostro paese al minimo batter ciglio del potere d’oltre atlantico; difatti tutti ricorderanno della recente visita dello stesso presidente del consiglio in Israele e delle sue esternazioni davvero poco rassicuranti per chi come noi considera assolutamente prioritario, politicamente parlando, un processo di sganciamento dall’influenza statunitense che può trovare nella sponda russa un valido e sicuro appoggio (in quella occasione lo stesso Libero titolava, raggiante, a caratteri cubitali “finalmente abbiamo un vero leader occidentale” o giù di lì, chiara dimostrazione di come era ed è ancora, indubbiamente, orientato questo giornale in politica estera).
Chiaramente siamo di fronte, nel contesto politico internazionale, ad una situazione del tutto fluida, mutevole (e per ciò c’è necessità di tenere sempre dritte le “antenne” per un monitoraggio costante), i cui sviluppi sono molto imprevedibili e sempre fonti di sorprese, e soprattutto con chiare ripercussioni all’interno di ogni singolo paese. Abbiamo sempre scritto che non ci è chiaro fino in fondo il motivo per cui un personaggio della modesta levatura politica come Berlusconi (solo l’inconsistenza assoluta, che non sia il ricorso alle armi del gossip e dell’azione di certa magistratura oramai del tutto deviata, di chi si dovrebbe a lui opporre lo fa sembrare un gigante) abbia deciso di procurarsi ulteriori grattacapi volgendo lo sguardo verso est. Seppure è oramai del tutto evidente che il premier non possa contare (anche per sua manifesta incapacità) su certi ambienti ritenuti del tutto indispensabili, quali intelligence, servizi segreti, militari ecc., per una vera politica di potenza ed autonomia (la stessa maggioranza di cui è a capo è alquanto divisa) che possa realmente impensierire chi veramente comanda in Italia, vale a dire gli USA ed i suoi servi della lagrassiana GFeID, ciononostante questi ultimi tentano di scalzarlo e mandarlo definitivamente in rovina fin dal 1994 (anno del primo suo successo elettorale). Il punto è che i gruppi politici su cui tali padroni avevano puntato per raggiungere i propri obiettivi di totale disintegrazione del tessuto sociale ed economico del nostro paese (la sinistra al gran completo con i riciclati del vecchio regime DC-PSI), per meglio renderlo succube, si sono rivelati del tutto inaffidabili ed evanescenti, cosicché sembra abbiano cambiato tattica cercando di cooptare all’interno dei loro disegni, che comunque rimangono ancora del tutto attuali, Fini ed i suoi più stretti collaboratori insieme ad uno dei rappresentanti più illustri della stessa GFeID (grande finanza ed industria decotta), Luca Cordero di Montezemolo.
Rimane il fatto che l’Italia comunque, in seno all’Europa, rappresenta una pedina fondamentale per i piani strategici egemonici degli USA nel mondo, soprattutto per la sua posizione geografica. Di fronte oramai all’avanzare del multipolarismo internazionale per opera soprattutto di Russia e Cina (ma anche il Sud America sembra in gran risveglio trainato da Brasile e Venezuela), gli USA sono in forte difficoltà; seppur rimangono ancora saldamente al vertice del potere mondiale sono costretti a continui cambiamenti tattici (la strategia di fondo, di più lungo respiro, era stata già decisa negli ultimi tempi dell’amministrazione Bush, ed Obama rappresentava la scelta migliore in tal senso), e certi fatti ed accadimenti all’interno dei paesi di sua più stretta influenza quali ad esempio l’Italia, sono il riflesso di questo cambiamento di scenario all’interno dei rapporti di forza tra potenze.
Certo si potrebbe meglio approfittare di tale nuovo contesto internazionale,
ma ripetiamo, ci sarebbe bisogno di ben altre forze politiche che attualmente in Italia (ma anche nel resto dell’Europa) non si riesce a scorgere nemmeno pallidamente all’orizzonte. Quel che si sta delineando tra Italia, Russia ed ultimamente Francia (il paese transalpino ha chiesto di entrare nel progetto South Stream con una partecipazione del 20% e sembra non ci siano ostacoli di sorta da parte dei due paesi a capo dello stesso, inoltre anche nel settore nucleare si stanno aprendo scenari del tutto positivi con una collaborazione a tre, il che potrebbe portare a risultati notevoli considerando che la nostra Enel, nonostante l’esito sciagurato del referendum del 1987, non ha mai abbandonato questo settore essendo impegnato in vari progetti all’avanguardia all’estero) potrebbe essere il viatico per esiti che vadano oltre l’ambito strettamente economico ed industriale, vale a dire per una partnership a 360 gradi volta ad aumentare il peso di queste nazioni nel consesso internazionale, con ricadute positive anche sul tenore di vita dei rispettivi popoli. Ma in realtà, allo stato attuale delle cose nutriamo forti dubbi, non avendo grandi speranze in merito, proprio per via di quell’assenza di cui appena sopra. Berlusconi, nonostante tutto, sembra al tramonto, ho l’impressione che comunque finita questa legislatura (ammesso che arrivi al termine) si ritiri dall’agone politico (in favore dell’ascesa al Quirinale?), in questa maniera si potrà dispiegare con tutta la sua forza dirompente, non avendo di fronte più nessun tipo di ostacolo, l’azione delle forze più reazionarie e divoratrici del nostro paese con la totale protezione dell’establishiment statunitense.