SOLO I CALCI SERVIREBBERO (di GLG 1 mag ’10)
La battaglia per la presidenza del Cdg (consiglio di gestione) di Intesa è un altro piccolo segnale della lotta interna alla GFeID, dove i vecchi poteri forti resistono e tentano contrattacchi per riprendere in mano la situazione, dopo che i loro altri tentativi di resa dei conti con Berlusconi (tramite magistratura, gossip, uso di intercettazioni pubblicate sulla stampa da loro controllata, ecc.) hanno finora registrato molti insuccessi (vedremo l’ultimo atto con in ballo Scajola).
Naturalmente, sia chiaro che non si tratta di prendere posizione a favore di qualcuno in questa lotta di vertice poiché – pur se non siamo i coglioni di “sinistra” che mettono tutti i dominanti sullo stesso piano – essa è effettivamente troppo confusa. Si capisce però abbastanza bene che cosa vuole un Bazoli quando afferma che solo il Cds (consiglio di sorveglianza) deve decidere sulla presidenza del Cdg. Lo si capisce laddove egli sostiene che solo così si manterranno i benefici raggiunti sul piano della separazione tra politica e banche (eccolo!) con la riforma Amato (un nome, un programma; uno di quelli della riunione sul Panfilo Britannia, assieme a Ciampi, dove si decise la svendita ai privati dell’industria “pubblica”!).
E ha poi aggiunto con linguaggio a suo modo chiaro: “non è stata solo favorita la ristrutturazione e razionalizzazione del sistema [quante migliaia di volte avete letto di ristrutturazione e razionalizzazione del sistema? Idee originalissime, una novità assoluta! Questi i “geni” che abbiamo a dirigere le banche! Ndr], ma le fondazioni hanno rappresentato al meglio il necessario diaframma tra la sfera pubblica e le aziende bancarie intese come imprese”. Capito il furbone? Vuole le mani libere dalle decisioni politiche esplicite, prese e discusse apertamente in quanto scelte strategiche, per continuare nella finzione del “libero mercato” affidato all’ingegno degli imprenditori (quelli che “razionalizzano e ristrutturano il sistema”, impadronendosi magari dell’industria pubblica e portandola in panne, come – diciamo – la Telecom).
Questa è quella che chiamiamo finanza “weimariana”. Si deve per forza finire come nel 1933? Se si vuole evitare, è necessario un governo dotato di autorità e decisione in grado di prendere a calci i Bazoli, i Profumo, i Mussari (faccio nomi, ma è chiaro che mi riferisco a ben precisi ruoli e funzioni, perché gli uomini possono cambiare senza che cambi nulla). Bisogna mettere sotto stretto controllo le banche – ma guardate che stretto significa proprio impedire per sempre ogni funzione autonoma da “imprenditore” a certi ruoli che attribuiscono solo il potere di devastare “il sistema”, altro che “razionalizzarlo” – obbligandole a svolgere una funzione di mero servizio ad una politica che dia solo impulso ai settori strategici: quelli delle imprese ancora parzialmente pubbliche (ma non per questo loro carattere formale, solo perché operano in ambiti chiave tipo energia, elettronica, aerospaziale, ecc.) e delle piccole e medie imprese.
Legnate dure e calci nei denti o in culo a chi non si attiene, nel settore finanziario, a queste scelte politico-strategiche. Altro che riforma Amato, altro che indipendenza dalla sfera pubblica! L’unica indipendenza da tale sfera deve essere nello schiacciamento delle varie clientele che finora hanno messo questi o quegli uomini di pura facciata in posti economici di vertice (pubblici o privati). L’unica indipendenza deve essere quella per cui non si facciano più salvataggi dei banchieri che hanno riempito il mondo di carta straccia. L’unica indipendenza è quella per cui la spesa pubblica non va genericamente diminuita onde ridurre il Debito, il deficit, ecc.; ma deve invece esserlo al fine di smagrire l’enorme corpaccio sociale che vive, direttamente o indirettamente, sui fiumi di soldi pubblici erogati a vanvera, dirottando risorse per i settori strategici e per la riduzione dell’imposizione fiscale a favore di piccoli e medi imprenditori.
Ripeto: si deve arrivare al 1933 in Germania? O qualcuno di sensato è rimasto ancora in questa Italia, e anche in questa Europa al momento ridicola e velleitaria? Si smetta con le archeologiche diatribe su che cos’è il 25 aprile, sull’art. 18 e dintorni, sulle celebrazioni del 1° maggio, sulle “meraviglie” della Costituzione (dei tempi di Marco Cacco). Una bella ondata di legnate e “sano” decisionismo. Anche autoritarismo? Solo se c’è ancora gente con fisime anarcoidi in testa. Allora si: legnate a volontà, irreggimentazione coatta. Perché nell’anarchia, oggi come oggi, non si sentirà affatto la voce dei diseredati, degli oppressi, o cretini, imbecilli e soprattutto farabutti della sinistra “estrema”. Si sente solo la voce dei vari Bazoli, sempre diversi di giorno in giorno nella loro empirico-concreta personificazione, ma sempre eguali nella nefasta funzione che svolgono.