Lo stato di eccezione di Gennaro Scala

Riportiamo un articolo di due anni fa di Maurizio Blondet, con un commento di Oreste Scalzone, i quali registravano l'entrata dell'Italia nello “Stato di eccezione”. Da allora tale condizione ha visto notevoli progressi. Ricordiamo gli avvenimenti più recenti: la lieve condanna, di fatto una non condanna, a Tartaglia per l'aggressione a Berlusconi, la quale dimostra che non sono presenti le necessarie garanzie per l'esercizio del potere; l'attacco a Finmeccanica, tuttora uno dei pilastri dell'economia italiana; il modo in cui le inchieste sulla pedofilia vengono usate per un attacco contro la Chiesa cattolica.

Le cause dello Stato d'eccezione vanno ricercate nel fatto che con “mani pulite” è stata spazzata via la vecchia classe dirigente, senza che Berlusconi, pur colmando provvisoriamente tale vuoto, sia riuscito a costituirne una nuova. Inoltre, nel progressivo degrado dei partiti derivati dal Pci (Pd e Rifondazione), i quali hanno perso ogni base sociale e sono stati ridotti a puro strumento di quella che La Grassa chiama Grande Finanza e Industria Decotta (GF-ID)

Dallo stato d'eccezione non si esce con mezzi normali,  ed è possibile anche non uscire, o perlomeno non nei tempi necessari per evitare un progressivo grave degrado, già visibile, delle condizioni, sia materiali che morali, del vivere collettivo. Come se ne uscirà non è possibile prevederlo in anticipo, è certo soltanto che si preannunciano i tempi “interessanti” che il saggio cinese augurava ai suoi nemici.

Chiaiano, o dello stato d'eccezione
Oreste Scalzone
Lunedì 2 giugno 2008
Giorgio Agamben con grande acume capisce la pregnanza teorica dell'argomentazione schmittiana. In particolare riprende l'espressione "democrazia totalitaria" che Carl Schmitt usa in "De captivitate salus". E' evidente, pensiamo – come crediamo pensi Agamben – che la luce nera dell'intelligenza, spinta dall'extrema ratio dell'autodifesa, fa faville utili a forgiare ordigni concettuali rivoluzionari.
I fessi benpensanti preferiscono non rischiare di banalizzare il mostro e sarebbero perciò disposti a dare del negazionista a Bertolt Brecht per il monologo finale della "Resistibile ascesa di Arturo Ui", per quel «il ventre che generò la bestia immonda è ancora fertile». Loro restano ipnotizzati dal mostro e dimenticano la matrice.
I malanimosi per risentimento preferiscono uno Schmitt in catene, punito a dovere, che un uso sovversivo e libertario dei concetti che maneggia così bene. Jacob Taubes si lasciò aiutare da Kojeve a superare, lui che aveva avuto la famiglia sterminata nei campi, la repulsione fisica per andare all'incontro con Schmitt e ne uscirono "Tempus fugit" e "La teologia politica di Paolo di Tarso", che mostrano la radice teologica monoteista e "colpevolista" di ogni Stato, foss'anche il più laicista, come la Francia e la Turchia ataturkista.
I sovversivi non si prendono per gesuiti che, loro, possono leggere e far tesoro dei libri all'Indice ma devono interdirli agli uomini e alle donne comuni. I sovversivi preferiscono eliminare radici, economie politiche del cosiddetto male piuttosto che vendicarsi dei "peccatori" punendoli.
Un concetto è un concetto è un concetto: è questione da biografi o da moralisti o da preti porsi il problema di stabilire se Niccolò Machiavelli volesse «alle genti svela[re] di che lagrime grondi e di che sangue…» o al contrario volesse insegnare al duca Valentino le arti del dispotismo, il connubio di «golpe e lione» e dimostrare che «non si governa senza crimine» .

Le parole sono ben più che pietre e  contano e durano a lungo ben più di chi le emette:  chi vuole aiutare a portare alla superficie, scoprire, riscoprire e disvelare l'antica passione del comunismo, ben sa che il comunismo,  ovviamente, esiste da sempre e non è da reinventare né è localizzabile né databile. Certo, non più di quanto lo siano la facoltà della parola, la potenza di persistere nel proprio essere, l'amore, la pulsione alla predazione … La comunanza e il principio attivo dell'autonomia co-esistente ci sono, così come i loro contrari: ciò che conta sono le armi, innanzitutto parole/concetti, che ne consentono la scoperta e l'emersione. I futuri possibili sono scritti da sempre nel reale, mescolati con tutti, fra tutto e tutto.
«Noi non vogliam sperare niente, il nostro sogno è la realtà» Franco Fortini, L'internazionale
«La scoperta, come vuole l'etimo, è svelamento di qualcosa che era nascosta prima che il ricercatore riuscisse a scoprirla, scrutando, per così dire, dal buco della serratura. Così, le onde elettromagnetiche non sono state create da Maxwell – il fisico scozzese si è limitato umilmente a scoprirle – e una volta scoperte abbiamo capito che esistevano da sempre – anche prima dell'ultimo diluvio, prima che Abramo fosse – e da sempre hanno illuminato il mondo come luce. E da sempre la sublime vastità degli spazi siderali è abitata da queste onde che le stelle usano scambiarsi tra di loro a mo' di segnali». Franco Piperno, Il '68.

E' per questo che non ci turba pubblicare in questo blog il testo di un intellettuale catolico-tradizionalista, Maurizio Blondet, autore dichiaratamente reazionario, e, a torto o a ragione, in odore di questo, quello e chissà che altro…

Carl Schmitt alle vongole

Maurizio Blondet

«Sovrano è chi decide lo stato d'eccezione».
Se l'enunciato supremo di Carl Schmitt vale per tutte le situazioni (anche le farse), allora non c'è dubbio: abbiamo un sovrano.
E' Silvio Berlusconi.
Come noto, egli ha dichiarato lo Stato d'eccezione-monnezza.
In Campania, è sospeso il diritto ordinario.
C'è una superprocura, un tribunale speciale alla monnezza.
Chiariano, ha detto il sovrano, «è zona militare e sarà protetta. Coloro che si opporranno saranno perseguibili».
Militarizzazione della monnezza.
Allacciate le cinture, perchè comincia uno di quei periodi che il saggio cinese augurava ai suoi nemici: «interessante».
Non scherzo.
Quando uno evoca lo stato d'eccezione, la faccenda è sempre seria, gravida di prospettive e di pericoli.
Non importa che quel qualcuno sia personalmente ridicolo e Salame; comunque sia, evoca la sovranità nella sua forma elementare e fondativa.
Spiegazione per i più giovani, abituati a vivere nello Stato di diritto (o così credono).
Di norma, dice Schmitt, «non lo Stato è creatore del diritto, ma il diritto crea lo Stato; il diritto precede lo Stato».
Lo Stato non fa che essere il mediatore del diritto, prestargli la sua forza per applicarlo nella realtà.
Il capo di Stato o di Governo è egli stesso soggetto al diritto, «riceve la sua legittimazione dall'essere servitore del diritto».
Ma vi sono periodi di crisi, in cui «la normatività è impotente», per esempio a raccogliere la spazzatura a Napoli; allora la «normalità è sospesa»; e viene il momento in cui chi governa deve assumersi di sospendere la norma – dichiarando lo stato d'eccezione – per il bene della vita umana comune.
Non importa che sia il signor Med
iaset: è comunque un atto di audacia politica.
Si può essere schmittiani senza saperlo, come quel commerciante di Molière a cui fu spiegata la differenza fra poesia e prosa, ed esclamò: «Allora io sono un prosatore senza saperlo», perchè scriveva lettere commerciali.
E' proprio quel che avviene in Italia in questi giorni: nessuno pare aver preso coscienza di ciò che implica lo stato d'eccezione, anzi Napolitano – il supposto «custode della Costituzione» sospesa – pare favorevole, per non parlare dell'opposizione veltroniana.
Si entra in un periodo di «fondazione» con la mente torbida, il senso del diritto obnubilato.
I soli contrari sono i giudici ma – naturalmente – non per il motivo giusto, giuridico: lo sono per i loro interessi di casta. Temono di essere scavalcati, di essere privati di alcune loro «prerogative», e che si sia costituito un «precedente» per esautorarli.
Il che è verissimo.
Ma va notato che i più caldi a chiedere a Berlusconi la sospensione dell'autorità «legale» giudiziaria sono stati i sindaci e i presidenti di provincia della Campania.
Perché?
Perché, per tenere puliti almeno i loro paesi hanno aperto discariche, che sono autorizzate a termine, per 180 giorni.
Al termine, essendo la situazione immutata, hanno continuato a scaricare lì: e sono stati immediatamente incriminati. Avviso di garanzia.
E' un caso plateale in cui non solo la normatività è impotente, ma l'applicazione della legge diventa ostile alla vita, la rende impossibile.
Per questo si dirà in futuro che in Italia, i giudici furono moralmente responsabili dello stato d'eccezione, per la loro ottusità ad applicare «le norme» quando «la normalità» era da gran tempo, oggettivamente, sparita.
Da tempo, non c'era nessun sovrano.
Dai e dai, sono stati i giudici a suscitare un sovrano, e nel loro peggior nemico.
La necessità di un sovrano – che decide lo stato d'eccezione – è il fatto primario, elementare, della politica.
Tanto elementare che persino Berlusconi è stato in grado di enunciarne la giustificazione: «Le leggi devono essere adattate per far vivere meglio i cittadini, non sono un moloch assoluto».
Senza saperlo, ha parafrasato – e semplificato – una enunciazione di Schmitt, alquanto più tortuosa:
«Fin dove il diritto positivo è in grado di garantire la certezza giuridica e suscita una prassi univoca, la 'conformità alla legge' di una decisione è una prova della sua giustezza. Ma non appena certi elementi al di fuori del contenuto della legge positiva scuotono questa prassi e riescono a modificare questa legge nella sua validità fattuale, anche se per mezzo di una 'interpretazione', questa congruenza tra 'conformità alla legge' e giustezza della decisione cade; e un giudizio emanato contro il senso della legge può, ciò nonostante, essere giusto» .
E non è appunto questa la situazione in cui ci ha gettato da anni la magistratura come casta?
Gli arresti domiciliari allo zingaro ubriaco alla guida e quadruplice omicida sono un recente esempio di sentenza «conforme alla legge» e odiosamente ingiusta.
E' solo un esempio fra mille.
Non si contano le «interpretazioni» delle leggi vigenti che le rendono inefficaci nella loro «validità fattuale», ossia che ne neutralizzano gli effetti che la società esige dalla legge – la punizione del reo, la protezione per l'innocente, la raccolta usuale della spazzatura.
Persino il questore Manganelli ha detto che c'è un indulto permanente in Italia, che la dittatura dei giudici ha avuto come risultato la non-certezza del diritto (e della pena).
E' un'altra richiesta implicita di stato d'eccezione.
E' questo il punto più gravido di rischi e di futuro.
Nella repubblica di Weimar, era l'intera società onesta a chiedere uno stato d'eccezione, che la facesse finita con una «legalità» che favoriva solo l'arricchimento di mascalzoni speculatori, e la corruzione della società stessa in mano ai parassiti. E qui da noi?
Le emergenze sono tali e tante, gli egoismi così intrattabili e incurabili, da richiedere per ciascuna una «decisione sovrana», extra-costituzionale: le tre regioni almeno dove sovrana è la malavita organizzata, lo stato della scuola, il parlamento pletorico e servo delle lobby, la burocrazia inadempiente strapagata (la Casta), i particolarismi che ostacolano e impediscono ogni progettualità, lo strapotere bancario e sindacale, la violenza idiota e corpuscolare delle tifoserie, l'abuso di massa di cocaina persino tra gli operai… ciascuna richiederebbe tribunali speciali con procedure semplificate e misure extralegali per licenziare, punire, obbligare a fare.
In nome della vita e a sua difesa.
Qui è il punto.
L'Italia richiede uno stato d'eccezione totale.
Una volta dichiarato uno stato d'eccezione, è quasi inevitabile la tentazione di dichiararne altri, tutti in sé necessari.
Non è ignoto che lo stato d'eccezione è la madre delle dittature social-nazionali, di «destra popolare» nel senso che è il popolo a dare loro «mano libera».
Ovviamente, lo stato d'eccezione introduce nell'ordinamento giuridico un elemento di arbitrio assoluto da parte del sovrano.
Ma se il sovrano è Berlusconi, c'è il rischio di una dichiarazione di «stato d'eccezione televisivo», per salvare Emilio Fede dal satellite e mantenere il monopolio Mediaset.
Dico la verità: preferirei che ci fosse, al suo posto, un capo risoluto come Adolf Hitler.
Ma in politica si gioca con le carte che si hanno in mano, e in Italia abbiamo in mano scartine e veline.
La storia si ripete ancora una volta in forma di farsa.
Certo, staremo a vedere se Berlusconi è veramente sovrano nel senso schmittiano.
La casta giudiziaria ha mezzi potenti, i nemici sono potenzialmente tanti e tutti hanno dalla loro la «legalità».
Ci vogliono i cojones, e una certa vastità dell'intelligenza, cosa che è da dimostrare.
Ma non sottovaluterei l'influsso dello spirito dei tempi, il famoso Zeitgeist: c'è una tendenza mondiale alla sospensione della norma coi più buffi e lievi pretesti, dalla Cina all'America, la super-democrazia dove lo stato d'eccezione vige dall'11 dicembre 2001.
La cosa può durare.
Se i magistrati non fossero quegli ottusi difensori dei loro interessi che sono, non avrebbero dovuto combattere usando le «leggi» come bastoni; avrebbero dovuto esigere che lo stato d'eccezione a Napoli – la sospensione del diritto normale – avesse un termine temporale certo.
Non l'hanno fatto – ignari come sono della filosofia del diritto – ed è possibilissimo che la sospensione diventi permanente. Altra loro responsabilità.
Comunque sia, allacciate le cinture: si ballerà molto.
Il periodo è «interessante», la terra che abbiamo davanti, incognita.
Con uno stato d'eccezione, si sa come si comincia, ma non dove si finisce.
Come diceva Lenin: «Una rivoluzione senza plotoni d'esecuzione, è priva di senso».
Tutto sta a vedere chi ci finirà davanti.
E sarà un plotone di veline?