ESISTE ANCORA LA POLITICA? di Giellegi (6 luglio ’10)

   Riassumiamo le puntate precedenti, di cui si è parlato molte volte. Caduti “socialismo reale” e Urss, nel 1991 il Pci cambia nome ultimando il lungo iter di occidentalizzazione e atlantizzazione iniziato dallo strisciante Berlinguer (ambiguo opportunista più che cattocomunista, comunque mascherato in entrambi i ruoli dal suo falso moralismo di facile presa sui settori piccolo-borghesi influenzati dal ’68, mentre quelli “operai” credevano per fede nei capi come avevano sempre fatto). Nel 1991 si perfeziona l’accordo – mai rivelato com’è ovvio, ma a mio avviso evidente – tra i centri dominanti statunitensi (che avevano sopportato, causa “guerra fredda” nel mondo bipolare, certi “piccoli sgarbi” da parte di Dc e Psi) e subdominanti italiani della Confindustria “agnelliana” per erigere a loro sicari i nuovi “pidiessini”, che poi cambieranno via via denominazione.
   Vennero rispolverati certi settori “laici” di sicura fede “europeista” (quelli che volevano restare succubi dell’atlantismo statunitense) e si preparò la distruzione del settore industriale e finanziario “pubblico” (forte base di potere di Dc-Psi). Si attuò tale progetto complessivo senza combattere alcuna battaglia politica aperta, che sarebbe stata persa perché il Pci poteva cambiare nome ma era e restava minoranza. Si usò un corpo dello Stato già lungamente preparato all’uopo e si scatenò “mani pulite”. Il ceto intellettuale, soprattutto l’ex sessantottino (e ’77), che si era riciclato per poter comandare nella “cultura” (Università, insegnamento in generale, ecc.), fece da supporto. Siamo così entrati negli anni veramente bui (molto, ma molto, peggiori di quelli definiti di piombo negli anni ’70, che procurarono dei dolori ma non il marciume completo della politica e della cultura in Italia) con un’operazione giudiziaria. C’era la corruzione, ma meno del 50% di quanto denunciato (si pensi ai recentissimi casi della riabilitazione di Mannino e Formica, per la cui condanna e persecuzione di 16 e 17 anni nessun magistrato ha pagato quanto avrebbe dovuto pagare salatissimo).
   La corruzione era comunque una scusa poiché, lo ripeto, se si fosse aperta un’autentica battaglia politica, il Pds (i rinnegati del Pci) ne sarebbero usciti con le ossa rotte; e allora addio sicariato per conto dei suddetti centri statunitensi con i loro annessi servili ambienti confindustriali italiani. Confusa la popolazione con un’orgia di denunce di corruzione (sia vere che false) e di collusioni con la mafia (idem), si ottenne la distruzione di Dc-Psi (salvando quei piccoli nuclei “fedeli” al progetto, necessari per attorniare il “grosso” costituito dall’ex Pci, che aveva perso qualche piccolo pezzo di “nostalgici”) e si cercò di portare definitivamente al potere i sicari prescelti. Venne minacciato di “distruzione” economica Berlusconi, rappresentante di piccoli nuclei finanziario-industriali privati nati all’ombra di Craxi, che aveva cercato di rafforzarsi visto che nell’Iri, Eni, ecc. era senz’altro più forte la Dc (con discreta rappresentanza dei socialisti comunque). Berlusconi tentò di non mettersi direttamente in politica, ma il patto Segni-Maroni, appoggiato dall’uomo di Mediaset, fu sconfessato da Bossi 24 ore dopo la firma. In definitiva, sappiamo come andò a finire: creazione di F.I. nel gennaio ’94, vittoria alle elezioni dopo tre mesi o giù di lì (l’elettorato democristiano-socialista votò contro gli ex-piciisti), caduta del Governo dopo altri sette per il “ribaltone” della Lega (fatto tuttora non spiegato, ma sicuramente dovuto agli intrighi confindustriali e americani, o direttamente o indirettamente tramite ricatti).
   Da allora, non c’è più stato un confronto politico chiaro e netto; tutto è stato sommerso da menzogne e rinvii ad ideologie passate. Gli Usa e i “poteri forti” italiani (Confindustria) si inventarono la nuova lotta antifascista contro il montante fascismo berlusconiano (un fenomeno mai visto: vent’anni di ascesa senza mai prendere il potere, senza galera e confino per gli oppositori che dilagano invece in TV, al cinema, nei giornali, nell’editoria, dappertutto, sbertucciando e infamando chiunque non li segua nei loro deliri). Gli ex “ultrarivoluzionari” (’68 e ’77) sono sempre stati all’avanguardia; gli ex piciisti hanno rinnegato anche la Resistenza (dei comunisti) cambiandola in banale lotta per la “liberazione” al fianco degli “Alleati” (che non ne avevano alcun bisogno, hanno fatto pressoché tutto da soli). Sono state cancellate la volontà di trasformazione sociale (“come in Russia”) e l’orientamento verso est (i sovietici e gli jugoslavi “titini” con cui poi il Pci ruppe seguendo il Comintern). Una vergogna senza pari, accettata dalla base dei vecchi militanti, che il comunismo lo hanno sempre personificato nei capi del momento poiché non riuscivano a capire bene che cosa significasse il termine, essendo in effetti un flatus vocis per i vari dirigenti opportunisti succeduti a Gramsci.
   D’altra parte, Berlusconi si è trovato sbalzato in politica e vi è rimasto per l’esigenza di difendersi da chi lo voleva annientare assieme ai pochi rigurgiti di parvenus; del resto poco affidabili e incapaci di mettere in piedi una seria classe dirigente politica come capita spesso a tutti i parvenus, a meno che non abbiano il coraggio (e la visione strategica) di rappresentare veramente e robustamente l’avvenire di un paese. Egli era anche filoatlantico e “liberale” (cioè di destra conservatrice e miope). Non poteva mettersi – né avrebbe saputo come fare – contro gli Usa, che tuttavia hanno sempre preferibilmente appoggiato i suoi avversari; non per autentica scelta, ma soprattutto per dare soddisfazione ai loro “servi” collocati nella Confindustria “agnelliana” e nella nuova finanza a questa collegata, una volta svendute e privatizzate le grandi banche dell’IRI.
   Per tentare di non irritare troppo gli Usa, Berlusconi ebbe l’infelice trovata, su cui campa da allora ma che, se continua così, gli servirà ancora per poco. Si è inventato che i suoi avversari fossero i comunisti, che la Magistratura – il corpo dello Stato di cui ci si è serviti per compiere un’azione politica mascherandola da “Giustizia”, e che era guidata in “mani pulite” da un uomo ambiguo, di cui si sospettano certi legami “strani”, e di orientamento tutt’altro che di “sinistra” – fosse piena zeppa di “toghe rosse”. Un’idiozia, che fa pendant con quella del Berlusconi fascista. Così, la politica è finita nella commedia degli equivoci: lotta tra fascisti e antifascisti quando era invece lotta tra scherani degli Usa (e subdominanti italiani della “serva Confindustria”) e chi voleva “salvarsi il culo” ma senza rompere con il suo sostanziale filo-atlantismo. Ulteriore incomprensibilità: i “rossi” vennero scelti come “alleati” particolarmente fedeli nell’attacco Usa del 1999 alla Jugoslavia, e aggrediscono a tutt’oggi reiteratamente Berlusco
ni per i suoi rapporti con la Russia, che è l’erede, piaccia o non piaccia, di quell’Urss di cui i piciisti erano considerati “servi sciocchi”. Come si può condurre una chiara lotta politica quando si imbrogliano le carte in questo modo osceno e si rimbambisce la gente coinvolgendola in una lotta di 60-70 anni fa? Tutto questo, lo ripeto, con l’appoggio di un ceto intellettuale infame, lercio, che ha impestato Scuola e Università, ormai solo centri di infezione, non di cultura, di trasmissione di saperi (non parlo di quelli scientifici, ovviamente).
   L’operazione di svendita ai “privati” delle attività economiche “pubbliche” fu totale per quanto riguarda le banche; per motivi che credo non siano tuttora spiegati, restarono porzioni (decisive) di controllo “statale” in Eni, Enel, Finmeccanica e forse in qualcosa d’altro. Berlusconi se ne poté servire nella sua difesa contro i “poteri forti privati” (Fiat e Confindustria, quasi tutto l’apparato finanziario di grandi dimensioni), ma dovette rivolgersi a est. Cominciò a farlo soprattutto dall’estate 2003 (incontro in Sardegna con Putin, reduce da un viaggio in Nord Africa dove aveva posto ulteriori basi per importanti accordi in tema di energia). Da lì si accelerano i rapporti Eni-Gazprom. Nel 2005 Scaroni sostituisce, al vertice dell’azienda energetica italiana, Mincato; mi è lecito sospettare che questi non seguisse certe indicazioni di collaborazione con l’alleata Gazprom. Da quel momento parte una politica “sudorientale” di Berlusconi che gli procura opposizioni sempre più forti (malamente mascherate) da parte di centri statunitensi, della nostra finanza e (grande) industria parassite (subordinate agli Usa per loro propri interessi, tipici di tutti i subdominanti, quelli che, per parallelismo storico, chiamo i “confederati” italiani e che dovrebbero fare la fine di quelli della guerra civile americana se volessimo veder risorgere il nostro paese); questi gruppi pre e subdominanti hanno scelto irrevocabilmente quali loro sicari i “centristi” e i “sinistri” italiani; e da qualche tempo i “finiani”.
   Alcuni giornalisti di centro-destra, man mano che si accentuava l’attacco antiberlusconiano dei “poteri forti” (e dei loro scherani di centrosinistra, cui si sono ormai pure collegate tutte le schegge disperate della cosiddetta “sinistra radicale”), hanno un po’ più chiaramente indicato chi sta dietro i “rossi”, cioè le forze economiche con in testa la Confindustria e le grandi banche (“weimariane”, sempre con analogia storica di larga massima). Hanno però quasi sempre omesso di nominare in modo netto e polemico gli Usa (si accenna solo, e da parte di pochissimi, a imprecisati ambienti esteri, senza mai insistere né chiarire i motivi geostrategici del contendere), dando ossessivamente addosso ai “comunisti”, alle “toghe rosse”, ecc.; come fosse mai possibile che grande finanza e industria siano diventate “comuniste” (perfino Mussari del Monte Paschi, che diverrà presto presidente dell’ABI e appoggia pienamente il centrosinistra in funzione anti-Berlusconi, viene definito “banchiere rosso”; ormai siamo al ridicolo!).
   Arriviamo così al “Duomo in faccia”, ad un Berlusconi che si fa stringere in angolo e cerca di salvarsi facendosi “piccolo piccolo” e pieno di premure per i suoi più irriducibili avversari. Egli si sforza di riprendere quota come filo-americano e filo-israeliano. Promuove improbabili compromessi con tutti i suoi nemici; non redarguisce Scaroni (mentre sono convinto che l’abbia fatto con Mincato fino a sostituirlo) quando fa dichiarazioni assai pericolose che hanno, ci giurerei, messo sul chi va là la Gazprom (cioè la Russia). Quest’ultima, infatti, si è ben guardata dal cedere all’Edf francese anche solo un 1% della sua quota nel Southstream. Il Giornale fa una guerra aperta a Fini, dice esattamente e con la massima lucidità quali sono gli intendimenti di quest’ultimo (e posso anche facilmente farmi convincere che il malumore berlusconiano per le posizioni del giornale sia un puro gioco delle parti); tuttavia, si finge di credere che si è in presenza della pura ripicca e invidia di un personaggio, di cui tuttavia si dice che è probabilmente in contatto e collegamento con il Quirinale. Allora, la ripicca è di due personaggi?
   Queste puerilità perderanno Berlusconi, che non ha il coraggio di dire – perché no: anche “a reti TV unificate” – quali sono i maneggi in corso a suo danno e i motivi geopolitici di fondo che ne stanno alla base, indicando “per nome e cognome” i suoi nemici e i “servi” antinazionali di questi ultimi. Si tratta proprio di quelli che amano tanto “Fratelli d’Italia” e la Costituzione! E ovviamente l’“antifascismo” di chi tradì il 25 luglio 1943 ed esaltò la “Lotta di Liberazione”, facendo strame della reale Resistenza e consegnando l’Italia da un “padrone” (sconfitto) all’altro (vincitore); scelta obbligata da Yalta, ma che andava semmai compiuta senza mentire sulla natura di quella lotta e senza rinnegare gli ideali di coloro che sono morti per ben altre finalità.
   Ricordato tutto questo, quali sono le miserabili prospettive attuali? La tentazione, e tentativo, sempre più pressante degli ambienti “eversivi” italiani, manovrati “dall’estero” (sappiamo la provenienza), è di completare l’opera iniziata agli inizi degli anni ’90 e mai risoltasi come volevano tali ambienti per il disturbo loro arrecato dalla discesa in campo di Berlusconi, con il cosiddetto centrodestra, in cui non si è venuto mai formando un ceto politico degno di questo nome. Solo vecchi arnesi democristiani e socialisti e una serie di personaggi nuovi, ma poco omogenei e di dubbia capacità; c’è stato un qualche ricambio e miglioramento in due decenni, ma ancora molto al di sotto delle necessità di governo di un paese. Dalla parte degli “eversori” non vi è nulla di meglio, solo gente (meglio: gentaglia) più navigata – nelle sue ormai obsolete distinzioni di sinistra (con perfino quella detta ridicolmente estrema), di centro e di destra, in genere i “post”-fascisti – ed egualmente modesta, corrotta, incapace, pur se i processi contro di essa non si istituiscono o non vanno avanti e, soprattutto, non vengono pubblicizzati dai media (quelli dei “poteri forti”) dotati di “strani fili diretti” con le Procure, che funzionano a senso unico.
   Si sta cercando un nuovo ribaltone, questa volta operato da parte della “destra aenneina”; anche se non mi stupirei, ad appena meno breve termine, di vedervi partecipare pure ambienti leghisti debitamente “premiati” e convinti come già sedici anni fa. Messo eventualmente in minoranza il Governo con questi “complotti” guidati dalla ben nota “manina d’oltreoceano” (denominazione di Geronimo alias Cirino Pomicino), può essere nominato un Governo di pretesa emergenza, favorito dal “Colle”, diretto da un “tecnico” (ad es. l’uomo della Goldman Sachs) o da qualche pupazzo di “centro”, vetero-democristiano o new entry ex confindustriale o chicchessia prono ai voleri di certi “ambienti”.
   Un Governo che, nelle speranze dei “complottatori”
(comunque in azione rigorosamente dietro le quinte, perché sono in minoranza nel favore della popolazione, se questa fosse chiamata nuovamente alle urne), dovrebbe durare almeno 2-3 anni per concludere (male) la legislatura e cercare di logorare Berlusconi (anche “biologicamente”), sputtanarlo e processarlo; cercando insomma di ottenere quello che non si è ottenuto in quasi due decenni. C’è però di mezzo qualcosa che i “congiurati”, come tutti i disperati senza grandi prospettive, sottovalutano: la crisi in atto non è una semplice crisi economica come già rilevato molte volte, e anche nel mio ultimo scritto, in cui ho solo incidentalmente criticato (ma con giudizio “mezzo” positivo) un economista quale Krugman. In tre anni si provocheranno gravi guasti nella politica di alleanze internazionali e di affari importanti come quelli verso “est” e “sud”. Questi guasti sono già in atto per i cedimenti berlusconiani degli ultimi mesi, ma è assai probabile divengano irreparabili.
   Pur se non credo che verrà mai messa in discussione formalmente l’unità d’Italia (minaccia che serve all’ambigua Lega per i suoi giochi di corto respiro, ma graditi ai “nordestini”), il nostro paese sarà, come in secoli passati, in mano a bande mercenarie le cui devastanti scorrerie saranno promosse da subdominanti alla ricerca di salvarsi dalle spire di una crisi (sociale e politica più ancora che economica) appoggiandosi a vari gruppi stranieri. Per invertire il corso degli eventi sarebbe necessario l’emergere, troppo improbabile date le nostre condizioni, di una forza nazionale; non portatrice di un cieco e violento nazionalismo aggressivo né razzista, semplicemente in grado di comprendere che, “nell’epoca di mezzo” creata dall’esaurimento del “movimento operaio” e dell’ormai mitico conflitto capitale/lavoro, nell’epoca in cui il multipolarismo avanza mentre latita la precipitazione in verticale di nuove “strutturazioni” dei raggruppamenti sociali (le “classi”), sarebbe intanto necessario supplire con la vocazione nazionale e la sconfitta, dura e scardinatrice, delle forze economiche (grande finanza e industria parassita) e politiche (di “sinistra” in primis, di “centro” e di “destra”) che sono parte integrante del mercenariato al servizio di altri, al cui centro sono situati gli Usa.
   Ci si dovrebbe però trovare in una situazione più simile a quella turca, dove ad un esercito di marca “atlantica” (come sicuramente lo è anche il nostro) si contrappone un organismo politico capace di mobilitare (anche per mezzo della religione) gran parte della popolazione e che, con molta probabilità, ha forgiato apparati fedeli in altri settori dei ben noti “distaccamenti speciali di uomini in armi”. L’Italia non è certo la Turchia e, soprattutto, Berlusconi (il gruppo debole che rappresenta) non è Erdogan; proprio per i gravi limiti messi in luce più sopra. Non è entrato in politica con una vocazione nazionale, non è un reale “populista”, non è – per fare un’analogia (sempre imperfetta o ipercritici pronti ad inalberarvi!) – il “vecchio Emiro dell’Afghanistan”, socialmente più arretrato ma politicamente più avanzato del “moderno laicismo”, alleato (diciamo servo in realtà) del “protestantesimo” di marca statunitense.
   E’ un discorso grosso, complicato. Si dovrebbe, fra l’altro, capire meglio in Italia la funzione della Chiesa cattolica, divisa tra chi preferirebbe l’alleanza verso est (dove ci sono i greco-ortodossi) e chi si piegherebbe volentieri agli Usa, la cui finanza ha in questi ultimi anni assestato duri colpi a quella vaticana (vedi sostituzione di Fazio con l’uomo della Goldman Sachs), ma perché quest’ultima ha in qualche modo favorito l’altra con i suoi atteggiamenti di grande debolezza e divisione interna. Non esistono solo i “laici”, servi dei “protestanti”, ma anche cattolici “tipo Banca Intesa” tanto per ……. intenderci. La “confusione è veramente grande sotto il cielo” e la “situazione è pessima”. Seguiamola attentamente e prepariamoci al peggio; i “moderni”, i “laici” (falsi antifascisti del tradimento), in questo paese ormai di frontiera devastato da continue scorribande di “bravacci pagati dallo straniero”, ce ne faranno vedere di tutti i colori!