I referendum per l'"acqua pubblica" di Red

Più volte su questo blog si è discussa la falsa rappresentazione della realtà trasmessa dai concetti  di proprietà privata e di proprietà pubblica come fondamenti reali della distinzione politica fra destra e sinistra (rimando alle pubblicazioni di G. La Grassa ed ai numerosissimi suoi, e di altri redattori, interventi usciti anche su questo blog). Qui vorrei discutere come l’applicazione abbastanza bovina di questi concetti, indirizzi in un vicolo cieco l’azione politica della sinistra antagonista oltre che a vere e proprie contraddizioni logiche.
 
Mi riferisco ai tre referendum “sull’acqua pubblica” per la cui indizione sono state recentemente raccolte e consegnate 1,4 milioni di firme. Un vero successo nella indifferenza se non ostilità dei partiti maggiori dal PdL al PD che dimostra da una parte la presa reale del concetto di “bene pubblico” (più volte del resto La Grassa ha spiegato che una falsa rappresentazione della realtà, mirante a nasconderne il movimento reale, ha comunque effetti reali che vanno considerati e non ignorati) e dall’altra della necessità di fare un po’ di chiarezza (o almeno provarci).
 
Come noto i tre referendum mirano ad abrogare tre articoli della legge Ronchi e del D.L 152/2006 che, secondo i promotori degli stessi, obbligano i comuni alla privatizzazione dell’acqua. Se i referendum passassero si garantirebbe invece, sempre secondo i promotori, che l’acqua potrebbe essere gestita solo da aziende pubbliche. Questa sarebbe una fondamentale questione di democrazia se non addirittura (tra i più fondamentalisti) di sopravvivenza della specie secondo la catena logica: vita=acqua=merce=scarsità=morte.
 
La questione si inquadra meglio a partire dal comma 5 della legge 133/2008 – art.23 bis: “Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati”
 
Ora basterebbe un corso elementare di economia o, molto meglio, la lettura delle prime pagine de Il Capitale per capire che parlare di merce-acqua è del tutto improprio. Un’impresa che gestisce in concessione una rete non trasforma alcuna materia prima-merce in prodotto-merce lucrando sul lavoro-non-pagato (plusvalore). Semplicemente ha come fine di coprire i costi di gestione e degli investimenti necessari alla riproduzione del servizio ricavando un utile. Assomiglia molto più ad un commerciante, categoria cui Marx non attribuiva una particolare centralità nello scontro inevitabile (secondo la sua teoria e le sue previsioni) tra lavoratore collettivo e minoranza di espropriatori stacca-cedole (scontro che G. La Grassa ha da tempo dimostrato essere stata un’ipotesi smentita dalla storia successiva a Marx ed alla quale ha sostituito il concetto di conflitto strategico).
 
Basterebbe già questo per indicare la precarietà teorica di chi attribuisce alla questione “gestione dei servizi idrici” una centralità politica assoluta nello scontro di classe per la sopravvivenza della democrazia, se non addirittura della specie umana, in ossequio alla (ormai) ossessiva citazione “socialismo o barbarie”.
 
Ma la confusione aumenta sulla questione dell’aumento delle tariffe: ritenuto dai promotori dei referendum come inevitabile, nel caso un gestore privato partecipasse alla gestione dei servizi idrici, come conseguenza della ricerca di profitto. Tralasciamo l’errore concettuale (che però la dice lunga sul sistema di pensiero di questi dirigenti della sinistra cosiddetta radicale). Dovrebbe essere  abbastanza evidente a tutti che il costo totale del servizio idrico e degli investimenti necessari alla manutenzione e sviluppo della rete di acquedotti deve essere recuperato totalmente. Se questo viene fatto attraverso la tariffa oppure attraverso la tassazione generale è una decisione politica di non poco conto ma che nulla ha a che vedere con la forma giuridica del gestore del servizio.

A meno che non si voglia attribuire una patente di sinistra alla tassazione generale ed una patente di destra alla tariffa: il che sarebbe da ridere se appunto non muovesse 1,4 milioni di italiani a firmare per fare passare questa tesi. Per cui è di sinistra un sindaco che tiene basse le tariffe e si fa coprire i costi del servizio in house dai trasferimenti provinciali e regionali, mentre è di destra quello che concede l’aumento delle tariffe alla società che ha vinto la gara per la concessione. Senza che nessuno si interessi minimamente di quanto costi questo servizio (fra personale e manutenzione ordinaria), quanto gli investimenti per recuperare le perdite degli acquedotti, quanto una rimodulazione delle tariffe fra usi industriali, agricoli e civili.
 
Il risultato del combinato disposto fra errori di teoria economica ed approssimazione politica è la più totale confusione degli schieramenti su questa questione.
 
Per cui il PD che ha interessi in numerosissime multiutilities si trova accanto al PdL che ne fa una questione di “liberalizzazione” del mercato giocando invece (inconsapevolmente?) a favore del PD!
Mentre la Lega strizza l’occhio agli antagonisti di sinistra in nome dell’autonomia dei Comuni contro lo strapotere delle Regioni. L’IDV pesca dove può e Casini sta con Caltagirone che scala l’ACEA con il benevolo consenso di Alemanno (ex destra sociale, oggi pontiere nel PdL fra finiani e berlusconiani) cioè dell’azionista di maggioranza.
 
Red/24.7.2010
 
PS1: mi dicono che Vendola, dopo aver silurato un esponente dei “movimenti” dalla gestione dell’Acquedotto Pugliese sarà in prima linea per la sua ri-pubblicizzazione. Una prova evidente che Vendola è di sinistra checché ne dicano alcune malelingue della Federazione della Sinistra formerly  PRC.Cosa questo significhi invece realmente lo lascio scoprire all’approfondimento che i gentili lettori vorranno fare sulla questione in vista dei prossimi referendum (se mai ci arriveremo…)
 
PS2: qualche lettore potrebbe farmi osservare che l’acqua è in realtà una risorsa strategica per la quale si sono fatte guerre e probabilmente si faranno ancora. Basterebbe pensare ai conflitti ancora aperti sulla gestione delle acque del Nilo o del Mekong, per fare due esempi di una certa attualità. Ma in tutta evidenza il mio articolo ha preso l’acqua solo come pretesto.