GHEDDAFI E L'ITALIA di G.P. (31 ago)
Mentre le cornacchie del circo mediatico ufficiale fanno ironia su Gheddafi, le sue amazzoni, i cavalli berberi, i cammelli, i beduini e tutto il resto dei miraggi che riesce a produrre il deserto di un servilismo belluino e scimmiesco, geneticamente connaturato ad una mentalità gazzettiera e provinciale, la diplomazia del Premier porta risultati concreti all’Italia ed ai suoi imprenditori.
Sia chiaro che non mi piacciono certe manifestazioni pubbliche, le trovo superflue, ridondanti, ridicolmente spettacolari e inutilmente stravaganti, ma si deve badare ai risultati effettivi di questa amicizia Italia-Libia, tanto sul versante economico che su quello geopolitico. Innanzitutto, chi culturalmente e politicamente viene da sinistra dovrebbe compiacersi per le scuse e i risarcimenti che il Governo italiano, unico in Europa e forse nel mondo tra gli ex colonialisti, ha portato ad un ex possedimento sottoposto a vessazioni militari, non scevre da eccidi e repressioni sanguinose. Quale saggio rappresentante della sinistra si sentirebbe di condannare, senza perdere la faccia e la dignità, la seguente affermazione del leader libico: "Noi condanniamo Mussolini, Graziani e Balbo: quello che hanno fatto in Libia, deportazioni, uccisioni, distruzioni di case, è infame” ? In fin dei conti, il versamento di 5 mld di euro che lo Stato italiano effettuerà nei prossimi vent’anni a vantaggio di Gheddafi e del suo popolo è una partita di giro dato che l’ammodernamento infrastrutturale della Libia sarà realizzato dalle stesse imprese nostrane, a partire dalla costruzione di un’autostrada costiera di 1600 km. Ma gli appalti e le commesse a favore delle nostre aziende si allungheranno su altri settori ben più strategici come quello del gas, del petrolio e degli armamenti, dove primeggiano gruppi nazionali come Eni e Finmeccanica. La Libia è seduta su ingenti giacimenti di idrocarburi e costituisce una porta privilegiata di accesso all’area mediterranea e nordafricana sulle quali si stanno scatenando gli appetiti di altre potenze europee, quali Francia e Inghilterra (a tal proposito invito a leggere questo articolo di Mario Sechi pubblicato sul Tempo). Queste sarebbero felicissime di togliersi di torno un concorrente scomodo come l’Italia per estendere la loro influenza anche in tale zona del globo. In epoche storiche come quella attuale la politica estera è la politica tout court e chiunque anteponga all’esigenza di sapersi muovere sulla scacchiera mondiale, seguendo precise direttrici strategiche (trovando il modo se non di governarle almeno di orientarle a proprio favore), l’ideologia sciocca della purezza democratica, dei diritti umani o della libertà di stampa e di genere, finirà tagliato fuori dalla ridefinizione mondiale degli assetti geopolitici in corso. Gheddafi lascia intendere che il mediterraneo dovrà essere gestito da un gruppo di paesi amici che avranno preventivamente legato sul piano politico in virtù di interessi nazionali collimanti e reciprocamente vantaggiosi. Di qui il suo appello a liberare l’omologo mare "da flotte militari degli Stati non rivieraschi". Questo significa che l’Italia è in cima alla classifica dei paesi che potranno agilmente muoversi su tali acque per stringere accordi commerciali, militari e politici. Ed invece, ci sono forze politiche del Belpaese che intendono bloccare questo processo per esigenze di bottega, per una ristretta visione dei cambiamenti in atto nel mondo (piddini, finiani, italiavaloristi) oppure perché preoccupati di perdere le loro radici (leghisti). A quest’ultimi consiglio di tenersi stretti i bulbi e pure gli arbusti ma di non compromettere i nostri interessi per i fusti. Ai primi invece c’è poco da dire, bisogna zittirli definitivamente prima che facciano danni irreversibili. I finiani si sono scatenati contro Gheddafi facendone una questione di bon ton, a loro parere in nessun altro paese libero e autocosciente un leader dispotico come il Colonello avrebbe mai ricevuto una così calorosa accoglienza. La Fondazione Fare Futuro ha parlato di un’Italia ridotta a parco giochi per esaudire l’eccentricità di un dittatore giunto all’ultimo stadio di senilità. Hanno fatto eco a questi stupidi pregiudizi molti uomini di sinistra che, pur essendo andati a scuola di leninismo in gioventù, non hanno mai imparato a fare analisi concreta della situazione concreta. L’autolesionismo è il letto di morte sul quale destri e sinistri, consapevoli o meno che siano, stanno distendendo il nostro paese. Tuttavia, sono sicuro che gli italiani la sanno ancora più lunga dei loro governanti e che all’occorrenza sapranno fermare queste educande filoamericane in preda ad un’assoluta confusione epocale.
Infine, vorrei sottolineare un’altra notizia che riguarda la politica estera italiana e che coinvolge una delle nostre migliori imprese di punta: l’ENI. Anche in questo caso, per merito di Berlusconi e della sua diplomazia lungimirante, siamo riusciti a stringere importanti accordi energetici col Turkmenistan. Il giacimento petrolifero di Balkanabat, vicino alle coste del Mar Caspio, sarà presto patrimonio del Cane a sei zampe. Si tratta delle riserve più importanti della regione, dai 4 ai 14 trilioni di metri cubi di gas. Il Cavaliere ha ottenuto da Ashgabat il privilegio di entrare per primo nel business dell’oro nero del paese. Il Presidente Berdymukhamedov ha ringraziato il nostro Presidente del Consiglio per aver inaugurato nuovi rapporti bilaterali tra i due stati che spalancheranno le porte dell’Europa al Turkmenistan e quelle dell’Asia centrale all’Italia.