MI SI DICE…. di GLG (21 sett. ’10)
Mi si dice che Alfredo Barba, autore del chiaro e netto articolo (su Libero) da noi riportato nel blog, ha scritto nove articoli nel 2010 e non se ne ha invece traccia nel 2009. Se fosse realmente così, se ne dovrebbe concludere che si tratta con tutta probabilità di uno pseudonimo, utilizzato per inviare qualche “avvertimento” a chi di dovere, di fatto a qualcuno che sta troppo tramando con gli “ambienti” statunitensi contro la nostra minima autonomia nazionale (almeno in tema di notevoli affari conclusi: 300 miliardi di euro solo con la Russia e la Libia). Nell’articolo in questione si parlava di Fini, ma costui è solo la “punta dell’iceberg” (un iceberg enorme, grande come i tre quarti dei nostri miseri politicanti e della sfera economico-finanziaria, praticamente tutta quella costituita da grandi imprese “private”, la GFeID).
Di fronte a simile situazione, gli ambienti berlusconiani parlano genericamente di questi affari conclusi, senza farne una pubblicità assai ampia (come meriterebbero) con indicazione precisa dei settori e imprese, anche di medio-piccole dimensioni, che ne hanno usufruito. Non solo: Berlusconi sta dedicandosi – contraddicendo il suo disprezzo, solo sventolato, per il “teatrino della politica” – ad un inverecondo mercato delle “vacche” (parlamentari vaganti da una parte e dall’altra). Nel mio vecchio scritto, contenuto nel più volte citato Teatro dell’assurdo (1994-95), avevo intuito piuttosto bene la funzione di “mani pulite”, le sue finalità da “colpo di Stato”, e a chi giovasse. Avevo individuato Berlusconi come elemento di “resistenza” a tale operazione, come “bruscolino” nelle ruote dell’ingranaggio messo in moto dagli Usa e dalla GFeID. Pensavo però a quel tempo che egli avesse soprattutto difeso i propri interessi (Occhetto minacciava di distruggere le sue aziende con la “gioiosa macchina da guerra”) e che, dunque, si sarebbe trattato di un periodo di transizione piuttosto breve, di un “accidente storico”.
Non fu invece probabilmente solo “resistenza” di un individuo, questi rappresentava in definitiva la “vetrina” di altri settori (penso soprattutto a quelli del management “pubblico”) costretti a nascondersi e ad agire “sotto traccia” a causa della manovra giudiziaria (camuffamento di quella realmente politica di ignominia e svendita nazionale). Inoltre, fin dall’inizio del XXI secolo venne palesandosi il fallimento del disegno imperiale statunitense e il ripiegamento sulla lunga “guerra”, caratteristica dell’avvio di una fase multipolare. Tutto questo ha prolungato l’esistenza di Berlusconi al di là di quanto era prevedibile, di quanto avevo previsto. Tuttavia, in poco meno di vent’anni, i settori di “resistenza” non sono riusciti a sostituire questo individuo, troppo indeciso ed ondivago. Non si è riusciti a battere definitivamente i disegni, sempre rinnovati, degli ambienti antinazionali; ogni volta che questi hanno perso il confronto elettorale, non hanno avuto difficoltà a trovare “traditori e venduti” per rimettere in carreggiata tali disegni.
Nemmeno, però, i loro avversari, nascostisi dietro Berlusconi, sono stati fatti definitivamente fuori. Così, in questa lotta, si sta sempre più sbriciolando l’assetto istituzionale italiano; si assiste ad un’autentica guerra per bande che devasta il territorio del paese (“come nella Chicago anni ’20”, disse un importante affarista quotato “a sinistra”). Lo sconquasso – con l’apparente inversione tra causa ed effetto, tipica di ogni processo dotato di “spessore”, in cui il sommovimento parte dal “profondo” (o da “dietro le quinte”) per arrivare in “superficie” (nel “palcoscenico”) – si nota con la massima virulenza, e indecenza, nel “teatrino della politica”, ma comincia a manifestarsi, con contorni ancora molto fluidi e confusi, al livello della sfera economica; penso agli ultimi sintomi rappresentati dagli attacchi (leggeri) a Passera, a Profumo (meno leggeri, in questo momento si è dimesso da ad di Unicredit), dagli attriti apparentemente composti tra Confindustria e Fiat, dallo scomposto chiacchiericcio di ambienti giornalistici (legati ai “poteri forti”), scombiccherati e ormai del tutto “trasversali” (salvo i pasdaran del “complotto antinazionale” da Repubblica a L’Unità, ecc.).
“Solo un Dio ci può salvare”. Non credendo in Dio, noto l’assoluta mancanza di un gruppo fortemente deciso – e a questo punto diciamolo con grande sincerità: violento e privo di scrupoli – che elimini senza remissione e pietà tutto questo lerciume. Si sa bene dove può portare un “gruppo simile”; si sa dove si comincia, non dove si va a finire. Di questo ci si rende ben conto, leggendo gli eventi della “storia”. Tuttavia, non c’è al momento alcuna via di uscita d’altro tipo; l’ambiente è stato ormai integralmente infettato, giacché per troppo tempo è durato il “teatrino” del berlusconismo e dell’antiberlusconismo.
Non ci sono altre soluzioni onorevoli; altrimenti, resta soltanto la guerra per bande, il disfacimento nazionale, un nord che sarà sempre più inviperito contro il sud, gli “autonomi” contro i dipendenti, quelli del “privato” contro quelli del “pubblico”. E non si creda che – tramite questa guerra tra subalterni – trionfi chissà quale gruppo di dominanti; sono anch’essi in conflitto gli uni con gli altri, mentono e falsificano in continuazione i dati del “reale”. Ognuno d’essi nasconde i propri propositi di predominio dietro beghe personali e gossip, nel mentre si ha la continua riproposizione di una malsana metodologia già vista: l’azione giudiziaria di una magistratura sempre più “escrescenza tumorale” di una società in pieno sbandamento.
No, solo “un Dio” ci può salvare; e non un “Dio” buono come quello presentato dai cristiani; un Dio della furia e della vendetta, un Dio capace di uccidere i “propri figli”, di scagliare saette e fulmini per incenerire sia furfanti e farabutti che imbecilli e mentecatti. Non è la “corruzione morale” che ci sta portando alla rovina. Sono i moralisti ipocriti, seguiti da bande di perfetti ebeti (diciamo meglio: inebetiti e torpidi, ma forse, chissà, passibili di “risveglio”), che nascondono dietro temi etici (e giudiziari) la loro totale incapacità di mediazione e sintesi di interessi contrapposti. La sintesi si deve ottenere con decisione e con l’ordine di chiusura a tempoindeterminato dei “teatrini”. Fino a quando “qualcuno” non sarà capace di una simile azione, assisteremo a questo spettacolo osceno. Si parli chiaro infine e lo si ammetta: abbiamo a che fare con “due pugili suonati”, che si sorreggono vicendevolmente, abbracciandosi, sul ring mentre continuano ad affibbiarsi, scorrettamente, calci negli stinchi. Se questo spettacolo piace……