LA FINE DI BERLUSCONI (a cura di G.P.)
Quest’oggi vorremmo proporvi due articoli di Franco Bechis, giornalista della testata Libero, che sono da rincalzo autorevole a quanto da noi sostenuto (da anni e negli ultimi tempi con maggior frequenza) circa il tentativo di far fuori Berlusconi attraverso un'azione coordinata coinvolgente la solita magistratura politicizzata, le forze del centro-destra vicine all’amministrazione americana e a quella israeliana (finiani e non solo), quelle dell’opposizione da tempo eterodirette dagli Yankees e i Servizi più o meno deviati dello Stato. Bechis parla di macchina da guerra con una potenza di fuoco di prim’ordine, pronta ad accanirsi sul PresdelCons tanto sul versante politico che su quello economico. Non appena il Tycoon carismatico – costretto ad entrare in politica per non finire in galera dopo aver perso la protezione di Craxi, a sua volta distrutto dai magistrati e da forze interne guidate da "manine" straniere – stramazzerà al suolo una pletora di sciacalli e di avvoltoi si butterà voracemente sulle sue aziende e sulle sue proprietà per divorare tutto e prendersi una finora insperata rivincita. Al cospetto di questa prospettiva funerea che danneggerà insieme al Cavaliere anche la nazione e i suoi interessi strategici in campo internazionale, il capo del PDL non reagisce come dovrebbe e si lascia trasportare dagli eventi. Questa situazione di incertezza e di instabilità istituzionale logorerà il governo e lo sguarnirà su più fronti favorendo gli attacchi multidirezionali che saranno sferrati dai soggetti e dai gruppi di potere sopramenzionati. L’uomo non ha ben capito che ormai costoro non vogliono vederlo andare solo al tappeto quanto piuttosto finire direttamente sottoterra. E purtroppo egli, col suo atteggiamento temporeggiante che denota scarsa lucidità politica, li sta aiutando a farsi scavare la fossa.
1. Così non si va avanti (F. Bechis, da Libero)
2. Franco Bechis per "Libero"(dagospia)
Due mesi e mezzo di tempo. Poi Gianfranco Fini è convinto che il suo problema sarà risolto da altri: Silvio Berlusconi verrà portato via dai nemici di sempre, i magistrati. È questa la sola vera alleanza che Futuro e Libertà sta cercando in queste settimane, nella convinzione che l'intervento delle toghe sarà il grimaldello con cui fare saltare definitivamente il PdL e con esso la seconda Repubblica.
Italo Bocchino e Gianfranco Fini
Fini stesso ne ha parlato privatamente con i suoi uomini più fedeli. E noi, raccogliendo privatamente la testimonianza di alcuni di loro, siamo in grado di ricostruire lo scenario immaginato dal presidente della Camera e dalle sue truppe. Per loro l'importante è arrivare a metà dicembre non dicendo mai apertamente di bocciare uno scudo giudiziario per il premier, ma rendendolo impossibile di fatto con un po' di guerriglia e di melina parlamentare.
Il 15 dicembre – ne sono convinti- la Corte Costituzionale boccerà il legittimo impedimento, che in ogni caso rappresentava uno scudo temporaneo destinato all'estinzione. A quel punto il Cavaliere sarà nudo di fronte ai suoi nemici più terribili. I processi a Milano dopo tanto attendere metteranno il turbo, e fioccheranno le condanne. Se anche Berlusconi a quel punto, capendo l'antifona, marcerà diritto verso le elezioni giocando il ruolo da vittima predestinata, almeno una condanna pesante arriverà prima del voto.
E Fini ne è convinto: questa volta la musica sarà diversa dalle altre campagne elettorali. Anzi, ai suoi il presidente della Camera ha rivelato pure di più: «Giochino pure con la casa di Montecarlo. Queste sono armi spuntate. Io ho la smoking gun contro Berlusconi. Ma la tirerò fuori solo al momento opportuno. Magari proprio al culmine della prossima campagna elettorale». Naturalmente che cosa sia questa smoking gun è segreto ben custodito. Ma nelle truppe finiane qualche ipotesi si sta facendo, basata magari su battute, allusioni o mozziconi di frasi sentite pronunciare dal leader nei tempi più bui.
1 berlusconi premier turco tayyip erdogan lap
Sussurra uno di loro: «Io credo che Gianfranco possa giocarsi il suo ottimo rapporto attuale con gli americani. Che – più volte lo abbiamo capito – sono furiosi con Berlusconi per il gasdotto che ha realizzato con Vladimir Putin. Anche a noi sono giunte voci e dossier che ipotizzano come quell'affare sia tutt'altro che pubblico. L'ipotesi è che sia molto privato, con un piccolo ruolo nel business per la Turchia di Erdogan. Certo, noi non saremmo in grado di provare nessuna di queste voci. Ma se dessero una mano gli americani a svelare quella proprietà reale, allora sì che sarebbe una smoking gun!».
Nell'entourage finiano sono convinti che le elezioni anticipate siano un falso problema: prestissimo o comunque assai presto Berlusconi «se lo porteranno via i giudici». Le immagini che circolano nel gruppo sono perfino truculente: «sarà una cosa come la caduta di Benito Mussolini, perché l'Italia è fatta così: quando i suoi beniamini cadono in disgrazia, tutti sopra come avvoltoi per spolparli. Temo che il destino sia quello di una nuova piazzale Loreto. Ma non si tratta solo del personaggio in questione, che potrebbe anche fuggire alle Bahamas o a Santa Lucia, se lì- come sembra – ha tanti amici. Io non so cosa potrà accadere del suo impero industriale dopo. Perché è lì che si concentrano appetiti e desideri di vendetta».
Questo si dice in privato nelle strette fila del piccolo gruppo di Futuro e Libertà. La consegna però è quella di non fare trapelare mai in pubblico una parola di troppo sulle vicende giudiziarie di Berlusconi. Fino alla nausea tutti all'unisono ripeteranno che «il premier ha diritto a governare» e di essere disposti a valutare (mai però ad approvare nei fatti) una qualche forma di scudo giudiziario per lui. C'è un rischio naturalmente: che le elezioni arrivino prima dei tempi necessari alla magistratura.
I finiani non danno particolare importanza alla cosa. Se si dovesse andare presto alle urne loro sono pronti a farlo da soli: «tanto abbiamo da difendere solo una trentina di posti da deputati, non è difficile perché prenderemo almeno fra il 6 e l'8 per cento dei voti». Alla Camera forse.
Per il Senato sono convinti di potere fare una alleanza tecnica limitata a quel voto con Casini «che alla Camera andrà da solo con la sua Udc». In questo modo passerebbero la soglia fatidica dell'8 cento e potrebbero divenire determinanti in parlamento. Anche Casini punterebbe su questo scenario, in grado di fare nascere i governi nel Parlamento e non nell'urna in modo plebiscitario.
Se questo fosse la parola "ribaltone" scomparirebbe una volta per tutte dal gergo della politica. Se pure vincesse Berlu
sconi alla Camera, sarebbe costretto a un'alleanza con Casini e Fini per governare. E a Futuro e Libertà basterebbe solo guadagnare il tempo necessario ai giudici per togliere Berlusconi di mezzo una volta per tutte. Unico intoppo di questo piano di battaglia è proprio la campagna elettorale.
Per i finiani deve iniziare ora, al di là della data effettiva del voto: loro hanno bisogno di consolidare il partito. «Per farlo», ammette uno dei fedelissimi, «è necessario più che mai avere Fini a pieno tempo sul territorio. Bisognerebbe davvero che lasciasse la presidenza della Camera. E chissà se la casa di Montecarlo e Giancarlo Tulliani per questo non si rivelino presto i migliori alleati che abbiamo…».