Russia: uso politico delle riserve di gas e influenze del mercato (di Red)

Mentre il petrolio provvede a gran parte  della provvista di valuta, il gas naturale è il veicolo principale utilizzato per orientare la politica energetica della Russia. Mentre il prezzo del petrolio non è infatti sotto il suo principale controllo, la Russia ha disposto finora di ampi margini per praticare prezzi del gas differenti sui diversi mercati e funzionali alle sue strategie politiche.
 
Il fatto che non esista (ancora?) un prezzo mondiale per il gas è oggettivamente un vantaggio per chi ne esporta larghi volumi come la Russia. Il recente sorgere del mercato del LNG (gas naturale liquefatto) introduce elementi di competizione internazionale, ma la sua dimensione è ancora limitata.
 
La Russia ha ereditato dai tempi della pianificazione centralizzata un sistema di prezzi del gas che vede il consumo interno largamente sovvenzionato dai proventi delle esportazioni. Ma poiché solo il 25% del gas estratto è esportato, è sempre più difficile conciliare il sovvenzionamento dei consumi interni con gli enormi investimenti necessari a GAZPROM per lo sviluppo della sua produzione (giacimenti in East Siberia e regione artica).
Tra l’altro questa situazione è la principale ragione per cui in Russia esiste, e si manterrà per molto tempo ancora, un monopolio all’esportazione di gas, essendo i produttori locali autorizzati ad operare solo sul mercato interno.
 
La nuova politica (primi anni 2000) tende a chiudere il gap esistente fra prezzi interni e prezzi internazionali nel medio-lungo termine. I contenziosi con Ucraina e Bielorussia ne sono stati una evidente e abbastanza clamorosa testimonianza. E’ altrettanto evidente però che la politica russa di “adeguamento” dei prezzi del gas, si alimenta di una certa qual dose di strumentalizzazione politica che non sfugge agli osservatori (strateghi) degli stati direttamente o indirettamente coinvolti siano essi confinanti o meno. I quali retroagiscono con le carte che si trovano in mano.
 
L’Ucraina, che gode di una pura rendita di posizione geopolitica ha giocato sporco, eccitando le paure europee di rimanere al freddo a fabbriche ferme (ricordo, en passant, che il gas russo pur rappresentando il 55% delle importazioni europee, copre il 29% dei consumi UE). Ottenendo così una dilazione degli aumenti.
 
La contromossa russa è costituita dai nuovi gasdotti Northstream e Southstream, che sul blog sono stati ampiamente e da tempo messi al centro dell’attenzione come indicatori dei nuovi movimenti geopolitici in questo scacchiere geografico.
 
L’Europa (sarebbe meglio dire la UE), spalleggiata dagli USA, punta invece ad accedere ai giacimenti del Mar Caspio senza pagare dazio alla Russia. La mossa è riuscita parzialmente per quanto riguarda il petrolio che tramite il nuovo oleodotto BTC oggi arriva sul Mediterraneo a Ceyhan in Turchia direttamente da Baku (Azerbajan). Mentre il gasdotto Nabucco, che partirebbe da Baku per arrivare in Austria via Georgia, Turkia, Bulgaria, Romania, è per ora fermo per … mancanza di gas dopo che l’Azerbajan ha impegnato una buona parte delle sue riserve offshore al Turkmenistan con contratti a lungo temine.
 
Per la Russia si è posta (e si pone) pertanto la questione di “competere” per l’accesso al gas del Mar Caspio, quello che non è già nella sua disponibilità diretta e cioè prevalentemente quello turkmeno.
 
Una breve digressione è necessaria per chiarire la questione dei costi di trasporto a ovest.
Dal punto di vista puramente economico la via più conveniente rimane la via diretta che attraversa l’Ucraina, seguita dal Nabucco che avrebbe costi di trasporto pari alla metà di quelli prevedibili del Southstream. Questo a causa delle lunghe tratte nelle acque molto profonde del Mar Nero che caratterizzano il percorso del Southstream.  Quindi la Russia parte in salita, sapendo che i costi del suo gas “caspiano” alla frontiera europea saranno più alti di quelli della concorrenza.
Ma, come abbiamo accennato, ci sono problemi ad alimentare il Nabucco con il gas del Mar Caspio. Rimangono teoricamente tre fonti: Turkmenistan, Russia e Iran. L’opzione russa prevede il potenziamento del Bluestream (sponda russa del Mar Nero-Turchia) ed il suo innesto nel Nabucco (Scaroni dell’ENI vi aveva accennato qualche tempo fa, subito smentito/azzittito da GAZPROM). L’opzione iraniana è per ora impossibile, bloccata come è dalla questione del nucleare iraniano. Per ovvie ragioni geopolitiche UE e USA preferirebbero l’opzione Turkmenistan che richiede un gasdotto trans-caspiano, reso per ora impossibile da conflitti giurisdizionali (relativamente ai fondali) fra gli stati che si affacciano sulle sponde del Mar Caspio (fra cui la Russia).
 
Sul fronte orientale è anche da segnalare il recente ingresso della Cina come competitore della Russia per il gas turkmeno (le abbondanti riserve coprirebbero più compratori).
 
In questo contesto e forte dei bassi costi di trasporto della sua rete esistente, la Russia nel 2008/2009 ha negoziato un considerevole innalzamento del prezzo a favore del Turkmenistan (+130%) e dell’Azerbajan, spiazzando in questo modo la concorrenza.
 
Purtroppo, la crisi economica ed i suoi effetti in UE ha complicato i piani: GAZPROM si trova ora nella spiacevole posizione di pagare il gas turkmeno più del prezzo che spunta in Europa. Non solo ma il crescente mercato del LNG fa supporre che il periodo di bassi prezzi del gas naturale in UE si prolungherà al di là della crisi  (il prezzo del gas russo alla frontiera tedesca è sceso del 30% nel 2009). La Russia sta pertanto chiedendo ai compratori europei di rinegoziare i prezzi fissati nei contratti take-or-pay a lungo termine.
 
Questo scenario complesso e soggetto a rapidi ed imprevedibili mutamenti, mette la Russia davanti a questioni non facili che assumono la forma di “dilemmi”.
 
Come ne uscirà avrà forti conseguenze:
1      sulle relazioni con la UE (meglio: con i principali Stati dell’europa occidentale)
2      sulle relazioni con le ex repubbliche sovietiche che oggi sono o “compratori” (Ucraina e Bielorussia) o “venditori” (Azerbajan e Turkmenistan) di gas
3      sul mercato domestico largamente sussidiato
4      sulla capacità di generare fondi per gli investimenti necessari nelle regioni artiche
 
Roma 10/10/2010
Red
 
Fonte: Oil&Gas Journal/Agosto 2010
 
PS1: le ultime notizie dicono che una società tedesca potrebbe entrare nel Southstream e che entro ottobre si svolgerà un vertice Francia, Germania, Russia sulla “sicurezza”, senza la partecipazione USA. Sembrano passi coerenti con lo sviluppo della via europea per il gas del Mar Caspio.
 
PS2: l’analisi esposta in questo articolo dimostra (o comunque vorrebbe farlo), qualora ve ne fosse ancora bisogno, non solo la lungimiranza di chi da tempo segnala l’energia come merce strategica (da sempre, ma in particolare nei periodi di avvio delle fasi multipolari della formazione sociale mondiale). Ma anche come possa essere efficace  e produttiva la distinzione, utilizzata ampiamente da G. La Grassa, fra “razionalità strumentale” (legge del mini-
max) e “razionalità strategica” (dei dominanti/decisori) che nel mercato del gas vediamo dispiegarsi ed agire alla luce del sole, laddove invece in altri contesti la seconda resta più (o del tutto) defilata e nascosta.