Considerazioni (provvisorie)

[download id=”50″ format=”4″]
Premessa
Le considerazioni che seguono sono riferite ad organizzazioni che vorrebbero pensare la rivoluzione contro il capitale.
Sono consapevole, concordando in questo con La Grassa, che la congiuntura a breve proporrà al massimo una rivoluzione dentro il capitale.
Credo che chi, singolo od organizzazione, voglia essere critico del capitalismo, debba mantenere la tensione tra i due lati (sviluppo della ‘potenza’ e trasformazione anticapitalistica) che si dispiegano anche dentro uno stesso ambito organizzativo (anche quando l’intenzionalità sia quella anticapitalistica), senza che si possa dare una soluzione in via definitiva.
Sono inoltre convinto che quanto sotto valga anche per chi voglia oggi riprovarci attraverso una semplice (anche quando ci si rappresenta il contrario) ri-proposizione di quanto si è storicamente dimostrato fallimentare.
A. Il professionismo politico prevalente nelle organizzazioni che vorrebbero criticare il capitalismo.
Si possono impiegare per i parlamentari le stesse parole di Althusser :”Questa macchina costruita per dominare, controllare e manipolare i militanti rivela il suo aspetto più vero nel tipo di militante che, letteralmente, produce, e che è il suo risultato specifico e insostituibile : il funzionario a vita, unito al partito da una legge ferrea,che esige l’incondizionalità in scambio dei mezzi di sostentamento (…)non può rinunciare allo stipendio, perché o non ha mai avuto un mestiere o ne ha perso la pratica.”
Il problema non è la professionalizzazione della politica, ma il tipo di professionismo che è diventato prevalente,nelle residuali forze che vorrebbero essere critiche del capitalismo. Lo studioso politico Mastropaolo ha definito questa tipologia di professionisti “ dei ‘politici senza qualità’, che in politica entrano sprovvisti di risorse extra-politiche proprie (economiche, professionali,di prestigio) e per i quali la politica è in primo luogo un canale di ascesa sociale, ma che sono soprattutto portati , anche per l’intensità e la durata del loro impegno politico, ad allentare i legami con il retroterra che rappresentano, facendosi portatori di un linguaggio, di interessi, di principi di riferimento specifici e comuni, che travalicano le distinzioni partitiche, al punto da costituire talvolta un gruppo o,…, un ‘ceto’ a sé stante.”
Si può ipotizzare (ipotesi che si può sottoporre a controllo empirico) che rientra in questa figura sociale chi non ha altra attività che quella legata direttamente alla politica (incarichi istituzionali o funzionariali) o legata alla politica indirettamente (terzo settore, ONG,o attività legate al flusso di finanziamenti statali) o una collocazione sociale che può consentire di progredire solo tramite questo tipo di carriera.
Sotto le condizioni storiche determinate, dalla fine del comunismo novecentesco e della democrazia capitalistica reale ,le organizzazioni sempre più sedicenti ‘comuniste’ sono diventate prevalentemente un veicolo—sempre minore nella fase che verrà—di promozione sociale, prima con la redistribuzione (in misura progressivamente decrescente) riguardante ampi strati sociali, poi con la cooptazione dei propri vertici organizzativi come frazione, inferiore, dei dominanti.
L’ideologia contingente ,generata a sostegno di questo tipo di professionista,sempre meno capace di rappresentare gli interessi di ampi, non frantumati ,e non posti l’uno contro l’altro, strati sociali, è sempre quella per cui dovendo agire qui ed ora si deve sempre partire dal ‘meno peggio’ che si ha a disposizione.
1
La formulazione del ‘meno peggio’ funziona sotto determinate condizioni.
Come ‘spiegazione’ data da chi, attraverso quel processo di mobilità sociale verticale generato dai partiti ,sindacati associazioni di sinistra (ma non solo sia chiaro),ha migliorato la sua posizione nella stratificazione sociale :
la sua collocazione è meno peggiore di quella che aveva precedentemente;
la sua collocazione è meno peggiore di quella di gran parte chi l’ha votato (affinché stesse meglio,l’eletto e possibilmente anche l’elettore : se poi non accade questo secondo evento—contraddizione per chi è eletto nella sinistra—si ricorre a formulazioni ideologiche e pseudospiegazioni (di validità prossima alle formulazioni astrologiche)
Per cui l’ideologia del ‘meno peggio’ funziona come ideologia di giustificazione dello stato (status) di fatto raggiunto da chi ha migliorato la sua collocazione : riflette un fatto vero (per pochi ;non fa nulla se questo non vale per i molti).
Ma perché i dominati la accettano come spiegazione e giustificazione ?
In primo luogo,perché il miglioramento dovrebbe riguardare anche loro. Il problema potrebbe porsi quando questo non accade : allora entrano in campo le dimensioni ideologiche, identitarie, con funzioni giustificative, di mantenimento dell’organizzazione ecc. (finché il tutto tiene).
In secondo luogo, l’ipotesi del meno peggio è costitutivamente relativistica : c’è, e ci sarà sempre, qualcosa di meno peggio del peggio precedente : ad esempio l’autorevole rivista inglese Lancet pubblicò uno studio secondo cui in Iraq erano morti in seguito all’aggressione USA 100.000 iracheni, recentemente ne ha pubblicato un altro che stima in 665.000 i morti iracheni : la prima cifra era meno peggio della seconda. (“Si dice che al peggio non c’è mai fondo…ma poi capita di continuare a scavare !”)
Riflette ed allo stesso tempo consente di giustificare, quindi il progressivo scivolamento verso il basso del tenore di vita di ampi strati sociali.
In terzo luogo, si può usare in termini ricattatori : se ci fossero gli ‘altri’ farebbero peggio di noi …
Quindi l’ideologia del ‘meno peggio’ è parte integrante del linguaggio e della cultura del ceto politico.
Abbiamo sotto i nostri occhi, la metamorfosi della formula secondo cui ‘il comunismo è un movimento reale che abolisce lo stato di cose presente’ ; essa può oggi venire così riformulata provocatoriamente: ‘il richiamo al comunismo è un movimento che favorisce (in primis tramite l’occupazione di posizioni statali) lo status, il reddito ed il potere dei presenti (in quanto sono ascesi ai vertici delle organizzazioni ‘comuniste’).
La posizione rispetto allo Stato capitalistico è ben lontana da quella delineata, sulla scorta della tradizione marxista (su cui molto vi è da lavorare, ma con altro segno, rispetto a quello impressovi dai summenzionati) da Dario Fo in ‘Tutti uniti tutti insieme ma scusa quello non è il padrone ? ‘pg 152 )
SIGNORA BURGOS (CAPITALISTA) : L’abbattimento violento [dello Stato-nota mia] ! ! E non vi vergognate di dire ‘ste cose ?
2
ANTONIA ( OPERAIA[SARTA]) : Beh, in verità noi l’abbattimento lo preferiremmo fare con il violino, con l’accompagnamento di mandolini e lancio di margherite…. È che voi siete voi borghesi che con le margherite e i violini non vi lasciate abbattere proprio per niente ! “
( op. cit. pg 148)
B. Un possibile significato della democrazia capitalistica attuale.
“Per quanto concerne la politica si tratta innanzitutto di non ridurla alle forme ufficialmente consacrate come politiche dall’ideologia giuridica borghese : lo Stato, la rappresentanza popolare, i partiti politici, la lotta politica per il potere dello Stato esistente. Se si entra in questa logica e vi si rimane, si rischia di cadere non solo nel ‘cretinismo parlamentare’ (espressione discutibile) , ma soprattutto nella illusione giuridica della politica : giacché la politica viene allora definita attraverso il diritto, e questo diritto consacra (e solamente) le forme della politica definite dall’ideologia borghese, compresa l’attività dei partiti.”
Pur non potendo sottacere la scandalosità di questi dati (si pensi che il 98 per cento dei pensionati parlamentari ha versato un numero di annualità contributive inferiori alla gran parte dei lavoratori, a fronte di un importo pensionistico di entità ben maggiore) vorrei spostare l’attenzione sul significato di un fenomeno come questo : credo abbiamo qui un esempio (ben sapendo che ve ne sono diversi e di maggiori e nascosti importi, come quelli della cosidetta ‘borghesia di Stato’) di come la ‘ democrazia capitalistica’ sia una forma di cooptazione strutturale (tramite status,reddito e potere) dei ‘rappresentanti’ dei dominati da parte dei dominanti.
Nella democrazia capitalistica reale (non quella idealtipica di cui dibatte la ‘scienza politica’, cioè in cui è avvenuta la sottomissione reale al capitale) chi s’inserisce in modo subalterno, in questi apparati di Stato (quali sono il Parlamento,il governo, il sottogoverno), finisce inesorabilmente col subire (casomai ce ne fosse bisogno) il processo di trasformazione che conduce da rappresentante dei dominati ad appendice funzionale degli apparati (parlamentari) di Stato in seno ai dominati (nella triplice versione, differenziata ma integrata,
di chi viene neutralizzato essendo ridotto ad impotenza funzionale rispetto alla sua eventuale opzione anticapitalistica ,
di chi viene neutralizzato venendo reso compatibile con le regole del gioco riproduttivo,
di chi viene reso compartecipe—per status, reddito, e quote di potere—di come frazioni delle classi dominanti).
4. Come illustrato magistralmente dal seguente brano di ‘Tutti uniti tutti insieme ma scusa quello non è il padrone ? ’ di Dario Fo’
“SIGNORA BURGOS (CAPITALISTA) : Ma adesso non siamo più nel ’17 … questi [gli operai NdR] si stanno muovendo sul serio… sono decisi a tutto, stavolta.
PREFETTO : Ma non diciamo stupidaggini… non basta che siano decisi a tutto, loro;
bisogna che lo siano anche i loro capi… e quelli non sanno decidere un fico secco. La
rivoluzione, la tirano fuori solo nei discorsi del primo maggio e delle elezioni… ma adesso
3
che si fa sul serio… adesso che dovrebbero assumersi la responsabilità di dirigersela ‘sta rivoluzione, fanno a scaricabarile, l’uno con l’altro, partito e sindacato, e hanno tutte e due la diarrea per lo spavento !
SINDACALISTA : …Non si dimentichi [si rivolge al Prefetto NdR] che quattro mesi fa, al tempo dello sciopero generale di Torino, proprio noi abbiamo spostato il congresso nazionale dei sindacati, che doveva svolgersi proprio nella nostra città, addirittura a Milano dove non c’era sciopero… e il tutto per evitare che i delegati provenienti da tutte le parti d’Italia si trovassero in contatto con gli operai e soprattutto in contatto con le loro idee rivoluzionarie ad oltranza. Noi vi abbiamo cavato da un grosso impiccio, noi abbiamo fatto in modo che Torino rimanesse completamente isolata e che lo sciopero non si propagasse per tutto il paese !Non se lo dimentichi!
PREFETTO . No, non ce lo dimentichiamo… Ma ora da quella persona cosciente e di buon senso che è, signor Colombetto, lei deve cercare di riprendere in mano la situazione…Altrimenti sarò costretto a far intervenire la forza !
SINDACALISTA : E farebbe una bella fesseria … mi permetta di dirglielo , signor prefetto… sarebbe come far sì che tutta l’Italia divenisse come Torino, che anche Milano, Bologna, Napoli, Genova decidano di assumersi la gestione diretta delle fabbriche… e sa cosa vuol dire ? Che si dirigeranno in tutto e per tutto da soli, che tutto il movimento socialista sarà diretto dagli operai … dai ‘Soviet’, non dai vari Turati,Treves, Gennari e compagnia bella… E allora la gatta da pelare ce l’avrete in mano voi ! Solo voi!… noi non potremo farci più niente… Sarà la rivoluzione ! “ pg 152-154”
C. Dissentire senza opporsi risolutamente …Delle finezze dell’arte di essere ser-vili sembrando fieri oppositori.
Scriveva Althusser che “il partito pur non essendo uno Stato nel significato proprio del termine, si modella, nella sua struttura e nel suo funzionamento gerarchico, sia sull’apparato dello Stato parlamentare borghese, sia sull’apparato militare. [ … ] Sembra di essere in una formazione militare, per la quale l’efficacia operativa implica da un lato l’assolutezza del comando e il segreto, e dall’altro delle barriere insormontabili tra le unità impiegate nel combattimento.”
Orfani di questa forma organizzativa, i ministri ‘comunisti’ hanno trasferito la loro lealtà allo Stato capitalistico. Prendiamone una piccola esemplificazione; scelgo questa proprio perché è talmente piccola che dimostra la capillarità e profondità della ‘presa’ dell’ideologia giuridica dominante.
Ci è stato propinato dall’apparato propagandistico a reti unificate che i ministri dissenzienti hanno compiuto l’atto estremo di uscire al momento del voto nel Consiglio dei Ministri relativo ai provvedimenti circa l’ampliamento della base USA a Vicenza. (trascuriamo la facile ironia su tutte le circostanze in cui avrebbero dovuto uscire). Vorrei attirare l’attenzione su un dettaglio,cioè la forma con cui i ministri dissenzienti hanno deciso di esternare la propria ‘opposizione’.
Ci si deve allora chiedere perché hanno scelto proprio quella forma—l’ uscita al momento
del voto— e quella secondo cui, stando alle procedure dell’organismo di cui fanno parte,
avrebbero potuto esprimere, sempre in modo del tutto innocuo( per il governo) e indolore
4
(per loro)—questo sia ben chiaro— un livello di dissenso esplicito tramite il voto contrario al provvedimento.
Tanto nessuno potrebbe mai sapere chi e quanto sono stati contrari, anche se avesse avuto accesso al verbale, superando la riservatezza apposta ai verbali del CdM.
Questo in base al ‘Regolamento interno del Consiglio dei Ministri’ emanato con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (10-11-1993 e successive modifiche). All’articolo 7 ‘ Riunione del Consiglio dei Ministri’ comma 3 recita :
“Prima della votazione chi dissente può chiedere che ne sia dato atto nel processo verbale, eventualmente, anche con una succinta motivazione. In ogni caso, non è consentita la pubblica comunicazione o esternazione dell’opinione del dissenziente.“
All’articolo 12 ‘Formazione e conservazione della raccolta delle deliberazioni’ il comma 2 recita :
“In nessun caso la deliberazione inserita nella raccolta contiene indicazioni riguardo alle opinioni espresse dai singoli intervenuti ed al numero dei voti favorevoli e contrari.”
E per meglio sigillare il quanto l’articolo 13 ‘Pubblicità degli atti ufficiali’ al comma 1 recita : “Il verbale del Consiglio dei Ministri è atto riservato.”
Questa scelta può essere decifrata (perché di linguaggio fortemente cifrato si tratta) avviso è sintomatico di una certa disposizione :
verso i rappresentanti politici dei gruppi capitalisticamente dominanti (‘abbaiamo ma non siamo disposti realmente, a mordere, tanto è vero che non vi abbiamo neppure votato contro, ma siamo usciti’ ….come richiesto in un qualsiasi Consiglio comunale di fronte a votazioni che vedono coinvolto l’interesse privato del consigliere in questione…),
verso i propri militanti : evitare la trasparenza concettuale esplicitando se trattasi di materia negoziabile o non negoziabile; e per contrasto, balzano qui le lucide parole del non certo estremista Sergio Romano che sul Corriere della sera del 22 febbraio 2007 nella sua risposta ad un lettore ha chiarito la natura esatta del problema, e l’ipocrisia della sua definizione urbanistico-territoriale : “La definizione mi sembra sbagliata. Il problema è strettamente politico perché concerne la politica estera dello Stato, la sovranità della Repubblica, la compatibilità della base con i nostri interessi nel Mediterraneo. “
e verso la propria base elettorale : mantenersi in sintonia con i suoi umori ‘pacifisti’ mediante gesto mediaticamente più eclatante ma vuoto ed innocuo, persino rispetto a ciò che le ‘regole del gioco’ da loro stessi accettate consentono.
5. Per ora dove non arriva l’analisi dell’inserimento subalterno dentro gli apparati di Stato, giunse l’acume di Gaber che nella sua canzone ‘L’ingranaggio’ cantava :
“Non è che mi manchi la voglia o mi manchi il coraggio,
è che ormai son dentro
nell’ingranaggio. “ …
5