O SI PENSA O SI CREDE (Schopenhauer) ovvero contro i seguaci dell’ ipse dixit


“Mi par che nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie”.
Galileo Galilei, Lettera a Madama Cristina di Lorena, 1615
Nell’incedere negli scritti lagrassiani si intravede sullo sfondo il combinarsi, senza una priorità prefissata a priori, ma fluida, tra le galileiane ‘sensate esperienze’ e le ‘necessarie dimostrazioni”. Dove le ‘sensate esperienze’ sono costituite rilevazione di eventi storico-fattuali che questa particolare congiuntura della formazione sociale capitalistica (nelle sua configurazione mondiale e nelle sue forme particolari) ha prodotto,   e le ‘necessarie
dimostrazioni’ sono possibili deduzioni—in questo caso logiche,non matematiche, ovviamente—e implicazioni ricavabili da quei dati di realtà. A sua volta ne ha fatto discendere formulazioni di ipotesi da sottoporre, ad un successivo e costante, controllo storico-empirico.
La pratica teorica lagrassiana (con le chiare ricadute politiche) si muove orientata dalla parole del Galileo di Brecht : ” Ma possiamo noi ripudiare la massa e conservarci ugualmente uomini di scienza ? I moti dei corpi celesti ci sono divenuti più chiari; ma i moti dei potenti restano pur sempre imperscrutabili ai popoli. ”
Ed a proposito di leninani fatti con la testa dura, Galileo scriveva a Elia Diodati nel gennaio 1633, riferendosi a coloro che lottavano contro il copernicanesimo : « Se la Terra si muove de facto, noi non possiamo mutar la natura e far che ella non si muova.» Di contro a coloro che non vogliono prendere atto delle sensate esperienze, della fine del comunismo storico novecentesco, della non formazione del marxiano lavoratore collettivo cooperativo, del carattere prevalentemente re-distributivo della conflittualità dei dominati, … il discorso lagrassiano ne prende invece atto, filtrandole teoricamente in un mutato orientamento di fondo, sintetizzato dalla sua ‘rivoluzione copernicana’ che pone la centralità del conflitto strategico tra gli agenti dominanti, rispetto alla centralità della contraddizione tra capitale e lavoro salariato.
Ma a fronte delle “sensate esperienze”, occorre secondo Galileo prestare la massima attenzione a non “restar ingannato dalla semplice apparenza o vogliamo dire rappresentazione del senso”1, perché altrimenti si rimane impigliati feticisticamente dall’ “apparenza che, quando il discorso non s’interponesse, pur troppo manifestamente ingannerebbe la vista”.2 Per questo nella pratica scientifica si deve andare oltre l’immediata (ma fallace) evidenza empirica immediata “io stupisco come si sia mai sin qui trovato alcuno che l’abbia abbracciata e seguita, né posso a bastanza ammirare l’eminenza dell’ingegno di quelli che l’hanno ricevuta e stimata vera, ed hanno con la vivacità dell’intelletto loro fatto forza tale a i propri sensi, che abbiano possuto antepor quello che il discorso gli dettava a quello che le sensate esperienze gli mostravano apertissimamente in contrario. Non posso trovar termine all’ammirazion mia, come
1 Galilei ‘Dialogo sopra i massimi sistemi’ Einaudi pg 328
2 Dialogo pag 329
1
abbia possuto in Aristarco e nel Copernico far la ragione tanta violenza al senso, che contro a questo ella si sia fatta padrona della loro credulità.”3
Per fare un solo esempio, l’accettata e conclamata proposizione della ‘fine degli Stati nazionali’, che all’apparenza immediata sembravano indebolirsi—mentre si era di fronte ad un mutamento di predominanza delle loro funzioni,accentuando in taluni la dimensione della potenza, aperta o mascherata—o la ‘guerra al terrorismo’, copertura ideologica del contenimento ( a tutto campo) statunitense rispetto al possibile emergere di potenze competitrici, che sancirebbe l’ingresso in una nuova fase policentrica di sfida per l’egemonia mondiale.
L’elaborazione lagrassiana segue quindi, in questo, l’orientamento della pratica scientifica marxiana secondo cui “Ogni scienza sarebbe superflua se l’ essenza delle cose e la loro forma fenomenica direttamente coincidessero” e di conseguenza “un’analisi scientifica della concorrenza è possibile soltanto quando si sia capita la natura intima del capitale, proprio come il moto apparente dei corpi celesti è intelligibile soltanto a chi ne conosca il movimento reale, ma non percepibile coi sensi”4
4. I risultati, ancora in corso d’opera, cui La Grassa sta giungendo, sono potenziali sintomi di un kuhniano periodo di transizione verso una nuova ‘rivoluzione scientifica’, cioè pongono le prime basi per un mutamento radicale di paradigma, quindi per essere ottenuti non potevano accettare in toto il principio di autorità del paradigma fondativo in crisi e muoversi all’interno di esso.
Continuando ad evidenziare alcuni punti di contatto con dei passi dell’opera galialeiana, notiamo che Galileo sostiene : « Parmi di scorgere nel Sarsi ferma credenza, che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all’opinione di qualche celebre autore…; e forse stima che la filosofia sia un libro e una fantasia d’un uomo, come l’Iliade o l’Orlando furioso, libri ne’ quali la meno importante cosa è che quello che vi sia scritto sia vero. Sig. Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. »5
In altro luogo Galileo polemizza contro aristotelici della sua epoca , perchè essi immaginavano ” il filosofare non tendere ad altro che al non si lasciar persuader mai altra opinione che quella d’ Aristotile ” 6
Analogamente i Peripatetici ‘marxisti’ odierni rimanendo interni al principio dell’ auctoritas della lettera marxiana, risolvono ogni quaestiones e disputationes nei modi tipici della scolastica medioevale – mediante il ricorso alla citazione di testi e fonti ritenute autorevoli, e quindi incontestabili (oltrechè immutabili).
Il principio di autorità, si pone così come una alternativa alla razionale presa d’atto di dati di realtà (storicamente affermatisi e consolidatisi), consentendo di evitare di trarre le possibili conseguenze teoriche ( e politiche) da essi. Gli odierni Peripatetici ‘marxisti’ permarranno nello stato immortalato dal dialogo dell’opera brechtiana :
“FILOSOFO ‘Se qui ci si propone di trascinare nel fango Aristotele, l’autorità riconosciuta non solo da tutta l’antica sapienza, ma anche dai grandi Padri della Chiesa, ritengo
3 Galilei, Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, Einaudi, Torino, pp. 422.
4 K. Marx, Il Capitale, Einaudi, Torino 1975, vol. I, p. 386
5 Galilei ‘Il saggiatore’ in Opere, VI, p. 232
6 Risposta alle opposizioni del sig. Lodovico delle Colombe, e del sig. Vincenzo di Grazia, contro al Trattato del sig. Galileo Galilei ‘Delle cose che stanno sull’acqua, o in quella si muovono’ , in Galileo Galilei ‘ Opere’ vol. 3° pg 503
2
superfluo continuare la discussione. Non mi presto a dispute prive di scopo concreto. Ho detto. ‘
GALILEO ‘La verità è figlia del tempo e non dell’ autorità. La nostra ignoranza è infinita : diminuiamola almeno di un millimetro cubo!’ ”
5. Ma la effettiva comprensione delle dinamiche reali determinate della formazione sociale capitalistica , in una data congiuntura storico-politica, può richiedere innovazioni radicali nelle stesse formulazioni teoriche da cui si era partiti. Ritornando al confronto : scrive Galileo allo scienziato aristotelico Fortunio Liceti il 15 settembre 1640 : “Sia detto con buona pace di Vostra Signoria mi par d’esser giudicato per contrario al filosofar Peripatetico da quelli che sinistramente si servono del sopradetto precetto, purissimo e sicurissimo, cioè che vogliono che il ben filosofare sia il ricevere e sostenere qual si voglia detto e proposizione scritta da Aristotele, alla cui assoluta autorità si sottopongono, e per mantenimento della quale si inducono a negare esperienze sensate, o a dare strane interpetrazioni a’ testi di Aristotele, per dichiarazione e limitazione de i quali bene spesso farebbero dire al medesimo filosofo altre cose non meno stravaganti, e sicuramente lontane dalla sua imaginazione. [ … ] io mi rendo sicuro che se Aristotele tornasse al mondo, egli riceverebbe me tra i suoi seguaci, in virtù delle mie poche contradizioni, ma ben concludenti molto più che moltissimi altri che, per sostenere ogni suo detto per vero, vanno espiscando dai suoi testi concetti che mai non li sariano caduti in mente. E quando Aristotele vedesse le novità scoperte novamente in cielo, dove egli affermò quello essere inalterabile e immutabile, perché niuna alterazione vi si era sino allora veduta, indubitatamente egli, mutando oppinione, direbbe ora il contrario: ché ben si raccoglie, che, mentre ei dice il cielo esser inalterabile perché non vi si era veduto alterazione, direbbe ora essere alterabile, perché alterazioni vi si scorgono.”
Inoltre, afferma Galileo « Tra le sicure maniere per conseguire la verità è l’anteporre l’esperienza a qualsivoglia discorso, essendo noi sicuri che in esso, almanco copertamente, sarà contenuta una fallacia,» qualora sia in contrasto con i dati empirici, « non essendo possibile che una sensata esperienza sia contraria al vero; e quanto è pure precetto stimatissimo da Aristotele e di gran lunga anteposto al valore et alla forza dell’autorità di tutti gli huomini del mondo. »
Personalmente mi ritrovo nelle conclusioni che l’epistemologo e studioso di Galileo, Ludovico Geymonat traeva dalla lettura di questi passi dell’attività dello scienziato pisano : “Ogni verità deve diventare provvisoria, deve accettare di essere sempre sottoposta a nuovi controlli,a rettifiche, a profonde rielaborazioni. In luogo del concetto di verità immutabile subentra quello di verità ‘feconda’, cioè di principio scientifico capace di dar luogo a sviluppi rapidissimi, che forse porranno in crisi la validità stessa del principio da cui erano ricavati. In altri termini : la verità scientifica si rivela intrinsecamente dialettica, incompatibile con ogni pretesa di staticità. La fedeltà ai principi non ha più senso : essa deve venir sostituita con la fedeltà allo spirito scientifico, che può condurci e spesso ci conduce al rovesciamento delle nostre più rispettabili teorie. E’ una dialettica ben nota allo scienziato moderno, che per fedeltà al vero insegnamento di Euclide ha avuto il coraggio di creare le geometrie non eculidee; che per la fedeltà al vero insegnamento di Galileo sostituisce le traformazioni di Lorentz a quelle galileiane. [ … ] fu infatti proprio Galileo a comprendere,per primo, la completa diversità esistente fra fedeltà
3
a i principi di una teoria e fedeltà allo spirito scientifico, che quella teoria aveva cercato di insegnare.” 7
Analogamente se ne può concludere che l’innovativa elaborazione lagrassiana segue lo spirito marxiano ( e di quegli autori che hanno seguito lo stesso spirito, di contro alla lettera), ma non più la lettera, laddove questa si è storicamente—e con regolarità ripetuta—dimostrata ( ) fallace.
6. Per gli attuali Peripatetici ‘marxisti’ vale ciò che Brecht fa pronunciare al suo Galileo :“solo i morti non si lasciano smuovere da un argomento valido.”
Conseguentemente la caduta tendenziale della produttività conoscitiva di quella teoria critica della formazione sociale capitalistica quale volle essere il marxismo, ha condotto quel che siamo usi denominare come marxismo dall’essere un fuoco(teorico) illuminante ad un tenue bagliore sviante. Se la teoria critica della formazione sociale capitalistica (di cui il marxismo è stata una—pur se grande e fondativi, in quanto ha scoperto un continente nel linguaggio althusseriano—forma particolare) vuole rimanere un fuoco di paglia(rone) , cui leziosi seguaci odierni l’hanno condotto ad essere, allora non le rimane che seguire le indicazioni di Gaber :
Per ora rimando il suicidio
e faccio un gruppo di studio
le masse, la lotta di classe, i testi gramsciani far finta di essere sani.
Geymonat ‘Per Galileo. Attualità del razionalismo.’ Bertani editore Pg 124-125
Picture