Ruolo dell’Italia nell’aggressione militare alla Serbia
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(a cura di A. Berlendis)
I DATI DI REALTA’
“ I nostri piloti hanno partecipato a 1378 missioni effettuate con 54 velivoli messi a disposizione della NATO. Hanno sganciato centinaia di bombe e 115 missili Harm ognuno dei quali ha un costo di 900 milioni. I nostri aerei sono stati impiegati sia in missioni di difesa aerea, sia in missioni di attacco. I Tornado Ids hanno compiuto missioni contro obiettivi fissi. Gli Amx sono stati utilizzati in particolar modo contro le forze militari serbe, principalmente in Kosovo. Su 19 basi militari italiane sono stati schierati 500 velivoli stranieri.”
Fonte:
il generale Mario Arpino, capo di Stato maggiore della Difesa
citato dal Corriere della Sera del 12 giugno 1999, pag.7
“…Vorrei ricordare che quanto a impegno nelle operazioni militari noi siamo stati, nei 78 giorni del conflitto, il terzo Paese, dopo gli USA e la Francia, e prima della Gran Bretagna.
In quanto ai tedeschi, hanno fatto molta politica ma il loro sforzo militare non è paragonabile al nostro: parlo non solo delle basi che ovviamente abbiamo messo a disposizione, ma anche dei nostri 52 aerei, delle nostre navi.
L’Italia si trovava veramente in prima linea…”
(Massimo D’Alema)
172 missioni in Kosovo dell’Aeronautica militare italiana
Dal “Giornale di Brescia”, Sabato 10 Luglio 1999
A guerra conclusa, svelati dal colonnello Francesco Latorre
i numeri dell’operazione “Alled Force”
Sesto Stormo, 172 missioni per il Kossovo
Da Ghedi sono stati schierati in Puglia 85 uomini e 12 velivoli, per 418 ore di volo. Missioni di ricognizione e di attacco a terra.
“( … ) L’altra sera il colonnello Latorre ha svelato tutti i numeri della cosiddetta operazione Aled Force conclusasi il 10 Giugno con la resa di Milosevic (sic). Lo ha fatto davanti ai militari del VI Stormo e alle loro famiglie (cui e’ andato il sincero ringraziamento del comandante…) ma anche davanti al Generale Gargini, al prefetto, al vicequestore e al comandante provinciale dei Carabinieri.
Il colonnello ha cominciato spiegando che, a causa della posizione centrale in una zona perennemente in crisi ( …. ), “l’Italia e’ considerata una sorta di portaerei nel Mediterraneo. Non a caso, nel corso dell’Allied Force, l’85% delle missioni ha decollato dalle nostre basi”. (…)
Naturalmente, gli uomini e i mezzi del VI stormo hanno fatto la loro parte. Anzi hanno fatto molto.
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“L’impegno operativo del VI Stormo – ha detto Latorre – s’e’ concretizzato in missioni di ricognizione (2 sortite per due giorni la settimana) e in missioni d’attacco effettuate in un primo periodo da Ghedi, poi da una cellula schierata a Gioia del Colle (6/8 sortite giornaliere per 6 giorni la settimana)”.
( … ) da Ghedi in Puglia sono arrivati 85 uomini, 12 velivoli e 12 laser pod. ll rischieramento ha consentito di effettuare 418 ore di volo, che si traducono in 172 sortite: 6 di ricognizione e 166 di attacchi veri e propri, sferrati contro obiettivi selezionati di tipo prettamente militare: depositi di munizioni, caseme, aeroporti. V’e’ inoltre da specificare che, per gli attacchi, sono state utilizzate bombe a puntamento laser e a caduta libera.
Il colonnello Latorre ha anche spiegato come tecnicamente avvenivano le missioni. Dopo la preparazione alla base, “i nostri aerei decollavano da Gioia del colle, quindi, fatto rifornimento in volo sull’Adriatico, si mettevano in “zona d’attesa” su cieli non ostili, tipo la Macedonia e l’Albania: l’attesa dipendeva dal fatto che si viaggiava in pacchetti di aerei e che ogni pacchetto aveva tempi precisi per entrare in azione. Poi, quand’era il nostro turno, si andava sull’obiettivo, quindi, seguendo rotte prestabilite, si tornava. Anche grazie alla preparazione dei nostri equipaggi, tutto ha funzionato a meraviglia, tant’e’ vero che, nel 100% delle operazioni, uomini e mezzi sono rientrati alla base” ( …. )
“Secondo fonti ufficiali lo stato italiano ha contribuito direttamente per un 10% alle operazioni belliche della NATO contro la Serbia, impiegando 54 veicoli e 19 basi, effettuando oltre 1.300 missioni operative, per un totale di 3.600 ore di volo. Durante le azioni di bombardamento l’Aeronautica italiana ha sganciato 115 missili Harm (per un costo di circa 50 miliardi di lire), oltre 500 bombe Gp Mk.82, 39 bombe a guida IR (che costano circa 135 milioni di lire l’una!) e 80 bombe a guida laser (appena più economiche).
I costi complessivi della guerra aerea italiana: oltre 180 miliardi di lire.” Da “Umanità Nova” n.26 del 5 settembre 1999
AERONAUTICA MILITARE ITALIANA
Con la ristrutturazione post-99 e l’abbandono delle forze “operative” USA e NATO da Brindisi, sono due gli aeroporti che contraddistinguono questa Forza Armata: Gioia del Colle ed Amendola (Foggia)
Gioia del Colle: sede del 360 Stormo “Riccardo Helmut Seidl” alle cui dipendenze
operano il XII gruppo caccia Intercettori Ognitempo ( CIO) su Tornado ADV, il 1560
gruppo caccia Ognitempo convenzionali (CBOC) su Tornado IDS, è diventato con l’ausilio dell’ex Terza Regione Aerea di Bari, sede del Comando Divisione Caccia Intercettori, ovvero il comando operativo della punta di lancia del sistema ” difensivo” aereo nazionale,
Sono ben sei gli Stormi ed i relativi aeroporti , diffusi su tutto il territorio nazionale che dipendono direttamente dal Comando DCI.
Da questo aeroporto ha operato, durante il 99, una squadriglia di A-10 americani che hanno bombardato il Kosovo e la Serbia con oltre il 50% di proiettili ad uranio impoverito lanciati in quella guerra.
Amendola (FG): sede di Aeroporto militare e del 32° Stormo “Armando Boetto”.
Vi opera il 13 ° Gruppo Caccia Bombardieri su AMX, il 101 ° OCU su AMX-T
(addestramento avanzato). Lo stormo ha partecipato alle operazioni di guerra del 1999 contro la Serbia con attacchi finalizzati a postazioni radar e di antiaerea serba.
www.VIALEBASI.NET
I dati che stiamo per citare sono liberamente consultabili all’indirizzo http://www.parlamento.it/att/uip/kosovo.htm
Dalla consultazione di questi dati emerge quanto segue:
Le decisioni del governo Prodi, pur avendo aderito all’ “Activation Order” della Nato, avevano esplicitamente limitato l’azione delle Forze Armate al territorio nazionale, ne’ avevano autorizzato i bombardamenti che sono stati successivamente effettuati anche aerei dell’aviazione italiana, come risulta da numerose fonti dirette.
Il governo Prodi ha unicamente autorizzato attivita’ di “difesa integrata” del territorio nazionale, e non azioni militari al di fuori dei confini della repubblica, affermando esplicitamente che “Nell’attuale situazione costituzionale il contributo delle Forze Armate italiane sarà LIMITATO ALLE ATTIVITA’ DI DIFESA INTEGRATA del territorio nazionale.” Con il termine “difesa integrata” si indicano tutte quelle azioni di supporto e di facilitazione delle operazioni militari condotte dalle forze Nato nel territorio nazionale, e non certo i bombardamenti autorizzati in seguito dal governo D’Alema.
In questa circostanza il governo Prodi, parlando dell'”attuale situazione costituzionale”, ha dimostrato di essere ben consapevole dei vincoli imposti dall’articolo 11 della Costituzione: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Il governo Prodi ha riconosciuto al Parlamento la facolta’ di deliberare l’azione militare, affermando in un comunicato che, per tutte le attivita’ che esulano dalla Difesa Integrata, “Ogni eventuale ulteriore impiego delle Forze Armate dovrà essere autorizzato dal Parlamento”.
Il governo D’Alema, d’altro canto, non ha riconosciuto al Parlamento la prerogativa di essere l’unica autorita’ in grado di deliberare lo stato di guerra, e ha deciso unilateralmente di dare il via all’azionemilitare. Il dibattito parlamentare sull’opportunita’ e le modalita’ di questa azione militare e’ avvenuto quando i bombardamenti e i conseguenti “effetti collaterali” erano gia’ in atto da diverso tempo.
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Carlo Gubitosa
Segretario Associazione Peacelink
Volontariato dell’informazione www.peacelink.it
info@ peacelink.it
CHI ERA AL GOVERNO
La composizione del governo D’Alema I (21 ottobre 1998)
Presidente del Consiglio: Massimo D’Alema (Ds) Vice Presidente: Sergio Mattarella (Ppi)
Sottosegretario alla presidenza: Franco Bassanini (Ds)
Bilancio e Tesoro: Carlo Azeglio Ciampi Finanze: Vincenzo Visco (Ds)
Industria: Pier Luigi Bersani (Ds)
Esteri: Lamberto Dini (Ri)
Giustizia: Oliviero Diliberto (Pdci)
Interno: Rosa Russo Jervolino (Ppi) Commercio estero: Piero Fassino (Ds) Riforme costituzionali: Giuliano Amato
Beni Culturali Spettacoli e Sport: Giovanna Melandri (Ds)
Sanità: Rosy Bindi (Ppi)
Ambiente: Edo Ronchi (Verdi)
Funzione Pubblica: Angelo Piazza (Sdi) Comunicazioni: Salvatore Cardinale (Udr) Pubblica Istruzione: Luigi Berlinguer (Ds)
Ricerca Scientifica e Università: Ortensio Zecchino (Ppi)
Trasporti: Tiziano Treu (Ri)
Difesa: Carlo Scognamiglio (Udr)
Lavori Pubblici: Enrico Micheli (Ppi)
Lavoro e Mezzogiorno: Antonio Bassolino (Ds) Pari opportunità: Laura Balbo
Solidarietà sociale: Livia Turco (Ds) Politiche agricole: Paolo De Castro (Ulivo) Rapporti parlamento: Guido Folloni (Udr) Politiche comunitarie: Enrico Letta (Ppi) Affari regionali: Katia Belillo (Pdci)
(21 ottobre 1998)
GLI EFFETTI SINISTRI (ANCHE) DELLE SINISTRE
Val la pena di ricordare alcuni degli episodi della guerra umanitaria alla Jugoslavia nel 1999
31 Maggio Colpito l’ospedale di Surdulica, il bilancio parla di venti morti.
19 Maggio Colpito l’ospedale di Belgrado, tre morti.
14 Maggio Colpito villaggio Kosovaro 100 morti.
7 Maggio Colpito ospedale e mercato di Nis 20 morti.
7 Maggio Colpita l’ambasciata cinese 3 giornalisti morti e 20 diplomatici feriti. 1 Maggio Colpita corriera a Luzane 40 morti.
27 Aprile Surdulica: decine di case distrutte e diversi morti civili per missili fuori rotta. 23 Aprile Belgrado: 16 dipendenti della TV serba uccisi; obiettivo legittimo per la Nato.
14 Aprile Djakovica: 75 kosovari uccisi, addebitati inizialmente ai serbi, in realtà per missili alleati.
12 Aprile Aleksinac: edifici civili abbattuti per errore.
http://www.repubblica.it/online/fatti/civili/civili/civili.html
Dal 16 marzo 1999, 23.000 missili e bombe furono sganciate su un Paese di 11 milioni di abitanti. 35.000 cluster bombs (a frammentazione, armi di distruzione di massa contrarie alla convenzione di Ginevra) ed a grafite; furono usati 31.000 proiettili ad uranio impoverito, con rilascio di materiale contaminante su tutta la Jugoslavia. In 78 giorni di bombardamenti furono colpite scuole, ospedali, fattorie, ponti, strade e vie acquatiche.
http://www.romacivica.net/forumdac/Usawarcrimes.htm
Corriere della Sera – http://www.corriere.it
Conseguenze ambientali dei bombardamenti
NATO sulla Jugoslavia
di Carlo Pona
Quattro viaggi in Jugoslavia in quattro mesi: la prima volta sotto le bombe degli aggressori, respirando le nubi polverose provocate dai missili che ci cadevano a cento metri di distanza e che ci hanno lisciato di poco, respirando i fumi della raffineria di Novi Sad in fiamme, e respirando, oltre alle esalazioni del piralene, anche l’aria di morte e desolazione della Zastava completamente distrutta. L’ultima volta siamo andati per rivisitare quei posti e capire, o almeno cercare di capire quali potrebbero essere le conseguenze per l’ambiente di quei 78 giorni durante i quali i guerrafondai nostrani hanno voluto imporre un nuovo “ordine” al mondo intero. Promotori dei viaggi, l’associazione “Un Ponte per…”, cui si è aggiunto il “Servizio Civile Internazionale”. In tutto una trentina di persone
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comprendente giornalisti, ambientalisti, chimici, fisici, medici e un esperto ambientalista di eccezione: Nando, il bassotto di Fulvio Grimaldi, per l’occasione ribattezzato Nando Nandovic. Prodotto delle missioni, due video, “Jugoslavia, il popolo invisibile” e “Serbi da morire” che, forse unici in Italia, hanno descritto con efficacia la situazione di quella regione e di quel popolo completamente dimenticato e emarginato dai nostri media.
Dal 24 marzo all’8 giugno ci sono stati più di 35.000 attacchi aerei compiuti da oltre 1.000 aerei (di cui abbiamo avuto ampie documentazione sulle loro caratteristiche mortali da tutti i telegiornali!), 206 elicotteri, ma anche portaerei, automezzi militari di tutti i tipi. Sparati oltre 10.000 missili con 79.000 tonnellate di esplosivi, 152 contenitori con 35.450 cluster bombs, più un vasto campionario di armi proibite o illegali come le bombe a grafite e quelle contenenti il famigerato uranio impoverito. Esiste anche una macabra classifica, in cui nessuno vorrebbe essere al primo posto, sul numero di attacchi aerei subiti: questo speciale “campionato” è stato vinto, con notevole distacco da Pristina con 374 (quasi 5 al giorno!), seguita da Prizren con 232. La capitale Belgrado si è dovuta accontentare di un terzo posto a “soli” 212 attacchi, e via via tutti gli altri. Tra i primi dieci non compare Pancevo, ma questa città si contende sicuramente il primato per la quantità di sostanze tossiche pericolose emesse, forse in condominio con Novi Sad.
Gli attacchi, hanno imprevedibili conseguenze dannose per l’ambiente e chi ci vive, mettono in pericolo gli esseri umani e la biodiversità: milioni di persone sono state esposte agli effetti di numerosi composti e di cocktail di composti chimici mai “sperimentati” in precedenza. Siamo andati a parlare con Slobodan Tosovic, uno dei responsabili della rete di monitoraggio ambientale di Belgrado. “Sentiamo di essere stati oggetto di un gigantesco esperimento biologico e chimico; naturalmente abbiamo le prove che questo è stato pianificato e premeditato, infatti molti serbatoi contenenti sostanze chimiche velenosissime sono stati colpiti successivamente al loro spostamento in luoghi ritenuti più sicuri, perché magari distanti dagli impianti. Evidentemente i criminali della NATO seguivano quello che facevamo e ci hanno voluto avvelenare”. Gli effetti sono anche estremamente difficili da valutare sia per quanto riguarda quelli già avvenuti che per quelli che ancora devono venire: nessuno si è mai trovato nella condizione di valutare le conseguenze di una esplosione contemporanea di tre impianti chimici diversi tra loro con un inventario di sostanze tossiche imponente: “Nelle analisi dei rischi connessi all’esercizio degli impianti chimici e petrolchimici non viene neanche contemplata la possibilità di un tale “incidente”, né tantomeno quella di un bombardamento”, conclude Tosovic.
L’elenco delle distruzioni è imponente. Negli Stati Uniti, ci ha detto Sara Flounders durante l’assemblea per la costituzione della sezione italiana del tribunale internazionale per i crimini commessi dalla NATO, i media hanno dibattuto per giorni interi se il numero dei carri armati jugoslavi distrutti fosse stato 3 o 7! Ignorando, volutamente, le 328 scuole elementari, le 25 facoltà universitarie, 15 collegi, 20 case degli studenti, i 33 ospedali, i 23 monasteri, le 32 chiese, i 4 cimiteri, i 15 musei, le 5 sedi di televisioni, i 44 ripetitori, i 61 ponti, le 19 stazioni ferroviarie, le 34 stazioni di pullman, i 13 aeroporti, le 121 industrie, le 23 tra raffinerie e depositi di carburante, i 28 centri agricoli e industrie agroalimentari, le 21 tra ambasciate e consolati. Per non parlare dei morti, migliaia, di cui il 30% composto da bambini, e dei feriti, innumerevoli.
Tra gli impianti colpiti c’è di tutto: fabbriche di medicinali, di fertilizzanti, di cibo: tutto questo è stato fatto, ci dicono, per proteggere i kosovari albanesi e consentire il loro ritorno a casa; non è stato fatto, invece, per colpire la popolazione civile, già colpita da 7 anni di embargo e stenti, per demoralizzarla, per colpevolizzarla, per spingerla a protestare e chiedere le dimissioni di Milosevic? Dicevano che si trattava di errori o di effetti collaterali. Come si possono spiegare gli “errori di mira” della NATO? Le bombe a cluster nei mercati, le bombe sugli ospedali, i missili sull’ambasciata cinese, sui ponti, sui treni, sui soccorritori.
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Come non aver voluto provocare 2 milioni di disoccupati in più se non per strangolare un paese?
Gli effetti ambientali sono gravissimi. Scendendo per categoria di problematica dal generale verso il particolare, non possiamo non considerare gli effetti globali: le emissioni gassose di tutto quello che è bruciato hanno contribuito e aggravato quello che è noto come “effetto serra”. Da soli, i jet della NATO (senza contare le portaerei e i mezzi militari a terra) hanno prodotto tanti gas quanti ne vengono prodotti da tutto il parco automobilistico italiano in 6 mesi! Per rimediare, comunque il nostro governo e i nostri bravi sindaci verdi hanno organizzato la giornata senza auto! Vale a dire qualche ora di una giornata in cui alcune piazze sono state chiuse al traffico! Per rimediare all’inquinamento degli aerei si dovrebbe impedire il traffico cittadino per anni! Bisogna poi mettere nel conto tutti gas prodotti nella combustione delle raffinerie, degli impianti chimici eccetera eccetera. Poi vengono le piogge acide, quelle che distruggono le foreste di tutto l’emisfero nord industrializzato, i cui effetti girano per il pianeta: anche in Antartide si sono trovate tra i ghiacci le sostanze acide solforose e azotate, quelle che distruggono i raccolti e fanno venire l’asma a chi vive in città e ai bambini. E vogliamo dimenticare l’ozono? Il cloro emesso ha distrutto l’ozono sopra tutta l’Europa centrale, non solo sulla Jugoslavia. La scorsa estate il livello dei raggi ultravioletti è stato di massima allerta e il più elevato del secolo. Ma che ci importa? I tumori alla pelle verranno nei prossimi decenni, saranno vittime “invisibili” di questa aggressione, non verranno mai considerate nelle statistiche ufficiali.
Scendiamo di livello e andiamo a considerare gli effetti più “locali”. Le acque di falda forniscono il 90% del fabbisogno di acqua dolce della Serbia e costutuiscono il più grande bacino sotterraneo che rifornisce tutti i Balcani. L’inquinamento a lungo termine è molto pericoloso perché queste acque hanno una limitata capacità di autopurificazione dalle sostanze che arrivano sia dalla superficie del suolo sia attraverso i fondali dei fiumi inquinati. Purificare queste falde è una impresa ciclopica, che gli jugoslavi non possono assolutamente effettuare per mancanza di mezzi. Certamente non per mancanza di competenze, come ci hanno detto, sia Tosovic che i compagni della Zastava, ma per mancanza delle attrezzature e dei reagenti per le analisi chimiche: la causa? Ancora una volta è l’embargo. Bisogna anche tener presente, e magari qualche maligno ci ha già pensato, che il livello di inquinamento precedente era ai minimi storici (almeno degli ultimi anni) per via della modestissima produttività industriale recente: insomma l’inquinamento dei fiumi e delle acque negli ultimi anni era diminuito, non per volontà dei governanti, va ammesso, ma per “cause di forza maggiore”, per la mancanza di produzione industriale. Quindi questa “botta” è ancora più grave e pericolosa. Inoltre bisogna ricordare che i fiumi, anche se scorrono, vengono purificati ad opera dei sedimenti che depositano sul fondo tutte le sostanze che per un qualsiasi motivo vengono immesse nell’acqua. Il problema è che una volta lì, lì rimangono e diventano cibo per i pesci, per i batteri, per i microrganismi che li introducono nella cosiddetta “catena alimentare” e ce li recapitano sulle tavole. Se non vengono mangiate dai pesci, comunque eventi particolari (come una piena, per esempio), li rimettono in circolazione.
Molte sostanze sono state direttamente versate nei fiumi per evitare pericoli peggiori (dicloroetano, acidi, soda, cloro, e anche mercurio). Questo, se ha evitato il rischio che i serbatoi contenenti queste sostanze venissero colpiti dai topgun NATO, con conseguenze immediate drammatiche, pur tuttavia non impedirà che le stesse sostanze ci ritornino indietro nel tempo. Il caso del mercurio è emblematico: col tempo il mercurio finito nei sedimenti viene metabolizzato dai batteri e immesso nella catena alimentare, concentrandosi…. Alla fine della catena ci siamo noi e i grandi mammiferi! L’inquinamento dei fiumi avrebbe potuto provocare guai peggiori, evitati per un pelo: l’ondata di petrolio finita nel Danubio ha messo in crisi e stava per bloccare il sistema di pompaggio
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dell’acqua di raffreddamento della centrale nucleare di Kosloduy in Bulgaria, 100 km oltre il confine, rischiando di provocare una nuova Chernobyl europea, come riporta il Sunday Herald, giornale di Glasgow del 26 Aprile 1999.
A causa dell’inquinamento delle acque la pesca è stata vietata su tutti i corsi d’acqua a valle di impianti petrolchimici della Serbia, ma i cittadini hanno continuato a pescare per sfamarsi. Naturalmente hanno potuto pescare i pochi pesci sopravvissuti e ridotti male, come abbiamo potuto constatare di persona durante una “gita” in barca lungo il Danubio nei pressi di Pancevo. Decine di pescatori lungo le rive, decine di pesci galleggianti sull’acqua, pochi pesci “vivi” ma con evidenti segni di malattie, mollicci con le squame che si staccavamo quasi da sole! Gran parte del raccolto estivo è stato distrutto a causa delle deposizioni di ceneri e di altro che lo ha reso immangiabile e pericoloso. Ma questo non è stato possibile su gran parte del territorio dove la gente coltiva da sé il cibo per il proprio sostentamento: la scelta era tra morire subito di fame oppure morire di cancro fra qualche anno. Dove non è stato distrutto, il raccolto è stato certamente ridotto per la mancanza dei fertilizzanti, che quest’anno ancora non ha fatto sentire il suo effetto, ma che sarà terribile nei prossimi anni se la produzione non riprende celermente.
Anche la natura ha avuto la sua razione di bombe. La Jugoslavia era uno dei paesi con la più ampia biodiversità di tutta l’Europa, grazie anche alla coesistenza di ecosistemi molto diversificati. Basti pensare che in questo paese vive il 74% delle specie di uccelli e il 51% dei rettili presenti in tutta Europa. Il parco nazionale di Fruska Gora è stato crivellato di bombe. Ora ci sono oltre 2.000 crateri lasciati da altrettante bombe lanciate a tappeto dai B-52 provenienti direttamente dal Missouri! Ci vogliono 7.000 anni per ricostituire lo strato di 20 cm di humus distrutto dalle bombe e probabilmente moltissime specie rare sono andate perdute per sempre. Solo la superficie dei crateri è di oltre 25.000 ettari, in cui è stato letteralmente distrutto tutto e lasciato solo fango e terreno sterilizzato dal calore prodotto nell’impatto.
Tra le sostanze inquinanti deliberatamente rilasciate nell’ambiente abbiamo lasciato per ultimo quella che è il simbolo dell’aggressione, della sua illegalità, e della sua crudeltà, violenza e vigliaccheria: l’uranio impoverito. Il suo uso è proibito dalle convenzioni internazionali, anche l’ONU ne ha condannato l’uso come arma radioattiva, nucleare, e di sterminio di massa. Ma è anche subdola, strisciante, vigliacca: rimane lì in agguato per millenni, te la ritrovi dappertutto, è difficilissima da misurare e rilevare e perciò è anche difficile determinarne l’ampiezza dell’uso fatto dai nostri governi criminali. Di sicuro per stessa fonte NATO, se ne è fatto uso in Kosovo, ma è anche certo l’uso come rinforzo delle testate e delle zavorre dei missili Tomahawh e Cruise per colpire ponti e strutture in cemento armato come ripetitori TV, piste di aeroporti, bunker ecc. L’uranio se respirato ha effetti micidiali sull’organismo umano. Ne bastano poche particelle per rischiare il cancro. E l’uranio ha anche la proprietà di volatilizzarsi e diventare aerosol all’impatto, trasformandosi in una nuvola polverosa in grado di percorrere centinaia di chilometri se il vento glielo consente e varcando i confini. È stato di certo usato nel centro di Pristina per distruggere un deposito di mezzi militari: rimanere per pochi minuti in quella nuvola equivale a garantirsi un futuro quasi certamente ipotecato da qualche tumore. All’Istituto di scienze nucleari di Vinca, 40 km da Belgrado, il direttore Nebojsa Neskovic ci dice che la radioattività della zone è sotto controllo e che non ci sono allarmi: una sorta di cortesia verso una popolazione già colpita da innumerevoli drammi?
Ma gli effetti sui cittadini non sono meno importanti. A Pancevo, ci ha raccontato il sindaco Srdjan Mikovic, il pericolo e la quantità delle sostanze tossiche rilasciate in giro era tale che le donne già in gravidanza da tre mesi sono state “invitate” ad abortire, e le altre a evitare gravidanze per almeno i prossimi due anni! Ma la distruzione delle raffinerie, delle centrali elettriche ha provocato mancanza di carburante e quindi freddo per il prossimo inverno, che, da queste parti non scherza. Ci rimetteranno le penne, cioè i rami, i bellissimi
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boschi della Vojvodina e delle montagne della Serbia. Questo provoca anche difficoltà nel trasporto delle poche merci e alimenti rimasti disponibili, e genera inflazione; il carburante si trova solo al mercato nero, a prezzi variabili ma comunque altissimi per i redditi quasi azzerati di un operaio medio, pardon, di un disoccupato medio, visto che di operai attivi ne sono rimasti ben pochi. Alla Zastava, i sindacalisti Ruzica Milosarljevic e Sretan Milicenic ci hanno raccontato di come gli operai laggiù hanno deciso di dividersi il lavoro di ricostruzione tra di loro: il lavoro era sufficiente per 4.000 e loro (36.000 in tutto) si stanno suddividendo a turno il lavoro. Dal punto di vista monetario è ben poca cosa, e significa passare da 25.000 lire al mese per il “sussidio di disoccupazione” a circa 80.000 per chi lavora a tempo pieno! E un litro di nafta costa come da noi, quasi duemila lire! Molte delle strutture sanitarie sono anch’esse in difficoltà. Sono saltate tutte le campagne di prevenzione in atto prima dei bombardamenti, molte strutture non hanno più i medicinali necessari e anche molti centri per la dialisi hanno dovuto cessare l’attività. Questo significa molti morti, ancora una volta invisibili, che sfuggono ad ogni statistica. A Belgrado, quando siamo andati alla conferenza internazionale sulle conseguenze ambientali dei bombardamenti, la dottoressa Nevenka Zakula, dell’Istituto per la Sanità Pubblica, ci ha detto che già le prime indagini epidemiologiche hanno visto uno spostamento della patologia verso le situazioni tipiche da mancanza di profilassi: maggior numero di patologie contagiose, da parassiti, spiegabile con la mancanza di una prevenzione scolastica e con il peggioramento repentino delle condizioni igienico sanitarie delle abitazione povere.
Alla Zastava, ci hanno salutato con un grande ottimismo: quello che presto avrebbe ripreso la produzione di automobili e un po’ di miglioramento delle condizioni economiche. Alle raffinerie di Novi Sad e di Pancevo, stava per riprendere la produzione di nafta. In altre circostanze una notizia del genere non ci avrebbe di certo rallegrato (magari ci piacerebbe che al posto di auto e nafta si producesse qualche altra cosa, ma questo è un altro discorso…), ma in questo caso, sì e molto. È un segno che questo popolo non vuole sottomettersi e vuole risorgete di nuovo, dopo l’ennesima aggressione fascista straniera. Il nazi-fascismo non riuscì a piegarlo. Siamo convinti che anche questa aggressione non lo abbia piegato. Ora però gli operai, anche in questo piena attività di rinascita, in un paese distrutto, avvelenato, debole, accerchiato da bombardieri e multinazionali fameliche, devono essere sottoposti a esami medici ogni settimana. Sopravviveranno? Sono stati colpiti da ordigni assassini a lungo termine, come quelli chimici e radioattivi all’uranio; ma anche come l’imperialismo.
Cosa è stato buttato sulle testa degli Jugoslavi
Uranio impoverito (DU)
Per la prima volta si parla in grande attenzione di DU per la cosiddetta Sindrome del golfo. Non è casuale l’uscita in questi ultimi mesi di moli di articoli “scientifici” di organismi ufficiali americani che addossano tutta la responsabilità di questa sindrome all’uso di vaccini dati ai soldati USA/NATO/ONU che parteciparono alla missione “Desert Storm” nel 1991. Se poi ci spiegano come mai le leucemie sono aumentate di un fattore 6 nei bambini irakeni, saremmo tutti molto più contenti. Quello che già si sapeva è comunque emblematico della sua pericolosità: a St.Albans, negli USA, il Nuclear Lead Laboratory che riprocessa combustibile nucleare, è stato chiuso per una perdita di DU “accidentale” nelle acque di scarico di 150 g in un mese, pari a un solo proiettile di quelli che un A-10 spara al ritmo di 1.000 al minuto; c’è stato un incidente aereo ad Amsterdam nel 1993 in mezzo a una zona abitata e la prima preoccupazione dei mezzi di sicurezza, oltre a salvare i superstiti, fu quella di recuperare gli oltre 200 kg di zavorra di uranio impoverito per evitare l’esposizione della popolazione; ci sono stati frequenti casi di lavoratori di impianti nucleari allontanati dal lavoro per essere venuti a contatto con il DU. La risoluzione ONU 1996/16 lo definisce un crimine contro l’umanità; e dice anche che gli effetti contro la popolazione sono terribile perché oltre alle ferite e alla distruzione diretta, aggiunge effetti tossici e radiologici che a lungo termine provocano cancro come le leucemie. Un aumento di radioattività alfa è stato misurato in Grecia e Bulgaria fino a 3 volte quello normale
Le bombe a grappolo
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Del tutto comparabili con le mine antiuomo delle quali copiano gli effetti e la proprietà di rimanere attive anche per decenni se non esplodono subito. Ne sanno qualcosa decine e decine di civili in Kosovo (sia albanesi che serbi che rom; queste armi democraticamente non fanno distinzioni di etnia), ma anche alcuni soldati KFOR, morti impattando su questi cilindretti gialli, che secondo un brillante giornalista della RAI, erano “residuati della seconda guerra mondiale”!
Sostanze tossiche fuoriuscite con i bombardamenti
Dicloroetano, cloruro di etilene, (EDC): serve a produrre il CVM (Cloruro di vinile monomero); liquido estremamente volatile e infiammabile, incolore, con odore simile al cloroformio (fino a pochi decenni fa veniva addirittura usato come anestetico!); molto solubile in acqua; quindi si troverà nelle acque di falda così come in atmosfera. A bassa concentrazione si sente la sua presenza dall’odore, salendo in concentrazione si hanno difficoltà respiratorie e poi si va in narcosi. Effetti: alterazioni del sistema nervoso e del sistema gastrointestinale, i metaboliti dell’EDC contenenti cloro si legano al DNA e causano mutagenesi, e cancro nei mammiferi.
Cloruro vinile monomero, CNM: Importante costituente delle plastiche. Gas incolore, con odore dolciastro, della famiglia dei composti alogeni organici, peso 2 volte l’aria; serve alla produzione del PVC. Dalle nostre parti si ritrova nelle acque potabili, nell’olio, nel burro: si ritrova anche negli esseri umani in piccole concentrazioni a causa delle perdite dai contenitori di liquidi in PVC che liberano CVM. Poco solubile in acqua; Giornalmente vengono assunti circa 100 microgrammi di CVM in questo modo. È mutageno (mutazioni dello sperma) e cancerogeno (fegato e sangue). Il caso dei lavoratori di Porto Marghera si è verificato per le “piccole” perdite durante il processo produttivo (così dicono). Nei giorni del bombardamento di Pancevo (diverse volte ad Aprile) si è prodotta una nube in cui, la popolazione, per una superficie pari a circa 100 km2, è stata esposta per diversi giorni a una concentrazione pari al massimo ammesso in ambiente di lavoro. Per fortuna il vento soffiava in dierzione opposta a Belgrado, evitando una catastrofe certa. All’interno nella nube le concentrazioni sono state anche di qualche grammo/m3 (oltre 10.000 volte quelle lavorative). Divieto di pesca, divieto di mangiare vegetali di stagione, raccomandazione alle donne di Pancevo di evitare gravidanze per i prossimi due anni, per quelle già in gravidanza da meno di tre mesi, di abortire.
Acido fluoridrico: tossico per inalazione e contatto con la pelle. Irritante per gli occhi, provoca bruciature; è uno dei più pericolosi a temperatura ambiente; è incolore, ma forma fumi corrosivi in aria umida per la sua altissima solubilità. La più bassa concentrazione mortale per l’uomo per inalazione è 50 parti per milione per 30 minuti. Distrugge per corrosione denti e unghie. Estremamente tossico anche per le piante perché distrugge la clorofilla. Nell’impianto chimico di potabilizzazione dell’acqua di Prva Iskra a Baric (30 km da Belgrado), è rilasciato nel Danubio durante i bombardamenti dell’impianto per evitare la morte certa di migliaia di persone: le maschere antigas sarebbero state inutili. Il bombardamento di Baric ha messo in pericolo seriamente la vita di 2.000.000 di persone di Belgrado (Un. Di Pittsbourgh)
Fosgene: impiegato come arma chimica (gas nervino); incolore, odora di fieno stantio; molto reattivo; con l’umidità, negli alveoli, si decompone formando CO e HCl, con conseguente edema polmonare e broncopneumonia; non ci sono sintomi immediati che si è in presenza di elevate concentrazioni di fosgene; ad alte concentrazioni porta emolisi intravascolare, formazione di trombi e morte. A concentrazioni ridotte nell’uomo passa nei capillari sanguigni e reagisce con i costituenti del sangue. La morte avviene entro 36 ore. Si forma nella combustione del CVM.
PCB (Piralene, policlorinato bifenile): il PCB in Jugoslavia è usato prevalentemente come liquido refrigerante nei trasformatori elettrici e nella preparazione delle vernici industriali. Pressoché insolubile, ha elevatissima persistenza; ingerito si accumula nel tessuto adiposo e lì rimane finché le riserve di grasso non vengono consumate; la combustione incompleta produce diossine. Si ritrova anche nei pesci di fiume, perché si deposita nei sedimenti e lì rimane rientrando in circolo ogni volta che cambiano le condizioni chimico-fisiche del fiume, per esempio a causa di una piena. Dai sedimenti entra nella catena alimentare fino all’uomo. È altamente tossico: provoca mortalità fetale, danni al sistema immunitario, lesioni alla pelle, melanomi, cancro al cervello. Per avere una idea della sua potenza:1 litro di PCB contamina 1 miliardo di litri di acqua!
Cloro: gas che distrugge l’ozono. Tossico e corrosivo; di colore giallognolo; Solubile in acqua e tossico per i pesci. Provoca danni al sistema respiratorio; a contatto con il vapore acqueo lo scinde liberando ossigeno e formando acido cloridrico, molto corrosivo (specie se inalato nei polmoni).
Prodotti di combustione di carburante.
Anidride solforosa: in aria reagisce con il vapore acqueo per formare acidi e particolati. Viene rimossa per deposizione secca o umida. Le piogge limitano l’accumulo dello zolfo in aria, minimizzando gli effetti sanitari (respiratori), ma generando le piogge acide che generano problemi alla flora e alle acque sotterranee e superficiali. Tra gli effetti sanitari il problema più grosso è l’inalazione; è molto solubile in acqua e viene assorbita facilmente dalle mucose, con irritazioni alle vie respiratorie. Da qui passa nel sangue. Particelle sospese (fuliggine, polveri, ceneri, polline): La combustione di petrolio e carburante genera una serie
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enorme di sostanze altamente tossiche e cancerogene che provocano le piogge acide e l’effetto serra. Ma ci sono anche effetti tossici derivanti dalla combustione incompleta (CO, ossidi di azoto, composti organici volatili, particolati, composti policiclici aromatici ecc.
Piombo: arriva all’uomo attraverso l’alimentazione (60%), l’inalazione (30%), e l’acqua (10%). Si comporta come il calcio e si deposita nelle ossa dove rimane praticamente per sempre accumulandosi. Ha effetti sul sistema nervoso, sulla produzione di globuli rossi, reni, sul sistema riproduttivo e sui feti durante il loro sviluppo (supera la barriera placentare); morte prenatale e aborti.
Nichel: usato anche in molti altre attività industriali. Composti importanti per la salute sono solfato e tetracarbonile di Ni. Quest’ultimo è un liquido volatile, produce avvelenamento e danneggia i polmoni; si degrada rapidamente per cui è pericoloso solo nelle immediate vicinanze delle raffinerie. Nei fiumi si concentra nei pesci ed entra nella catena alimentare. Il 90% dell’esposizione umana viene dalla dieta!, ha effetti genotossici.
Mercurio: viene usato nella produzione di PVC; a temperatura ambiente è un metallo liquido. Inalato passa facilmente nel sistema sanguigno. Il mercurio contenuto nelle vernici e nelle batterie non è molto tossico, ma una volta nell’ambiente viene metabolizzato dai batteri in complessi organici molto tossici (il metile di mercurio) che si concentrano rapidamente nei pesci e arrivano all’uomo attraverso le catene alimentari. Il pesce è il veicolo più importante per la contaminazione umana (94%). Ingerito arriva al cervello e al feto provocando danni al cervello. Pericolosi anche i vapori: provocano perdita di memoria, tremori, instabilità emozionale, insonnia, perdita di appetito. Esposizioni acute danno luogo anche tumori ai polmoni e morte; nelle donne anche aborti. In ambiente il rischio viene dai rilasci (scarichi industriali) in acque superficiali.
Cadmio: si lega alle ceneri volanti prodotte dalla combustione del petrolio e con queste si deposita al suolo dove entra nel circolo delle sostanze organiche (presenza nei cereali, ortaggi, tabacco). Nelle acque si deposita nei sedimenti da dove entra nella catena alimentare degli organismi acquatici (bivalvi). L’alimentazione provoca l’80% dell’accumulo nell’uomo. Bassi livelli provoca enfisema polmonare, bronchite, malattie cardiache, fragilità scheletrica, anemia, depressione del sistema immunitario, reni, fegato. Si accumula nelle ossa.
IPA (Idrocarburi policiclici aromatici, Benzopirene): generato dai bombardamenti di impianti petrolchimici (Pancevo); si associa al particolato e viaggia in atmosfera depositandosi al suolo. Entra nella catena alimentare ed è un probabile cancerogeno per l’uomo.
Ammoniaca: dal petrolchimico di Pancevo; effetti irritanti sulla pelle, bruciore agli occhi, naso e gola, mal di testa, nausea. Danni ai polmoni.
Eccetera eccetera…. Si tratta di molte altre sostanze sconosciute prodotte durante gli incendi degli impianti chimici bombardati. Per la prima volta al mondo, si è proceduto ad una immensa reazione chimica con un centinaio di sostanze tossiche come “ingredienti”: il risultato non si sa e non si potrà mai sapere (o forse non ce lo diranno mai!). Sostanze che sono lì, nelle acque profonde, nei pozzi, nelle radici delle piante, sulle foglie, nel terreno, nei sedimenti e aspettano che qualcuno, qualcosa li capti e li metta in circolo. Arriveranno fino a noi, e non solo nei Balcani. I fumi della raffineria di Pancevo sono arrivati in Finlandia, la radioattività dell’uranio impoverito è arrivata in Grecia e in Bulgaria!
20 novembre 1999
CHI SI VANTO’ DEI ‘SINISTRI’ MERITI DI CUI SOPRA ?
Giovedì 7 Giugno 2001
COMMENTI – LA LETTERA
“Il governo D’Alema nacque per rispettare gli impegni Nato” di CARLO SCOGNAMIGLIO PASINI*
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Nel dibattito sulla caduta del governo Prodi pubblichiamo l’intervento di Carlo Scognamiglio Pasini, ministro della Difesa nel successivo esecutivo guidato da D ‘Alema.
Caro Direttore,
forse in conseguenza dell’esito elettorale, la più autorevole stampa italiana ha pubblicato numerose interviste a protagonisti ed articoli autorevoli che qualificano la formazione del Governo presieduto dall’on. D’Alema (22 ottobre 1998) come la conseguenza dei peggiori vizi del machiavellismo minore, cioè il complotto, il tradimento e l’ambizione. Avendo avuto una parte non secondaria in quella vicenda desidero testimoniare che una simile ricostruzione non corrisponde affatto alla verità storica, e costituisce invece il frutto di una percezione della politica che vede soltanto le questioni interne e non conosce, o non comprende, le ragioni della politica internazionale che talvolta sono ben più forti e rilevanti di quelle domestiche.
Il Governo D’Alema non fu formato in conseguenza di questioni interne, poiché – per quanto io sappia – il protagonista avrebbe volentieri differito l’appuntamento, ma da ragioni di politica internazionale che derivavano dalla più grave crisi che il Paese si trovò ad affrontare negli oltre 50 anni della Repubblica.
Questi sono i fatti.
Il Governo presieduto dall’on. Prodi perse il voto di fiducia alla Camera il 7 ottobre 1998. Cinque giorni più tardi il Nac (North Atlantic Council, cioè la Nato) deliberò l’Activation Order contro il dittatore serbo Milosevic. Si tratta del terzo e ultimo passo della procedura di attacco militare in vigore presso l’Alleanza Atlantica, passo che affida al Segretario Generale e al comandante militare (Supreme Allied Commander in Europe – Saucer) il mandato, irrevocabile senza una nuova procedura di voto, di premere il grilletto, cioè di scatenare l’attacco che verrà compiuto dalle forze alleate, già schierate per questo scopo. La delibera del 12 ottobre prevedeva una sospensiva di 96 ore, cioè fino al 16 ottobre, nell’esecuzione, per dare modo al Governo jugoslavo di dimostrare la propria disponibilità a riprendere il negoziato con la comunità internazionale. Questo fu, infatti, quanto si percepì, per cui alla scadenza la sospensiva fu protratta per ulteriori 96 ore, cioè fino al 20 ottobre, data alla quale l’Act Ord fu definitivamente sospeso, ma non revocato. Alla data del 20 ottobre 1998, cioè allo spegnersi dell’allarme rosso, la procedura per la risoluzione della crisi di governo italiana si era compiuta, avendo il Presidente della Repubblica concluso le consultazioni ed affidato all’on. D’Alema l’incarico di formare il Governo. Rammentando questi fatti, è impensabile che qualcuno ritenga che vi possa essere stato un solo rappresentante politico o istituzionale che nel corso delle consultazioni si sia espresso per un Governo istituzionale, cioè senza maggioranza parlamentare, oppure per lo scioglimento anticipato del Parlamento (e per votare, quando: a Natale?). In quelle circostanze né il Presidente Scalfaro, né l’on. D’Alema, avevano altra scelta se non tentare di formare un governo politico, cioè sostenuto da una propria maggioranza parlamentare, ancorché formata da una coalizione (i governi di coalizione sono la norma non l’eccezione nelle situazioni di guerra) diversa da quella formatasi con le elezioni politiche del 1996, un governo che garantisse alle Forze Armate italiane la possibilità di assolvere con dignità i propri compiti nell’Alleanza di fronte alla imminenza di un conflitto che di necessità avrebbe visto l’Italia nel ruolo di protagonista.
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Sono testimone all’on. D’Alema di aver mantenuto i propri impegni con scrupolo e determinazione.
Nel mese di novembre (1998, ndr) acconsentì alla richiesta di far partecipare l’Italia alla costituzione dello Kfor in Macedonia, che sarebbe poi divenuto il corpo di spedizione in Kosovo, su basi paritetiche con le maggiori potenze europee, Francia e Inghilterra. Nel mese di gennaio (1999, ndr) acconsentì al conferimento di una rilevante forza aerea italiana di 40 (poi 50) aerei da combattimento al comando Nato.
Il 24 marzo 1999 si assunse la responsabilità di acconsentire l’inizio delle ostilità, nel corso delle quali pur impegnandosi – come era suo dovere – nella ricerca di una soluzione diplomatica, non ostacolò l’azione militare dell’Alleanza.
Verso la fine del conflitto autorizzò l’eventuale partecipazione dell’Italia alla formazione di un corpo di invasione, con una imponente aliquota di forze.
L’Italia uscì da questa drammatica vicenda avendo conquistato il rispetto e la considerazione degli Alleati in una misura che mai si era espressa in passato, e avendo offerto un contributo insostituibile all’azione militare.
Queste furono le ragioni della formazione del Governo D’Alema e della maggioranza che lo sostenne.
E’ possibile che prima e dopo la conclusione vittoriosa della guerra nel Kosovo si siano
compiuti errori nella politica interna. Ma questa è questione diversa dalle vicende che si
svolsero nell’ottobre 1998, e sulla quale non saprei esprimermi per difetto di competenza.
*Ex ministro della Difesa
Corriere della Sera – http://www.corriere.it
Venerdi 8 giugno 2001
LA LETTERA
“Attacco contro Milosevic: fu il mio governo a dire sì” di ROMANO PRODI*
Nel dibattito sulla caduta del governo guidato da Romano Prodi, interviene oggi l’ex presidente del Consiglio, attuale presidente della Commissione europea. Prodi replica a Carlo Scognamiglio Pasini, responsabile del ministero della Difesa nel governo presieduto da Massimo D’Alema. Scognamiglio aveva sostenuto che il gabinetto D’Alema era nato per rispettare gli impegni Nato, consentendo così all’Italia di conquistare il rispetto e la considerazione degli alleati.
Caro Direttore,
ho letto con interesse sul Corriere della Sera di ieri l’articolo che l’ex ministro della Difesa Carlo Scognamiglio ha dedicato al passaggio tra il governo da me presieduto e quello guidato dall’on. Massimo D’Alema.
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Carlo Scognamiglio si sofferma, in particolare, sugli avvenimenti di politica internazionale (erano i giorni del drammatico confronto con la Serbia di Milosevic) che fecero da sfondo al passaggio di governo. Avvenimenti che lo inducono a concludere che il nuovo esecutivo fu formato per “ragioni di politica internazionale che derivarono dalla più grave crisi che il Paese si trovò ad affrontare negli oltre cinquanta anni della Repubblica”. Fondamentale – secondo Scognamiglio – fu, in questa prospettiva, la necessità di dare vita ad un governo “che garantisse alle Forze Armate italiane la possibilità di assolvere con dignità i propri compiti nell’Alleanza di fronte alla imminenza di un conflitto che di necessità avrebbe visto l’Italia nel ruolo di protagonista”.
“Il governo presieduto dall’on. Prodi perse il voto di fiducia alla Camera il 7 ottobre 1998. Cinque giorni più tardi il Nac (North Atlantic Council, cioè la Nato) deliberò l’Activation Order contro il dittatore serbo Milosevic. Si tratta del terzo e ultimo passo della procedura di attacco militare in vigore presso l’Alleanza Atlantica, passo che affida al Segretario Generale e al comandante militare il mandato, irrevocabile senza una nuova procedura di voto, di premere il grilletto. Alla data del 20 ottobre, cioè allo spegnersi dell’allarme rosso, la procedura per la risoluzione della crisi di governo italiana si era compiuta, avendo il Presidente della Repubblica concluso le consultazioni ed affidato all’on. D’Alema l’incarico di formare il nuovo governo”.
Questi sono “i fatti” ricordati da Carlo Scognamiglio. “Fatti” a proposito dei quali non ho nulla da aggiungere. Se non un piccolo particolare.
Questo: ancorché dimissionario, fu il mio governo ad assumersi la responsabilità di decidere a favore dell’Activation Order. E fui io stesso, come Presidente del Consiglio, a firmare il relativo provvedimento.
*Presidente della Commissione europea
Corriere della Sera – http://www.corriere.it Sabato 9 Giugno 2001
POLITICA
Scognamiglio replica al presidente Lle: l’ex premier DS decise l’azione offensiva
“Prodi diede solo le basi, noi inviammo gli aerei”
di CARLO SCOGNAMIGLIO* Caro direttore,
la precisazione del presidente Prodi sulla mia ricostruzione, pubblicata dal Corriere, delle vicende che diedero l’avvio alla guerra del Kosovo e alla formazione del governo D’Alema, ovvero che fu pur sempre il suo governo, ancorché dimissionario, ad ‘assumersi la responsabilità di decidere a favore dell’Activation Order (ossia dell’ordine di attacco a Milosevic)’ è del tutto pertinente, e d’altra parte implicita nell’elenco di ‘fatti’ che avevo elencato.
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Mentre va dato atto al governo dimissionario di avere superato non poche difficoltà e resistenze istituzionali per non bloccare la decisione della Nato [SIC], va però ricordato un altro ‘fatto’, ossia che l’assenso dell’Italia si limitava all’uso delle basi e non anche alla costituzione di una forza d’attacco aereo con mezzi italiani, secondo la formula della ‘difesa integrata’. In altre parole, l’Italia non avrebbe partecipato ad azioni offensive. La questione fu superata [SIC] successivamente, come ho ricordato, dal conferimento deciso dal governo D’Alema di una cospicua forza aerea, inclusi i mezzi d’attacco, al comando Nato.
P. S.
Per quanto mi sia già dichiarato incompetente in questioni di politica interna, posso tuttavia ritenere che la ragione per cui il presidente Prodi non riuscì a ricostituire il governo, dopo il voto di sfiducia, consistette nella sua indisponibilità, motivata da ragioni di coerenza politica, ad accettare una coalizione diversa da quella uscita dalle elezioni del ’96. Per cui un secondo governo Prodi sarebbe stato minoritario in Parlamento, e ciò in contrasto con la regola universale delle democrazie parlamentari che, in caso di guerra [SIC], prevede la formazione di governi di coalizione e non di governi minoritari.
* ex ministro della Difesa
LA MEMORIA RELATIVA AGLI SQUALLIDI PERSONAGGI SEMPRE ‘SINISTRAMENTE’ IN AUGE
“Stavano avvenendo cose di fronte alle quali non ci si può più limitare alla compassione e alla condanna: le decapitazioni, le fosse comuni, lo sterminio. Vedi, a quelli che l’altro giorno sono venuti davanti a Montecitorio con gli ulivi insanguinati, io potrei dire: dov’eravate, amici, dov’erano i vostri fiori quando i serbi compivano atrocità e uccidevano 300 mila esseri umani in Bosnia?”
Intervista a Walter Veltroni su l’Unità 29 marzo ’99
… E’ difficile definire le regole di appartenenza al giro nobile dei grandi, non esiste uno statuto. Di fatto ti rendi conto di essere entrato in una certa agenda di telefonate del presidente degli Stati Uniti…
(da: Massimo D’Alema “Gli italiani e la guerra”, Mondadori) http://www.democraticidisinistra.it/interviste/veltroni290399.htm
Giovanna Melandri dichiara a Ballarò dell’8 aprile 2003 che la guerra alla Jugoslavia era da considerarsi legittima per tre motivi:
– La guerra era autorizzata dalla Nato (sic)
– La guerra era motivata dal massacro di Srebrenica avvenuto “poco prima” (sic)
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– La guerra avveniva dopo l’uccisione di 300.000 kosovari (sic)
Soffermiamoci sull’ultima menzogna auto-assolutoria di Giovanna Melandri.
Il segretario alla difesa americana William Cohen affermò che in Kosovo erano stati uccisi dai serbi 100.000 Kosovari. D’Alema alzò la cifra nei giorni del conflitto e parlò di 200.000 vittime, non distinguendo i profughi dagli assassinati. Oggi la Melandri integra un numero già spaventoso di vittime al rialzo per giustificare quella guerra ormai persa nella memoria, e parla di 300.000 morti. Questa operazione rialzista è una operazione sporca, da democrazia americana. Ma, e la cosa è ancor più grave in questi giorni di eccidi giustificati da fumo ideologico, l’onorevole Melandri nega il riconoscimento storico della infondatezza di queste cifre. Al pari delle vittime delle torri gemelle -che son passate da 50.000 (200.000 per la Fallaci) a 3.000 vittime- anche le vittime della “pulizia etnica” nel Kosovo sono state ampiamente ridimensionate e anche questa parte della conquista del continente europeo probabilmente dovrà essere riscritta. Ad oggi il tribunale penale internazionale accusa il “regime di Milosevic” di alcune centinaia di morti (670 vittime secondo i servizi segreti croati non certo vicini ai serbi, 187 secondo il rapporto dei medici del Tribunale dell’Aja per i crimini di guerra in Jugoslavia.”
“Il testo del “diario” pubblicato da Marco Minniti, allora sottosegretario del presidente del Consiglio Massimo D’Alema, sul Corriere della Sera (11 giugno ‘99, all’indomani dei settantotto giorni di bombardamento della Serbia e del Kosovo): “Il giorno dell’attacco andammo a riferire in Parlamento. Fu Mattarella a prendere la parola in un clima ovviamente tesissimo. Ricordo la sensazione di quel momento: eravamo in aula, con i parlamentari che s’interrogavano sull’opportunità di un intervento aereo, mentre gli aerei erano già in volo. Il Parlamento discuteva e intanto tutto stava già accadendo. Ma noi non potevamo dirlo. Venivamo da 66 giorni di tensione sul caso Ocalan”.
Il Foglio 20 maggio 2006-06-07
FONTE: http://www.contropiano.org/doceuropa&russia.asp
02.11.05 – Italia/Luttwak: “per gli Usa D’Alema fu più affidabile di Berlusconi
[ AppendicI ]
APPENDICE 1
KOSOVO, I FALSI DELLA NATO
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Gonfiate le cifre della pulizia etnica serba per giustificare i bombardamenti sulla Jugoslavia
Quando nel maggio scorso da Washington il segretario alla Difesa William Cohen dichiarava che le vittime della repressione e della pulizia etnica serba in Kosovo erano oltre centomila, “quasi tutti giovani uomini in età di leva”, e che il numero delle fosse comuni ritrovate sarebbe stato incalcolabile, affermava il falso. Oggi, dopo cinque mesi dalla fine della guerra della Nato, durante i quali una commissione di 500 esperti provenienti da quindici paesi ha lavorato per cercare quei corpi martoriati scavando nella terra kosovora, si può dire che erano tutte bugie. I corpi realmente riesumati fino ad oggi sono 670. A dirlo non è qualche “illuso pacifista”, né un vetero – comunista che ancora sogna un mondo senza la Nato, ma i servizi segreti della Croazia, paese balcanico che certamente non ha e non ha mai avuto alcuna benevolenza verso i serbi, ne tantomeno verso Milosevic. Nessuna notizia invece da chi avrebbe dovuto fornirla, come la commissione del Tribunale dell’Aja per i crimini di guerra in Jugoslavia (Icty) che ieri ha interrotto le ricerche – con un po’ troppo anticipo rispetto all’arrivo del gelo balcanico che verranno riprese in primavera. Ma, mettendo anche da parte la notizia di fonte croata, sono ormai troppe le testimonianze che ogni giorno certificano che i morti albanesi nel KosoVa, alla fine dei conti, dovranno essere calcolati più sulle centinaia che non sulle migliaia di unità. Come scriveva ieri L’Unità, ma anche il britannico Sunday Times e il francese Le Monde.
Una precisa testimonianza in merito è stata fatta anche da un medico legale spagnolo, Emilio Perez Pujol, che ha guidato un gruppo di esperti incaricati dall’lcty di indagare sui massacri commessi dai serbi. “Il 12 settembre scorso – ha dichiarato Pujol nel corso di un’intervista pubblicata l’altra ieri dal Sunday Times – ho comunicato alla mia equipe che il nostro lavoro era terminato. Poi ho informato il mio governo dei risultati della nostra indagine e cioè che avevamo trovato solo 187 corpi, mentre ci aspettavamo di esaminarne almeno 2000”. Anche alle Nazioni Unite ormai si aspettano che nel rapporto che verrà loro consegnato il mese prossimo si parlerà di meno di duemila vittime, molte delle quali uccise, ma molte anche morte nei combattimenti o sotto i bombardamenti della Nato.
E non basta. La verità sul pasticcio imbastito nei Balcani dalla signora Albright fin dai giorni della farsa degli accordi di Rambouillet, ormai si palesa ad ogni testimonianza. Scriveva domenica il Sunday Times che, “sebbene il dipartimento distato Usa avesse dichiarato in questo week-end che sarebbero venuti alla luce ben 1.400 corpi da circa il 20% delle fosse comuni esistenti in Kosovo, l’Itcy dopo aver ricercato nei 500 siti più
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sospetti, non ha trovato niente”, Sempre secondo il dipartimento della signora Albright, nella cittadina di Djakovica, dove la Nato sganciò le sue bombe “per errore”, si sarebbero consumati due efferati massacri, uno il 29 marzo e I’altro il 27 aprile, in cui sarebbero state massacrate trecento persone in totale. Ma i militari italiani che hanno accompagnato sul luogo i medici della commissione Itcy hanno trovato tre cadaveri. Degli altri 297 non c’ era traccia. Ma Washington insiste: sono state compiute altre tre stragi. “A Kraliane Sono state uccise 100 persone”, ma gli inquirenti trovano un solo cadavere; “a Banijca Istock altri 50 cadaveri”, e gli italiani trovano un’altra salma (entrambe regolarmente seppellite). A Lubenic 100 morti e li la commissione ancora cerca.
Tutta questa triste contabilità dimostra quanto gli Usa e la Nato nel suo complesso fossero “ansiosi” di rivelare le atrocità commesse dai serbi per giustificare uno degli errori più esecrabili di questi anni: la guerra in Kosovo. Se la verità fosse venuta fuori fin dall’inizio sarebbe caduta1a loro impalcatura, ma in questa operazione hanno trovato tutto l’appoggio dei mass media, mai così militarizzati dai tempi della Seconda Guerra mondiale. Che cosa si inventerà ora la Casa Bianca per uscire da questo pasticcio ? Ora che tutta la regione è contaminata dalle bombe all’uranio impoverito, che il Danubio non è più navigabile, che i ponti sono distrutti e nessuno li ricostruisce perché esiste Milosevic, ora che l’economia serba e kosovara è in ginocchio e incombe l’inverno balcanico, sarà difficile trovare chi crede ad altre bugie.
Paola Pittei
APPENDICE 2
Dispaccio ANSA – Roma, 23 no v.
PRC: BERTINOTTI, D’ALEMA CANDIDABILE AL QUIRINALE
“D’Alema al Quirinale? Candidabile a prescindere da me alla Camera”. Lo ha affermato il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti, nel corso di “Controcorrente”, l’approfondimento di SKY TG24 condotto da Corrado Formigli precisando che l’ideale successore di Ciampi “dovrebbe essere un uomo o una donna che per prima cosa si ispiri all’art 11 della Costituzione”.
Se le barzellette di Berlusconi non fanno più ridere neppure al bar e quelle su Berlusconi
sono banali più di una dichiarazione di Rutelli, per fortuna ci sono quelle di Bertinotti.
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“D’Alema è candidabile al Quirinale”. Bella scoperta: ha l’età, i diritti politici ed un certo numero di grandi elettori. Ma fantastica è la precisazione: il nuovo presidente “dovrebbe essere un uomo o una donna che per prima cosa si ispiri all’art. 11 della Costituzione”. Perfetto! L” uomo giusto (il bombardatore della Jugoslavia) al posto giusto. Del resto, c’è una regola che ha funzionato quasi sempre: ogni presidente della Repubblica riesce sempre a far rimpiangere il suo predecessore. Col Ciampi tanto amato da Fini si tratta di un’impresa davvero titanica, ma ci riusciranno anche questa volta grazie anche al contributo del signore di cui sopra.
Fonte: Notiziario del Campo Antimperialista … 4 dicembre 2005 …
http://www.antiimperialista.org
D’ALEMA NO.
Aprile-maggio 2006 –
Dall’avvocato Pasquale Vilardo riceviamo queste importanti note, riportate di seguito, che ci trovano assolutamente d’accordo.
Il ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali rimane un criterio guida dell’agire politico di tutti i cittadini democratici. Principi così fondamentali non si barattano per un piatto di lenticchie. I rappresentanti politici devono rispettare i sentimenti ed i valori pacifisti dei loro elettori oltrechè, naturalmente, le leggi fondamentali della Repubblica.
La guerra di aggressione contro la RF di Jugoslavia, nel 1999, non è stata solo illegale, ma anche criminale, avendo causato centinaia di morti civili innocenti sul colpo e molte decine di migliaia di morti ammazzati in seguito alle conseguenze ambientali dei bombardamenti. Essa è stata condotta usando armi vietate, ed ha avuto come conseguenza diretta la “pulizia etnica” delle comunità non albanofone dalla provincia serba del Kosmet, con veri e propri pogrom ed atti vandalici anche contro beni culturali sulla carta tutelati dall’UNESCO. Il Kosmet, dal giugno 1999 in poi, pur militarmente occupato dagli aggressori del paese sotto ipocrita copertura ONU, è diventato il paradiso della criminalità organizzata che gestisce il traffico di droga, prostituzione ed armi in Europa: non è azzardato dire che la guerra di aggressione del 1999 sia stata scatenata da certi poteri in seno alla NATO anche per tutelare gli interessi criminali di queste bande mafiose delle quali l’UCK ha rappresentato la mera infrastruttura militare. Dal punto di vista strettamente politico, tra gli obiettivi in gran parte conseguiti di quei bombardamenti del 1999 vanno annoverati: 1) una nuova secessione su base razziale nel già massacrato contesto balcanico 2) il furto giuridico ed economico ai danni della RF di Jugoslavia, fino allo scioglimento formale di questo Stato 3) la delegittimazione dell’ONU e dei principi fondamentali del diritto nazionale ed internazionale.
Per tutti questi motivi – giuridici, etici e politici – la proposta di assegnare qualsivoglia incarico istituzionale a Massimo D’Alema è irricevibile e ci vede come strenui oppositori.
A. Marmocchia
(resp. politico, Coord. Naz. per la Jugoslavia)
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APPENDICE 3
Italia/Luttwak: “per gli Usa D’Alema fu più affidabile di Berlusconi”
”Nel 1999 il governo di Massimo D ‘Alema ha combattuto nel Kosovo ed e’ rimasto lealmente al fianco degli americani dal principio fino alla fine della guerra. Nel 2003 il governo di Silvio Berlusconi non ha partecipato all’intervento in Iraq. Questa e’ l’unica vera differenza che Washington ha notato fra il centrosinistra ed il centrodestra, sul piano della strategia militare”. Lo afferma a ”La Stampa” Edward Luttwak, Senior fellow del Center for Strategical and International Studies.
E, riguardo le affermazioni del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, secondo cui il capo della Casa Bianca, George Bush, avrebbe lasciato intendere di non volere il ritorno del centrosinistra a Palazzo Chigi, Luttwak afferma ancora: ”In generale, per principio, il governo americano non dichiarerebbe mai di non poter lavorare con l’opposizione di un Paese democratico, quando andasse al potere vincendo regolari elezioni”. ”Non lo facciamo -aggiunge l’esperto statunitense- neanche quando gli oppositori sono i nostri peggiori nemici. Nel caso dell’Italia, poi, gli Stati Uniti hanno gia’ lavorato col centrosinistra, e si sono trovati meglio che con gli altri governi ostentatamente filoamericani”.
APPENDICE 4
il manifesto, 28 Dicembre 2005
BALCANI Da Eltsin al Kosovo, la marcia di Pacolli
(A proposito di-[Dizione mia] ) GIULIETTO CHIESA
Sorpresa ! Mentre tra Belgrado, Pristina, Bruxelles, Tirana, Washington e Mosca è in corso il preparativo-scontro finale pro o contro l’indipendenza del Kosovo, ecco apparire sulla scena politica del Kosovo il signor Behgjet Pacolli, il proprietario della Mabetex, colui che – stando alla magistratura di Lugano – aiutò Boris Eltsin non solo a dotarsi di una sontuosa carta di credito appoggiata a una banca svizzera, ma – secondo la magistratura di Trento – fu il riciclatore di alcune decine di milioni di dollari per conto della «Famiglia» di Boris Eltsin , più specificamente della figlia di Pavel Borodin, ex capo dell’Amministrazione del Cremlino, nonché per la compravendita di alcuni aerei militari venduti da Rosvooruzhenie a un paese latino-americano attraverso i servizi segreti dello stesso, e che fruttarono tangenti per altre decine di milioni di dollari. Siamo, come ben si vede, al centro di un vorticoso movimento di capitali mafiosi dalla Russia verso banche occidentali e offshore vari, tutti facenti capo ai vertici politici della Russia eltsiniana, passati tutti, di riffa o di raffa, attraverso il signor Pacolli, ex marito, tra le altre cose, della signora Anna Oxa. Adesso Pacolli entra direttamente in politica, non senza essersi conquistato appalti perfino nella lontana Astana, capitale nuova di zecca del Kazakhstan di Nursultan Nazarbaev. Da cui, visti i precedenti, ci si può aspettare di veder uscire verso ignote destinazioni altre decine, centinaia, di milioni di dollari, riciclati per conto dell’altra
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«Famiglia» presidenziale asiatica. Behgjet Pacolli è a suo modo un genio, uno che sa cogliere lo spirito dei tempi, uno che ambisce a far parte del superclan mondiale e probabilmente ci riuscirà. Ibrahim Rugova è in fin di vita e non è a lui che potrà essere affidato il futuro del Kosovo, una volta reso indipendente dalla Serbia. Gli unici leader kosovari disponibili sulla piazza sono rinomati assassini ed ex terroristi dell’Uck, alcuni perfino (formalmente) sotto inchiesta da parte del tribunale dell’Aja come Ramush Haradinaj. Impresentabili dunque perfino di fronte a una Europa disposta a chiudere entrambi gli occhi e le orecchie. Qualcuno bisognerà trovare. E il «nostro» Pacolli è già pronto a fare il grande salto. Per intanto si è offerto di costruire – di tasca propria, i lavori già fervono – la nuova università americana di Pristina. Circa venti milioni di dollari. L’università americana di Pristina nascerà con i proventi dei furti perpetrati ai danni dei cittadini russi. Gli europei mandano in giro, a fare da mediatore, l’ex presidente finlandese Martti Ahtisaari; gli americani, oltre alla più grande base militare europea, si fanno costruire a Pristina, gratis, la loro università, quella con cui costruiranno i «quadri» della futura indipendenza kosovara. Osservare la differenza e la divisione dei compiti. Non c’è da stupirsi dunque se le azioni di Pacolli sono in veloce crescita anche a Washington, visto che è là che si decide la sorte del Kosovo. Con i soldi guadagnati riciclando i denari che Eltsin rubava ai russi, il dinamico Behgjet ha messo in piedi una grande lobby negli Usa, denominata «Alleanza per