Una situazione mefitica, di grande pericolo

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Che Prodi sia una faccia di tolla, un uomo senza dignità, non l’ho mai messo in dubbio fin da quando è entrato in politica. Si ha a che fare con un tipico “boiardo di Stato” (di quello italiano, non francese o tedesco) e questo spiega già tutto. Le dichiarazioni che ha fatto alla Camera hanno tuttavia dell’incredibile, soprattutto se unite a quelle di altri esponenti di sinistra (del tipo del “poco onorevole” ministro dell’ambiente). In una situazione di sfascio completo, con servizi pubblici da paese sottosviluppato, con metà e più della popolazione in reali difficoltà economiche, con una crisi incipiente che in Italia si manifesta con maggiore gravità che altrove, ecc., venire a raccontare che questo governo ha risanato il paese, i conti pubblici, che la situazione a Napoli è sotto controllo (e senza rimuovere nessuno; perfino ci si vanta di mantenere gli inetti, e anche “qualcosa di più”, al loro posto!), implica una mancanza di pudore e una tale capacità di menzogna che, al confronto, Berlusconi è di una sincerità adamantina.
Quando quest’ultimo governava, molti “amici” si vergognavano di essere italiani, sostenevano di non reggere lo sguardo degli stranieri, ripetevano ogni secondo momento, con occhi smarriti e voce tremula: “l’estero ci guarda, cosa mai dirà di noi”. E un giorno si e l’altro pure, vi era la gara a riportare i giudizi negativi dell’Economist, del Financial Times, e via dicendo. Ieri, proprio il Financial Times ha scritto che l’Italia è il paese peggio governato d’Europa, e ha descritto la nostra situazione di sbando ormai totale. Che cosa dicono adesso quegli “amici”? E tutti gli altri giornalacci italiani che ripetevano le solite stronzate? Personalmente, non mi vergognavo allora e non mi vergogno adesso di essere italiano (che per me equivale ad essere di una qualsiasi altra nazionalità). Mi vergogno invece di quegli “amici”, della loro stupidità (e anche mala fede); mi vergogno per quelli che ancora difendono questa infame sinistra e la votano.
Ripeterò fino alla nausea che quest’ultima è il cancro della nostra società, e non v’è speranza di guarire finché non si applicheranno i metodi necessari: l’asportazione chirurgica (migliore) o la chemioterapia (soluzione di ripiego). Certamente, però, si debbono aggiungere due considerazioni. Innanzitutto, la cura non è rappresentata dal ritorno della destra al governo, poiché si tratterebbe soltanto di un tentativo di applicare dei “pannicelli caldi” che, come ben si sa, rendono la piaga purulenta con infezione dilagante e setticemia. No, mi dispiace: o vi è la possibilità della profonda incisione con un bisturi o altrimenti non vi sono speranze da coltivare. Inoltre, deve essere ben chiaro alla nostra coscienza che l’origine profonda della malattia si situa in quegli ambienti finanziari e industrial-decotti, asserviti agli interessi statunitensi, che hanno provocato la profonda degenerazione del tessuto sociale italiano. Tuttavia, bisogna essere realisti: è rarissimo che si riesca a colpire al cuore la “bestia” che ci aggredisce. Sarebbe però già tanto amputarle gli arti, spezzarle i denti; fuor di metafora, togliere di mezzo i sicari politici dei reali mandanti dell’italicidio. Questi sicari sono i sinistri; sarebbe sufficiente colpirli e ripulire ben bene il paese dalla loro esiziale presenza politica.
Il dramma della nostra situazione è che l’egemonia ideologica stabilita dagli ignobili “chierici” di “sinistra” ha fatto passare, a livello di buone quote di popolazione (in specie di certi strati lavoratori, soprattutto dell’inefficiente e lassista settore pubblico), la convinzione che la linea che va dal meglio (o almeno dal meno peggio) al peggio è la seguente: sinistra “radicale”-sinistra “moderata”- destra (con poche sfumature al suo interno, ma comunque con il nemico n. 1 sempre identificato nel cavaliere). Si tratta di un mondo rovesciato; bisogna invertire la sequenza: destra-sinistra “moderata”-sinistra “radicale”. Quest’ultima è la prima che dovrebbe essere battuta e, possibilmente, eliminata politicamente; poi viene la seconda e infine la prima, la meno pericolosa (se non altro perché più ottusa e incapace). Finché non saremo riusciti a smantellare l’ideologia degli abietti “chierici” di cui sopra – che dilagano nei mass media, nell’editoria, nel cinema, ecc. – non riusciremo a creare organismi politici in grado di ridare un minimo di normalità al paese.
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Se però Prodi continua a resistere, bisogna smetterla con le spiegazioni fondate solo sul suo carattere (magari ricordando che è di Reggio, i cui abitanti vengono ironicamente chiamati “teste quadre”, o “queeedre”, suono prolungato tra l’a e l’e). E’ evidente che questo mediocre e infido personaggio ha dietro di sé ben altre resistenze, che si fanno via via più pericolose perché sentono comunque il terreno franare. Anche il nuovo uso di settori della magistratura “militante” (e per chi milita, lo sappiamo bene da quindici anni!) annuncia possibili colpi di coda di inaudita gravità. Così si dimostra vera un’altra affermazione che i più avveduti ripetono da anni: si gridava al “fascista” Berlusconi perché erano questi i veri autoritari insinuati dappertutto, come i vermi nel formaggio, per impregnarlo delle loro losche ideologie e politiche di dittatura strisciante ma sempre più lampante (salvo che per i ciechi e per i farabutti che li votano)
Pochi giorni fa si è svolto un fatto estremamente significativo, su cui non si è voluto insistere troppo. Bassolino, primo responsabile della situazione vergognosa a Napoli (dove da non so quanti anni è stato sindaco e poi presidente della Regione), non è stato sfiduciato (diciamo così) per appena tre voti (144 a 141). Mancavano tuttavia ben 12 senatori di F.I., la principale forza di quell’opposizione che aveva presentato la mozione. La Lega si è un po’ incazzata, ma senza esagerare; il più incredibile è che Berlusconi e altri dirigenti di quel partito non hanno levato un solo motto di riprovazione nei confronti di un’assenza così massiccia da non poter essere casuale. E pensare che è stato Berlusconi ad essere scoperto mentre tentava di “convincere” senatori di “sinistra” a far cadere Prodi. E’ proprio vero che l’ex premier è un po’ giuggiolone.
Naturalmente, non sono in grado di conoscere i retroscena di una manovra, giocata sui continui rinvii della resa dei conti; sono tuttavia certo che i vari intrallazzi continueranno, portando sempre più il nostro paese nella vergogna e nel pantano. Nessuno sa con che cosa sostituire la politica attuale, voluta dal cosiddetto “piccolo establishment” (da me denominato GFeID), pur lacerato da lotte intestine acute (e sempre più lo saranno, se precipita la crisi in atto). Le torbide mene non si sono per nulla concluse: molti posti di vertice, nelle grandi imprese e negli apparati istituzionali (ivi compresi i corpi speciali in armi), sono vicini a scadenza e al ricambio; il quadro della crisi incipiente – detta finanziaria, ma in realtà assai più vasta e profonda, con i suoi effetti che muteranno i rapporti di forza tra gruppi dominanti centrali e tra gruppi subdominanti italiani – non è ancora disegnato con linee sicure. La sorte delle Generali – che, per quanto concerne l’Italia, è un punto focale dei (dis)equilibri e rapporti di forza tra questi dominanti e subdominanti – non è tuttora decisa in una sicura direzione. In fondo, non è del tutto chiara nemmeno l’operazione (minore) Alitalia, dove due “alleati” (Intesa e Prodi-PadoaSchioppa) sembrano su posizioni opposte; è però meglio, per il momento, non trarre conclusioni.
Alcuni segnali sembrano indicare il rinsaldarsi di un’alleanza tra Bazoli e Montezemolo (e Della Valle). Questi ultimi due – dopo aver installato (assieme ad altri, sia industriali che finanzieri) il fondo Charme, di cui il blog ha spesso parlato, nel “paradiso fiscale” lussemburghese – hanno costituito la NTV per prepararsi alla privatizzazione dell’alta velocità ferroviaria (prevista per il 2010). In questi giorni nel capitale di tale società è entrata, con (mi sembra) il 20%, la banca Intesa, che ha appoggiato (se ne deve parlare solo al passato?) Carlo Toto di AirOne in merito alla possibile acquisizione di Alitalia. Toto è però anche il principale azionista di Rail One, società concorrente della NTV per quanto riguarda i treni ad alta velocità. L’Intesa fa dunque da trait d’union dei due competitori (ex tali a questo punto?). Non mi consta che l’Antitrust si sia finora mosso; vedremo se interverrà a difesa delle “sacre regole” della “libera concorrenza”. Rilevo intanto che Intesa, a sua volta, ha sempre avuto rapporti molto stretti con la statunitense Goldman Sachs (il cui già vicepresidente è oggi al vertice di Bankitalia). Limitiamoci a segnalare questi intrecci piuttosto interessanti.
Notiamo inoltre un altro piccolo fatto, sempre senza – al momento – commenti: la Goldman (negli Usa) e l’Intesa (in Italia) sono, si dice, le uniche grandi banche a essere pressoché esenti dalle perdite clamorose legate ai crediti immobiliari (subprime); mentre in acque assai meno buone navigano a tal proposito, ad es., l’Unicredit e le americane Citigroup, Merril Lynch, JP Morgan, Morgan Stanley, ecc. Se però ci riferiamo, più generalmente, alle operazioni compiute tramite quelle scom-
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messe che sono i derivati, non si salvano gran che nemmeno le due banche che apparentemente sono state meglio amministrate dai loro gestori. Non scordiamoci poi del passato recente: per quanto concerne il crac Parmalat (e Cirio), il comportamento dell’Intesa (oltre a quello di numerose banche americane) non è per nulla esente da molte “perplessità”.
Concludiamo provvisoriamente: le forze di sinistra che reggono l’attuale Governo sono sempre state i reali fiduciari dell’intero apparato parassitario della finanza italiana subordinata a quella americana. I vertici di Confindustria seguono a ruota, e oggi il suo presidente uscente – che ha ricevuto dal governo di sinistra molti “regali” per la Fiat e altre industrie nella stessa situazione – sembra legarsi al duo bancario (Goldman dominante e Intesa subdominante) che appare al momento in condizioni appena un po’ migliori rispetto alle banche concorrenti. Il presidente confindustriale in scadenza, a quello che si legge sui vari giornali, si sta muovendo per far eleggere una sua sodale; nel contempo, cerca pure di diversificare i suoi investimenti onde non rimanere impigliato in quel che accadrà alla Fiat; da qui, forse, un certo contrasto con il “mago” Marchionne, che potrebbe sentirsi lasciato un po’ solo nella battaglia per il “miracolo” (non ancora compiuto malgrado le grandi chiacchiere) concernente la Fiat.
Insomma, i “grandi” manovrano in un’arena tutta loro, completamente avulsa dal paese che affonda e la cui situazione economica va imputridendo. Le stime circa il nostro prossimo tasso di sviluppo sono in continuo ribasso, mentre cresce la tensione inflazionistica (non certificata, nemmeno per un quinto del reale, dall’ineffabile Istituto che si pretende addetto alle statistiche). E il Governo cade, non cade, sta in bilico; e anche cadesse, il putrefatto capitale finanziario-industrialdecotto intensificherà le sue torbide manovre, orientate dai “padroni” statunitensi, che devono tenere succube l’Italia come loro campo di oscure operazioni miranti a non perdere il controllo dell’Europa, onde rinsaldare il cordone sanitario contro le nuove potenze crescenti del capitalismo “orientale”. In tutto questo bailamme, l’opposizione non può veramente opporsi, essendo più ottusamente filoamericana dello schieramento di maggioranza; quanto alla sinistra “radicale” è ormai, al di là delle buone intenzioni di una sua infima parte (per nulla lucida però), una forza apertamente reazionaria.
Sia chiaro: so bene che ci sono persone oneste che tentano di ripercorrere la via della critica al potere oggi esistente in Italia; persone che comprendono pure come l’Italia sia “serva” degli Usa. Tuttavia, i loro sforzi non sortiranno effetti – si continuerà nell’ossessiva creazione di gruppetti che si staccano da altri gruppetti, e via continuando in questa attività ormai affetta da demenza senile – fino a quando non si capirà che bisogna innanzitutto ri-capovolgere il mondo rovesciato di cui ho sopra detto: combattere senza posa, nell’ordine: sinistra “radicale-sinistra “moderata”-destra. Non che sia sufficiente, ma è la prima operazione da compiere.
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Sintetizziamo per i ciechi e i sordi. Il “nemico pubblico n. 1” sono i nostri parassiti finanziari e industriali, “weimarianamente” asserviti ai centri strategici di potere statunitensi, che ci stanno trascinando verso la crisi. Entro la prima metà di quest’anno, sono in programma circa 600 nomine pesanti negli apparati politici, amministrativi e in quelli economici “pubblici”, impadronendosi dei quali si crea un apparato di reale dittatura, mascherata formalmente da democrazia, in grado di scremare l’intero popolo lavoratore (dipendente e detto autonomo) a vantaggio dei parassiti suddetti e dei loro padroni d’oltreoceano. I fiduciari principali di questo blocco “rapinatore” sono il mediocre “boiardo di Stato” – pronto a servirli senza un minimo di vergogna per come viene costretto a fare la figura dell’ebete ripetendo monotonamente “tutto va ben, madama la marchesa” – attorniato dai politici e intellettuali della sinistra (di cui la più serva e opportunista è quella che viene denominata “radicale”), la vera “munnezza” da avviare verso qualche discarica ben predisposta. Stiamo entrando in un tunnel privo di via di uscita; o si fermano in tempi brevi i parassiti e i loro sicari politici (e intellettuali) o finiremo tutti in una grande cloaca piena di liquame e di rifiuti. Non si cerchi però di fermarli ri-votando la destra; ci vuol ben altro “vigore”!
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