CERTA GENTE….. (di GLG, 30 dic. 10)

   Certa gente ha cervelloni di tipo elettronico, capaci di accumulare e memorizzare grandi quantità di informazioni (nozioni) e di “elaborarle” nel senso della mera combinatoria a due a due o a tre a tre o anche a n a n. Non hanno tuttavia grandi capacità di reale combinazione e sintesi (fondata pure sull’analisi) per trarne conclusioni nuove adatte alle successive e differenti “fasi storiche”. Non capiscono in realtà nulla della leniniana analisi della “congiuntura”, dove questa non il breve ciclo della scienza economica, ma è più o meno lunga a seconda di differenti contingenze storiche.

   Facciamo un esempio illuminante. Negli anni ’90 dell’ottocento, Lenin polemizzò con asprezza inusitata contro i populisti russi per il loro “amore verso il popolo oppresso”, delle “comunità” di stampo arcaico, ecc. Egli mostrò pieno favore ed entusiasmo per lo “sviluppo del capitalismo in Russia”, che finalmente smuoveva le acque di quella società sonnolenta e contadina, cui era “coessenziale” la piccola nobiltà agraria in pigro disfacimento, così meravigliosamente descritta (e perfino con simpatia “umana”) nell’Oblomov di Gončarov. Nel 1917, alcuni bolscevichi attardati sostennero che bisognava prima concludere la fase della rivoluzione democratico-borghese per poi passare a quella della rivoluzione proletaria. Lenin, lo sappiamo, li attaccò senza mezzi termini e impose la scelta di perseguire subito quest’ultima. Un cervellone elettronico, di quelli citati all’inizio, avrebbe accusato Lenin di essere in piena contraddizione con se stesso. Proprio perché tali cervelli non capiscono nulla delle diverse fasi storiche, della congiuntura.

   Naturalmente, oggi, dopo circa un secolo possiamo comprendere le ragioni di Lenin nel non attendere la maturazione della rivoluzione borghese per far sviluppare il capitalismo (appunto quello borghese, ma solo oggi possiamo capire che questo è semplicemente una delle formazioni sociali di tipologia capitalistica) con la sua “bella” (e presunta) “classe operaia”, che aveva già dato in Inghilterra, e l’avrebbe data in tutti i successivi paesi capitalistici sviluppati, una “bella prova” delle sue capacità rivoluzionarie in direzione del comunismo. Nel contempo, possiamo anche afferrare l’illusione leniniana di sostituire l’inesistente “Classe” con la sua pretesa “avanguardia”, in grado di condurre in realtà soltanto una rivoluzione di marca contadina strettamente guidata (e per fortuna!!) da una élite di dirigenti della trasformazione, che ha veramente cambiato la direzione di marcia del mondo intero, sebbene non verso il comunismo.

   Caduta l’illusione di quel presunto “soggetto” di una rivoluzione che sarebbe dovuta essere nient’altro che la “levatrice di un parto ormai maturo nel grembo del capitalismo” – errore marxiano mostrato (con il senno di poi) dal sottoscritto in centinaia e centinaia di pagine! – non possediamo nella fase odierna una nuova visione teorica complessiva della struttura sociale dell’attuale formazione mondiale e delle sue costituenti particolari. Dei veri e propri pensatori arretrati – di fronte a cui Proudhon e Dühring erano di uno sconvolgente “avvenirismo” – tornano alle prediche “comunitarie”; oggi evidentemente non c’è per fortuna alcun bisogno, e non semplicemente perché non siamo né Marx né Engels, di scrivere la Miseria della filosofia o l’Antidühring. Dobbiamo prendere atto che tutta la vecchia epoca, con le illusioni comunistiche e altro (da non disprezzare minimamente, solo da non continuare a propagandare perché “errare è umano…..ecc.”) devono essere buttate alle spalle assieme a tutti i miti sul conflitto capitale/lavoro, miserrima ideologia di coloro che ormai si vergognano di parlare di lotta tra borghesia e proletariato, tra classe capitalistica e classe operaia, ecc. Una versione edulcorata, e “timida”, dell’errore precedente non fa però che aggravarlo, renderlo più pacchiano e rozzo.

   In questo contesto si calano le posizioni del blog. Da parte mia, ad esempio, non esiste particolare propensione (né preparazione) per la geopolitica; non mi dedico allo studio di grandi aree geografico-sociali con le loro caratteristiche culturali e politiche (più le prime che le seconde). Io sono e resto, piaccia o non piaccia a certi zombi con cervellone elettronico (di grande cultura e di poca creatività), un pensatore di derivazione marxista, e ancor più leninista, dove la derivazione implica la ben nota ricerca della porta d’uscita. Io analizzo il fallimento totale delle vecchie “solfe rivoluzionarie”, l’ottusità delle ormai vecchie utopie, la cui forma diversa non nasconde il loro essere sostanzialmente la ripetizione di tesi bicentenarie o giù di lì. Mi rifaccio invece, modificandola, all’impostazione leniniana relativa all’imperialismo, non interpretandolo più come “ultima fase o stadio del capitalismo” bensì come ricorrente epoca multipolare e policentrica, con conflitti le cui caratteristiche generali devono essere analizzate nella loro particolarità odierna, mediante ipotesi adeguate circa il loro futuro andamento nel contesto di transizioni dal capitalismo borghese a quello dei funzionari del capitale, e con la prospettiva di una nuova, ancora confusa e fluida, avanzata di una nuova formazione sociale.

   Tutto questo c’entra con la geopolitica solo incidentalmente, nel senso che la congiuntura attuale (prevedibilmente di non breve durata) sarà appunto caratterizzata dal moltiplicarsi dei poli del conflitto, mentre quello più propriamente sociale (che mette in luce certamente la povertà di una loro impostazione solo economica e quindi economicistica) è al momento articolato secondo diverse prospettive e rimane intanto (nella suddetta congiuntura) subordinato al conflitto “geopolitico”, gestito però non in chiave meramente culturale, bensì con l’uso dei fondamentali apparati della forza, strutturati attorno a quelli che restano, malgrado le ciance dei “cervelloni”, Stati di carattere prevalentemente “nazionale”. Il che non c’entra un c….. con il mero nazionalismo giacché vuol semplicemente indicare l’ambito della loro sovranità che si estende, in forma prettamente giuridica, su quei territori ancora definiti paesi (o nazioni), mentre poi ricercano l’estensione delle aree di influenza, utilizzando appunto i suddetti apparati della forza; da non intendersi però né in senso grettamente militare né ricollegabili soltanto ad una semplice espansione nell’ambito dell’ideologico “mercato globale”.

   Solo chi è incapace di intendere alcunché può definirmi un “fascista di sinistra”. Ormai però i fu marxisti, sclerotizzatisi nel dogmatismo del quantitativismo economicistico o, for
se ancor peggio, slittati all’umanesimo più infantile, sono appunto incapaci di ragionare. Sono collezionisti di nozioni come i calcolatori elettronici; con però ben minori capacità. Chiunque sappia leggere queste righe – assieme al molto che ho già scritto; e adesso escono altri due libri ben densi, e vi è nel sito il pezzo su Forze produttive e rapporti di produzione, sia pure ancora non finito (e che muterà nome) – capirà perfettamente l’orizzonte della mia problematica e le categorie che vado costruendo, lontane da impostazioni semplicemente geopolitiche. Certamente, per tutta la futura congiuntura – che sarà un’epoca abbastanza lunga, direi decisamente lunga se rapportata alla vita umana media – esisterà un ampio spazio di collaborazione intrecciata con gli studiosi di geopolitica, anche eurasiatisti. Chi non capisce nulla della leniniana congiuntura, chi avrebbe accusato Lenin di contraddizione logica per le posizioni degli anni ‘890 e del 1917, non capirà nulla nemmeno di questa “alleanza”. Resti pure con i “comunitaristi”, che sono quanto di più vetusto e patetico ci sia oggi.

   Pregherei i collaboratori del blog di non interloquire più con chi non intende ragione e continua a falsificare, magari per incomprensione, simili posizioni di una chiarezza solare. Ho l’esperienza della polemica tra m-l e tra questi e gli “operaisti”. E’ stata già una grossa palla di piombo al piede trenta-quarant’anni fa. Però aveva una sua giustificazione; e qualche risultato, almeno intermedio e provvisorio, forse è stato persino raggiunto. Oggi no, sarebbe un mero cammino a ritroso come i gamberi. Lasciamoli perdere. Se hanno voglia di apportare qualche contributo alla politica di conflitto anti-Usa, siano pur sempre benvenuti. Le loro posizioni teoriche, e le loro polemiche da gente che non riesce assolutamente a capire la novità dei nostri assunti di congiuntura, questo proprio no! Teniamoli a debita distanza e cerchiamo gli interlocutori “giusti”, quelli che hanno la consapevolezza, magari ancora “superficiale”, del mondo in cui stiamo vivendo, in cui ci stiamo introducendo.