BREVE CONSIDERAZIONE SULLE FORME POLITICHE DEI CAPITALISMI di M. Tozzato

Sul Sole 24 ore di oggi Ivan Lo Bello scrive:

<<Il ruolo democratico del capitalismo è stato salvaguardato dalla stretta connessione con il libero mercato, con la rimozione delle barriere protezionistiche e l’ampliamento dei diritti politici e civili. Tutto ciò ha creato ricchezza, promosso innovazione e mobilità sociale, e ridotto le disuguaglianze. Oggi si affaccia a livello internazionale un inedito capitalismo di stato che cerca di coniugare libero mercato e compressione dei diritti politici e sociali. Un nuovo patto sociale sembra emergere (la Cina ne è l’epicentro): è un patto sociale che postula uno scambio tra crescente prosperità collettiva, benessere individuale, efficienza e capacità decisionale dello stato da un lato e la rinuncia a rivendicare diritti politici e civili dall’altro.>>

A suo tempo Norberto Bobbio ricordava che i caratteri della dittatura classica antica erano:

<<a) stato di necessità rispetto alla legittimazione; b) pieni poteri rispetto alla estensione del comando; c) unicità del soggetto investito del comando; d) temporaneità della carica.>>

Queste caratteristiche differenziavano la dittatura classica dalla tirannide e dal dispotismo. Il tiranno esercita anch’esso un potere  monocratico ma manca della “legittimità” e normalmente si tratta di un regime non a carattere temporaneo; nel dispotismo viene invece riconosciuta la legittimità del potere che però si presenta come “assoluto”, totalmente privo di vincoli e di limitazioni. Machiavelli e Rousseau consideravano la dittatura come una soluzione utile in situazioni di emergenza anche se quest’ultimo non mancava di ricordare che

<<in qualunque modo questo importante incarico sia conferito, è necessario fissarne la durata in un termine brevissimo che in nessun caso possa essere prolungato […]e passato il bisogno urgente, la dittatura diventa tirannica o vana.>>

Nella prospettiva di Machiavelli e di Rousseau, ad ogni modo, risulta determinante la considerazione che i poteri straordinari del dittatore devono riguardare solo la funzione esecutiva e non quella legislativa, tantomeno quella costituente. E’ comunque evidente che per il periodo “d’eccezione” la normale legislazione viene, in tutto o in parte, ad essere sospesa , sempre sotto la vigilanza delle istituzioni di diritto costituzionale allo scopo di garantire il ripristino dell’ordine giuridico precedente. Nel XX° secolo è stato Carl Schmitt ad attualizzare la discussione proponendo la sua distinzione tra

<<la dittatura classica, che chiama da una citazione di Bodin, “commissaria”(nel senso che il dittatore svolge il proprio compito straordinario nei limiti della “commissione” ricevuta), dalla dittatura dei tempi moderni o rivoluzionaria, che chiama “sovrana”, la quale “vede in tutto l’ordinamento esistente uno stato di cose da rimuovere completamente con la propria azione”.>>(1)

Anche i fautori più accesi dello Stato di diritto riconoscono che le democrazie occidentali odierne non sono più capaci di prendere decisioni riguardo ai problemi strutturali e agli indirizzi di lungo periodo dei propri paesi; i provvedimenti sono sempre “provvisori” e riguardano una prospettiva di  breve termine. Si parla tanto anche di egoismi territoriali e corporativi, di un “diritto di veto” generalizzato per cui il principio di maggioranza viene continuamente contraddetto. La democrazia formale naturalmente postula il principio di maggioranza ma tutti sanno che esso non possiede una reale esistenza; però lo Stato di diritto moderno si è proprio costituito attorno a delle regole condivise formali “di superficie”, dietro le quali si è riusciti a far funzionare una dinamica  di potere, “reale” e “ profonda”,  di carattere strutturale. La crisi della presunta “democrazia” verrà sempre più accentuata dall’inasprirsi del conflitto multipolare tra gli Stati “sovrani” o che aspirano ad una autentica “sovranità” (autonomia nazionale). Probabilmente sarà necessario modificare nel prossimo futuro per tanti paesi, compreso il nostro, i connotati autentici dell’azione statuale, in modo da rendere possibile – dietro la patina “democraticistica” – forme implicite e non dichiarate di “dittatura commissaria”. E di fatto non si tratta di una prospettiva da auspicare o da deprecare perché, nel prossimo futuro, in fine, diventerà sempre più importante rendersi conto che alcune dinamiche “necessarie” si svilupperanno e “avanzeranno” comunque, rendendo decisivo il fatto di sapersi muovere, agire ed orientarsi in mezzo alle “lotte” che ci troveremo ad affrontare.

Mauro Tozzato    09.01.2011