NIENTE PUTTANAIO, OPERAZIONE SOVVERSIVA (di Giellegi

Parte seconda: il mondo senza maschera

   Mi si permetta innanzitutto di “congratularmi” con l’ex radicale, l’ex libertaria (di costumi), Bonino. Adesso fa la bigotta, la scandalizzata, per i liberi costumi di B. E’ una buona notizia; questi ex radicali sono i più fottuti filoamericani e filoisraeliani che si conoscano. Diceva Mao che è molto utile, per prendere una posizione corretta, ascoltare quel che dice il nemico, in tal caso il più laido dei nemici; che la “sinistra” sia in compagnia di simili personaggi non può dunque che rinfrancarci nel nostro disprezzo per il PAB (poltiglia antiberlusconiana). E rinforza la nostra richiesta che simile cloaca venga svuotata.

   Debbo ancora rilevare che un giornalista de Il Giornale ha criticato il suo leader per aver affermato, dopo l’ultima morte di un soldato italiano, che bisognerebbe rivedere la nostra missione in Afghanistan e pensare una exit strategy. Questo giornalista disgustoso a dir poco, di cui tralascio il nome, ha scritto che B. si è lasciato trascinare dal cuore, mentre la ragione consiglia di rimanere a migliaia di Km. di distanza da casa nostra, altrimenti i terroristi arriverebbero da noi. O debole di mente o in mala fede (ipotesi più probabile). Semmai, li potremmo far incazzare ancor di più e i rischi aumentano. Capisco gli Usa che, con l’Afghanistan, tentano di impedire la destabilizzazione pure in Pakistan oltre a non voler perdere posizioni nell’Asia centrale. Quella zona è una delle cruciali per la lotta tra la superpotenza in relativo declino e le nuove potenze come Cina, Russia, India, ognuna delle quali gioca nell’area ad essa confinante, in più o meno velato antagonismo con le altre.

   L’Italia ha poco da giocare laggiù se non come serva degli Usa. In proprio, dovrebbe giostrare nelle zone del Mediterraneo e verso Iran, Turchia e, ovviamente, Russia, soprattutto sul piano degli affari delle nostre industrie di punta. In effetti, lo sta facendo, ma nemmeno valorizza pubblicamente questa azione, anzi quasi la nasconde. Negli ultimi giorni l’Eni e l’Avio hanno concluso nuovi enormi affari in Cina. Il non male Ministro Romani (che mi sembra una persona seria e, pour cause, poco in vista) ha detto seccamente alla UE che Nabucco e Southstream non sono conciliabili e che quindi tale (infausta) istituzione decida in merito (cioè di fatto la smetta di “rompere”). Fra qualche giorno, per discutere una comune posizione su tale questione, si troveranno organismi di Francia, Germania, Italia. In effetti, le aziende energetiche dei tre paesi stanno con Gazprom nell’ormai ben noto gasdotto. Tutte queste rilevanti notizie non si trovano nei giornali di “destra”, i cui giornalisti scrivono le cazzate sopra menzionate; e per il resto accettano il terreno di scontro scelto dal nemico sulle “luci rosse”, il gossip, ecc. Le conclusioni sono ovvie.

  Di come siamo arrivati a questo punto, a partire dal colpo di Stato mascherato da operazione giudiziaria del ’92-’93, con intervento di Berlusconi, continuazione contro di lui della stessa manovra dei magistrati fino a quest’ultimo assalto, abbiamo detto più volte e qui lo do per conosciuto. Bisognerà certo indicare per sommi capi – con invito a chi fa storia di operare una profonda revisione di quella scritta dai vincitori – le vicende italiane degli ultimi 65 anni. Ci sto riflettendo, per flash, non con la preparazione dello storico. Intanto, una succinta cronistoria di quanto successo “da Craxi a Berlusconi” sta uscendo in Indipendenza (in questi giorni è stata pubblicata la prima parte), a firma La Grassa-Santisi, con una cospicua documentazione raccolta pazientemente dal secondo.

   Personalmente, considero ridicolo il comportamento di Berlusconi ad Arcore e “dintorni”; non vi è dubbio che mostra una mentalità da “burino” lanciato nelle alte sfere del sesso a pagamento e della vanagloria di un vecchiotto che ancora funziona. In realtà, mi viene sempre in mente che è partito come cantante da night e da crociere; e continuo a pensare che il suo intuito di imprenditore sia in buona parte dovuto a Craxi, da una parte (e come “primo stadio del missile”), e a gente del tipo di Confalonieri e anche di Dell’Utri (uomo di grande intelligenza e cultura, fatto fuori, mafia o non mafia, perché sarebbe stato ingombrante come cervello pensante), dall’altra. Tuttavia, se B. è ridicolo, i suoi accusatori per “luci rosse” e, raggiungendo il colmo dell’assurda faziosità, per sfruttamento della prostituzione e simili, sono semplicemente disgustosi nel loro moralismo da immorali. Non conosco questi magistrati, ma posso ben immaginare di che cosa siano capaci per perseguire una qualsiasi persona su ordine di certi ambienti, mentre sono incapaci di svolgere con solerzia ed efficienza il normale lavoro che competerebbe loro.

   Conosco invece abbastanza bene il ceto intellettuale, molto “alternativo”, della “sinistra” uscita sia dai mille tradimenti del Pci sia dal comunismo ancora “duro e puro” (tutti sessantottini e settantasettini e oltre). Conosco molte storie che dire boccaccesche significa fare loro onore, perché si tratta di semplice volgarità e cattivo gusto, di puttanaio del genere di quello berlusconiano, solo con donne meno belle, finte intellettuali raffinate o attrici di cinema e teatro (in uso e in disuso). Le loro feste non sono da miliardari, ma da piccolo-borghesi che imitano i grandi ricchi (nulla di più meschino di questa mentalità, che ho conosciuto fin da ragazzo, io figlio di signori, innamoratosi del comunismo e trovatosi a frequentare, con noia e fastidio superati in nome della lotta “ideale” che avrebbe salvato l’Umanità, certi ambientini del Pci e poi, molto peggiori, “gruppistici”). Sono stato costretto a superare anche momenti di disagio; e ho dovuto rivalutare la mia “classe” di appartenenza, cattiva e senza tante remore, ma con un gusto che questi “villani rifatti”, pieni solo di prosopopea finto-culturale, manco riuscivano nemmeno ad immaginare (salvo attonita frequentazione di alcuni salotti di qualche attempata “signora”, mantenuta da “alto-borghesi”, che si faceva sbattere dai giovanotti del “movimento” per vincere il proprio spleen da “alto-puttana” sulla via del tramonto).

   Tutto questo, sia chiaro, non ha gran che interesse, l’ho soltanto riferito per far capire che non sono nato ieri, che di cose ne ho viste – anche dal punto di vista di “affari” fatti da chi si è poi buttato addosso a Dc e Psi per tangenti e altro, avendo agito nello stesso modo, ma con la magistratura quale propria alleata e al servizio dei loro stessi “padroni” confindustriali e d’oltreatlantico – e che conosco quel ceto medio semicolto, succhiatore diretto o indiretto di spesa pubblica e dedito a lavori non solo improduttivi ma proprio inutili. Un ceto tipico di una società (ex) opulenta, con strutture sociali distorte dalla particolare storia del dopoguerra di un paese sconfi
tto, ma che, tradendo e passando all’ultimo momento con i vincitori, ha goduto di una prosperità viziata appunto da questo “peccato originale”, trascinando nel vortice del doppiogiochismo e del piede in più staffe pure il comunismo, di ben diversa origine e dignità, persa però completamente in un dopoguerra di trasformismo e svendita continua.

   L’importante è la totale assenza di reale potere da parte di quest’uomo che sembra al centro della politica italiana, che la condiziona talmente da non esserci nulla più di una costante e furibonda lite pro o contro la sua permanenza al potere (immaginario). Da quasi vent’anni viviamo in un mondo creato da “illusionisti”. Sempre più mi viene in mente Frankestein e il suo Mostro. Il fatto è che in Italia l’unica sinistra è stata quella dei socialisti, in particolare durante la gestione Craxi. Nessuna particolare rivalutazione di questa corrente del “regime capitalistico”, che tuttavia è quella correttamente denominata sinistra. Dopo il ’92-’93 abbiamo appiccicato tale etichetta, aggiungendovi comicamente perfino il termine “progressista”, ad una mera ammucchiata di rinnegati di più bandiere: quelle del comunismo (già ampiamente degenerato e pronto per il tradimento con la segreteria del “cattolico” Berlinguer), salvato dal crollo socialistico per motivi chiariti mille volte, e quelle della Dc e Psi (Amato come paradigma di chi accoltella il proprio benefattore, simile a Bruto ma senza l’onore e lo spessore intellettuale di quest’ultimo) ridotte a piccoli brandelli salvati dai processi.

   Una simile pseudo-sinistra ha avuto la sola funzione di distruggere, per fortuna non riuscendovi completamente, l’industria pubblica in quanto ultimo baluardo (con ambienti però “restati nell’ombra”) di quei lembi di autonomia, il cui annientamento fu l’obiettivo primario dell’azione della “manina d’oltreoceano” coadiuvata dai suoi servi confindustriali, mignatte ancor oggi attaccate al corpo dell’Italia. Una pseudo-sinistra, cui si aggiunse l’“agente oscuro” che fu di fatto a capo dell’operazione giudiziaria e che poi si trasferì in politica cercando di completare la propria “missione”. Questo amalgama informe e putrido di inetti e traditori (o agenti del nemico) non aveva alcuna capacità politica; finita la manovra di smantellamento dell’industria pubblica – con un parziale successo che, non realizzato fino in fondo, diveniva un insuccesso – non era in grado di inventarsi una reale politica per il paese, una politica nazionale insomma.

   Alla guisa di Frankestein, simile fetida ammucchiata ha preso lo spunto dall’entrata in campo di B. per creare il Mostro: fascista, corrotto affarista, controllore di tutti i media – quando la stampa, salvo 3-4 giornali, è dei “padroni” della finta sinistra, quando in TV dilaga il ceto semiculturale di questi rinnegati e traditori con discorsi da mentecatti e per mentecatti – infine puttaniere e quindi immorale; mentre chi, da autentico valletto degli Usa andò a massacrare i serbi usando uno schifoso linguaggio orwelliano (e lasciamo perdere le questioni bancarie su cui la magistratura servizievole si è fermata), sarebbe il non plus ultra della moralità e della intelligenza politica, assieme al coacervo dei suoi sodali (che si accoltellano tra loro come sempre fanno i vari Gano di Maganza, le bande di mercenari, ecc.).

    Non è pensabile che simili malandrini, di così basso conio e dediti a reciproci sguardi in cagnesco, godano dell’appoggio incondizionato degli Usa e degli organismi del loro dominio in Europa (Nato e UE in specie). Tuttavia, sono essi ad essere informati preventivamente delle varie mosse compiute contro B. per sbalzarlo di sella. E’ evidente che gli apparati, infedeli, dello Stato italiano dipendono soprattutto da centrali estere (con gli Usa in testa; e con differenziazioni, credo, tra diversi ambiti di tale paese, in cui si notano ormai tattiche diverse per affrontare la nuova situazione di avanzante multipolarismo). Ne saranno probabilmente informati alcuni ambienti confindustriali e bancari (e nemmeno molto), alcuni settori politici (ancor meno, solo lo stretto necessario). Siamo più o meno trattati come l’Afghanistan, in cui Karzai – dopo che si è dovuto soprassedere a indire nuove elezioni sotto dichiarazione di brogli, per evitare guai maggiori – è sottoposto a controlli e sottili azioni di intelligence per farlo fuori nel modo più indolore possibile (si veda il pezzo già messo nel blog e che riguarda notizie riportate dal New York Times).

   Certamente, però, quello che ne sa meno di tutti è B. Non si è mai visto in alcun paese un così inesistente controllo di un premier sui Servizi e altri apparati detti, in tal caso ironicamente, di Sicurezza. Gran parte del personale utilizzato dalla Procura milanese per il suo “puttanaio” dipende dal Ministero degli Interni. Maroni è connivente o non controlla nulla? Personalmente, credo che la Lega (con il “suo” Tremonti) sia tanto vicina a B. quanto coloro che lo vogliono buttare giù. In questo momento, non le conviene agire contro il premier, commetterebbe un errore capitale – essendo fra l’altro dislocata in una sola parte del territorio nazionale e non avendo creato gli strumenti necessari per un’eventuale “secessione” – a fidarsi di traditori come quelli dell’ammucchiata dei rinnegati. Sarebbe un suicidio, sarebbe un andare allo sbaraglio. Tuttavia, manovra, sonda, fa capire la sua “sensatezza”, la sua maggiore “moralità”, la sua “moderazione” verso i magistrati, verso il presdelarep che, malgrado le capacità manovriere ereditate dal piciismo, non riesce a nascondere, salvo che al “poppolo”, da che parte sta, e con ben chiara nettezza per chi ha occhi per vedere.

   Berlusconi non sa mai nulla di nulla, almeno questo è ciò che appare; penso tuttavia sia in buona parte così, pur se è incredibile. Se così è, però, abbiamo allora a che fare con un uomo, creato sia da una parte (gli “amici” che l’hanno usato quale scudo) che dall’altra (quelli che ne hanno fatto il Mostro per sopperire alle carenze politiche e per stare ancora a galla con i padroni d’oltreoceano). Allora, ci sono “uomini nell’ombra”, di indecifrabile identificazione, ma certo un tempo (prima Repubblica) legati al vecchio regime, e ancor oggi struttura portante dei resti (rilevanti comunque) dell’industria pubblica (Eni, Finmeccanica, Enel), pur se in mezzo a loro esistono ramificazioni e quinte colonne del nemico. Dopo l’attacco subito da parte di Usa e Confindustria – particolarmente devastante perché sempre mascherato, secondo l’abitudine inveterata degli Usa, con accuse di corruzione (o, per altri paesi, di brogli elettorali o di possesso di armi di distruzione di massa o altre menzogne colossali) – questi ambienti moderatamente autonomisti hanno dovuto trincerarsi dietro un uomo che aveva anche lui interesse a difendersi dall’ammucchiata al servizio dello straniero.

   A volte esistono “grumi” di potere fra loro separati – o perfino in contatto ma non in modo tale da rappresentare un vero gruppo dominante in chiaro conflitto con altri – che hanno una serie di legami con lobbies varie, e variamente collocate in apparati e istituzioni sia a livello interno che interna
zionale. Tali “grumi” non riescono però a darsi una configurazione e struttura articolata tali da poter essere rappresentati nella sfera politica da un’organizzazione coerente e dotata di un minimo di omogeneità e linearità con riferimento sia alla politica interna sia a quella estera. In Italia, del resto, non esistono simili organizzazioni né nella pseudo-sinistra né nella pseudo-destra, che non a caso sono facilmente intercambiabili e si confondono. In nessun paese capitalistico avanzato potrebbe accadere che un Fini, considerato destro, venga corteggiato e incoraggiato da “sinistra” quasi fosse diventato un suo leader. In nessun paese, una volta messo in scacco anche questo “destro”, la “sinistra” si accontenterebbe che qualcuno della “destra” governativa attuale – Tremonti, Letta o magari un leghista attratto dall’acciughina del federalismo – si sostituisca al premier. Questa pseudo-sinistra appoggia chiunque pur di poter dimostrare ai propri padroni di aver combinato qualcosa dopo quasi vent’anni di inutili tentativi.

   Non si può nemmeno parlare in senso preciso di guerra per bande – anche se la lotta in corso vi assomiglia – perché queste sono comunque formazioni di una certa stabilità che controllano determinati territori. Qui abbiamo gruppi di banditi confusi tra loro, giocatori che passano da una squadra all’altra senza nemmeno cambiare maglia, con disposizione “anarchica” sul terreno di gioco. Un minimo di schieramento si ha solo tra le forze industrial-finanziarie disposte nell’area sotto predominio degli Usa (con conseguente servaggio verso tale paese), mentre altri gruppi – lo ripeto, in formazione meno compatta ed efficace, quanto meno con azione più ambigua e ambivalente – si proiettano anche verso altre aree e si muovono con maggiore autonomia. Tuttavia, sembra che si stia producendo, causa multipolarismo crescente e differenziazione tattica dei centri strategici statunitensi, una frattura sempre più acuta all’interno dei gruppi industrial-finanziari subordinati al polo statunitense.

   La confusione è quindi in aumento, gli ambiti industriali dell’autonomia non sono ancora in grado di coagulare un’alternativa; agiscono sempre per lobby, ma politicamente continuano a servirsi di Berlusconi che ha attorno a sé pochi individui, non si sa quanto fidati, quanto capaci. Tutto è gelatinoso, amebico. La sensazione di putrido cresce rapidamente, ma si deve concordare con Giacalone che scrive (23 gennaio) “c’è anche tanta gente ragionevole che, semplicemente, non vede alternative. Non crede ad una sinistra che è solo antiberlusconiana. Non crede a forze politiche senza idee, proposte e personalità. Non crede a chi parla solo di Berlusconi, nel bene e nel male. Tutte comparse. Così il protagonista tiene la scena”. La mancanza di alternativa, derivante dall’inettitudine e dal laido moralismo di forze che della politica non hanno il benché minimo sentore, nasce appunto dal progressivo disfacimento di quel fronte industrial-finanziario, che aveva tenuto il campo – per motivi che dovrebbero essere studiati a fondo nella storia almeno di questo dopoguerra, ma con radici nelle vicende della seconda guerra mondiale e prima ancora – per parecchi decenni.

   La forza dell’industria pubblica è stata tenuta in scacco a lungo dopo l’assassinio di Mattei (non di sola fonte americana, non con la solita storia delle “sette sorelle”, dovremmo guardare meglio nella nostra “borghesia” privata, quella del tradimento del 1943), ma ha resistito nel mentre imperversava la Confindustria agnelliana con il compromesso storico, la concertazione, il parassitismo finanziario e l’assistenza statale, il tutto nascosto per un breve periodo dietro l’imbroglio della “qualità totale”, per propagandare il quale furono lautamente “remunerati” pure molti intellettuali “ultrarivoluzionari”, la cui vergogna culturale e morale resterà quale pietra miliare dello sprofondamento di questo ceto di saltimbanchi, che ancora imperversano pur ormai marci, putrefatti, con un odore di cadavere che ammorba l’aria.

   Dopo il crollo socialistico del 1989-91, con il dilagare dei rinnegati di ogni risma e l’azione della magistratura a comando straniero e confindustriale, l’industria pubblica fu attaccata da questa pseudo-sinistra, con i vari Ciampi, Prodi, Amato, Draghi (e Bazoli, Andreatta, Spaventa, ecc. che si dice fossero sul Panfilo Britannia) e compagnia varia, riuscendo comunque a salvare alcuni suoi comparti essenziali, di punta e strategici, trincerandosi dietro Berlusconi. Essa non ha però ancora saputo andare oltre un’azione indubbiamente efficace a livello di affari conclusi a livello internazionale, rimanendo sempre esposta agli attacchi perversi dei soliti nemici (“privati”); in parte indeboliti ora da una rottura (proprio insanabile, senza possibili nefasti compromessi?) tra Confindustria e la Fiat “industriale”, con riflessi positivi anche nella frattura prodottasi all’interno della sedicente unità dei sindacati (apparati burocratici di Stato), che sono sempre stati – soprattutto dopo la sconfitta del 1980 – complici (e pare anche finanziati) della Confindustria stile agnelliano. Da un altro punto di vista, però, i nemici potrebbero essere ancora molto pericolosi, appunto con la Fiat più strettamente legata al capitalismo americano tramite i fatti ben noti (Chrysler, finanziamenti ottenuti dagli Usa, ecc.) su cui non mi soffermo ulteriormente.

   Siamo dunque in una evidente situazione di stallo, che ci indebolisce nel momento in cui ci si addentra nella nuova fase storica. Ci si raccontano continue menzogne o comunque mezze verità (non molto differenti dalle menzogne). Non siamo fuori della crisi, che è il fenomeno “superficiale” rivelatore di tale nuova fase in apertura (in uno stadio più avanzato subentreranno ben diverse “crisi”). Del resto, questi imbroglioni sostengono che la crisi (economica) sta per essere risolta quando fa loro comodo diffondere quell’ottimismo scioccamente indicato quale cura principe. Quando invece si tratta di evitare scelte improcrastinabili, ad esempio le elezioni o un qualche definitivo regolamento di conti che almeno dia inizio all’uscita dal pantano, allora la crisi è grave, bisogna concentrarsi su di essa. Dobbiamo così sorbirci le stucchevoli prediche presidenziali: o quelle della Repubblica o quelle della Confindustria (certo più gradevoli come aspetto fisico dell’officiante). Sarebbe ora di finirla anche con la smania dei conti in ordine. Tanto più che il Debito pubblico non accenna a diminuire (anzi il contrario); questo è semplicemente un sintomo della distorsione assistenzialista e clientelare del sistema (im)produttivo italiano, strettamente connessa ad una struttura sociale negativa in quanto caratterizzata dalla crescita dell’esercito parassitario sia tra i capitalisti che tra i lavoratori.

   L’elemento più dinamico, e pericoloso, dell’attuale situazione non è il conflitto capitale/lavoro, con cui viene distorta la visione delle società capitalistiche avanzate, in particolare quella italiana, soprattutto da parte dei (pochi ormai) vecchi bisonti di un marxismo ottocentesco. Il conflitto fondamentale è tra produttivi e assistiti, divisione assai più trasversale rispetto a quella solita e stucchevole tra dominanti e dominati, oppressori e oppressi, sfruttatori e sfruttati. Fra l’altro, si tratta di una divisione trasversale che v
iene spesso deformata in conflitto tra nord e sud con gravi rischi per l’unità del paese. Sia però chiaro che chi deforma non sta solo al nord, tra i “padani”, ecc. Bugiardi e falsificatori sono anche i vecchi meridionalisti che insistono con tesi ormai obsolete e stantie, con la solita solfa dell’annessione del sud da parte del Piemonte sabaudo e altre lamentele varie. Occorre una seria autocritica anche da parte dei meridionali; e pure rapida, perché la pazienza ha limiti non superabili, non si può sempre tollerare chi “chiagne” e fotte altri, ormai stufi di passare per gonzi.

   Nessuno nega che, nella fase di trapasso in cui ci troviamo, occorra solidarietà sociale per una transizione morbida. E’ però necessario non insistere con l’assistenzialismo, con Stato ed Enti pubblici (fra cui Regioni e Comuni, ecc.) che si riempiono, e molto di più al sud (inutile negarlo), di una pletora di impiegati; non particolarmente fannulloni, semplicemente privi di produttività, inutili, un sovraccarico per la spesa pubblica e assunti per fini elettorali di cosche locali e nazionali. L’impiego pubblico sarebbe da sfoltire per un 50% almeno, ma nessuno chiede simile drasticità impossibile per una questione che è sociale e non puramente economica. Si deve però invertire la tendenza, si deve gradualmente sfoltire. Così come deve cessare ogni sussidio alle imprese, pur esse assistite come lo è sempre stata la Fiat per decenni, e molte altre grandi imprese che controllano la Confindustria (non parliamo nemmeno delle grandi banche).

    Questo è stato il vero “interclassimo” della “sinistra” (dei voltagabbana del Pci) dal compromesso storico e dalla concertazione in poi: alleanza sostanziale – pur talvolta in contrasto in quanto però due facce della stessa medaglia – tra Pci e Cgil con la Confindustria agnelliana per gravare sui ceti produttivi e dilatare gli impegni dello Stato, che non è mai stato del “benessere”, soltanto assistenziale invece per lavoratori inutili e capitalisti sanguisughe. Ed è su questo “ventre molle” di parassiti che ha sempre giocato il capitalismo predominante statunitense (anche oggi per l’appunto) al fine di farne il vero punto debole di una rinascita europea. Quest’ultima non può essere basata sull’altrettanto parassitaria e burocratica UE, ma su alcuni paesi (e alcuni Stati nazionali), fra i quali un ruolo di notevole rilievo potrebbe essere giocato proprio dall’Italia, assieme alla Germania. Sissignore, come in tempi andati, non però con il forsennato nazionalismo di allora. Semplicemente con il preciso senso di un possibile compito da adempiere in vista della nuova crescita d’importanza di una parte dell’Europa, in espansione ed alleanza verso est (e sud, in specie per la posizione e funzione che potrebbe essere quella tipica italiana).

   Quindi, riportiamo l’attenzione sulle questioni essenziali. Innanzitutto, la crisi esiste e non sarà breve. Adesso, riprendono le voci di un miglioramento: i paesi nuove potenze sono in notevole crescita (ma già da tempo, e semmai subiranno un leggero rallentamento), la Germania sembra in ripresa e si avvertono segnali positivi (per l’occupazione) negli Usa. L’Italia è ancora al palo. Qui si sta però parlando solo di crescita, che è certo un sintomo (non a caso l’Italia, dilaniata dalla lotta tra varie bande confuse e pasticcione, langue) ma non esaurisce l’insieme del fenomeno, che è di incerto andamento caratterizzato da sviluppo ineguale, da riclassificazione tortuosa e tormentosa (con disordine crescente) dei rapporti di forza internazionali con varie aree “di crisi” (non economica, ma di influenza), ecc.

   Sul piano della politica estera è indispensabile accrescere l’abilità di giostrare nel mondo multipolare e sconfiggere la “poltiglia antiberlusconiana” dei rinnegati e traditori di molte bandiere che gioca per l’asservimento e per la continuità dello Stato assistenziale (a imprese e lavoratori), ormai un danno e impedimento grave non solo per la crescita, non solo per opportune trasformazioni sociali – con una dinamica dei rapporti che veda in espansione e rafforzamento i ceti produttivi – ma ancor più per un ruolo e funzione meglio espletati nell’ambito delle alleanze e della partecipazione non passiva e subordinata al conflitto nell’arena internazionale. Quindi, anche la politica interna ed economica deve essere a ciò orientata. Si deve impedire l’ulteriore inganno – foriero di futuri nuovi tradimenti a favore della potenza ancora predominante – dei “conti in ordine” (mentre il Debito aumenta, fra l’altro). Quel che importa è l’indirizzo della spesa statale: sempre assistenziale o gradualmente tesa alla politica di cui sopra nell’agone mondiale?

   E’ ora di finirla di porre l’accento sulla domanda (in specie di consumo). Fondamentali sono gli investimenti: non genericamente produttivi e nemmeno soltanto in infrastrutture. Si tratta di investire, e favorire gli investimenti, in direzione di settori strategici. E diventa fondamentale accrescere il “fondo” statale per spese volte ad ampliare aree d’influenza (anche di carattere culturale, ma come mezzo per altre forme di “penetrazione”), a stabilire alleanze che spesso richiedono pure molteplici impieghi di mezzi finanziari in azioni di intelligence opportunamente combinate.

   Non si può cambiare drasticamente politica economica dall’oggi al domani, per la questione sociale di cui già detto. La tendenza nuova deve però essere subito indicata; e non vi è alcuna tendenza nuova senza cambiamenti politici radicali, veloci, magari traumatici, nient’affatto pacifici in ogni caso. Il “cancro” che nutriamo in seno va asportato. Mutamenti sociali solo graduali comunque tesi alla fine dello Stato assistenziale, ma mutamenti politici veloci e drastici per il comando della “macchina statale”, per imprimere un diverso orientamento allo sviluppo (non semplice crescita) del nostro paese; orientamento a divenire una (sub)potenza (regionale), con l’acquisizione di mezzi (non solo economico-finanziari) per meglio svolgere, come appena rilevato, il gioco delle alleanze e del conflitto multipolare.

   Riassumiamo. L’epoca bipolare, durata quasi mezzo secolo, fu una cristallizzazione del mondo, con conflitti scaricati nella zona esterna ai due poli (terzo mondo). Il crollo di tale assetto lasciò, non a lungo per quanto concerne i tempi storici, una sola superpotenza. In quel frangente, venne tentato – con l’abiura e svendita del Pci a Usa e Confindustria (subordinata agli Usa), “mani pulite”, ecc. ecc. – l’annientamento di ogni autonomia italiana nel mentre veniva creata la UE quale organismo supino alla Nato (e quindi pur sempre agli Usa). Più importante è stato senz’altro il secondo obiettivo, ma non irrilevante nemmeno il primo ai fini del dominio della zona europea “occidentale”, allargatasi ad est con l’acquisizione dei vecchi satelliti dell’Urss. L’Inghilterra sembrava ormai uno degli Stati dell’Unione; avere a sud anche l’Italia come semplice valletta era una vera pacchia. Quella che fu denominata sinistra, questo ammasso di traditori, divenne il materiale da usare per controllare lo Stato italiano onde renderlo un’appendice di quello americano.

   La Confindustria (grandi imprese &ldq
uo;private” assistite, parassite) – da tempo in sostanziale accordo con il Pci, sindacati, ecc., tutte cose ormai risapute – era interessata all’industria “pubblica”. Distruggere questa era anche interesse dei predominanti Usa per due motivi, uno politico e uno economico (ma con effetti di vario genere). Innanzitutto, tale settore dell’economia (assai vasto) era ancora – pur indebolito in questa funzione dopo l’assassinio di Mattei – un pilastro del regime democristiano (in minor misura socialista). Un’operazione come quella di “mani pulite” doveva essere completata dallo smantellamento di tale apparato industriale (quello bancario era di supporto, quindi pur esso non indifferente). Inoltre, le tre imprese pubbliche “di punta” – Eni (1953), Finmeccanica (1948), Enel (1962), tutte e tre create dopo la guerra – rappresentavano comunque un piccolo disturbo (da non esagerarne però l’importanza) per le imprese americane. In ogni caso, meglio non ci fossero o venissero subordinate. In questo, gli interessi dei predominanti Usa e quelli dei “servi” confindustriali coincidevano.

    Gli ambienti politici – quindi di riflesso anche quelli economici (si ricordi la brutta fine di Cagliari, presidente dell’Eni) – che difendevano, in prima linea, le imprese pubbliche, furono travolti dalla sporca operazione giudiziaria. In un primo tempo, Berlusconi, senz’altro avvantaggiato dall’opera di Craxi (e in questo non vi è alcuna critica, perché non sono un ipocrita moralista), sembrò tradirlo (e qui la critica c’è); forse pensava di partecipare al macello dell’industria pubblica o forse tentò di “pararsi il culo” (non so, ma non è interessante saperlo). Nemmeno so se sia stato un errore, comunque la Confindustria gli fece capire che era escluso da ogni banchetto, e i “servi dei servi” straparlarono della “gioiosa macchina da guerra” che lo avrebbe distrutto, mandandolo a chiedere l’elemosina all’angolo delle strade (qualcuno si sovviene?). A questo punto gli interessi del Cavaliere (che comunque cercò di trovare qualcun altro da appoggiare per l’entrata in politica) coincisero con quelli di gruppi, diciamo di “seconda fila”, dell’aggredita industria pubblica. L’entrata in campo dell’“intruso”, avvantaggiato dall’esistenza di un elettorato null’affatto propenso a votare gli ex nemici, fu elemento di “resistenza” che ebbe successo.

    Da allora, però, è iniziata una grave deriva della politica italiana, sempre più inetta, priva di vero orientamento e capacità di decisione, continuamente mascherata da pro o contro un individuo, di cui si inventò – da parte del falso antifascismo dei traditori del ’43 e dei loro eredi – un inesistente fascismo. Si è già molto detto della degenerazione di quella che si insistette a chiamare “sinistra”. Mentre la massa del “ceto medio semicolto” (dilatatosi per l’abnorme gonfiamento della spesa pubblica assistenziale) ed un ceto intellettuale prodotto dalla putrefazione degli aneliti sessantotteschi (e successivi) sono via via impazziti, raggiungendo (in questi giorni siamo al massimo) vertici “sublimi”. Il ceto politico dell’ammucchiata dei rinnegati, ormai incapace di qualsiasi progettazione, ha continuato con la pantomima del “fascismo montante”, contribuendo a tenere in vita un nemico puramente individuale. E continuerà a comportarsi così perché, finito “lui”, anche questi zombi si dissolveranno, essendo esaurita la loro funzione.

   Berlusconi ha galleggiato, con smodato piacere e irriverenza e, malgrado le apparenze (spesso create da nemici e amici), divertendosi in modi vari. Non ha affatto alcun timore di essere fatto fuori – credo sia rimasto fortemente stupito quando gli tirarono la statuetta in faccia – perché sa di essere essenziale anche per chi lo odia, anzi soprattutto per questi. Dato che un fotografo, con evidente complicità dei Servizi, ha potuto riprenderlo indisturbato da notevole distanza in Sardegna, è ben comprensibile che non sarebbe difficile organizzare un attentato. Ciò che in effetti sorprende di più – mentre sembra che ormai il cervello di PAB e PB (poltiglie anti e pro-berlusconiane) sia arrivato alla completa liquefazione – è che un uomo al vertice del governo non abbia alcun controllo degli apparati vari dello Stato. Tutti gli uomini di potere, in qualsiasi parte del mondo, svolgono la vita che vogliono. Può capitare qualche “incidente” (Levinsky), mai però con un continuo seguito di schiamazzi e fango a secchiate per anni, perché esiste un insieme di apparati che li circonda e protegge. Possono anche permettersi, se occorre, di farne di tutti i colori (compresi omicidi), perfino senza saperne nulla (perché c’è chi ben interpreta il loro ruolo e sa che cosa è utile a quel dato capo di Stato). Talvolta si resta uccisi in un complotto, rimasto però rigorosamente celato, come accadde a Kennedy; o si incappa in una riuscita azione del “nemico” (Watergate) o si è rovesciati da un colpo di Stato, ecc. Mai, però, si è continuamente spiati, perseguiti dalla magistratura, sputtanati dai media per 17 anni, ecc.

   L’Italia – come e più del resto d’Europa – è sempre stata ad autonomia limitata. Durante il mondo bipolare si permetteva qualche sgarbo agli Usa, ma sempre nell’ambito di una scelta di campo ben definita e “anticomunista” (altra pantomima, che ha ingannato il mondo per mezzo secolo: che esistesse un mondo “socialista” o comunista quale grave minaccia per il “mondo libero”; mentre si trattava semplicemente dell’esistenza di un altro polo che impediva il completo predominio statunitense). Dopo la caduta del preteso socialismo (comunismo) – in realtà del polo Urss – si è avuta per un decennio o poco più l’impressione del monocentrismo, quello che nei termini del marxismo tradizionale (kautskiano) era l’“ultraimperialismo”. Niente da fare: la rinascita russa, non più in senso bipolare, ma come uno dei poli essenziali della nuova epoca avanzante, ha rimesso in discussione ogni fantasmagorico monocentrismo.

   Tuttavia, la menzogna continua ad ammantare il mondo. Prima il Giappone (durato l’espace d’un matin) poi la Cina sono stati propagandati quale principale antagonista degli Usa. Infine, si è cominciato a parlare del BRIC, e tuttavia si inganna la gente affermando che i più importanti paesi sono Brasile, India e Cina. Mentre, chissà perché, gli Usa concentrano il fuoco per impedire la crescita della Russia: rivoluzioni colorate in Georgia e Ucraina, tentativi di seminare zizzania nel Centro Asia, “terrorismo” ceceno, scudi missilistici in Europa orientale (ex “socialista”), ecc. Altra menzogna: ormai la storia si è spostata in Oriente (e un po’ in Sud America), l’Europa è fuori gioco, “un gigante economico ma un nano (anzi nanerottolo) politico”. Chissà perché la zona dei massimi disordini (oggi sempre più evidenti) è quella che va dall’Africa del nord al Medio Oriente (e zone limitrofe) al Caucaso al Centro Asia. E ormai ne viene, ne verrà, sempre più investita la zona dal Portogallo agli Urali. Restiamo storicamente decisivi: niente timori, cari “europei”.

    Solo che abbiamo il retaggio del polo “occidentale”, atlantico, con la Nato e la UE quali organismi che rendono suddita l’Europa; e l’Italia in modo particolare. L’autonomia è parzialmente consentita, ma sempre combattuta. Da vent’anni si ha questa pantomima. Caduto il “muro” e creatasi l’illusione del monocentrismo (cui sono convinto abbiano creduto sul serio gli Usa dei Bush e dei Clinton, quelli della “tattica della tigre”), si è avuto il Panfilo Britannia, “mani pulite” e tutto quello sempre detto, su cui in fondo è nato questo blog. Adesso, si ha un’altra tattica (del “serpente”), ma il caos creato (e sempre ri-creato) è dello stesso stampo, in specie in Italia, con l’aiuto speciale (per gli Usa) di Inghilterra ed UE (ed evidentemente della sempre presente Nato). Il caos nasce certo anche per motivi interni – come adesso in Tunisia, Egitto e fra poco chissà dove – ma è comunque effetto del conflitto sempre più acuto tra multipolarismo avanzante (in cui il polo veramente cruciale per l’area che occupa è la Russia) e i tentativi di impedire il completo affossamento del monocentrismo, pur ormai assai imperfetto. Quindi, in ogni processo disgregativo autoctono, troveremo all’opera costantemente i diversi attori in lotta (a volte mascherata da “moderazione” temporanea, a volte con poche mediazioni).

    I mezzi usati per frenare la Russia – pur essa forse non interamente sicura dei suoi mezzi e dedita a variazioni tattiche che creano a volte l’impressione di incoerenza – vanno dai metodi aggressivi (scudi missilistici, “avventurismo” della Georgia in Ossezia, terrorismo, “guerre umanitarie” come in Jugoslavia, ecc.) alla promozione delle “rivoluzioni” in cui si vuole esportare la “democrazia”, forma politica ormai del tutto funzionale (come del resto sempre lo è stata) al sedicente “libero commercio internazionale” (ricardismo reazionario) che significa semplicemente l’intenzione di espandere l’area d’influenza di quella che è ancora la nazione più potente; come lo fu per l’Inghilterra nell’800 quando ci volle la guerra civile americana, la nascita della Germania (anche attraverso la liquidazione bellica della concorrente Francia), ecc. per affermare, “listianamente” (ma andando oltre l’economicismo di questa corrente), l’entrata in un’epoca di vero confronto policentrico con il rude regolamento di conti durato fino al 1945.

   Adesso non ci siamo ancora, esiste il multipolarismo in avanzata a ondate e scatti, con difficoltà legate agli ostacoli frapposti al cammino della Russia. Dal ’92-’93 l’Italia è di fatto attraversata, pur con fasi diverse e di diversa intensità, da questo scontro in atto nell’area che si tenta di far credere ormai “fuori della storia” (ci siamo a volte cascati pure noi). Evidentemente, gli attori di questa recita spesso ne sono convinti – non i centri strategici in reciproco conflitto che hanno maggior consapevolezza della posta in gioco, ma usano della menzogna (perché sanno bene come si turlupinano i “poppoli”) nel loro ormai turbinoso e tatticamente mutevole scontro – e sono perciò assai utili per l’inganno e la maschera dell’epoca.

   Nemmeno noi abbiamo capito bene in tutti questi anni che il Cavaliere è la maschera per eccellenza. Adesso, perfino qualche cervello “a sinistra” (dov’è veramente strano trovarne qualcuno, perché mai avevo visto dei deficienti simili) inizia a capire l’antifona. Ad es. Ilvo Diamanti (nientepopodimeno che su Repubblica), che ha scritto sulla capacità (oggettiva evidentemente) di Berlusconi di tenere unito il paese; in realtà, ne tiene unita la superfetazione politica, giornalistica e dei sedicenti intellettuali. Senza costui si sfascerebbero sia il PAB sia il PB, cioè entrambe le poltiglie che da 17 anni impestano la vita del paese, pro o contro un solo individuo. In assenza del “Mostro”, cadrebbe ogni maschera e la “guerra di ognuno contro tutti” provocherebbe un enorme guazzabuglio, di fronte al quale quello odierno è un “perfetto ordine geometrico”.

   Per vent’anni quest’uomo è stato in realtà “di paglia”, e tutti ci hanno creduto (salvo i suoi reali “creatori”, sia quelli “contro” che quelli “a favore”). Un uomo ridicolo, senza dubbio, uno che ama divertirsi da “uomo qualunque”, privo di rispetto per l’oggettivo ruolo ricoperto. Uno che mai ha veramente compiuto passi per mettere sotto controllo gli apparati di potere reale, quelli che allignano nello Stato, in suoi luoghi specifici, non certo nell’amministrazione dei cosiddetti affari generali, non certo nel controllo dei conti e della spesa pubblica. L’apparenza serve ai gonzi, serve a far balenare possibili sostituzioni del premier con chi ha fatto quadrare questi conti con una micragnosità priva di qualsiasi spessore strategico, da puro contabile (da vero filo-statunitense, interessato a distruggere la visione politica dei problemi). Il potere reale è sempre spettato a gruppi legati alla Nato, quindi agli Usa (pur divisi oggi da tattiche diverse). Gli altri – comprese le “classi” (non) dirigenti dell’industria-finanza “private”, i parassiti di sempre, per non parlare dei guitti della politica e della (non) cultura – sono figuranti, sia pure a livelli diversi di subdominanza. Quelli delle “seconde file” dell’industria pubblica, e della sfera politica devastata dai fatti del ’92-’93, si sono accontentati delle capacità istrioniche di Berlusconi, della merdosità (e peggio) del PAB, di un ceto intellettuale che meriterebbe la più completa eliminazione per quanto di ignominia ha accumulato negli ultimi decenni (già prima degli anni ’90).

    Berlusconi se la ride – pur se, essendo comunque un uomo, ogni tanto subisce travasi di bile – perché ogni sua sostituzione sarebbe il precipitare nella baraonda con sbocchi imprevisti per tutti, perfino per chi ha oggi il reale potere negli apparati di Stato addetti alla forza. Adesso, sperando con maneggi vari, e approfittando dell’ormai totale putrefazione del ceto politico, di trovare il famoso “gruppo di responsabili”, egli cerca di evitare le elezioni. Tutti credono che abbia paura di perderle, alcuni – i più fessi – pensano veramente che non si possa andare al voto perché c’è la crisi. Quest’ultima si aggrava semmai continuando in un merdaio simile. In realtà, essa ha un suo andamento legato per il 90 (anche 95)% agli accadimenti internazionali; tuttavia, per quel poco che noi possiamo contare, sarebbe molto meglio avere un governo solido e in grado di mettere ordine nel “pollaio”, eliminando le galline chiocce e i galletti rissosi. Quanto alla paura di perdere le elezioni (magari al Senato), tutti i sondaggi, anche quelli “di sinistra”, dicono che il premier non ha nemmeno subito troppo l’influsso del fango, e del ridicolo, gettatogli addosso.

    C’è la paura che Napolitano non conceda le elezioni e promuova un governo trasversale con cambio di primo Ministro? Sì, è possibile, ma il presdelarep commetterebbe un errore – e a questo punto dovrei dubitare che abbia imparato
qualcosa nel Pci – perché leverebbe di mezzo l’uomo dell’unità del paese garantita mediante la rissa tra “coglioni” e inetti. Un governo siffatto non potrebbe più nascondere la merdosità del ceto politico, giornalistico e intellettuale. Si presenterebbe la necessità, per chi ha il reale potere, di assumerlo infine senza più nascondersi dietro la disgustosa maschera indossata finora; e simile mossa, nel contesto attuale (in specie internazionale), sarebbe assai rischiosa, molto meglio continuare nell’inganno da cui è avvolta la nostra società. In realtà, sono sempre più convinto che Berlusconi sappia benissimo di poter vincere le prossime elezioni con margini forse più alti che in passato; in ogni caso, il PAB sarebbe scompaginato e disgregato. Qui sta il vero pericolo per il Cavaliere, che quindi esita a compiere tale passo e tenta il galleggiamento indecoroso. Vincendo, non avrebbe più scuse per non compiere quelle riforme che ha sempre annunciato invano, per non mettere a regime con uno scontro violento e definitivo la magistratura, per non diminuire infine l’imposizione fiscale, per non dare un colpo di acceleratore all’autonomia del paese incrementando, e dando infine vera pubblicizzazione, agli affari fatti con spostamento dell’area di influenza (e conseguenti alleanze) ad est e a sud.

     Potrebbe permettersi tutto questo? Le “seconde file” di cui già detto sarebbero in grado di supportarlo? La Russia, con i vari problemi che le creano al presente, si adopererebbe per dargli una mano in tal senso? Non certamente se non si procede contestualmente (anzi prima) ad una radicale ristrutturazione degli apparati del potere reale in Italia. E allora, a quel punto sì che Berlusconi rischierebbe in realtà la vita. In Sardegna non si avvicinerebbe soltanto un fotografo in vena di gossip. La soluzione sarebbe di quelle spicce, molto adatte alla mentalità di Cia, Fbi (o Mossad). Le “seconde file” non potrebbero più traccheggiare dietro a Berlusconi. Lo scontro diverrebbe assai acuto, pure se si cercherebbero altre soluzioni di mascheramento, tuttavia non di semplice rissa da “puttanaio”. Certamente, si continuerebbe con la presa in giro della (falsa) “democrazia” e con l’ideologia del “libero commercio”, della libera competizione nel mercato globale. In ogni caso, la “comoda” soluzione Berlusconi (così adatta al linguaggio binario: si o no), così vergognosa e umiliante per l’intelligenza umana, cadrebbe e gli scompensi, dopo quasi vent’anni di azione di politicanti e intellettuali inqualificabili, non si farebbero attendere.

    Altre ideologie potrebbero entrare in campo, promosse dalla forza non pacifica di ben diverse organizzazioni politiche, alcune delle quali cercherebbero forse di mettere la politica in latitanza, sostenendo la necessità di imporre l’ordine in un paese gravemente minato da quanto accaduto sinora. L’unica soluzione in grado di salvarci dal pieno servaggio sarebbe la formazione di una nuova organizzazione politica, capace di forzare la mano alle timide e opportunistiche “seconde file” sempre in cerca di pasticci trasversali per svicolare dallo scontro deciso e radicale. Tale organizzazione dovrebbe però dotarsi di milizie particolari fin quando non si operi una drastica ristrutturazione di Servizi e “corpi speciali”, che li veda infine fedeli ad una Repubblica realmente autonoma, non quella della Costituzione “bifronte”, di puro compromesso post-seconda guerra mondiale con i “patti di Yalta”, ecc. Un rivolgimento completo, l’unico tuttavia che rigenererebbe l’Italia.

    Nulla di positivo si creerà però senza profondi rivolgimenti in Europa, senza la fine di questa serva UE, senza opportuni cambiamenti in Germania (che tuttavia mi sembrano in avvio) e la nuova alleanza tra di essa e il nostro paese, importante in specie (ma non solo) per la parte “meridionale” di quell’area decisiva dello scontro in vista dell’entrata nel reale policentrismo; quell’area che tutti decretano, in buona fede alcuni e in mala altri, essere ormai “fuori della storia”. Vi è dentro invece, tutti i sintomi lo confermano. L’importanza che vi attribuisce pure l’America (Usa) nelle sue diverse tattiche (anche quella che prende il nome da Obama) – tanta importanza che è disposta a trascurare perfino il “giardino di casa”, pensateci un po’! – ci dice che siamo pienamente “dentro la storia”, siamo ancora al “centro” d’essa (e quindi il polo decisivo del multipolarismo è la Russia, che si tenta di ostacolare in tutti i modi). Tuttavia, è indispensabile essere consci che i tempi storici sono intollerabilmente lunghi. Abbagliati dalla solita chimera dell’incessante “progresso tecnologico”, gli sciocchi strillano che ormai tutto cambia velocemente, da un anno all’altro. Stolti, sprovvisti di senso della storia. I mutamenti sociali reali (non quelli dei costumi, sessuali o altri), i rivolgimenti nei rapporti di forza internazionali (lo sviluppo ineguale con il formarsi di anelli deboli, ecc.), sono lenti e ci spazientiscono.

     Questo comunque è il mondo reale, senza maschera, in cui noi stiamo. Il PAB, il PB, Berlusconi nel mezzo che, pur con incazzature varie (raccontate però da giornali poco credibili), se la ride; questa è la finzione che ci raccontano e recitano (soltanto alcuni in buona fede) affinché i poteri reali abbiano campo libero per fare e disfare a loro piacimento. Il premier si dedica a feste, non cura questi poteri reali – di cui dovrebbero interessarsi quelle “seconde file”, pur esse invece ancora abbastanza meschine da limitarsi a tran-tranare nel caos mondiale (e interno) in aumento – e l’Italia vive un processo di continua putrefazione, poiché quanto qui avviene è in minima parte dovuto a cause interne; per la maggior parte è importato dall’esterno.

    Non ce l’ho tanto con gli Usa, che fanno il loro gioco, allargando il ventaglio delle loro differenti tattiche (quelle del potere reale, militare e politico, in primo piano, ma con il corteggio delle ideologie adeguate) per investire le diverse aree, di cui quella supposta “fuori della storia” sta divenendo fondamentale nelle loro intenzioni e attenzioni. Mi fanno schifo i felloni industrial-finanziari italiani, che pagano un lurido ceto politico e un ceto intellettuale di infami (ivi compresi alcuni “ultrarivoluzionari”, alcuni “marxisti” che usano Marx da perfetti parassiti; tutto fa brodo nella disperazione cui sono ormai votati). Questi “pendagli da forca” nascondono il mondo reale dietro l’ignobile maschera della finzione e della menzogna. C’è solo da sperare che, come spesso accade, alcuni deficienti (magistrati o politici o intellettuali del PAB) perdano completamente la bussola e spingano il gioco oltre i limiti voluti dai centri strategici statunitensi, che hanno ben altra visione del gioco complessivo e, di conseguenza, del mondo così com’è.

    Indubbiamente insufficienti si stanno dimostrando le “seconde file”. A primavera vi sono le nomine delle più importanti imprese ancora sotto controllo detto “pubblico”. Non è da sottovalutare l’evento, ma non pensiamo che sia decisivo. Fatte le nomine – meglio se confer
mano almeno la linea attuale – si aprirà una lotta ancor più cruenta con quel che sta venendo avanti nella zona dei “fuori della storia”. Siamo dentro, siamo decisivi affinché il multipolarismo si faccia più sicuro, e gli Usa non riescano ad imporre il loro ordine “democratico” e “libero-mercantile”; cosicché si arrivi infine al nuovo regolamento di conti. Le “seconde file” però si accontentano – e non senza ambiguità che possono aprire la strada a cedimenti ignobili – della presentazione della lotta effettiva nel suo aspetto più elementare: pro o contro un solo individuo. Bisogna stanare anche loro, devono venire allo scoperto, Berlusconi non ha assolutamente la stoffa per reggere l’avanzare di tempi e frangenti assai più drammatici. Nemmeno li comprende e non se ne fa alcun carico; basta vedere l’incuria e disattenzione poste nel non controllo degli apparati statali decisivi per la vera politica, che implica svolgimento di strategie nel conflitto.

    Fra un po’ di tempo (sempre in termini storici, non certo domani) si imporrà la “tragedia”, che farà giustizia della cultura del “buonismo”, del “politicamente corretto”. Finiranno i tempi della totale assenza di quell’essenziale elemento della vita umana, compendiatosi nell’età moderna nella cosiddetta “cattiva coscienza” borghese. Questa è da tempo assente; siamo passati dagli orrendi e temibili Hyde e il Mostro di Frankestein, drammatici e grandi nel rappresentare il Male, alla personalità vellutata – molliccia nel suo totalmente ipocrita e ignobile anticonformismo perfettamente conformista, nella sua ottima digestione di ogni nefandezza – rappresentata dalla bella donna (fatta in serie come le famose “veline”), dalla “felicità” artefatta della droga e del sesso facile (pagato ma scambiato per “amore”), dal perpetuo successo propagandato da una pubblicità adatta ad un encefalogramma piatto, da una comicità in cui è assente ogni problematicità, il cui doppio senso è “telefonato” fin dall’inizio della battuta, dello sketch, senza più la sorpresa in quanto effettivo impulso creativo.

    Non dobbiamo però più accettare queste menzogne, non dobbiamo fare sconti. Politici e intellettuali di sedicente sinistra sono i principali colpevoli dell’attuale meschinità. Si sono mascherati da campioni della morale e ululano per nascondere che i veri mostri, della piattezza e banalità del male (quello minuscolo degli impotenti, dei debosciati), sono loro. Meritano una punizione memorabile, ma quando si daranno le sue condizioni di possibilità. Consapevoli della lunghezza dei tempi storici, occorre preparare la resa dei conti; pagheranno un giorno tutte le colpe accumulate in almeno tre-quattro decenni di devastazione culturale. Per il momento combattiamo la loro falsità, passiamo dal mondo della finzione a quello senza maschera. Stiamo entrando di nuovo nella storia, malgrado tutte le loro ciance; e dentro questa resteremo a lungo. Non esistono ancora le forze per schiacciare questi maledetti vermi, togliendoli dall’impaccio dei loro corpi; ma far vedere che sono vermi, e non politici e intellettuali, questo lo possiamo fare.