IL CASO BATTISTI E LA BASILICATA
La nostra è davvero un’epoca strana, un tempo di gente miserrima che incarna sentimenti possibilmente più miserabili senza alcuna tensione alla verità morale, storica o politica.
Da questa umanità poltigliosa emerge una classe dirigente torbida che erige, per compiacere la sua platea elettorale, il gossip a programma politico e il politicamente corretto a sua ragione sociale. Il circolo vizioso si autoalimenta andando dal popolo ai suoi governanti e viceversa facendo esondare la sentina sociale dove si accumula ogni tipo di odio di risulta. Ma è odio a tempo perso e nemmeno tanto convinto. E più si scende ai vari livelli del potere istituzionale, dagli organi centrali dello Stato a quelli amministrativi degli enti territoriali, più il fango si mischia alla merda. Il prodotto di questo mix fognario si materializza sempre più spesso in campagne mediatiche di risentimento che non appassionano realmente nessuno ma che servono ad attirare l’attenzione su chi vuole distinguersi in negativo in questa chiavica generale. Anche dove vivo io, in Basilicata. Di tali turbolenze maleodoranti fanno parte alcune proposte lanciate in questa terra da gente col cervello in rottamazione che non ha più alcuna percezione del ridicolo nel quale sta precipitando. Dall’iniziativa per salvare la fedifraga ed omicida iraniana Sakineh (quando toglieranno quell’immondo cartellone dal muro esterno del Palazzo del Governo regionale? E quando l’attenzione si rivolgerà anche alle pene capitali comminate in paesi civilissimi come gli Usa?) a quella contro l’ex terrorista Battisti del quale si pretende l’estradizione dal Brasile. Per quest’ultima faccenda si sta mettendo in croce uno dei sindaci migliori della zona solo perché ha deciso di non mettere bocca nella vicenda. E perché mai dovrebbe farlo? Non sanno costoro che, oggidì, l’intelligenza più viva evita di passare per le corde vocali in situazioni del genere? Ma loro insistono e chiedono un consiglio comunale straordinario per lapidare il Primo cittadino. Di fronte a questa posizione medioevale l’ estremismo islamico e la supponenza carioca diventano dei valori assoluti. I custodi dell’orgoglio di Avigliano (piccola cittadina in provincia di Potenza), a loro detta infangato dall’ex Presidente brasiliano Lula che non vuole rispedire in Italia l’ex capo dei Pac (resosi responsabile della morte di un loro concittadino) se ne hanno voglia e tempo possono anche seguire il gregge nazionale degli sdegnati belanti ma non costringono chi pecora non è a fare lo stesso cieco percorso. Meglio riflettere in silenzio piuttosto che emettere suoni animaleschi a squarciagola. Tuttavia, non rinunciamo a fare presente a costoro, quasi tutti accasati nel Pdl, che le parole più sagge sulla faccenda le ha pronunciate il loro capo Berlusconi. Il PresdelCons ha detto, a chi lo punzecchiava per la cattiva gestione del caso con le autorità di Brasilia: “che se lo tengano pure lì”. Ed il Brasile si prende volentieri questa grana per farci un dispetto (l’ultima volta che Lula è venuto in Italia è stato accolto, come “se fosse il capo di un mondo che si divide fra samba e caipirinha”. Davide Giacalone, Libero 02.01.10) e per ricordarci che oggi loro sono una grande potenza con una personalità mastodontica alla quale bisogna rivolgersi con rispetto. Dunque, se non vogliamo subire oltre al danno politico pure la beffa economica (ballano svariati mld di affari tra i due paesi) meglio tacere, proprio come sta facendo il Sindaco di Avigliano.