RITORNO ALLA TERRA (di G. Gabellini)
"La storia mondiale è la storia della lotta tra le potenze marittime e quelle terrestri". La presente, celeberrima enunciazione schmittiana volta a rimarcare le differenze di ordine qualitativo che emergono dalla comparazione delle due entità "spaziali" di terra e mare, offre, pur nella sua estrema sinteticità, numerosi spunti di riflessione fondamentali per comprendere le dinamiche che regolano questa complessa e intricata contemporaneità.
La terra è, secondo Carl Schmitt, regolata da una logica concreta, che si basa sul frazionamento dello spazio in aree nettamente distinte tra loro. Il carattere politico che connota questa logica appare quindi evidente, palese, in quanto non esistono forme e teorie politiche slegate da entità territoriali, così come non esistono ordinamenti edificati su impianti logici diversi da quello tellurico. Il mare, di contro, è il regno del caos, in cui non esistono frontiere né delimitazioni, né leggi né restrizioni. Il mare è uno spazio aperto che appartiene a tutti (res omnium) e a nessuno (res nullius), immune ad ogni tipo di autorità statale. La logica del mare è quindi quella dei flussi e riflussi. L'impero britannico si affermò quale prima potenza marittima della storia verso la metà del Seicento, quando riuscì ad avere la meglio sugli imperi olandese, spagnolo e portoghese e ad assumere il controllo pressoché totale degli oceani. Ma l'impero britannico consegnò (relativamente) ben presto lo scettro di principale potenza talassocratica all'America, il paese dal quale, per dirla con le parole di Schmitt, "L'appropriazione inglese del mare varrà eternizzata e, come dominio marittimo anglo – americano sul mondo, proseguito in dimensioni ancora più grandi". La caduta dell'URSS, cinquantennale contraltare tellurocratico alla talassocrazia statunitense, ha poi accelerato questo processo di eternizzazione e portato all'instaurazione di un assetto unipolare del mondo a guida USA, che ha talassocraticamente fatto strame del diritto internazionale e spacciato la forza bruta per un nuovo "nomos della terra", nel maldestro tentativo di sovrapporre al diritto terrestre la caotica logica marittima. Tuttavia l'emergere di nuove potenze regionali ha recentemente messo a serio repentaglio l'esistenza stessa di questo assetto unipolare, e spianato la strada a nuove prospettive multipolari. E la dicotomia multipolarità/unipolarità rimanda direttamente a quella terra/mare, perché la plausibile instaurazione di un mondo multipolare presuppone per forza di cose il riemergere del concetto tellurico di limite, o frontiera. Un assetto multipolare implica la ripartizione del mondo in regioni in cui le rispettive potenze egemoniche vengono messe nelle condizioni di esercitare tutta la propria influenza. Al contrario, un assetto unipolare porta ad affermare un unico Verbo sull'intero pianeta. Nello specifico, il Verbo tramandato dall'unipolarismo statunitense è quello comunemente definito "globalizzazione", ovvero un processo di superamento di limiti e frontiere finalizzato a unificare il mondo e sottometterlo interamente alla logica del mare. Ovvero quella dei flussi e riflussi che privilegia il commercio, a differenza di quella terrestre, che è dalla parte del "politico" (nell'accezione schmittiana del termine). La globalizzazione ha provocato un rivoluzionamento (sradicamento o deterritorializzazione) di ordine spaziale dei rapporti economici e politici, cosa che ha sortito pesantissime ripercussioni sulle due altre variabili, strettamente legate allo spazio, di tempo e velocità. Si tratta di un fenomeno peculiare, che ha portato Gilles Deleuze a parlare di un nuovo "spazio liscio" in opposizione al classico, tradizionale "spazio striato". In sostanza, alla struttura tellurica, in cui economia e politica si intrecciano inestricabilmente tra loro in maniera feconda e finita come in un tessuto (o "spazio striato"), è andato ad opporsi un modello talassocratico con caratteristiche affini a quelle di un panno (o "spazio liscio"), che con la sua omogeneità di fibre teoricamente riproducibile all'infinito impedisce ogni forma di attrito, favorendo il normale scorrimento dei flussi. Scrive Deleuze: "Al livello complementare e dominante di un capitalismo mondiale integrato, un nuovo spazio liscio è prodotto dove il capitale raggiunge la sua velocità assoluta (…). Le multinazionali fabbricano una specie di spazio liscio deterritorializzato dove i punti di occupazione come i poli di scambio diventano fortemente indipendenti dalle vie classiche di striatura". Le classiche vie di striatura cui Deleuze fa riferimento chiamano in causa gli intrecci tra politica (Stato) ed economia che avevano caratterizzato le potenze tellurocratiche, destinati a sparire con l'avvento di questo sistema marittimo, atemporale e deterritorializzato. Un esempio lampante del decadimento di questo genere di "vie di striatura" riguarda la scelta del Vecchio Continente di assecondare le mire statunitensi, dando vita ad una Unione Europea che non è altro che un'appendice commerciale transatlantica, anziché profondere quante più energie possibili al fine di creare un blocco continentale monolitico e indipendente; "As much trade as possible, as little politics as possible" ("Quanto più commercio possibile, quanto meno politica possibile"), come disse il vecchio George Washington. La politica, possibile tessitrice di intese ed alleanze, costituisce in effetti, per una potenza talassocratica interessata a mantenere la propria posizione dominante, una minaccia assai seria. Tuttavia, come aveva lucidamente notato Carl Schmitt, anche l'economia, se lasciata nelle condizioni di abbattere ogni ostacolo che si frappone sulla sua attività, finisce per caricarsi di un livello di intensità tale da assumere le caratteristiche peculiari del "politico". Acquisita consapevolezza di ciò, la superpotenza attualmente dominante, seppur in netto declino, ha adottato una strategia finalizzata da un lato a sabotare o comunque ritardare, tramite guerre finanziarie (ad esempio), lo sviluppo delle potenze emergenti e dall'altro a seminare zizzania (divide et impera, un classico delle talassocrazie) in modo da evitarne il compattamento. L'obiettivo principale degli USA rimane quindi quello di scongiurare, da vero paese talassocratico, la possibile formazione di un polo imperialistico o di un "Heartland" continentale in grado di rivaleggiare con loro, mentre, dal canto loro, le potenze intermedie a vocazione tellurocratica presenti nella massa continentale eurasiatica hanno tutto l’interesse a coalizzarsi, e a non ripetere lo scempio della Seconda Guerra Mondiale, quando Russia e Germania (le due maggiori potenze di terra) ebbero la sconsideratezza di mettersi una contro l’altra, chiudendo la parabola iniziata in occasione della Grande Guerra, e regalando di fatto un enorme vantaggio agli USA.