IL LEONE LIBICO E I POLLI ITALIANI di G.P.
Pensavamo di aver riportato il nostro Paese al centro di trame epocali che potevano accelerare la svolta multipolare del Pianeta, ponendoci in una posizione privilegiata nei nuovi equilibri geopolitici che sarebbero emersi strada facendo, ma la vicenda libica ci ha costretti tutti quanti a ritornare con i piedi per terra e la testa sotto la sabbia. Siamo il popolo struzzo del XXI secolo, la solita Italietta di sempre che si nasconde "dietro un libico" finchè qualcuno non gli taglia le unghie. Facciamo qualche buon affaruccio all’estero che però non muta la sostanza della nostra politica estera, ancora scadente ed inconseguente. Nell’era terribile del serpente obamiano, il rettile che cambia pelle continuando a spargere il suo veleno per affermare la sua superiorità sul resto dello zoo, il nostro approccio è del tutto perdente se non persino deleterio. L’Italia ha dato tutto il peggio di sé nella crisi libica dimostrando quanto estemporanea e raffazzonata fosse la sua strategia in Nord Africa, l’unica area dove avremmo potuto dirigere i giochi ed accrescere la nostra potenza. Non appena il vento di protesta e di malcontento popolare ha attraversato i confini egiziani e tunisini entrando in Cirenaica ci siamo bevuti la versione ribellistica e democraticistica narrata dai mezzi di informazione che sono nelle mani della Centrale Ideologica Americana. Siamo andati oltre mettendoci a disposizione per un eventuale intervento umanitario, offrendo appoggio logistico e forse anche militare alle forze coalizzate del bene che portano la pace dove non c’è guerra e insinuano l’odio dove non c’è belligeranza. Eppure avevamo degli interessi da tutelare in quelle zone ma ciò non ha impedito ai nostri stolti gruppi decisori di lasciare incustodita la cassaforte fornendo ai ladri pure la combinazione per aprirla. Ma più sconvolgente ancora è il nostro imprimatur al tentativo di portare Gheddafi di fronte al Tribunale penale internazionale per rispondere di crimini contro l’umanità che forse ma non ha mai commesso. Anche in questo frangente gli italiani non hanno avuto nulla da ridire nonostante fino a qualche tempo fa non si vergognavano affatto di baciare le presunte mani insanguinate del dittatore della Sirte né di fargli piazzare il suo circo itinerante, con tanto di cavalli berberi e donne cannone, nella Capitale. Quasi nessuno in patria si è scandalizzato per tanta doppiezza e la stampa, la cui sola libertà che si prende è quella di non fare il suo mestiere, non ha avuto nulla da ridere sulle accuse lanciate contro il Colonnello. E sapete da quanto tempo Sua Beduinità viene considerato un efferato criminale? Dal 15 febbraio scorso, cioè da quando quattro saltimbanchi monarchici, sostenuti ed addestrati da statunitensi ed inglesi, si sono messi in testa di liberare il Paese dal pericoloso tiranno. L’unico giornalista che ha avuto il coraggio di dire come stanno le cose si chiama Riccardo Pelliccetti che dalle colonne de Il Giornale ha scritto: “E qual è il presente incriminato? Avere usato la forza per tentare d i sedare una rivolta armata. Ma da quando in qua un governo, seppur impresentabile, seppur impopolare, seppur inviso nel mondo, non è legittimato a reagire contro gli attacchi armati a commissariati e caserme, a municipi e attività economiche? In qualsiasi altro Paese l’uso della forza sarebbe stato non solo tollerato, ma addirittura esortato. Be’, molti diranno che Gheddafi non ha questa legittimazione: è stato un golpista, un tiranno, un sanguinario eccetera. Vero, pochi lo mettono in dubbio. Eppure, nessuno ha mai pensato di incriminarlo (fino ad ora). Perché lui quella legittimazione l’ha sempre avuta. La Libia fa affari con tutti, ha rappresentanze diplomatiche in tutto il mondo, è membro di organismi internazionali. Qualcuno ha scordato che fino a pochi giorni fa era addirittura uno dei componenti della Commissione Onu per i diritti umani? E allora? Allora, per il diritto internazionale, era un capo di Stato legittimato. Legittimato proprio da chi, ora e con ipocrita ritardo, vuole metterlo alla sbarra. E che dire del Tribunale penale internazionale? Un ottimo strumento di giustizia. Veicolata. Proprio così. Questa Norimberga del XXI secolo non vale per tutti, nossignori. Stati Uniti, Russia e Cina non vi hanno aderito e quindi gli eventuali crimini di guerra, o di altro genere, commessi dai rispettivi leader o comandanti militari non sono perseguibili. Ma guarda un po’. E sapete quali sono i paesi che hanno spinto il Consiglio di sicurezza dell’Onu a chiedere l’intervento del Tribunale internazionale? Ebbene sì, avete indovinato. Il diritto trionfa”. A nessuno viene dunque il sospetto di cosa ci sia veramente dietro il complotto libico? Ovvero che siano gli Usa a sollecitare – proprio loro che pur condizionando i processi si tengono fuori dal Tribunale Penale Internazionale – la messa alla sbarra del Leone del deserto per avere maggiore influenza negli assetti che si formeranno nel mutato contesto "Degheddafizzato" della Libia? Stiamo facendo la figura dei coglioni mondiali mentre i nostri sedicenti grandi amici europei, come inglesi e i francesi, stanno già tentando di espandersi lì dove fino a qualche settimana fa mai avrebbero potuto. L’episodio degli otto membri delle Sas, le forze speciali di sua maestà, che sono stati arrestati dai ribelli e poi rilasciati sono l’ennesima dimostrazione che qualcuno ha organizzato questo pandemonio per farci le scarpe e capovolgere i rapporti di forza in un luogo prima off limits per loro. Eravamo i gestori dei lidi delle sponde opposte del mare nostrum, adesso ci toccherà fare i turisti che vengono spennati come polli.