SUL G 20 E SU SAPERE E CONOSCENZA. DUE BREVI NOTE

Mentre si teneva a Washington il G-20 economico-finanziario, il portavoce ufficioso dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) che nell’occasione specifica era il ministro delle Finanze brasiliano Mantega

<<ha chiesto l’inserimento di valute dei mercati emergenti nel paniere utilizzato dal Fondo monetario internazionale e suggerito che l’istituzione dovrebbe aumentare la liquidità globale. “Il sistema attuale, molto dipendente da una valuta unica, non rispecchia più la realtà di un mondo sempre più multi-polare”, ha detto Mantega nel suo discorso al comitato direttivo del Fmi di ieri. Il battagliero ministro ha suggerito “un uso più esteso dei Diritti speciali di prelievo” del Fmi, il paniere di monete che i suoi membri utilizzano per regolare i conti uno con l’altro>>.(1)

I commentatori inquadrano questo intervento all’interno della cosiddetta guerra delle valute scatenata da Usa e Cina, con gli Stati Uniti che tendono a svalutare il dollaro per aumentare le esportazioni e il gigante del lontano oriente che si contrappone a questa manovra rifiutando di rivalutare la propria valuta. Siccome questa situazione crea difficoltà sia all’Europa che agli altri paesi emergenti i brasiliani non sono i soli ad avanzare proposte di modifica del sistema del Fmi; i francesi e lo stesso Trichet vorrebbero inserire lo yuan nel paniere di valute utilizzate per i Diritti speciali del Fondo e numerosi altri paesi fanno pressione sugli Usa per un maggiore utilizzo dei DSP (Special Drawing Rights [SDR] in inglese) che, pare, possa dare risultati positivi anche nella limitazione dei  rialzi delle materie prime e dell’inflazione. Comunque – anche se tuttora il dollaro è usato nell’85% di tutte le transazioni valutarie internazionali e pesa ancora per il 61% delle riserve in valuta delle banche centrali – tutto questo discorso non c’entra nulla con il problema fasullo del cosiddetto “signoraggio”. La questione si presenta, infatti, in maniera del tutto rovesciata: non sono i privilegi del dollaro che rendono “forti” gli Stati Uniti ma è la supremazia, soprattutto politico-militare, degli Usa che permette al dollaro di agire da “valuta dominante”. Ed è proprio la confusa situazione attuale indirizzata verso il multipolarismo che rende possibile agli altri Stati di proporre modifiche del sistema monetario o di resistere, come nel caso della Cina, aidiktat globali. In  conclusione il G-20 ha poi ribadito la necessità di tenere sotto controllo alcuni indicatori fondamentali: le partite correnti, il debito e il deficit pubblico, il debito e il risparmio privato come già concordato a Parigi nello scorso febbraio; si è inoltre concordi nel ritenere il surplus della bilancia commerciale cinese e il debito pubblico Usa come le più pericolose fonti di squilibri per l’economia mondiale.

Ieri, 16.04.2011, all’età di 72 anni è morto Enrico Bellone fisico, professore ordinario di Storia della Scienza dal 1980 e direttore di  Le Scienze, versione italiana della statunitense Scientific American. Sul Corriere di oggi G. Giorello gli dedica un breve articolo e tra le altre cose scrive:

<<Intellettuale insofferente delle concezioni falsamente profonde dei “metafisici”, per i quali “la scienza non pensa”, portato invece, con grande concretezza, a guardare in faccia le difficoltà dell’esistenza, l’ho visto amareggiato per una politica come quella del nostro Paese, caratterizzata da riforme velleitarie e inerzia conservatrice, costellata da tanta retorica pseudo-umanistica e altrettanta diffidenza per la sobrietà scientifica.>>

Per Benedetto Croce i concetti scientifici a differenza di quelli filosofici erano “pseudoconcetti”:  non erano, come quest’ultimi, quei prodotti del pensare che al pari delle “credenze” della vita quotidiana costituiscono una forma di sapere fondata sulla nostra convinzione soggettiva oppure sulla fede. E’ pur vero che, nella vita di tutti i giorni, il nostro tener per vero il variegato mondo che ci sta di fronte deriva, anche, dalla intuizione sensibile e dalle esperienze empiriche che facciamo continuamente. Il risultato che otteniamo, però,  consiste in una serie di assunti che dopo un po’ di tempo ci abituiamo a dare per scontati e che abbiamo bisogno di considerare al pari di dogmi, attraverso cui inquadrare il nostro essere-nel-mondo, sperando di non dovervi apportare modifiche per tutto il corso della nostra vita. Il sapere metafisico tiene unito pensiero (riflettente), capacità di giudizio e volontà e il risultato del suo sviluppo dipende da quello che vi introduciamo noi. Questo sapere – opposto antitetico-polare della conoscenza scientifica positiva (formale, naturale ed umana) – diventa normativo quando pone gli assiomi morali, teleologico quando parte dai fini per dare dall’esterno e arbitrariamente delle regole al processo conoscitivo, tecnico-artistico quando attraverso la riflessione su di una abilità creativa, ma non priva di regole, permette di giudicare ciò che è bello o sublime o efficace. Il più grande dei metafisici, Hegel, va forse un pochino oltre, anche se l’accettazione dell’assunto vichiano che  “la condizione per conoscere una cosa è il farla” lo ha portato a costruire una filosofia della storia che pretende di aver trovato la chiave per una comprensione trasparente e definitiva della storia “universale” della società. Nella sua Fenomenologia dello Spirito Hegel afferma che all’interno della coscienza si creano  due poli: da una parte il sapere, dall’altra parte quello che la coscienza pone come oggetto del sapere, l’oggetto in sé; la dialettica di questi due momenti può portare, se intesa correttamente, ad un continuo aggiustamento attraverso la pratica conoscitiva, l’agire sociale, il produrre e il lavorare. Ma se la dialettica dei momenti della coscienza contemplativa rimane parallela, in maniera euclidea, a quella della conoscenza che si basa sull’osservazione, l’esperimento e l’esperienza, anche storica, allora il sapere speculativo costruirà la sua scienza filosofica trovando la verità nella compiutezza della sua struttura formale sempre tuttavia con la pretesa di dare una volta per tutte la “tramatura logica” anche per tutte le scienze empiriche fino alla fine dei tempi. Per ora mi fermo qui ma mi propongo di ritornare in un prossimo intervento sulla questione del rapporto tra “cultura umanistica” e “cultura scientifica”.

  1. Dal Sole 24ore del 16.04.2011

Mauro Tozzato    17.04.2011