AMERIKANA
L'Italia prenderà parte attiva nella guerra contro Gheddafi. Berlusconi si riposiziona fedelmente al servizio degli Stati Uniti nel plauso della sedicente "sinistra" condito dal silenzio assordante dei tanti moralisti d'accatto adusi a frequentare i nutriti convivi travaglisti, savianisti e repubblichisti. Costituzionalisti a corrente alternata e geometria variabile impegnati a tempo pieno a intonare solenni richiami ai dogmi della "sacra carta" unicamente laddove un loro calpestamento produca vantaggi a Berlusconi. Perché se il tallone di ferro è americano il discorso, invece, cambia radicalmente. C'era da aspettarselo, in virtù del fatto che la Storia, come sempre, si ripete come farsa. Nel non lontano 1999 il crisma immacolato della NATO e (poi dell'ONU) permise alla classe politica italiana di sottrarsi agli "estenuanti" dibattiti parlamentari sulla liceità costituzionale dell'aggressione alla Serbia per distorcere orwellianamente la realtà, sostituire il termine "guerra" con quello molto più consolatorio di "intervento umanitario", e partecipare alla missione. L'allora Primo Ministro Massimo D'Alema manifestò irritazione dinnanzi alle "inadeguatezze" strutturali del sistema politico italiano, che si voleva vincolato ai limiti stabiliti dal Patto Atlantico e dalle Nazioni Unite. Napolitano si è appena collocato nel medesimo solco tracciato allora da D'Alema, appoggiando l'intervento armato contro la Libia in aperta contraddizione con quanto afferma uno dei pilastri della tanto decantata Costituzione. E l'ha fatto contando sempre sull'appoggio dell'ONU, che ha indossato nuovamente le vesti del sacerdote che benedice gli stendardi del condottiero conferendo legittimità morale all'imminente Crociata. Come se l'ONU fosse qualcosa di diverso da una struttura formale priva di contenuto, espressione suprema degli interessi delle grandi oligarchie geopolitiche. Poche settimane prima che gli USA scatenassero la Guerra del Golfo il signor Perez De Cuellar si recò a Bagdad per rendere edotto Saddam Hussein delle condizioni indiscutibili poste dagli aggressori, di cui si era fatto vero e proprio ambasciatore. Otto anni dopo una risoluzione ad hoc arrivò con Belgrado già spianata dalle bombe "umanitarie" per conferire sufficiente credibilità all'aggressione. L'affaire libico non ha fatto altro che riproporre il medesimo scenario; ci sono un pugno di potenze (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna) bramose di affermare gli interessi propri su quelli di qualcun altro gerarchicamente inferiore (Italia) in un'area strategicamente importante (Libia), intente ad eliminare un fattore di rischio (Gheddafi), a ridisegnare nuovi assetti geopolitici e a riequilibrare i rapporti di forza internazionali. Nello specifico, Gli Stati Uniti stanno assumendo il comando delle operazioni a discapito di Francia e Gran Bretagna, che stanno palesemente perdendo l'iniziativa. Il pericolo che una nuova crisi di Suez in grado di mandare in frantumi i loro deliri di onnipotenza è dietro l'angolo. Gli USA stanno reimponendosi vigorosamente lasciando all'Italia il compito di sbrigare il "lavoro sporco" per loro, impegnati direttamente in altre aree del mondo. Un grosso punto interrogativo pesa sulle reali capacità di dissuasione di Russia e Cina, che al momento si sono limitate ad esternare flebili pigolii di protesta, mentre la proposta di mediazione turca pare aver perso credibilità. L'Italia si conferma il servile maggiordomo di sempre.