INSISTIAMO
1. Dopo il fallito attacco parlamentare del 14 dicembre 2010, preparato dalla separazione di Fini e del Fli, Berlusconi aveva in mano la possibilità di regolare i conti. Non c’era nessuno che non desse in buon aumento e nettamente maggioritario il centro-destra in eventuali nuove elezioni. Il centro-sinistra e il “terzo polo” iniziarono un fuoco di sbarramento per evitarle e invocarono Napolitano affinché, nel caso si andasse alla “crisi di governo”, non sciogliesse le Camere ma promuovesse il tentativo di un governo-ammucchiata (chiamato di salvezza nazionale), approfittando del fatto che un buon numero di eletti nel centro-destra si era staccato con Fini. Non vi è dubbio, a mio avviso, che la Vestale della Costituzione (e dell’Unità d’Italia) avrebbe abbozzato un’operazione scorretta (non so se formalmente, ma della forma me ne sbatto), visto che si sarebbe eventualmente basata su parlamentari eletti da una parte e “traditori” dei loro elettori. Niente di strano in ciò, se non s’insistesse a parlare di democrazia quando una massa inebetita, e turlupinata pur con il suo consenso e per la sua stupidità, va belando a votare dopo aver assorbito tonnellate di propaganda falsa e bugiarda, oltre che confezionata per puri bestioni da zoo.
Tuttavia, non credo si sia trattato solo di preoccupazione per le manovre della suddetta Vestale. Chi ha letto il blog sa che avevo parlato di Fini come prima linea d’attacco, fallita la quale si sarebbe fatta avanti la seconda linea rappresentata appunto dall’umbertino (nel senso di regale, per carità) Napolitano; evento che si è puntualmente verificato e che dura tuttora. Tuttavia, avevo subito specificato che sia la prima sia la seconda linea d’attacco non svolgevano operazioni in proprio, bensì coordinate dalla solita manina d’oltreoceano (pur con tattica mutata negli ultimi anni rispetto a quella del ’92-’93); e, ovviamente, con il pieno accordo dei cosiddetti “poteri forti” italiani (industria e finanza private), quelli che hanno sempre appoggiato i pretesi “comunisti” (per dire delle sciocche invenzioni di Berlusconi e dei suoi).
In definitiva, ne traevo già allora la conclusione che in realtà il premier – nell’evitare crisi di Governo, atte ad andare ad elezioni anticipate – temeva soprattutto gli americani, cui aveva già promesso un completo ri-allineamento (poi clamorosamente rivelatosi in piena luce nei primi mesi di quest’anno), ma anche assicurato il graduale passaggio di mano. Obama è assai perfido e cattivo; non sto parlando dell’individuo, ma della funzione per cui è stato eletto anche con l’aiuto di stratosferiche somme fornitegli dai gruppi dominanti americani (fra cui il famigerato Soros) per rimbambire i già rincoglioniti elettori. Qualcuno si ricorderà dell’Egitto. Dopo una prima fase di attesa e valutazione degli eventi, Obama annunciò (lui!) che Mubarak avrebbe pronunciato, qualche ora dopo, uno storico discorso. Il tono usato dallo yankee era enfatico, mussoliniano, preannunciava una nuova era per l’Egitto. Parlò l’egiziano, passò le consegne al suo vice, ma disse di voler rimanere fino alle elezioni d’autunno. Mezz’ora, massimo un’ora, e si scatenò l’“Obama furioso”, offeso per sentirsi smentito circa la svolta storica, quella che doveva annunciare all’Egitto un nuovo secolo di Progresso e di Lumi. La sera stessa, l’Esercito accompagnò Mubarak a Sharm-El-Sheik, dove entrò “in malattia” come un qualsiasi impiegato pubblico italiano.
Berlusconi non aveva quindi tanta paura di dover affrontare Napolitano; ma non aveva alcuna intenzione di farsi scaricare addosso l’ira del vero Sire. Non vi è dubbio per me che la statuetta del Duomo, speditagli in faccia nel dicembre del 2009, è stato l’atto isolato di uno un po’ “disturbato”. Tuttavia, anche il “delitto di Serajevo” non era mica organizzato come complotto da chi voleva lo scatenamento della guerra. Ci sono eventi che hanno il semplice significato – oggettivo, indipendente dalla volontà di questo o di quello – del raggiungimento di un punto critico, oltre il quale si hanno due scelte: si affronta lo scontro o ci si ritira. E talvolta in buon ordine, più spesso in modo raffazzonato e confuso, dando un chiaro vantaggio all’avversario. Se poi nemmeno di avversario si tratta – poiché gli si sarebbe leccato volentieri il …… in permanenza e si era stati obbligati a contrapporsi a certi disegni dello stesso a causa dell’aggressione altrui e per soddisfare le richieste di quei pochi, che veramente lo avevano appoggiato nella sua entrata in politica – si può ben capire come Berlusconi abbia pronunciato (in separata sede) il fatidico “Obbedisco” (attribuito, ma proditoriamente, ad altro personaggio che rispose in realtà con espressione ben più appropriata).
Dopo aver detto “sì” – secondo quanto ipotizzo, ma di cui sono convinto – non era “igienico” cercare una nuova investitura elettorale, che avrebbe potuto rendere instabile il patto; e che comunque il contraente più forte non avrebbe lasciato passare senza “pericolose opposizioni” (e allora la “statuetta” poteva trasformarsi in qualcosa di diverso e di non occasionale; Mattei docet). Si è visto quindi, inizialmente con una certa sorpresa, Berlusconi gettarsi a corpo morto in una complicata trattativa assai più sfibrante e disgustosa di quelle dei tempi democristiani. Era assente ogni decisionismo; per la verità è sempre stato assente nella realtà, ma nascosto dietro un’apparente energia, mai più messa in mostra da ormai un anno almeno. E’ venuta la guerra libica: tutto demandato ad altri, semmai con qualche manfrina per un minimo di vergogna nel compiere il tradimento di marca “monarchico-badogliana”. Non parlo nemmeno delle elezioni amministrative, del referendum, ecc. dov’è sembrato che si cercasse apposta la sconfitta. Probabilmente non è così, è troppo il pensarlo; ma allora vi è senza dubbio qualcosa da noi non conosciuto, e patteggiato con gli Usa, che sta orientando le “mosse false” di quest’uomo. Non dico che fosse prima un genio, come i suoi sostenitori si ostinano a far credere, ma certamente adesso sembra proprio imbambolato e rintontito. No, i “festini” e le “ragazzine”, pur avendogli forse prosciugato un po’ il midollo, non hanno affatto provocato un simile effetto. “Obama ci cova”; e quindi, in Italia, il fiduciario Usa.
I “sinistri” (pieni di aperti “destri” come Di Pietro e non so quanti altri) sono stati invitati alla prudenza in vista del “traguardo finale”. La situazione internazionale è complicata, la partita libica è affidata a sorde convulsioni assai nascoste; ed è solo una delle partite in gioco per gli Stati Uniti della “nuova strategia”, che non è approvata unanimemente da tutti all’interno; esistono invece opposizioni latenti e a volte esplicite. Obama non può permettersi di lasciare l’Italia nel totale disordine, nel caos, in mano a “tanti galli nel pollaio” che starnazzano e stanno stancando forse i loro stessi padroni. Inoltre, non bisogna commettere lo stesso errore del ’92-’93
, quando si distrussero Dc e Psi e venne in testa ai “geni” statunitensi e della Confindustria (con i loro scagnozzi in campo economico-finanziario, tutti “destri” passati con la “sinistra”) di affidare il governo ai rinnegati del piciismo, scordandosi dell’elettorato democristiano e socialista.
Adesso l’operazione va condotta meno rozzamente, mettendosi all’altezza di tempi in cui l’indebolimento della Russia non è comunque assimilabile al crollo dell’Urss e non consente di inebriarsi subito con l’odore dell’Impero (del monocentrismo). Bisogna allora preparare l’elettorato moderato con i dovuti tempi affinché voti bene la prossima volta. Ecco quindi la spiegazione del sostanziale harakiri di Berlusconi. Dietro probabile promessa di lasciargli in qualche modo un “salvacondotto” (soprattutto per le sue imprese, avendo ben cinque figli), gli si chiede di mantenere il basso profilo e di autosputtanarsi per almeno alcuni mesi. Intanto i “suoi”, capita l’antifona, scappano di qua e di là, si lasciano andare a nervosismi, mosse sempre più sbagliate, malcontenti sempre più manifesti. La parola d’ordine è: “logorio continuo”. Nel frattempo, si qualificano come possibili successori personaggi, già caricati al massimo grado, come Tremonti (che sembra sia andato parlare con avversari espliciti del premier quali Monteprezzemolo e Della Valle); quelli di Roma prendono a pesci in faccia i leghisti, quelli del sud fanno quasi i separatisti. I leghisti, che in effetti mai hanno avuto una visione di qualche respiro strategico, sbandano, starnazzano pure loro, ecc. Fra un po’ – questa la speranza degli Usa (quelli che si rappresentano nella nuova presidenza e nella svolta di Gates) e dei “poteri forti” italiani – l’elettorato moderato dovrebbe essere “maturo” per votare “correttamente”, non giocando più lo scherzo del 1994.
Tuttavia, nel quadro nazionale come internazionale, non tutti i tasselli del puzzle vanno per il verso giusto. Molto resta in sospeso. Anche negli Usa ci sono divisioni e contrapposizioni. Così pure accade nelle potenze dette emergenti; in questo momento, anzi, sembra che l’“emersione” sia in affanno, com’è del resto normale poiché si tratta di processi storici lunghi, non di elezioni municipali o di referendum nel “pauvre pays”. Il quale è certo al momento molto mal messo. Berlusconi ha ormai accettato il “buen retiro”. Tuttavia, coloro che si affollano per la sostituzione sono di una povertà mentale e politica da far paura; e illimitatamente ambiziosi. Ora, l’ambizione non sorretta da intelligenza lascia qualche speranza. Hanno forse risolto il possibile contenzioso tra Draghi e Tremonti, “prendendo due piccioni con…..”. Hanno spedito il primo alla BCE dove potrà essere molto utile quale pretto agente degli Usa, lasciando così libero il campo italiano per l’altro filo-americano.
Si svolgerà forse una complessa pantomima tra Berlusconi e Tremonti per la questione fiscale, che potrebbe magari non essere nemmeno una semplice recita, giacché vi si inserisce pure il nervosismo leghista. Tuttavia, non contiamo troppo su queste beghe di “retroguardia”. Il fatto cruciale è l’accettazione dell’harakiri da parte del premier (ancora per poco? Questo non credo sia stato già deciso tassativamente). Il problema è un po’ più complesso che con Mubarak, perché Obama non può permettersi una sceneggiata così scoperta come quella che ha fatto apparire il presidente egiziano quale suo servo apertamente licenziato, sotto garanzia dell’esercito. Qui il garante è un vecchio di 86 anni (fra due settimane esatte); si devono perciò trovare individui più giovani pronti a sostituirlo, che non litighino fra loro e dimostrino una competenza adeguata e un certo carisma. Perché in questi vent’anni, i pre-dominanti d’oltreoceano e i nostri industrial-finanziari, affidandosi a personale politico d’accatto cui si è affibbiata l’etichetta di “sinistra”, hanno commesso un altro errore: hanno caricato di significato eccessivo Berlusconi. I loro prescelti in politica, rappresentanti del ceto medio semicolto, non hanno prodotto alcun progetto e programma se non quello di infangare Berlusconi, di voler buttare giù Berlusconi. Ciò ha fornito a costui un notevolissimo aiuto. Oggi, quando verrà a mancare il Cavaliere, in tanti non sapranno più che (c….) fare.
E’ intervenuta efficacemente solo la nuova tattica statunitense, di cui si è fatto simbolo Obama. E’ questa nuova tattica che si è messa di buzzo buono – con poco successo usando Fini, di più con Napolitano – per estromettere dalla sua posizione Berlusconi. Non so se gli Usa hanno specifiche armi di ricatto, oltre alla loro indubbia potenza, comunque hanno ottenuto da lui che si “illanguidisse” progressivamente onde perdere quella aureola, che hanno contribuito a mettergli i dementi di sinistra, le scimmie urlanti. La sta perdendo, sta eseguendo gli ordini per perderla, ma ha contro avversari sempre incredibili nella loro stoltezza e bassezza. Occorre ancora tempo, e il tempo è prezioso anche per quanto potrebbe svilupparsi in sede internazionale. E’ tutto un gioco ad incastro estremamente complicato. E’ seccante, ma noi possiamo solo seguirlo. Si comincia tuttavia pian piano ad afferrare la “logica degli eventi”. Abbiamo una quantità infinita di bari in gioco. Di volta in volta scoprono ora questa ora quella carta. Vediamole. Dobbiamo però vederle; le “vere” le mostrano per un attimo e poi ne buttano giù altre per confondere il gioco.
Questo è intanto un panorama sintetico in base ad ipotesi che dovranno essere sempre seguite nelle indicazioni che forniscono; e sicuramente sarà necessario riadattarle via via. Oggi come oggi non credo esista più del 10% di probabilità che Berlusconi riesca a seguire una via diversa da quella obbligatoriamente accettata. Occorrerebbe una tale incapacità, caos e dilettantesca improvvisazione da parte delle forze incaricate di cercare la soluzione “trasversale” per convincere Obama (sempre un nome per una funzione, scusate se mi ripeto ma so bene come si insista a non tenerne conto) a ridare spazio al premier; solo però dopo assicurazioni molto ferme da parte di quest’ultimo di mantenere un profilo del tutto prono ai suoi voleri. Si tratta di poche probabilità in più rispetto a quelle che ha Gheddafi – se i “ribelli” continueranno a dimostrare d’essere nient’altro che rozzi mercenari e avventurieri e se i subalterni europei (e non solo europei) accresceranno il malcontento manifestato dagli Usa per la loro inettitudine – di rinegoziare con il paese predominante un compromesso, certamente al ribasso e facendo concessioni al momento non prevedibili.
In ogni caso, penso dovremo approfondire il discorso nelle direzioni qui molto succintamente segnalate.