LA GUERRA DEI FARABUTTI
Un fucile in ogni casa, un cannone in ogni famiglia. Inizia con questi presupposti la nuova era democratica sull’ex quarta sponda del mare nostrum, consegnata dalla Nato a bande di delinquenti che si fanno chiamare insorti. Un programma di assistenzialismo criminale, un’agenda d’interventi terminali, dalla bara alla tomba, che accompagnerà il popolo libico, con l’imprimatur dei buoni e dei giusti, fino alla pacificazione eterna. Sono aperte le iscrizioni ai pogrom contro gli esponenti e i simpatizzanti del precedente regime. Non fiori ma opere di sterminio. Il civile è incivile se non è bengasino e non merita la considerazione del francese, dell’inglese, dell’americano e dell’italiano. Sembra una di quelle barzellette col gran finale pro domo nostra, soltanto che questa volta sono gli allogeni che ci sogghignano alle spalle. “L’Italia avrà ancora posizioni di preminenza con la Libia post Gheddafi”. La freddura è di Frattini, il ridicolo è tutto italiano. Se le cose stessero come sostiene il Ministro degli esteri il summit sulla ricostruzione non si svolgerebbe a Parigi ma a Roma. Il Galletto beccaio sposato alla Civetta piemontese ci ha sottratto il paniere da sotto il naso mentre Frattini si faceva arrostire come un pollastro dalle promesse dei suoi amici statunitensi. La frittata l’hanno cucinata i cugini d’oltralpe per i voraci clienti d’oltreatlantico (con le uova sottratte al pollaio italiano), lasciandoci con i gusci in mano e la paglia attaccata alla coda. Anche se ora alla nostra diplomazia brucia il sedere per il troppo covare conto terzi, senza ottenere alcun beneficio, è troppo tardi per riparare. Siamo alla solita figura dei pennuti scannati che saltano nella batteria dei vincitori. Nel frattempo, nel vasto ammazzatoio nordafricano, gestito da macellai riconosciuti internazionalmente, si continua a macinare impunemente carne umana. Ma sulle teste dei ribelli non cadono né bombe né condanne della Comunità Occidentale, piuttosto giungono richieste di ospitate nelle peggiori cancellerie europee. Il cachet a puntata è salato ed anche il nostro Governo ha staccato un assegno di 350 mln di euro per vedere da vicino la faccia del belluino della Cirenaica che ci tiene per gli affari e per i coglioni.
Come riporta Carlo Panella sul quotidiano Libero, in un articolo esplicativo già nel titolo, “Ma adesso dobbiamo bombardare i ribelli”, è da luglio che Human Rights Watch denuncia crimini contro l’umanità, inclusi episodi di razzismo verso presunti mercenari neri (che se fossero stati tali avrebbero tradito da un bel pezzo), commessi dal CNT di Bengasi eppur nessun governo liberale ha finora impugnato la spada dei diritti umani per moderare i rivoltosi. Se questa è la situazione, sostiene Panella, in ossequio alla risoluzione ONU 1973, la Nato dovrebbe se non bombardare almeno mitragliare Jalil e soci. Ma ciò, prosegue il giornalista, non accadrà, per cui ci si risparmi almeno “la retorica e l’entusiasmo per la vittoria di buoni che buoni non sono assolutamente. Che almeno la si smetta di affermare che la Nato combatte per scopi umanitari e si ammetta che Francia, Inghilterra e Italia [ed Usa] combattono per il petrolio libico (e che già si litigano per accaparrarsene quote a scapito dell’alleato)”. Già, e allora perchè in tutto questo macello nordafricano non abbiamo sentito nemmeno una gallina pacifista starnazzare per la mattanza in atto? Dove sono finite le anime belle della pace proprio adesso che si consumava una delle guerre più stupide e sporche della storia europea (Ferrara dixit)? Dove sono trasvolate le colombelle della solidarietà e della fratellanza mondiale mentre gli aerei della Coalizione portavano dal cielo morte e distruzione contro uno Stato legittimo e sovrano? Non sono partite, non sono emigrate, le hanno avvistate tristi e sconsolate, nell’ultimo volo spettrale. Sono andate a suicidarsi sul colle del Quirinale dove ad attenderle c’era un pappagallo reale.
Ps. Giuliano Ferrara, che ha scritto un articolo di fuoco contro la guerra in Libia, non è diventato improvvisamente un caritatevole difensore degli Stati canaglia attenzionati dall’Occidente. Il Giornalista critica questo conflitto perchè frutto di una strategia geopolitica contrastante con quella degli ambienti, ugualmente statunitensi, di cui egli risulta referente in Italia. Con i Repubblicani alla Casa Bianca non avremmo avuto questa invasività nelle questioni europee, o quanto meno essa sarebbe stata di natura differente. Sono i democratici, da Clinton a Obama, che vogliono fare dell’Europa un protettorato a sovranità nulla per limitare e l’indipendenza europea e l’incipiente risalita geostrategica della Russia. A Bush sarebbe bastato lo scudo antimissile ed uno stretto controllo sull’estero prossimo di Mosca. Obama e i centri politici che lo supportano ritengono invece che la loro sicurezza nazionale coincida addirittura con la sottomissione del Vecchio Continente ai piani e ai programmi di Washington. Questa seconda opzione è devastante per l’Italia che sta perdendo, come si vede dalle vicende nordafricane, qualsiasi margine d’azione anche nel suo storico spazio vitale mediterraneo. Essendo noi il ventre molle continentale saremo i primi ad essere colpiti affinchè il programma di predominio geopolitico obamiano ottenga i risultati sperati.