I PROBLEMI DELL’EURO E GLI EUROUNIONBOND

 

Sul Sole 24 ore del 28.08.2011 l’economista A. Roncaglia scrive:

<<L’euro metteva fine alle speculazioni sui tassi di cambio tra le valute europee. Veniva a mancare la valvola di sfogo – la svalutazione – per le aree con maggiore  crescita dei prezzi e minore crescita della produttività; ma la svalutazione aveva costi elevati, generando spirali salari-prezzi assai difficili da contenere.>>

E’ noto che la svalutazione rende più costose le merci e le materie prime importate e di conseguenza può avere effetti sull’inflazione del paese che svaluta ed è altrettanto noto che i meccanismi di aggiustamento relativi a deficit e debito in una area economico-monetaria integrata pesano di più sui paesi in difficoltà che sui paesi “virtuosi”. Attualmente, nell’Unione monetaria europea, sarebbe necessario che gli aggiustamenti “forzati” dei Piigs fossero bilanciati da politiche espansive dei paesi più forti, come Germania e Francia; ma se, come nella presente congiuntura, tutti gli stati hanno un basso tasso di crescita e un alto tasso di disoccupazione si avranno politiche restrittive della spesa in tutti i paesi e una spinta deflazionistica generalizzata. Roncaglia, inoltre, aggiunge che

<Per l’Italia, il crollo dell’euro sarebbe esiziale, per le tensioni centrifughe che ne deriverebbero tra un nord “bavarese” e un sud “mediterraneo”. Per questo il riequilibrio del bilancio pubblico è indispensabile. Ma questi sforzi vanno accompagnati da uno scatto di volontà a livello europeo, a difesa dell’euro.>>

A tale proposito Lyndon LaRouche, che è tra i fautori del “superamento dell’euro”, ha affermato:

<< Il valore della moneta non è la media del suo valore statistico che oggi si calcola sui cambi. Il valore di una moneta è piuttosto la sua ‘potenza’. E in che modo si esprime questa potenza o capacità della moneta? Si esprime nel tasso di crescita di quell’economia. Facendo un investimento si investe in una moneta. Certo che ci troviamo di fronte ai tassi d’interesse, ma la vera questione è qual è il tasso d’interesse effettivamente guadagnato, o meritato? A che tasso effettivamente guadagna qualcosa quella moneta? E questo ciò che ne determina il valore relativo.>>

Ma il ragionamento di LaRouche praticamente non funziona: se vogliamo una moneta nazionale perché senza di essa non è possibile emettere credito produttivo nella maniera e nella quantità da noi desiderata, la  moneta deve essere solo uno strumento con cui decidere delle politiche di investimento, di intervento dello Stato sul mercato in modo da generare le risorse per gli investimenti e ottenere la piena occupazione. Il valore della moneta e dei prezzi va stabilito al livello giudicato idoneo ad onorare il debito che lo stato crea nel momento in cui finanzia lo sviluppo. La moneta nazionale può svolgere una simile funzione ed inoltre, tramite una opportuna politica, essere in grado di determinare in autonomia un determinato tasso di crescita solo in un sistema mondiale non globalizzato sia per quanto riguarda il mercato delle merci  che per quello della moneta e dei capitali. Si tratta di un mondo che non è il nostro. Anche l’economista Claudio Celani ritiene possibile l’uscita dall’euro in termini vantaggiosi:

<<Quando si parla dei danni procurati dall’Euro, che esistono, non sono quelli relativi al rapporto di cambio e nemmeno solo quelli, pur pesanti, dell’aumento dei prezzi al consumo, quanto la sottrazione degli strumenti di politica economica per far fronte alla crisi, primo fra tutti l’emissione del credito. Il credito è indispensabile per far crescere l’economia. Prendiamo il problema centrale dell’Italia che, a parte gli aspetti della globalizzazione, è il divario di sviluppo tra nord e sud. Per colmare questo divario occorrono investimenti infrastrutturali che alcuni anni fa il prof. Aurelio Misiti contabilizzò in circa 300 mila miliardi di lire. Da allora, la cifra dovrebbe essere aumentata perché le infrastrutture sono ulteriormente invecchiate. Ma quello è l’ordine delle cifre di investimenti da mobilitare. Dunque, il ritorno alla sovranità monetaria è imprescindibile dall’impegno, e quindi dall’assunzione di responsabilità, per l’emissione di credito che finanzi quegli investimenti. Si tratta di infrastrutture nei trasporti, nell’energia, nel sistema idrico, e poi ancora nel sistema scolastico e in quello sanitario. Un tale programma creerebbe una domanda di beni di investimento e una ripresa dell’industria e dei consumi non solo al sud ma in tutto il paese. Contestualmente, va fissato il rapporto di cambio, cioè il valore della moneta, secondo il valore potenziale di questa moneta espresso dal contenuto tecnologico del piano di investimenti promosso, che definisce la produttività potenziale del sistema economico a lungo termine.>>

Anche qui si dovrebbe però ipotizzare o uno “Stato commerciale chiuso” come quello proposto, più di due secoli fa, da Fichte oppure una area economica con un centro forte in grado di coordinare flussi reali, monetari e finanziari con i relativi tassi di cambio, sul modello dei “trenta anni gloriosi” del secondo dopoguerra nella parte del mondo egemonizzata direttamente dagli Usa.

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Sul Sole 24 ore del 23.08.2011 Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio hanno proposto all’interno del dibattito relativo all’istituzione di un bilancio e di un debito pubblico dell’Unione europea la creazione di titoli “europei” denominati EuroUnionBond. I due economisti ricordano che attualmente sono in vigore i cosiddetti StabilityBond (Sb):

<<Dall’agosto 2010 è operativo lo Efsf (European financial stability facility) dotato di garanzie di capitale fino a 440 miliardi per emettere titoli finalizzati a prestiti condizionati a Stati di Eurolandia in crisi finanziaria. Le quote di capitale del Fondo sono proporzionali a quelle che gli Stati della Uem hanno nella Bce. La Germania ne garantisce perciò circa il 27%, la Francia il 20%, l’Italia quasi il 18 per cento. Ovvero il 65% della Uem. Per ora questo Fondo ha emesso solo 13 miliardi di Sb per prestiti a Portogallo e Irlanda. Successivi ampliamenti di operatività tra cui quelli decisi in luglio hanno aumentato il capitale garantito a 780 miliardi di euro e altri poteri sono stati conferiti allo Efsf. In particolare il Fondo potrà acquistare sul mercato primario e secondario di titoli di Stato dei Paesi della Uem in difficoltà purché in ristrutturazione finanziaria. Gli ampliamenti deliberati sono tuttora soggetti a ratifica degli Stati azionisti. Quindi per ora il Fondo può solo fare prestiti. Dall’1 luglio 2013 lo Efsf sarà sostituito dallo Esm (European stabilization mechanism), con capitale sottoscritto per 700 miliardi di euro, che avrà durata permanente e che dovrà essere recepito dai trattati europei. In conclusione: gli Sb sono un’importante novità anche se la loro operatività è limitata a operazioni difensive di salvataggio.>>

Gli EuroUnionBond (Eub) dovrebbero, invece, essere emessi da un Fondo finanziario europeo (Ffe). Prodi e Q.C. scrivono che

<<Il Ffe dovrebbe avere un capitale conferito dagli Stati Uem in proporzione alle loro quote nel capitale della Bce. Il capitale dovrebbe essere costituito dalle riserve auree del Sistema europeo di banche centrali (Sebc) che sono la maggiori al mondo con circa 350 milioni di once per un controvalore intorno ai 450 miliardi di euro. Per mettere l’oro a garanzia vanno modificati gli statuti del Sebc e della Bce (anche con riflessi sui Trattati europei), enti che potrebbero anche diventare azionisti, in quanto conferenti, del Ffe. Supponendo che il capitale versato del Ffe sia di 1.000 miliardi di euro, ogni Stato membro della Uem dovrà conferire oltre all’oro altri capitali anche in forma di obbligazioni e azioni stimate a valori reali e non a prezzi di mercato sviliti.>>

Tra le altre cose i due professori affermano  che tra i  conferimenti dell’ Italia nel fondo una parte

<<a nostro avviso dovrebbero essere azioni di società detenute dal ministero dell’Economia (Eni, Enel, Finmeccanica, Poste ecc). Società che oggi non sono privatizzabili, dati i prezzi di mercato.>>

Cosa significhi questo non mi è del tutto chiaro ma probabilmente i nostri due brillanti economisti ritengono che una “svendita” delle nostre aziende strategiche alle potenze estere possa essere ben preparata con questi passaggi. In conclusione il Ffe diverrebbe il mezzo più rapido per distruggere gli ultimi residui di autonomia politica, economica e finanziaria del nostro paese e degli altri stati minori della Ue, senza contare che anche Francia e Germania metterebbero nelle mani degli Usa e delle potenze emergenti come la Cina gli strumenti per diventare ancora più dipendenti e sottomesse (serve). Prodi e Q.C. lo dicono infine chiaramente:

<<I vantaggi di questa emissione di Eub sarebbero enormi. Ne citiamo solo due. Il primo è che il Ffe non sarebbe opportunistico ma stabilizzante nella gestione dei titoli di Stato nazionali da detenere su lunghe durate rendendo così molto difficile anche la speculazione. Il secondo vantaggio sarebbe un mercato degli Eub di grandi dimensioni e una raccolta a interessi in media più bassi rispetto ai titoli nazionali di quasi tutti i Paesi Eum. Data anche la natura del Ffe e degli Eub, che hanno garanzie reali, diverrebbe realistico attrarre investitori molto liquidi come i Fondi sovrani che si stima abbiamo oggi asset intorno ai 4.200 miliardi di dollari, ovvero circa 3.000 miliardi di euro, che nessuna emissione di titoli di Stato della Uem può servire se non in piccola parte. In tal modo gli Eub possono davvero diventare competitivi nei confronti dei titoli del tesoro Usa dei quali la Cina vuole alleggerirsi.>>

Mauro Tozzato           30.08.2011