A KIEV COMANDA WASHINGTON E QUESTA VUOLE LA GUERRA
Obama ed i suoi alleati europei cercano di addossare a Putin il conflitto civile in corso in Ucraina. Sarebbe l’ingerenza dei russi a fomentare la ribellione nell’Est russofilo e non la resistenza spontanea della popolazione discriminata dalla Junta Golpista di Kiev che, come primo atto di insediamento, si premurò di eliminare la lingua russa dai documenti ufficiali dello Stato. Una provocazione inaccettabile per 10 milioni di russofoni. Che ora vogliono andare per la propria strada avendone ben donde, perché è sempre meglio che farsi ammazzare in massa o sottostare ad un gabinetto illegale di marionette straniere.
Mentre il New York Time nega la versione della Casa Bianca, affermando che nel Sud-Est ucraino la rivolta è nata spontaneamente e non è stata supportata dall’esercito di Mosca, mentre la Nuland, a precise domande dei politici statunitensi, non può negare il coinvolgimento attivo e violento di gruppi fascisti tra le fila di Kiev, la Comunità Internazionale continua a costruire castelli di menzogne per celare le proprie corresponsabilità nell’operazione “antiterrorismo” condotta da Turcinov e soci, ma elaborata dai consiglieri di Washington, contro i loro stessi cittadini.
Gli usurpatori della Capitale credono di risolvere i loro problemi con la forza ma stanno accumulando sconfitte su sconfitte, spargendo vittime su questa fase di transizione che culminerà nelle elezioni farsa del 25 maggio. I membri della Nato non avranno però difficoltà a riconoscerle, le commedie democratiche sono una loro invenzione (dall’Iraq all’Afghanistan), ancorché il clima di intimidazione e di caos regnante nella nazione ne inficia la regolarità, e ciò dopo aver invece sprezzantemente svalutato e bollato di illegittimità il voto di 4 milioni di persone recatesi alle urne nel Donbass per il referendum sull’indipendenza. Nel frattempo gli attacchi non si arrestano e molti centri restano sotto assedio, Slaviansk, fulcro dei partigiani antikiev, viene presa di mira con bombardamenti da ogni lato, le perdite sono ingenti ma Ue e Usa hanno deciso in anticipo, dimostrando tutta la loro russofobia, che non si faranno commuovere da chi non accetta il golpe anticostituzionale dei filostatunitensi. A nulla servono le richieste d’aiuto della popolazione, per l’Occidente si tratta di figliocci di Putin, quindi di carne da cannone.
Eppure, il Cremlino si è limitato a non abbandonare gli slavi che vivono sul territorio ucraino ad un destino di atrocità e di abusi, poteva fare di più ma ha voluto evitare un bagno di sangue più grande, che sarebbe stato certo col suo sostegno aperto ai resistenti.
E Obama? Non si può dire lo stesso del premio Nobel per la pace. Oltre ai consiglieri militari e d’intelligence, che stanno assistendo i politici pro-Usa di Kiev, gli Stati Uniti hanno 400 mercenari attivi sui vari fronti locali, prima agenti nell’Ovest ed ora stornati nel Sud-Est. Sono militari privati ma considerati i rapporti tra le agenzie di sicurezza ed il Governo americano si deve parlare di vero e proprio coinvolgimento diretto di Washington nella guerra sul campo.
La Casa Bianca tenta inutilmente di arroccarsi dietro la natura giuridica delle private military companies ( PMCs) ma esiste una continuità evidente tra tali compagnie e le istituzioni americane. Greystone, Academi, Halo Trust, sono i nomi di alcune di esse, ricevono ordini dal Dipartimento di Stato e collaborano con la Cia, il Ministero della difesa ed il Governo, condividono armi, studiano piani ed hanno accesso ai database militari dello Stato. Agenzie private ma col trucco. Queste unità vengono impiegate ormai dappertutto e sono la foglia di fico dell’Amministrazione statunitense per dissimulare interferenze in prima persona sui teatri più caldi del pianeta. Il personale di queste società è estremamente preparato e così ben pagato da essere disposto a commettere efferatezze che nessun altro soldato si accollerebbe. Un militare americano guadagna per una missione all’estero fino a 4 mila dollari mentre un mercenario fino a 1000 dollari al giorno. In Ucraina le parcelle risultano persino triplicate, il governo di Kiev sta saccheggiando le sue casse, già ridotte all’osso, per venire a capo di un disastro politico ed economico nel quale gli statunitensi stanno nuotando come pesci nell’acqua.
Ad ogni modo gli ucraini dell’Ovest non controllano più il loro paese, la loro volontà è annientata e non possono fare più nulla per ridurre l’escalation, anche laddove volessero provarci. A Kiev comanda Washington ed è questa padrona della loro misera sorte. Quando i colpi di mano sono finanziati e assistiti dall’estero finisce spesso così, come ben sapeva anche Machiavelli che invitava i sovrani italici a rifiutare gli aiuti militari degli altri stati se non si era in grado di rintuzzare le loro pretese in un secondo momento.
Obama che chiede a Putin di fare un passo indietro è, dunque, come il lupo a monte che intima all’agnello di non avvelenargli l’acqua a valle. Una assurdità minacciosa che solo un mentitore di professione poteva pronunciare.