A NOI PIACCIONO LE CATTIVE COMPAGNIE DI RE SILVIO di G.P.


 
Oggi avrei voluto scrivere sulla crisi economica, partendo da una parabola riportata nella “Vita di Gesù” di Hegel ma ho preferito rimandare l’ “articolessa” per ragioni di “sdegno maggiore”, dopo il pessimo spettacolo dato dalla solita carta straccia di regime e dai nostri raffinati analisti di cose internazionali, in seguito alla visita di Putin in Italia. Da quando Silvio Berlusconi è Premier finalmente l’Italia ha una politica estera degna di tale nome, non proprio come la vorremmo,  ma almeno possiamo affermare che il nostro Paese comincia a contare qualcosa sugli scenari internazionali, così come non accadeva dai governi democristiani e socialisti della I Repubblica.
Sicuramente, considerata la presente fase storica di multipolarismo e di ridefinizione degli assetti mondiali occorrerebbe maggiore coraggio nel perseguire certi fini, tuttavia è altresì innegabile, seppur tra mille equilibrismi e tentennamenti (rinvenienti da un’atavica debolezza politica aggravatasi con lo smembramento della precedente classe dirigente negli anni ‘90), che Berlusconi si stia comportando bene, soprattutto nella partnership con la Russia, con la quale stringe accordi e intese che solo fino a qualche anno fa sembravano improbabili. Che le liaisons dangereuses tra Putin e Silvio stiano dando fastidio agli americani, e a quanti in Europa vorrebbero un' Italia ridimensionata e schiacciata sotto il tallone del continente, è fuori di dubbio ma che anche i giornali del Cavaliere – questo presunto dittatore illiberale non in grado nemmeno di tenere a bada i suoi dipendenti – si mettano a criticare, seppur velatamente o con misere giustificazioni liberoscambiste, l’operato del loro “editore reale” è davvero una cosa ridicola. Le storie che per anni la sinistra ha raccontato alla pubblica opinione e ai suoi militanti inebetiti sul tiranno di “Arcores” e sulla foia messa dall' "Arcorman" nel tentativo di ridurre la nazione ad una megacorte di puttane e paggetti, dimostrano di essere pura propaganda e, per di più, di infima lega.
Naturalmente, a far piovere pallottole di aggettivi contro la presenza di Putin in Italia e la concordanza, anche caratteriale, col nostro Presidente del Consiglio sono stati i sempiterni fogliacci della sinistra che gozzovigliano tra le macerie ideologiche dei tempi andati e i must culturali del secolo americano in declino, al quale restano attaccati come le patelle allo scoglio. Il mondo va avanti, si modifica, genera nuove situazioni storiche e politiche ma lorsignori benpensanti, accecati dallo loro dottrina filistea, blaterano di nuovo fascismo, di menefreghismo, di cattive compagnie, laddove sono proprio quest’ultime che, paradossalmente, stanno dando all’Italia un diverso e performante profilo geopolitico.  La collaborazione tra Mosca e Roma è del tipo win-win, come attestano gli accordi firmati nei settori di avanguardia dell’energia, del nucleare, dei gasdotti, della chimica, dell’aeronautica, dell’aerospaziale. Ma la sinistra retrograda e perbenista preferisce spaccare il capello in quattro e mettere l’accento sullo sdoganamento, da parte italiana, di un Paese che non rispetta i diritti umani, che perseguita l’opposizione, che offende la democrazia, che opprime la stampa. La Russia sarebbe l’inferno sulla terra, a sentire questi strilloni imbalsamati.
Ma la Russia non è la Colombia o l’Arabia Saudita o Israele o il Pakistan, per citare alcuni esempi di paesi “border line” che solo per essere alleati degli Stati Uniti, pur agendo vergognosamente contro le loro stesse popolazioni o i loro vicini, ricevono patenti di presentabilità mondiale. Ha ragione Franco Bechis che, avulso dai sentimentalismi pseudoumanitari,  ha parlato su Libero del trio atomico che spaventa Obama. E sì, perché la probabile entrata della francese EDF nel consorzio South Stream, il gasdotto voluto da Eni e Gazprom con l’imprimatur dei governi russo e italiano, apre nuovi scenari in Europa e proietta due potenze fondatrici di eurolandia sempre più verso Est. Perciò, si domanda Bechis, non sarà che questa situazione ingestibile per Washington sia alla base di qualche perfido disegno dell’amministrazione Usa che mira ora ad individuare referenti più "leali" per ricondurre l'Italia sulla retta via? Il pensiero cade immediatamente su Fini, uomo con il quale sembra possibile ripristinare un dialogo da mettere sui giusti binari, con la riproduzione dei ruoli di sempre: da una parte il padrone “ingerente” e dall’altra il servo ubbidiente. Questa ipotesi fu da noi già avanzata qualche mese fa allorché il Presidente della Camera incominciò a fare la spola tra Roma e Washington. Fini ha dimostrato, al contrario di Berlusconi, di essere più prudente su Putin, come riportato da The Nation, di preferire le buone compagnie americane e israeliane alle pessime frequentazioni “slave”. Il che, dal punto di vista americano, costituisce un buon curriculum
 
Lascio adesso la parola a Franco Bechis:
Chissà se è tornato in mente a Silvio Berlusconi ieri mentre scherzava con Vladimir Putin a Villa Gemetto quel che era accaduto solo qualche mese fa, fra la fine dell`estate e l`autunno 2009. Prima il grande freddo fra Italia e Stati Uniti seguito all`annuncio dell`opzione berlusconiana per South Stream, il gasdotto russo preferito al Nabucco  caro agli americani. Ci fu la protesta formale – perfino inusuale- del neo ambasciatore Usa a Roma, David H. Thorn, che in un` intervista sibilò:
«Siete troppo legati sul gas. Al Dipartimento di Stato, nel governo americano, il timore riguarda l`Europa, non solo l`Italia».
Qualche giorno dopo un articolo, buttato lì su La Stampa di Torino:
"E ora gli americani puntano su Gianfranco", a ingigantire anche in chiave della querelle energetica, il viaggio in Usa del presidente della Camera, Fini, previsto per i primi di febbraio.
Quel viaggio c`è stato, e così ne ha scritto America Oggi sotto il titolo "La cotta americana per Fini": «I liberal americani che hanno sostituito i più o meno neo-con repubblicani nelle stanze dei bottoni di Washington hanno inviato un segnale ai Palazzi di Roma che contano: per l`America il politico italiano più adatto aprendere il posto del premier Silvio Berlusconi oggi risponde al nome di Gianfranco Fini. Così è nella wish list (lista dei desideri) di chi è oggi al potere con Obama».
Quasi in contemporanea su The Nation uscì un articolo sulla prudenza di Fini nel rapporto con Putin.

SUGGESTIONI
Saranno suggestioni, ma quel che è avvenuto ieri a villa Gernetto anche per questo non è sembrato così distante dalle piccole vicende politiche di casa nostra che avevano dominato la settimana precedente. Certo, l`alleanza sull`atomo fra Italia e Russia non provocherà scossoni diplomatici con gli Usa come quelli dell`autunno scorso. Ma si può essere certi che a Washington avranno gradito assai meno l`annunciato ingresso della Francia- con Edf nel gasdotto South Stream che diventerà operativo nel primo semestre 2012.
Perché quell`asse fra Putin-Berlusconi e Sarkozy è proprio quel che apertamente temevano alla Casa Bianca: un`Europa che pezzo dopo pezzo si sottrae all`area di influenza energetica americana rischiando di dipendere in buona parte dalla Russia. Se il triangolo è quello, allora anche
la scelta nucleare potrà creare preoccupazioni al di là dell`Atlantico. Perché anche la principale fonte di diversificazione energetica di Francia e Italia si legherà strettamente alla Russia di Putin. Ieri è stato firmato un memorandum di intesa scientifico legato al progetto Ignitor, che prevede la sperimentazione in un reattore termonucleare in Russia. Il progetto è antico, e la collaborazione scientifica non è una novità assoluta: insieme ai russi lavoravano da tempo i ricercatori di Enea, del Mit di Cambridge (da cui proviene il capo progetto, un italiano, il prof. Bruno Coppi), del Politecnico di Torino, del Cnr e di Ansaldo Ricerche. Ma insieme al rafforzamento della ricerca congiunta, Italia e Russia hanno siglato anche alleanze operative nel settore della costruzione di centrali e nucleari e della distribuzione dell`energia attraverso i due colossi nazionali:Enel e Inter Rao Ues.
Sarà il gruppo italiano guidato da Fulvio Conti a realizzare la prima partnership pubblico-privata in Russia sviluppando la nuova centrale nucleare di Kaliningrad, composta da due gruppi da 1.170 Mw e con tecnologia Vver di terza generazione.

MATRIMONIO ATTESO
Un matrimonio che non deve stupire: anche se l`Italia in questi anni è stata fuori dal nucleare, Enel è forse fra i pochi gruppi al mondo ad avere già sviluppato e realizzato fuori dai confini nazionali centrali nucleari con tutte le tecnologie esistenti al mondo: la Vver in Slovenia (a Mohovice), la Candu in Romania, la tecnologia americana di Westinghouse in Spagna e l`Epr di terza generazione acquistata dalla Francia in Slovacchia.
Non solo: Enel da tempo lavora in Russia, con partecipazioni in aziende che completano tutta la catena produttiva e distributiva dell`energia tradizionale (centrali elettriche). Insomma, c`è una storia imprenditoriale che non è di queste ore. Ma quando le partnership industriali vengono messe in fila una per una diventando tasselli di un patto fra governi come accaduto ieri a villa Gernetto fra Berlusconi e Putin, la materia diventa assai più incandescente e non per colpa di un reattore.
Questo patto sull`atomo provocherà una scossa in più nei rapporti fra Roma e Washington. E allora rileggersi quelle cronache e quegli entusiasmi sulla stampa Usa per il viaggio di Fini del febbraio scorso può essere istruttivo.