A QUALCUNO PIACE CALDO

(a seguire l’intervista a URIARTE)
Siamo già intervenuti con i nostri dubbi sul fantomatico riscaldamento del pianeta denunciato da alcuni scienziati a Parigi (ma non solo) e che sembra preoccupare troppo (sarà un caso?) persino Emilio Fede. Abbiamo raccolto altre informazioni imbattendoci nel parere di un altro scienziato, geografo ed esperto di climatologia e paleoclimatologia. Riproduciamo l’articolo per intero sul nostro sito (www.ripensaremarx.it), purtroppo, chi non conosce lo spagnolo dovrà accontentarsi di una nostra epitome.
In sintesi, Anton Uriarte afferma che, prima di tutto, la mancanza di acqua (si parla specificatamente del Paese Basco, anche se si enuncia un principio scientifico che vale dovunque nelle stesse condizioni) non è attribuibile all’aumento di CO2 nell’aria. Piuttosto la maggiore intensità dei venti soffiati da sud ha determinato la carenza di tale elemento. Per altro, negli ultimi 15 anni (1990-2006) la temperatura in Europa, nel mese di dicembre, gennaio e febbraio ha avuto una inesorabile tendenza all’abbassamento. Uriarte continua sostenendo che un’analisi storica dei disastri climatici smentisce l’ipotesi del peggioramento inarrestabile del clima del pianeta. E non bastano nemmeno i continui disastri (come inondazioni o cicloni tropicali) ad affermare che qualcosa di irreversibile sta avvenendo. Anzi, sembra che la frequenza dei cicloni tropicali non sia affatto aumentata, come non ne è aumentata l’intensità. Per esempio, le vittime dell’Uragano Katrina sono state molte meno rispetto a quelle verificatesi ad inizio secolo (Galveston, nel 1900, con quasi 8.000 morti). In Bangladesh, nel 1970, ci sono state 500.000 vittime a causa di un uragano del quale non si conosce nemmeno la categoria perché non c’erano né satelliti né possibilità di misurazione. In questo stesso paese, nel 1974, mentre dappertutto si parlava di raffreddamento del clima, si verificò una carestia che ammazzò un milione di persone. Un evento a noi più vicino è senz’altro la burrasca atlantica del 1953 che provocò la rottura delle dighe del Zuyder Zee e inondò il 70% dell’Olanda, con circa 2000 morti.
La cosa più interessante è, però, secondo Uriarte che dietro tutto questo allarmismo si nasconde una montagna di denaro. Per esempio la Goldman Sachs e la Morgan Stanley si sono messe a “commerciare” in questa nuova mercanzia chiamata CO2. Per ogni parco solare costruito, in raffronto ad una quantità irrilevante di elettricità prodotta, piovono, come inversamente proporzionali a questa, milioni di dollari di sovvenzioni pubbliche. Del resto, indica Uriarte, basterebbe guardare a chi è seduto nel consiglio di amministrazione della principale impresa spagnola di pannelli fotovoltaici, Isofoton.
Per quel che riguarda l’Antartide e la Groenlandia, nelle ultime decadi di questo secolo, non vi è stata nessuna tendenza generale al disgelo. La Groenladia ha subito qualche anno di riscaldamento ma i dati ufficiali, per il periodo 1950-2000, indicano un nuovo raffreddamento. Per l’Antartide, il riscaldamento ha comunque determinato una maggiore abbondanza di nevicate, dovute alla più rilevante capacità idrica dell’aria, per cui alla fine si verificherà una inevitabile compensazione. Tuttavia, in assoluto, non vi è stato nessun riscaldamento dell’Antartide, poiché il ghiaccio marino dell’ Artico, il quale si scongela tutti gli anni in estate per più di un 60%, recupera la sua consistenza in inverno. Detto ciò, non si può trascurare del tutto il fattore umano; in un secolo siamo passati da 2 miliardi a 6 miliardi di persone. Ciò ha comportato l’occupazione di nuove terre per l’agricoltura, l’ampliamento dei sistemi d’irrigazione e la costruzione di nuove
città. In virtù di tale crescita demografica si è resa necessaria la modifica della superficie terrestre. Siccome l’aria si riscalda solo un po’ verso l’alto ma soprattutto verso il basso, ecco trovato un elemento che ci aiuta a fugare certi allarmismi di “comodo”. Il sole riscalda prima il suolo e dopo, con radiazioni infrarosse o con il vapore acqueo, riscalda l’aria. Se si è modificata la struttura dei posti dove viviamo è normale che abbiamo influenzato anche la temperatura dell’aria. Comunque lo abbiamo fatto di poco, poiché anche l’intensità irradiante del sole cambia, così come le correnti oceaniche ed altri fattori come i raggi cosmici che influiscono sulla nuvolosità; l’importanza di tali fattori non è, dai più, ancora riconosciuta per la rilevanza che meriterebbe nello studio di questi fenomeni. Con il calore la terra diviene più verde e più umida, d’altra parte un’atmosfera con più CO2 è più fertile perché tale gas è alla base della fotosintesi. Non è il clima che desertifica ma il taglio dei boschi e delle foreste. Non è il clima che riduce le specie faunistiche ma la caccia e la pesca troppo intensive. Le colpe devono essere debitamente ripartite.
Per concludere, Uriarte rifiuta di essere definito un negazionista (termine che serve a stigmatizzare le persone legandole alla tragedia dell’olocausto) e si definisce più semplicemente uno scettico perché il dubbio è sempre alla base della scoperta scientifica. Oggi, invece, a fondamento della scienza ci sono il denaro e il cinismo.
ANTÓN URIARTE | GEÓGRAFO Y EXPERTO EN CLIMATOLOGÍA Y PALEOCLIMATOLOGÍA
«Un análisis histórico de los desastres climáticos no dice que el clima vaya a peor»
Geógrafo, experto en climatología y paleoclimatología. Hoy apartado de la vida académica universitaria por razones de salud, es un referente dentro de quienes, los menos, se declaran escépticos con los desastres actuales y futuros que se achacan al calentamiento global. Defiende que ni los osos polares están en peligro de desaparición, ni el aumento de la temperatura media de la Tierra traerá ninguna desgracia.
Autor del estudio “Historia del clima de la Tierra” (Gobierno de Lakua, 2003), mantiene una página web sobre el mismo tema (http://ho mepage.mac.com/uriarte) y un blog donde responde con datos en la mano a los ‘futurólogos’ del cambio climático (http:// antonuriarte.blogspot.com). Rechaza que se tilde de «negacionistas» a quienes, como él, discrepan de la corriente oficial sobre el calentamiento terrestre. El millón de ‘pinchazos’ que ha tenido su web le da ánimos para seguir con sus argumentos, los cuales no le importa divulgar en entrevistas o conferencias, o enfrentarlos dialécticamente con quienes piensan diferente a él.
Falta de agua, falta de nieve, temperaturas anormales, se dice, para estas fechas ¿Está detrás de esto el calentamiento global acelerado o nos estamos dejando arrastrar por la explicación más fácil?
Puede que cuando esta entrevista se publique ocurra lo contrario y haya exceso de agua, exceso de nieve y temperaturas frígidas. Da lo mismo. Las preguntas serían las contrarias pero seguirían siendo pertinentes, ya que dada la histeria, todo se achaca al cambio climatico. Incluso si no cambiase el clima de un año para otro se achacaría al «cambio climatico». No, las temperaturas altas y la falta de agua en Euskadi no es debida al incremento del CO2 en el aire. Es debida a que estos meses por aquí ha soplado el viento sur con mas frecuencia que de costumbre. Así ha tocado. En otros sitios les habra soplado mas del norte. Pero desde luego el CO2 no es el culpable. Ademas, la tendencia en los últimos quince años, 1990-2006, de la temperatura en Europa en los meses de diciembre, enero y febrero ha sido a la baja.
Usted es un escéptico declarado respecto a los desastres que se achacan al cambio climatico. ¿No hay nada de cierto en esos efectos tan desastrosos que se anuncian?
Un analisis histórico de los desastres climaticos no ratifica esa idea de que el clima va a peor. Las continuas alarmas sobre inundaciones o ciclones tropicales no demuestran que se esté produciendo un cambio climatico anormal en la historia del clima. Es mentira que la frecuencia de ciclones tropicales haya aumentado. Las víctimas del Katrina fueron bastantes menos que las habidas en Estados Unidos en otros ciclones que se produj eron cuando las emisiones de CO2 eran insignificantes; el de Galveston, en 1900, en el que murieron casi 8.000 personas, por poner un ejemplo. Y fuera del Atlantico, el de Bangladesh, en noviembre de 1970, con 500.000 víctimas, del que ni se sabe la categoría, pues no había ni satélite ni mediciones. Un país que, ademas, en 1974, cuando se hablaba del enfriamiento del clima, sufrió una hambruna que dejó mas de un millón de víctimas. Y lo mismo ocurrió en el Sahel en aquella década. Mas cerca, casi nadie se acuerda de la borrasca atlantica de febrero de 1953 que provocó la ruptura de los diques del Zuyder Zee e inundó el 70 % de Holanda, muriendo casi 2.000 personas.
¿Estamos entonces ante una especie de conspiración internacional?
No, esta idea del peligro del «cambio climatico» no es una oculta conspiración internacional. Los escépticos no decimos eso. Al contrario, es una gran bola de nieve bien visible que crece y crece.
Y es también, y cada vez mas, un suculento asunto de dinero. Como no podía ser, hasta los bancos estan cada vez mas de lleno metidos en ello. Por poner un ejemplo, la firma financiera Goldman Sachs y uno de los principales bancos norteamericanos, Morgan Stanley, se han metido de lleno en el comercio mundial de esa nueva mercancía llamada CO2, que antes no tenía precio y que de repente tiene. Todo ello en Europa gracias al Protocolo de Kioto y en Estados Unidos a otros tratados particulares entre diversos estados, como el propugnado por el famoso líder ecologista californiano Arnold
Schwarzenegger. Aquí, màs cerca, he leído que el Banco Guipuzcoano lanza una inversión en parques solares, para inversionistas de gama media-alta, donde, según ellos mismos explican, por una ridícula cantidad de electricidad producida recibiràn unas suculentas subvenciones. Mire usted quién està en el consejo de administración de la principal empresa española de paneles fotovoltaicos, Isofotón, y dígame si los apellidos no le suenan a los oligàrquicos de toda la vida.
Dicen que los polos son el termómetro de la Tierra y que desapareceràn en cuestión de décadas. 4Se lo cree?
Ni Groenlandia ni la Antàrtida han mostrado en las últimas décadas una tendencia general al deshielo. Groenlandia ha sufrido un par de años càlidos con deshielo en sus màrgenes pero los datos oficiales indican que entre 1950 y el 2000 padeció un enfriamiento. En cuanto a la Antàrtida, hasta el propio IPCC indica que un calentamiento haría que allí aumentase el hielo porque las nieves serían màs abundantes, debido a la mayor capacidad hídrica del aire, y compensaría un posible mayor deshielo veraniego. De todas formas, la Antàrtida no se ha calentado. En cuanto al hielo marino del Artico, que todos los años se descongela en verano màs de un 60 % y se vuelve a recuperar en invierno, es cierto que parece sufrir una cierta tendencia a la baj a. 4Y qué? 4Los osos polares? Desde que en 1973 se reguló su caza han pasado de 10.000 a 25.000. No en Nunavut, por cierto, donde los esquimales se permiten cazar unos 500 al año porque dicen que hay demasiados.
Pero 4hasta qué punto la mano del ser humano està afectando de forma negativa a nuestro clima?
En un siglo hemos pasado de ser menos de 2.000 millones a màs de 6.000 millones de humanos. Ademàs, la esperanza de vida media se ha duplicado. Eso ha exigido ocupar nuevas tierras para labores agrícolas, multiplicar los regadíos, construir ciudades. En fin, hemos modificado una importante proporción de la superficie terrestre. Y para el que no lo sepa, el aire se calienta un poco desde arriba pero sobre todo desde abajo. El Sol calienta el suelo primero y luego el suelo, con radiaciones infrarroj as o con vapor de agua, calienta el aire. Si hemos modificado el piso es normal que algo hayamos influido en la temperatura del aire. Pero, probablemente, poco, porque también la intensidad del Sol cambia, y las corrientes oceànicas, y otros factores màs, como los rayos cósmicos que afectan a la nubosidad, y cuya importancia desconocemos.
Es màs, usted defiende en su blog personal que el que la Tierra se caliente unos grados tampoco es tan nefasto.
La Tierra siempre ha sido màs verde y màs húmeda cuando ha estado màs caliente. En
los tiempos glaciales los desiertos se expandían y las selvas se encogían. Es lógico, porque un aire màs caliente es un aire que admite màs humedad y el calor acelera el traspaso de humedad
desde los océanos a los continentes. Por otra parte, una atmósfera con màs CO2 es màs fértil, ya que el CO2 està en la base de la fotosíntesis. De hecho, aunque suene a escàndalo decirlo, el planeta, observado desde los satélites, cada vez està màs verde, excepto en donde se talan bosques, claro. No es el clima el que desertiza algunas regiones, sino la tala; como no es el clima el que acaba con muchas especies, sino la pesca y la caza. Lo fàcil y conveniente es echarle la culpa al CO2. La culpa de esta manera se difumina, se reparte.
Entonces, lo de que el CO2 es el culpable de todos los males…
El CO2 es un gas bueno, vital, tan importante para la vida terrestre como lo es el oxígeno.
4Considera su postura como escéptica o la calificaría de otra manera?
Algunos, con ideas retorcidas y para hacernos callar, nos empiezan a llamar negacionistas, el término que se usa para nominar a los que niegan el Holocausto. Pero no, somos escépticos, y a mucha honra. El escepticismo, y un puntito de vanidad, es lo que, hasta no hace mucho, ha movido el espíritu científico. Ahora es el dinero y el cinismo lo que màs lo mueve.
4Resulta difícil defender argumentos como los suyos frente a cientos de informes y documentos firmados por cientos o miles de científicos que afirman lo contrario?
4Miles de científicos? 4Cientos de informes? No exagere. Lo que hay es mucho silencio detràs de mucho ruido.
4Qué significa el Protocolo de Kioto para usted?
Kioto es un eslogan aprovechado por los gobiernos de Francia, Reino Unido y Alemania para cargarse como fuente de energía global a la màs barata, mejor repartida, menos monopolizada y màs abundante: el carbón. De paso fastidian a los Estados Unidos, que de carbón andan sobradísimos. Màs del 50% de la electricidad de Estados Unidos procede de centrales térmicas.
A su juicio, ¿debemos hacer algo, entonces, para hacer frente a los efectos del calentamiento global?
No va a haber tales cambios. A lo que nos vamos a tener que preparar es a la proliferación de la energía nuclear, con fábricas y depósitos de uranio enriquecido por todas partes, gracias al «cambio climático». –
Destacan el rol de los bosques para combatir el cambio climatico
El Derecho Forestal se ha ocupado históricamente sólo de la gestión de la propiedad de los montes como productores de aprovechamientos, con una limitada preocupación por otros factores, tales como la lucha contra la erosión, la propia conservación de la masa forestal o la protección de determinados espacios. Sin embargo, la creciente preocupación de los científicos y de la sociedad en general por los efectos del cambio climático ha impulsado a Miren Sarasibar a abordar los bosques desde otro punto de vista, y colocarlos en un lugar destacado en la lucha contra el calentamiento global de la Tierra.
Doctora en Derecho por la Universidad Pública de Nafarroa, Miren Sarasibar (Eguaras, 1978) acaba de publicar un libro titulado “El Derecho Forestal ante el cambio climático: las funciones ambientales de los bosques”. En esta obra, la autora analiza el nuevo rol de los bosques, desde el punto de vista jurídico, como factor contribuyente a la reducción del cambio climático.
Las funciones ambientales de los bosques han sido abordadas en los últimos años por la normativa internacional, y en concreto por la Convención Marco de las Naciones Unidas sobre Cambio Climático (1992), y el Protocolo de Kioto (1997). También la UE ha unido la política forestal con el cambio climático, impulsando medidas para hacer frente a este fenómeno.
Estas cuestiones son desarrolladas en el libro de Miren Sarasibar, que también estudia las medidas que existen en el Derecho Forestal para aminorar las consecuencias del cambio climático, que no habían sido tratadas desde un punto de vista jurídico.
Un principio básico que se formula ahora en el Derecho Forestal es el de «gestión forestal sostenible», del que se derivan importantes acciones que inciden en el cambio climático. Como aspecto relevante, la propia autora destaca la función de «sumidero» de CO2 de los bosques, «ya que supone aprovechar y sacar rendimiento a este recurso natural».
El libro también estudia el aprovechamiento energético de los residuos forestales, o
biomasa, como un tipo de energía renovable que puede considerarse como «un medio efectivo para operar contra el cambio climático», explica Miren Sarasibar.