AMBIGUITA' DEL MULTICULTURALISMO a cura di R.S.
Nel 2005, nel suo libro “Contro il relativismo” (Laterza, pagg. 6-7), G. Jervis* scriveva:
<<<[…] Probabilmente le idee di De Martino** ci aiutano a non perdere l’orientamento nell’incontro tra i popoli, in primo luogo per merito del suo concetto di “etnocentrismo critico”. Qualsiasi studioso, egli diceva, se incontra culture lontane non dovrebbe illudersi di poter rinunciare alla propria collocazione storica e culturale: salvo, peraltro, essere capace di esercitare un distanziamento critico anche nei confronti della propria cultura. In pratica, De Martino teneva ben fermi due principi strettamente legati fra loro: “sapere qual è la propria collocazione” e “saper fare – anche tecnicamente – la propria parte”, quindi non illudendosi di fare la parte degli altri. Egli non credeva in quella “negazione del ruolo” che di lì a pochi anni sarebbe stata uno degli slogan preferiti dagli studenti.
Per analoghi motivi, è probabile che non avrebbe approvato neppure il relativismo multiculturalistico che alcuni difendono come fosse la linea “politicamente corretta” nei confronti delle culture non-europee. A riprova di questo, tra le citazioni possibili si può richiamare il [seguente] brano:
“Non si può porre la propria civiltà accanto alle altre, e tutte considerarle come prospettive alla pari… Non si vince così il ‘provincialismo’ culturale: si deve dialogare col mondo, ma la propria parte bisogna conoscerla bene, altrimenti si rischia di cadere in un enorme pettegolezzo, in un chiacchierare ambiguo e sciocco, in un camaleontismo che simula l’apertura e la varietà di interessi, ma che è soltanto la maschera di una abdicazione senza limiti.” >>>.
Ogni ulteriore commento appare al momento superfluo.
* Giovanni Jervis, psichiatra, si è sempre occupato di comportamenti sociali e del rapporto tra temi psicologici e problemi politici.
** Ernesto De Martino, etnologo e storico delle religioni, “socialista che credeva nell’emancipazione delle masse, e riteneva di doversi battere per il superamento della subordinazione, anche psicologica, dei miserabili e degli oppressi di tutti i paesi. Eppure, al tempo stesso, era consapevole del fatto che nel corso della graduale sparizione delle culture preletterate sotto la marcia trionfante della plastica e della Coca Cola qualcosa di prezioso sarebbe andato perduto”. (Jervis)