Analisi di guerra ipotesi e conseguenze. di C. Barlati
Riceviamo e pubblichiamo
Il concetto di ”guerra” ha oramai perduto la sua valenza originaria. Ciò che noi genericamente intendevamo come guerra era riconducibile ad una serie di inevitabili ripercussione, conoscibili dall’opinione pubblica e dall’informazione. Le caratteristiche che attribuivano al classico stato di belligerenza erano: l’occupazione militare, i campi di battaglia, i bombardamenti, i feriti e così via. Ma non tutti i conflitti, oggigiorno, si contraddistinguono per tali plateali conseguenze. Alcuni di essi risultano appena percettibili, mentre altri soltanto ipotizzabili.
Da un decennio a questa parte, è in corso una tipologia di conflitto del tutto innovativa, che utilizza strumenti del campo economico, militare e politico per l’annichilimento coordinato del proprio avversario. I maggiori analisti geopolitici sono concordi nell’utilizzare la definizione di ”guerra ibrida”, per identificare l’attuale stato di belligeranza in corso tra Russia, Stati Uniti, Cina, Iran e Israele. Le peculiarità di questo nuovo modello di conflitto comprendono l’utilizzo di: spionaggio informatico, destabilizzazione di luoghi strategici, ricatti politici, speculazioni economiche, prevaricazioni militari, omicidi di personalità influenti. I vantaggi di una simile condotta risultano incalcolabili. L’indiretto indebolimento del proprio avversario appare come un’alternativa enormemente preferibile rispetto alla classica guerra d’occupazione, sia in termini di costi umani, sia per il razionale utilizzo delle risorse a disposizione. Ma se tutto ciò non dovesse bastare?
Per una guerra che non riguardi gli USA.
La percezione di un 3′ conflitto mondiale ha turbato profondamente le coscienze dei popoli europei. Persino in chi aveva confidato in una pacifica risoluzione degli eventi, l’ipotesi di un nuovo conflitto globale ha, man mano, acquisito concretezza.
I segnali che presagiscono il fatidico confronto diventano, giorno dopo giorno, inconfondibili: disposizioni di armi pesanti e di milizie specializzate lungo i confini russi, esplicite dichiarazioni di guerra da parte dei capi di stato, ratifiche di alleanze militari, economiche e politiche, rottura di storiche partnership, censura dei mezzi di informazione di massa, messa al bando di giornalisti e personaggi politici, attacchi informatici ai database dei servizi segreti. Ma ciò che spaventa i più timorosi riguarda i seguenti interrogativi: chi sono le parti in causa? Quali saranno i luoghi maggiormente colpiti dagli scontri? Chi sarà a pagarne le maggiori conseguenze?
Per una guerra che non riguardi gli USA.
Attualmente, le parti dichiaratamente in conflitto sono Stati Uniti e Russia. L’origine del conflitto è da attribuire alla politica imperialista statunitense, finalizzata all’allargamento dell’influenza atlantica verso Est. Il colpo di stato in Ucraina, realizzato dai nazifascisti di matrice USA, ha allarmato Putin, il quale attendeva da tanto l’esecuzione di una simile strategia di arrembaggio alla Russia. Per quanto riguarda l’aspetto militare, basandoci sui recenti fatti di Minsk, la nuova tipologia di conflitto dovrebbe, nel concreto, configurarsi come un’evoluzione del circoscritto stato di tensione, che ha trovato attuazione negli scontri avvenuti nella regione del Donbass. Una politica di tensioni e di lotte circoscritte potrebbe espandersi e trasformarsi in una ”guerra di obiettivi”, avente come scopo l’eliminazione di bersagli specifici influenti, sia umani(n.b.) che materiali.
Quello che l’Europa non dice.
Come abbiamo precedentemente evidenziato, il carattere globale di questa nuova tipologia di conflitto determinerà la distruzione di punti strategici circoscritti. Il Donbass non sarà più il teatro di verifica delle efficienze delle milizie e degli armamenti, ma cederà il posto all’intero territorio Europeo, in particolare all’area balcanica e mediterranea. È per tale ragione che paesi come la Germania e l’Italia non mostrano grande entusiasmo per l’inizio di un conflitto che potrebbe distruggere la propria materiale esistenza. Gli Stati Uniti, d’altro canto, protetti oltre oceano da un’infinità di missili antibalistici, temporeggiano, costringendo, in tutti i modi, le potenze europee ad accettare le sorti di una guerra che dovrebbe assumere i contorni di un conflitto esclusivamente euroasiatico.
Il più grande errore statunitense.
L’aver oltremodo condizionato le politiche Europee ha segnato, in maniera irreversibile, l’inizio della decadenza dell’egemonia USA, nel vecchio continente. Le diffidenze statunitensi hanno avuto origine con l’istituzione della moneta unica in Europa. L’adozione dell’euro, finalizzato al rafforzamento del potere di coercizione americano nel continente, ha determinato la concentrazione del potere politico ed economico nelle mani di una nazione che avrebbe, col tempo, potuto rivendicare una propria autonomia decisionale. Quanto scritto fin ora ha trovato conferma con gli scandali di spionaggio politico, venuti a galla di recente. Stando a quanto riportato dai media tedeschi, il servizio di intelligence tedesco(BND), avrebbe diffuso i dati di oltre 2000 diplomatici europei, su richiesta dell’NSA (National Security Agency). Negli ultimi periodi, l’agenzia di sicurezza statunitense avrebbe esercitato un’elevata pressione, per il rilascio delle informazioni personali riguardanti 7.089 individui politicamente influenti. Il BND, solo all’ora, e siamo nel 2013, avrebbe informato la cancelleria tedesca di aver bloccato oltre 2000 richieste di autorizzazione. I trattati in materia di sicurezza e garanzia dei dati ultrasensibili, stando al quotidiano Suddeutschezeitung, sarebbero stati violati, poiché le operazioni di accesso ai dati, iniziate nel 2002, se non giustificate da emergenze terroristiche o di proliferazione di armamenti nucleari, si configurerebbero come tentativi di spionaggio politico, severamente vietato dalla legislazione internazionale.
Le titubanze della Germania, unite a quelle dell’Italia, preoccupano non poco l’amministrazione Obama. Per quanto riguarda l’Italia, non bisogna sottovalutare le reciproche visite dei capi di stato. Putin è ben conscio dell’attuale situazione politica ed economica del Bel Paese, aggravata, oltre modo, dalle sanzione economiche anti-russe. In più, il presidente della Federaziona Russa ha avuto già modo di testare scrupolosamente la natura della classe dirigente italiana, incline più al soddisfacimento ed alla conservazione dei propri interessi personali che dei delicati equilibri geopolitici. L’escalation dei movimenti nazionalisti anti-atlantisti e filo-putiniani, nonché le condanne esplicite dei partiti e delle lobby di potere italiane per un possibile intervento armato, inciampano nelle aspettativi militari statunitensi, ed avallano l’ipotesi di una possibile adesione dell’Italia ai BRICS.
Le fasi del conflitto.
Nel peggiore delle ipotesi, lo scoppio di un conflitto risentirà, comunque, dei dissapori presenti nei singoli Stati. Enorme è la differenza tra ”nazione ospitante” dell’esercito alleato e ”nazione attaccante”. Eventuali diserzioni saranno sempre ben accette, a patto, come sempre, della concessione di dovute e sicure garanzie. Il presumibile conflitto, sic stantibus rebus, si dividerà in tre fasi, ognuna della quale caratterizzata da azioni finemente preordinate dalle potenze competitrici.
Il breve periodo
Nel breve periodo la capacità di reazione russa, messa a punto, per l’occorrenza, fin dal crollo del muro di Berlino, darà filo da torcere agli eserciti Statunitensi di reazione, dispiegati lungo i confini degli ex paesi sovietici. L’unità del comando, le innovazioni tecnologiche, e la lunga preparazione a cui sono stati sottoposti i reparti di fanteria aeromobili, rappresenteranno un inestimabile vantaggio, nelle prime fasi del conflitto. In questo breve lasso di tempo, gli eserciti della federazione russa potrebbero costringere i reparti statunitensi a ripiegare, guadagnando terreno ed occupando i territori avversari.
Nel medio periodo
Nel medio periodo il completo potenziale di entrambi gli schieramenti potrà essere appieno adoperato. In questa fase assisteremo all’assestamento definitivo degli equilibri internazionali, che si contraddistinguerà per la definitiva renitenza degli stati non belligeranti e per l’irremovibile discesa in campo dei rispettivi fidati partner. L’Europa, molto probabilmente, visti e considerati i malumori nazionali e le preoccupazioni della propria classe imprenditoriale, con Germania ed Italia schierate in prima fila, deciderà di non offrire la propria disponibilità al conflitto. Un ulteriore tentativo di condizionamento potrebbe potenzialmente provocare lo scoppio di una resistenza armata. Parallelamente al conflitto con la Russia, gli Usa si ritroverebbero pericolosamente a dover gestire un secondo fronte, composto da nuclei armati, ostili alla presenza statunitense.
Il lungo periodo
Con il ritiro dell’Europa, gli USA si ritroverebbero costretti a dover prendere direttamente parte agli scontri. Russia, Cina, ed Iran, seppur militarmente superiori, dovranno comunque confrontarsi con le restanti nazioni alleate. Esclusa l’Europa il conflitto assumerà i caratteri, veri e propri, di un guerra globale. Mentre, se non dovesse verificarsi nessun peggioramento degli eventi, l’isolazionismo verso cui stanno confluendo i diversi blocchi continentali, sancirebbe una divisione del mondo in macroregioni multipolari, simili a quelle descritte da Orwell in 1984.
Conclusioni
Che la Russia goda di un impercettibile vantaggio, non vi è dubbio. Ma un’analisi affidabile e assoluta degli eventi deve tener conto, come dice lo stesso Putin al Corriere della Sera, della reale potenzialità delle nazioni, che a noi, per ovvie ragione, non ci è dato conoscere. Gli Stati Uniti hanno da sempre dimostrato la propria spietata efficienza, sperimentata in prima persona proprio dai BRICS. Solo attraverso un attento e graduale studio degli eventi in corso si potranno garantire corrette previsione, e determinare, quindi, la realizzazione degli obiettivi prefissati. Per tale motivo non possiamo categoricamente escludere nessuna eventualità, dalla più assurda alla più scontata, sia che comprenda un attacco preventivo nucleare, sia che riguardi l’uccisione dei leader politici russi, cinesi o iraniani.
Chris Barlati