ANCHE QUESTO (a cura di GLG il 7 giu 010)

 
   Interessante anche questo articolo tratto dalla Tribuna (TV) del 6 giugno. Vi si trovano dichiarazioni di piccoli e soprattutto medi industriali e di un finanziere di quei settori che erano rappresentati da Faissola, ritiratosi nella corsa alla presidenza dell’ABI lasciando così campo libero a Mussari, chiaramente appartenente ai settori della grande finanza che, con i vertici confindustriali, sono i da me denominati “confederati”, i sostenitori (servili) della predominanza statunitense sul sistema economico-sociale italiano.
   A differenza che negli articoli di Belpietro e Besana, vi è in queste dichiarazioni una notevole confusione di idee. Si pensa che Usa e Cina insieme vogliano danneggiare l’Europa. Non ci si rende conto che, come sempre nella lotta tra potenze, vi sono giochi complessi e talvolta certamente anche alleanze “spurie” (e “improprie”) per vari motivi; non vi è dubbio che, per scopi soprattutto finanziari, Cina e Usa non si pestano al momento direttamente i piedi e tendono invece a guardarsi e studiarsi come fanno spesso i pugili per alcune riprese. Tuttavia, non sono affatto alleati stabili; soprattutto non sono interessati, congiuntamente, a soggiogare i paesi europei. Del resto, come farebbe la Cina anche soltanto a pensare una simile strategia in questa fase storica? Evidentemente manca l’intelligenza geopolitica, ci si fa guidare solo da certi “mal di pancia”.
Confusa è anche la posizione verso la grande imprenditoria. Le PMI hanno coscienza di essere vessate in favore di quest’ultima, ma mettono tutto il settore nello stesso sacco prendendosela pure con le grandi aziende energetiche e dei settori di punta. Non si fa differenza tra l’auto (e il metalmeccanico) che vuole farsi ancora sussidiare dallo Stato – si veda l’ultimissimo ultimatum/ricatto di Marchionne in merito al mantenimento o invece chiusura di Pomigliano d’Arco – e le imprese come Finmeccanica ed Eni che stabiliscono contratti vantaggiosi in tutti i sensi per il “sistema” Italia; conquistando dunque posizioni internazionali che hanno comunque ricadute utili per le PMI. Non dico direttamente, ma come conquista di posizioni d’avanguardia che favoriscono anche il “grosso delle truppe”.
   In ogni caso, pur in questa gran confusione, comincia ad emergere un malcontento diffuso per certe politiche di supina acquiescenza agli Usa. E’ indispensabile lavorare contro la politica del divide et impera della grande finanza e dei vertici confindustriali, le “quinte colonne” ormai passibili di essere poste sotto accusa per “alto tradimento” in termini di danneggiamento degli interessi nazionali a favore di quelli della preminenza americana in Europa. Si abbia coscienza che agli Usa l’Italia interessa soprattutto per munirsi di una sorta di “tenaglia” – l’Inghilterra (di fatto 51° Stato dell’Unione) e il nostro paese – con cui stringere l’Europa. L’Italia è inoltre “lanciata” anche verso sud-est, dove quel che sta accadendo in Turchia (dell’Iran non c’è nemmeno bisogno di parlare) non piace per nulla agli Stati Uniti.
   L’opera di chiarificazione richiede sforzi immani e capacità di certi compromessi con settori sia pure confusamente consci dei pericoli sempre più incombenti. Bisogna diradare le nebbie, le cortine fumogene create dai farabutti (“sinistra” al completo in testa più molti altri), che cercano di portarci alla sudditanza totale – quella non riuscita con “mani pulite” – nei confronti della potenza oggi in solo relativo declino. Eni, Finmeccanica, Enel (si tenga conto che, al loro interno, funzionano quasi sicuramente ambienti filo-statunitensi; così come fu del resto pure all’epoca di Mattei e della brutta fine che questi fece!) e poche altre devono entrare in salda alleanza con vasti settori delle PMI per una politica nazionale. I lavoratori subordinati, in questo momento, devono saper agire in unione con questo schieramento; coloro che continuassero a seguire la CGIL – una delle “punte di lancia”, nella sfera politica, del “tradimento nazionale” – meritano di fare la fine che faranno ove si cadesse sotto il tallone di certi ambienti (e centri strategici e finanziari) Usa.
   Gli articoli su Libero e quello qui sotto pubblicato e altri, ancora troppo pochi, mostrano la presenza minoritaria, e assai incerta sul da fare, di settori che, per difendere i loro interessi, sembrano voler iniziare una diversa strada, non più di supina acquiescenza. Tuttavia, c’è troppo caos, anche per diffidenze in definitiva piuttosto “razziste” (anticinesi, antiarabe, ecc.). Senza chiarezza e senza eliminare queste paralizzanti ambiguità, si favorirà la politica dei traditori appartenenti alla grande finanza e all’industria decotta con i loro cialtroni nell’apparato pubblico e politico (e intellettuale, mai scordare questo miserabile ceto di venduti).

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