Ancora qualche parola sulle recenti polemiche di M. Tozzato

Provo ad accennare brevemente ad alcune questioni che La Grassa e Petrosillo hanno toccato nei loro ultimi interventi. Nel 1981 nasce a Parigi il m.a.u.s.s. (Movimento Anti-Utilitarista nelle Scienze Sociali); il m.a.u.s.s. si ispira ai lavori dell’etnologo, sociologo e storico delle religioni Marcel Mauss (il riferimento, in particolare, è all’Essai sur le don, apparso nel 1923-24) e ai lavori teorici dell’economista Karl Polanyi. Le personalità più rilevanti del gruppo sono Serge Latouche, Jacques Godbout, Gérald Berthoud, Jean-Luc Boilleau e Alain Caillé. Nell’introduzione all’ultimo libro di Caillé, tradotto in italiano nel 2009, Francesco Fistetti scrive:
<<L’antropologo Mauss e l’economista Polanyi condividono l’idea che l’essere umano non è stato sempre un animale economico[…]. L’economia “sostantiva” non è strutturata, come ripete il dogma del liberalismo economico, dal mercato sulla base della variabilità dei prezzi, ma dalla reciprocità al fine di soddisfare i bisogni materiali; obbedisce alla logica del dono e del contro- dono, enucleata da Mauss, o alla logica della redistribuzione, “i.e. della gestione familiare o statale delle risorse al cui interno viene assicurato il controllo dei mercati e dei prezzi là dove ci sono i mercati”. Solo l’economia moderna in quanto economia di mercato autoregolata è un’economia “formale”nel senso che essa tende sempre di più a presentarsi come dissociata/disincastrata (desembedded) dalla società e a subordinare gerarchicamente le relazioni tra i soggetti umani alle relazioni con le cose.>>
Prima di tutto mi viene da evidenziare che l’esperienza del comunismo storico novecentesco e del socialismo “irrealizzato” del XX° secolo è risultata fallimentare, in modo decisivo, proprio riguardo al tentativo di gestire le “risorse” a partire dal “centro”, attraverso gli apparati dello Stato, mediante la “pianificazione” e il “controllo” della “sfera” economica. Per quanto riguarda le forme della cosiddetta reciprocità esse si sono manifestate e si manifestano solo in formazioni sociali di tipo “arcaico”, dove quest’ultimo termine non vuole assolutamente connotare con un giudizio dispregiativo tali organismi sociali, bensì ricordare un semplice dato di fatto. Quello che noi constatiamo e che ci appare, da una parte, come un rapportarsi altruistico e solidale dei singoli componenti di queste comunità, per un altro verso si manifesta come una dinamica forzosa di “mutuo soccorso” – in condizione di penuria generalizzata – nella quale la sopravvivenza di ognuno è garantita e subordinata a quella di tutti. Nella lettera a Vera Zasulic Marx distingue le società precapitalistiche in formazioni sociali “primarie” e “secondarie”. Nella prima tipologia rientrano sia le società “arcaiche”, in cui il plusprodotto è  praticamente inesistente, sia quelle comunitarie “centralizzate” in cui il plusprodotto è appropriato e “suddiviso” dalla casta sacerdotale “del Tempio” o dalla burocrazia degli imperi “dispotici”. Sono in questi due tipi di formazioni della società   che si manifestano su scala allargata le relazioni sociali che caratterizzano rispettivamente la reciprocità e la redistribuzione. Nelle formazioni “secondarie” – ovvero la formazione sociale schiavistica in alcuni periodi della storia antica greca e romana (1) e la formazione sociale feudale europea – nascono e mantengono poi comunque una certa vitalità quelle che Marx chiama “forme antidiluviane” del capitale commerciale e del capitale usuraio ovvero del commercio di merci e di denaro. L’economia prevalentemente  “sostantiva” presuppone un sistema di relazioni sociali poco sviluppato – caratterizzato magari da alcuni apprezzabili aspetti solidaristici – che comporta uno scarso stimolo a produrre molto più del necessario; solo i nobili e i sacerdoti hanno  bisogno di beni lussuosi da ostentare per “manifestare” il loro prestigio-potere sociale mentre per quanto riguarda le guerre “imperiali” entra effettivamente in gioco una dinamica diversa. La complessificazione e intensificazione delle relazioni sociali tra “liberi individui” (nel senso marxiano) si manifesta, invece, nello sviluppo integrale della forma di merce  con la nascita della formazione sociale capitalistica, con la sottomissione reale del lavoro al capitale ed infine col pieno prevalere del “capitalismo borghese”. Il feticismo della merce, questa apparenza “reale” per cui i rapporti sociali capitalistici assumono la forma di cose, è il risultato di relazioni “anonime” ma intense come “numero” e “rapidità” tra gli esseri umani dove il ruolo della “morale” riveste ben poca importanza. Certi valori etico-sociali sono in linea di principio condivisibili ma quando la loro “praticabilità” e la loro pertinenza esula totalmente dalle problematiche che una presa di posizione politica realistica implica possiamo solo tenerli vivi nei dialoghi amicali e nel nostro orizzonte escatologico privato.  

(1)    In proposito vale la pena di  ricordare ancora  il saggio di Perry Anderson su questo tema.
Mauro Tozzato       08.03.2010