Armi iraniane ad HAMAS, verità o propaganda?
Andrea Forti
Uno degli argomenti chiave adoperati da Israele e dai suoi sostenitori, sparsi nei mezzi di informazione occidentali, per giustificare l’impressionante dispiegamento di forze (900 carri armati e mezzi corazzati, 150 aerei ed elicotteri e quasi 600 fra pezzi d’artiglieria e mortai) messo in opera contro le milizie palestinesi a Gaza era la presenza in quei territori di armi di provenienza iraniana, contrabbandate attraverso i tunnel che attraversano la frontiera con l’Egitto e in grado di costituire una seria minaccia all’incolumità dello stato ebraico.
Secondo la propaganda israeliana HAMAS sarebbe diventata addirittura una sorta di “succursale” palestinese dell’Hezbollah libanese e quindi del corpo dei Pasdaran della Rivoluzione Islamica iraniani, un rischio questo in grado di giustificare un’invasione in forze.
Le armi iraniane citate dagli organi di informazione sarebbero i missili non guidati Grad, di fabbricazione sovietica, armi con un raggio di 20 kilometri, e i famosi Fajr-3 di fabbricazione iraniana, non guidati ma capaci di raggiungere distanze di
Nella realtà non è ancora stato riscontrato l’utilizzo dei Fajr-3 iraniani, mentre i razzi lanciati dalle milizie di HAMAS erano quasi sicuramente i famosi Qassam artigianali e versioni migliorate, in gittata, del missile Grad; detto questo non ci sono neppure prove certe che gli stessi Grad siano stati forniti dall’Iran, essendo questo un sistema d’arma universalmente diffuso e onnipresente nei cosiddetti conflitti “a bassa intensità”, dallo Sri Lanka all’Afghanistan alle tante guerre africane, e per questo facilmente reperibile sul mercato.
Un altro elemento che rende assai debole la tesi di “HAMAS braccio palestinese dell’Iran” è lo stesso armamento in dotazione alle milizie palestinesi di Gaza, armamento che non corrisponde certo all’immagine di una forza armata e addestrata dall’Iran e dagli Hezbollah libanesi.
Chi si ricorda gli aspetti più propriamente militari della guerra fra Israele e gli Hezbollah dell’estate del 2006 avrà sicuramente sentito parlare delle inattese perdite subite dall’esercito israeliano nel suo tentativo di invadere il Libano meridionale, perdite certamente sopportabili dalla macchina militare israeliana ma comunque abbastanza serie da far aprire un’inchiesta governativa sull’impreparazione delle forze israeliane e da appannare l’immagine stessa delle un tempo “invincibili” armate sioniste.
In quell’occasione i guerriglieri libanesi dell’Hezbollah riuscirono a mettere in difficoltà le forze d’invasione utilizzando con perizia armi controcarro russe di nuova generazione, come gli RPG-29 o i “Kornet”, in grado di perforare le corazze reattive degli ultimi modelli di carri israeliani, praticamente invulnerabili invece ai vecchi RPG-7 e RPG-2 fino ad ora visti in mano ai palestinesi; la comparsa di così efficaci armi controcarro in mano alla guerriglia libanese provocò un effetto piuttosto negativo sulle truppe israeliane, scuotendo il mito dell’ “invulnerabilità” dei mezzi corazzati di ultima generazione messi in campo da Tel Aviv.
Nelle immagini di fonte palestinese pervenute da Gaza si nota come in mano ai guerriglieri di HAMAS, della Jihad Islamica e del Fronte Popolare non si trovi nulla di più rispetto alle solite armi leggere (gli onnipresenti Kalashnikov e M-16) o ai lanciarazzi anticarro RPG-7 e RPG-2, quest’ultima un’arma già vecchia ai tempi del Vietnam e prodotta artigianalmente da HAMAS con il nome di “Yassin”; anche le foto delle armi catturate da Israele mostrano accanto alle suddette armi vecchi schioppi da caccia (!) e rudimentali ordigni artigianali, ben poca cosa rispetto agli RPG-29 e ai “Kornet” catturati in Libano e mostrati con comprensibile orgoglio dalle televisioni israeliane.
Se l’Iran avesse veramente voluto, e potuto, trasformare HAMAS nel suo braccio militare in Palestina si sarebbe quasi sicuramente preoccupato di fornire alle milizie palestinesi armi controcarro come i summenzionati missili russi o sistemi missilistici antiaerei portatili, come il Sa-7 “Grail”, armi sicuramente di più facile trasportabilità dei missili Fajr-3 e Grad (lunghi rispettivamente 5 e
La vicenda dei rifornimenti iraniani ad HAMAS, rilanciata anche oggi sul Tg2, deve essere intesa principalmente come artificio propagandistico ad uso e consumo delle opinioni pubbliche occidentali e israeliane; alle prime bisogna far capire come Gaza fosse, e sia tutt’ora, un pericolo per la sopravvivenza di Israele, mentre il pubblico israeliano ha bisogno di una “vittoria” che faccia dimenticare la pessima figura fatta dal suo esercito durante a guerra del Libano del 2006 e che faccia dimenticare il fatto che le forze armate di Israele siano, da una ventina di anni a questa parte, diventate una forza di occupazione con un modus operandi spesso non dissimile dagli squadroni della morte sudamericani.
Al di là della visione propagandistica della guerra a Gaza offertaci dai nostri mass media è proprio l’inadeguatezza militare delle milizie palestinesi a spingerci a fare alcune considerazioni circa l’efficacia dei movimenti armati di resistenza nazionale; questi ultimi infatti per avere una qualche speranza di successo hanno bisogno dell’appoggio continuativo, tanto politico che tecnico-militare, di una qualche potenza mondiale o regionale seriamente interessata a rendere questi movimenti di guerriglia un vettore della propria volontà di potenza.
La tenacia dei Viet Cong a poco sarebbe servita senza l’ininterrotto flusso di rifornimenti militari cinesi e sovietici, come lo zelo degli Hezbollah libanesi non avrebbe potuto distruggere i Merkava israeliani senza i missili russi di ultima generazione forniti da Siria e Iran.
Il dramma dei palestinesi non è quello di essere ostaggi di formazioni radicali (ma perché, i Viet Cong che fucilarono migliaia di collaborazionisti durante l’Offensiva del Tet erano forse “moderati”?) ma di non avere nessuna potenza regionale che, al di là di prese di posizione propagandistiche, fornisca un appoggio valido alla loro lotta di liberazione.