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Giorni turbolenti si affacciano all’orizzonte per il premier Matteo Renzi, oggetto di violenti attacchi da parte del M5s, Forza Italia e Lega, per temi concernenti riforme, economia e legge elettorale. Gli attacchi in questione si sono accentuati per via dei recenti risultati Istat, i quali hanno evidenziato lo stato di recessione dell’economia italiana.
I provvedimenti del premier Renzi in materia economica, secondo l’opposizione, non hanno dato i frutti desiderati. Il bonus di 80 euro, come ha affermato Sangalli, presidente di Confcommercio, non ha portato agli effetti sperati. Confcommercio, inoltre, ha messo in evidenza che il tendenziale aumento dei consumi di maggio e giugno sono risultati positivi ma insufficienti per affermare che la domanda delle famiglie sia giunta ad un incoraggiante punto di svolta. Renzi, al rigurardo, ha replicato: “Chiedetelo a 11 milioni di italiani” proseguendo senza sosta nella direzione del ”cambiamento”, riguardante l’accordo per la legge elettorale.
Sono molte le critiche mosse contro il premier per via dell’informale accordo Renzi-Berlusconi-Napolitano, il cosiddetto ”patto del Nazareno”, provenienti non solo dalla Lega, dai 5 stelle e da FI, ma anche dal PD. La fronda ”anti-Renzi” si èallargata a dismisura, reclutando nuovi partecipanti. Oltre ai ”bersaniani”, ”dalemiani” e ”vendoliani”, si sono aggiunti ”civatiani” e una parte dei ”lettiani”, il cui leader sembra incoraggiare, ufficiosamente, l’ostruzionismo parlamentare.
Espliciti dissensi hanno caratterizzato, invece, i 5 stelle, pronti nel definire Renzi un ”bimbominkia”, compagno di intesa di ”due sepolcri imbiancati”. Anche la Lega ha picchiato duro, criticando severamente il giorno di sospensione dei lavori alle camere.
Daniele Capezzone, dal lato di Forza Italia, riferendosi ai dati dell’Istat, ha evidenziato l’arretratezza dell’economia italiana e ha definito l’operato di Renzi ”un fallimento”, aggiungendo: ”Renzi ha sbagliato politica economica, non essendo stato in grado di incidere su spesa e debito e avendo aggravato il quadro fiscale”; accuse condivise da buona parte dell’opposizione, che sono nate dalla pubblicazione dei dati non confortevoli di Confcommercio riguardo la pressione fiscale, che èrisultata essere la piùalta nel mondo, con il record di 53,2% nel 2013 e di 44,1% per quella attuale. Il ministro dell’economia Padoan, ha evidenziato la necessità di un urgente intervento per ridurre il carico fiscale e per indire un tassazione più equa.
I dati negativi del Pil hanno inciso negativamente anche sulla borsa, con piazza affari che ha visto bruciare 11 miliardi di euro.
Alla luce degli allarmanti andamenti, l’ ”energico” Matteo, come definito da Obama, ha auspicato un ”avanti con maggiore decisione, senza incertezze, senza paure, senza frenate”. Dichiarazioni che hanno suscitato gli apprezzamenti del segretario di stato americano John Kerry per le ”riforme strutturali, difficili ma necessarie come quella della pubblica amministrazione, la spesa totale ed i mercati del lavoro” specificando che ”simili sforzi hanno potenziato la produttività e la competitivitàaltrove in eurozona.”
Le frizioni interne alla maggioranza e le opposizioni per politiche adottate dal governo non confortano Matteo Renzi, il quale, intimorito dai franchi tiratori, ricerca allenze con l’ex partito rivale Forza Italia, per l’elaborazione di una legge elettorale che permetta di operare con stabilità.
La politica delle ”5 riforme” di Renzi(Costituzione, Italicum, politica estera, cultura e spending review)si scontra con le preoccupazioni di una manovra economica di decine di miliardi e con i timori di eventuali privatizzazioni, atte a colmare il nuovo debito da record.
Al di fuori del premier e del suo entourage, questi provvedimenti accrescono i timori di coloro che vedono in Renzi una figura di compromesso del Pd e dell’allora Pdl, scelto per contrastare l’ascesa preoccupante del M5s e del sentimento antipartitico, incapace di rivestire il ruolo di premier e di assumere decisioni adeguate per fronteggiare la crisi; ansie presenti, non solo tra le fila del parlamento, ma anche tra il 41% per cento dei consensi che rappresentano gli elettori delle comunali e delle europee, che se delusi potrebbero riversare i loro voti altrove.
Questo clima di sfiducia èalimentato dai recenti moniti del presidente della Banca Centrale Europea, che invitano il premier a legiferare in materia di economia e giustizia. In particolare, secondo il presidente della Bce, ”in Italia l’incertezza delle riforme frena gli investimenti”, determinando il basso livello delle partecipazioni private, che attualmente pesano sul Pil.
Una misura efficace, per risollevare l’economia italiana e fronteggiare la crisi consisterebbe nel ”cedere sovranità” all’Europa, poiché ”i paesi che hanno fatto programmi convincenti di riforma strutturale” – a detta di draghi- ”stanno andando meglio di quelli che non lo hanno fatto o lo hanno fatto in maniera insufficiente.”
Il consiglio della Bce, afferma Mario Draghi, è determinato, se ve ne fosse la necessità, ad adottare ”misure non convenzionali”, riportando, in tal modo, l’inflazione al 2%. Il premier a seguito delle dichiarazioni del vertice della Bce fatte nei riguardi dell’Italia, in una intervista rilasciata al Finantial Times, ha dichiarato: – ” Sulle riforme decido io, non la troika, non la Bce, non la commissione Europea”, assicurando che il 2014 si chiuderà con il rapporto deficit/Pil al 2,9%, sotto il paletto Ue del 3%, obiettivo considerato dal premier come una ” Questione di credibilità e reputazione.” L’italia, aggiunge Renzi, ”non ha bisogno di qualcuno che le spieghi cosa fare” – ”Niente spinte da Bruxell(…) saranno gli stati a dover indicare alla commissione via e ricette per venire fuori dalle secche.”
Le attuali divergenze tra l’ex sindaco di Firenze e la Bce si iscrivono in un contesto di forte instabilità, che caratterizza sia l’area economica, sia quella politica e geopolitica europea. Con l’infittirsi dei legami tra la Cina e l’Italia, la Bce e gli Usa sono indotti a guardare con sospetto la politica delle privatizzazioni, un tempo amata dagli azionisti del FMI e dai bankster della Bce, perché questa manovra puòtrasformarsi nel colpo fatale per la già precaria stabilità euroatlantica.
Renzi, in visita all’expo, ha dichiarato: ” c’è una gran fame di Italia” nel mondo.
I timori del colosso americano e della ferrea Germania riguardano proprio la possibile provenienza degli investimenti stranieri. Vista e considerata l’escalation nelle relazioni bilaterali tra Italia e Cina, dalle intese commerciali alla privatizzazione del 35% della Cdp Reti, l’acquisto di ingenti quote di mercato italiano provocherebbe un dis-allineamento dall’asse euroatlantico, amplificato, dal punto di vista economico, dal blocco delle importazioni russe per le merci europee, e , dal punto di vista politico, dai recenti e sanguinari conflitti in Ucraina e in Iraq, che vedono coinvolti gli interessi americani. La strategia di Renzi può essere interpretata, dunque, come il tentativo di alleggerire l’economia italiana, privatizzando quote statali, a favore non dei soliti parter commerciali ”alleati”, ma della Repubblica Popolare Cinese, rispettando, nel contempo, gli intoccabili diktat euroatlantici riguardanti:
– Politica e Sovranità monetaria
– Debito pubblico
– Monopoli energetici
– (Neo)Liberismo economico.
Un’ulteriore notizia, che avvalora l’ ipotesi su indicata, riguarda la possibile modifica dell’art. 18 Cost. dei lavoratori e del titolo V della costituzione. Questi provvedimenti sono considerati da molti esperti e giornalisti sia come il tentativo di privatizzare acqua, elettricità e servizi pubblici, sia come l’esigenza di adattare le politiche sindacali e lavorative ai mercati internazionali, in modo da competere con le aziende asiatiche, limitando così il numero delle delocalizzazioni.
I botta e risposta tra Draghi e Renzi e l’inasprirsi dei toni utilizzati evidenziano il disaccordo tra chi vuole il rispetto delle direttive Bce e tra chi vuole agire senza troppi condizionamenti. Disappunti, questi, nati con l’avvicinarsi dei mercati cinesi in Italia.
Tutto ciò spaventa non poco tedeschi ed americani.
Se l’ipotetica furbata del premier fiorentino dovesse andare in porto, il cambio di rotta e la fuoriuscita dalla recessione segnerebbero la fine del governo Renzi.
Il presidente del consiglio si augura che il governo possa arrivare tranquillamente al 2015, in modo da poter portare a termine tutti gli obiettivi stabiliti, mantenendo cosìgli impegni di cui si è fatto carico.
In ogni caso, scenari poco rassicuranti si stagliano all’orizzonte.
L’insistenza della Bce, i moniti di partiti ed esponenti filo-atlantici(Pd, Ncd, Napolitano, Letta) e le preoccupazioni di alleati e oppositori (Lega, M5s, Fi) sono chiari segnali che preannunciano l’imminente bufera che investirà l’intera eurozona.
Se il governo non saprà adattarsi adeguatamente e sfruttare le occasione che la caoticitàpolitica ed economica hanno da offrire, Renzi si troverà costretto, insieme ai suoi collaboratori, ad eseguire le direttive Ue, consegnando, in tal modo, l’italia ai tecnocrati europei. La deriva autoritaria e i tentativi sempre più frequenti di modifica della costituzione segneranno l’inizio di una grave crisi politica. A quel punto persino invocare l’aiuto dei BRIC sarà inutile. Come unica soluzione, da buon fiorentino, attraverso una machiavellica strategia politica, Renzi dovràinsidiare l’influenza americana, con l’imminente avvicinamento dei mercati asiatici, per fare dell’Italia l’unico partner fidato dei cinesi, in grado di garantire agli europei una via di fuga dal blocco imposto dai russi, divenendo in tal modo necessaria per l’Ue, a discapito della Germania.
La strategia ”protezione in cambio di mercati” potrebbe risultare una carte vincente se giocata adeguatamente, a patto che protezione non equivalga a eutanasia e ”privatizzazione” non risulti ”uguale svendita”.
Chris Barlati
P.s. per un approfondimento sul governo Renzi, dal punto di vista geopoitico, rimando ad un mio precedente articolo:
Ormai dovrebbe essere chiaro ai più che nonostante la sicumera ostentata dal governo ucraino, spalleggiato dalla Nato, le operazioni armate nel Donbass non sono una questione di giorni o settimane, come dichiarato dal truce Presidente cioccolataio, già all’indomani della sua […]