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Le sanzioni comminate contro gli Stati che si mettono fuori dalle regole mondiali non sono mai servite a molto nella storia. Chi le decreta, dall’alto di rapporti di forza favorevoli, punta piuttosto a verificare la lealtà degli alleati alla sua causa di fronte all’emergere di sfide geopolitiche che ne destabilizzano la leadership e ben sapendo che gli avversari colpiti dai provvedimenti restrittivi non modificheranno la loro azione “competitiva” per questo motivo. Del resto, i “tribunali” molto speciali che deliberano simili punizioni sono tutt’altro che imparziali e fanno un uso spregiudicato delle norme del diritto internazionale, interpretandole per se stessi e gli amici ed applicandole ai nemici.
In questa fase è toccato alla Russia essere bersagliata da iniziative discriminatorie, per via dell’annessione della Crimea e del conflitto civile in Ucraina, sul quale avrebbe esercitato un’esiziale influenza armando le milizie separatistiche ostili alla Capitale, dove, invece, dopo un golpe sostenuto dall’esterno ed elezioni svolte in un clima di terrore e di guerra, si sono insediate oligarchie filo- occidentali.
Mosca, per queste presunte colpe, è stata marginalizzata da Usa ed Ue, esclusa da eventi globali come il G8 (ritornato G7), colpita con limitazioni finanziarie ed economiche ed anche con ammende ad personam verso politici ed imprenditori coinvolti, a vario titolo, negli avvenimenti già citati.
Nulla di nuovo sotto il sole perché in passato abbiamo più volte assistito a sceneggiate di questo tipo. Ne sappiamo qualcosa noi italiani che nel 1935 fummo condannati dalla Società delle Nazioni per l’invasione dell’Etiopia. Roma subì l’ira dei dominanti di allora, gli inglesi della “Perfida Albione”, i quali controllavano l’organizzazione ginevrina e attraverso questa imposero il blocco degli affari col Belpaese anche agli altri partners. I risultati però furono tutt’altro che soddisfacenti per Londra. Come scrive Marco Innocenti sul Sole24ore: “La rete delle sanzioni è piena di buchi: Germania e Stati Uniti non aderiscono e altri Paesi non le applicheranno con rigore. Sarà un embargo blando e distratto, ma intanto il 7 novembre le sanzioni sono ufficialmente decretate e il 18 dello stesso mese diventano operative. In Italia si afferma una parola magica che uscirà da molte bocche: autarchia”. Non solo gli italiani, proprio come i russi oggi, per amor di patria, inizieranno a sostituire i prodotti d’importazione con proprie imitazioni, laddove possibile, o addirittura a far “fieramente” a meno di beni stranieri ma si sforzeranno, soprattutto, di migliorare la produttività dei settori nazionali più colpiti razionalizzando i processi e modernizzando gli impianti. Persino gli artisti si faranno beffe delle bacchettate inglesi e si cimenteranno in motivetti irridenti come “Sanzionami questo” o “Va fuori d’Italia prodotto stranier” del cantautore futurista Rodolfo De Angelis.
In verità, c’è molta ipocrisia nelle sanzioni odierne proprio come in quelle d’antan. Qualcuno fa il furbo (più di uno) e, nonostante i proclami tonitruanti contro il male incarnato da questo o da quel Presidente illiberale, ne approfitta sottobanco per acquisire vantaggi dal presunto carnefice, a nocumento degli altri fessi che si ritirano da quei mercati per non infrangere le sinergie dei buoni contro i cattivi. Perciò i danni che subisce il Paese sanzionato non sono pochi ma sono sicuramente superabili, con qualche sforzo non sovrumano. Le sanzioni non fecero cambiare idea all’Italia fascista, che restava un paese agricolo ed arretrato, figuriamoci se la Russia, con tutte le materie prime e le armi di cui dispone, si lascerà spaventare. Nemmeno quando due o più nazioni entrano direttamente in guerra il business tra loro s’interrompe. Semplicemente si nasconde o si attua con più circospezione per non mettere in evidenza l’incoerenza delle classi dirigenti che in pubblico si disprezzano e in privato si “riconoscono” come fatte della stessa pasta. La Germania nazista continuò a fare affari con gli Usa e con l’Inghilterra anche durante la II guerra mondiale. Imprese come Coca-Cola, Kodak, American Express, Standard Oil, General Motors, Ford etc. prosperarono anche sotto Hiltler. Quando però fu chiaro che il III Reich era alle corde e si dovevano recidere tutti i fili, anche quelli invisibili del denaro, per accelerarne la caduta, intervenne direttamente Roosevelt per imporre alle imprese d’oltreatlantico di interrompere tutti gli scambi e allinearsi alle scelte politiche del Presidente. Fosse stato per le corporations avrebbero continuato a stringere le mani ai gerarchi per sempre. Gli olocausti e i pogrom commuovono tutti, ma alla distanza. Pecunia non olet dicevano i latini ed avevano ragione.
La domanda che dobbiamo porci noi italiani è proprio questa. Le sanzioni contro la Russia, oltre che inutili e deleterie sul piano delle relazioni bilaterali, ci sono già costate un occhio della testa. Per inseguire idoli e ideali del piffero abbiamo perso bei soldoni e importanti quote di mercato. Poiché gli uni e le altre non evaporano ma cambiano di posto e di proprietario, chi si è approfittato della nostra ritirata poco strategica e tanto cretina? I dati parlano chiaro, oltre a paesi extracomunitari anche alcuni membri dell’Ue. Abbiamo deciso di essere gli unici fessi della compagnia per fare contenti gli americani?
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