Basta con l’abbrutimento

gianfranco

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due scene cruciali (fra cui il finale) di “Lui è tornato”, film di notevole intelligenza, fra i più significativi degli ultimi tempi. Metto qui di seguito le notizie necessarie:

Lui è tornato (Er ist wieder da) è un film del 2015 diretto da David Wnendt, basato sull’omonimo bestseller satirico di Timur Vermes.

Similmente a Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan, il film è composto in parte da scene improvvisate, in cui l’attore principale (in questo caso Oliver Masucci, interprete di Adolf Hitler) interagisce con ignari passanti nei panni del suo personaggio, con conseguenze sorprendenti.

Trama

Adolf Hitler si risveglia, direttamente dall’aprile 1945, nella Berlino odierna, moderna e multietnica, precisamente il 23 ottobre 2014, dopo essere rimasto ibernato senza invecchiare per 70 anni, per sua volontà, tra il terreno e l’inferno, avendo forse preferito quello al suicidio. Disorientato dalla situazione e notando diversi cambiamenti, capisce di essere in un’altra epoca e chiede a diversi passanti in quale anno si trovi. Scoperta la verità (di essere nel 2014 appena dopo la vittoria dei mondiali e sotto la Merkel) e dopo essere stato approcciato da diversi passanti chiedendo di farsi una foto con lui, incontra un edicolante che lo ospita per due giorni. L’edicolante gli fa conoscere Fabian Sawatzki, un aspirante regista che ha appena perso lavoro in un’emittente televisiva privata, e vedendo in lui del potenziale come attore gira un video in cui viene mostrato il Führer in diverse situazioni (in spiaggia, con un cane).

Fabian pubblica il suo video su Internet, ottenendo numerose visualizzazioni e dopo averlo mostrato al vice-direttore dell’emittente, Christoph Sensenbrick, viene riassunto. Hitler viene inserito in un programma televisivo dell’emittente, riscuotendo un grandissimo successo e diventando un’icona mediatica. La direttrice dell’emittente, Katja Bellini, decide quindi di farlo partecipare a qualsiasi programma televisivo in modo da sfruttare l’onda del successo. Proprio durante una di queste ospitate però, viene mostrato un filmato in cui Hitler uccide un cane suscitando lo sdegno della Germania. Hitler, Fabian e la Bellini vengono perciò licenziati. Hitler viene ospitato a casa della madre di Fabian, dove inizia a scrivere il suo secondo libro intitolato “Lui è tornato”. Fabian raccoglie i fogli e li propone alla Bellini; la donna intende girare un film diretto da Fabian.

Sawatzki scopre che il presunto comico è in realtà il vero Hitler, ma non viene creduto e quindi viene portato in un ospedale psichiatrico. Le riprese del film si concludono, Hitler pensa di essere sulla strada della vittoria e riflette sulla situazione politica attuale.

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Qualcuno, in specie un semicolto “progressista”, si metterebbe in testa che si tratta di un film pericoloso, di rivalutazione del nazismo. E penserebbe una fesseria tipica di certi cervelli ormai lontanissimi da una anche soltanto media intelligenza. Il film, secondo me acuto, fa capire che una certa sensibilità, certe convinzioni, sono in fondo dentro di noi e non sono affatto la nostra parte peggiore, non sono per nulla quelle di “mostri” ma proprio il contrario. Quanto più a lungo sono conculcate, anzi cadute nell’oblio a causa di una profonda depressione e appiattimento degli spiriti vitali tipici del genere umano, tanto più possono poi sprizzare fuori secondo particolari deformazioni che le rendono senza dubbio pericolose. Il nazismo fu frutto della sconfitta tedesca nella prima guerra mondiale, seguita da una lunga crisi, di cui banalmente (come accade ancor oggi) fu considerato il solo lato economico, quello più meschino e superficiale; mentre i semicolti di allora mettevano in piedi e lodavano una miserabile, vile, Repubblica di Weimar, appunto “democratica” e quindi mortificatrice di ogni entusiasmo, di ogni volontà di rinascere come esseri umani pensanti e senzienti.

Il risultato di quindici anni di abbrutimento tanto disumano fu il risorgere di una sensibilità esasperata e ovviamente distorta; non poteva essere diversamente per la stupidità dei governanti e politicanti tedeschi di allora. Bisogna dirlo alto e forte: i principali responsabili di una simile resurrezione avviata verso eventi tragici furono i liberali e i socialdemocratici del tempo. I comunisti erano tutti presi dalla difesa dell’Urss, presunto primo risultato e inizio della rivoluzione proletaria che avrebbe infine (chissà quando!) sepolto il capitalismo, nel frattempo rinnovatosi completamente negli Usa e avanzante con il suo volto suadente e la promessa di una società meno tetra di quella sovietica. I comunisti decisero così di allearsi con i socialdemocratici nella cruciale riunione del Comintern del 1935 (caratterizzata dal famoso rapporto Dimitrov), giungendo alla formazione dei fronti popolari, di cui il più “riuscito”, quello francese, fu diretto da Leon Blum, uno dei “padri dell’Europa”, di cui oggi sappiamo da chi furono finanziati abbondantemente: proprio dal quel capitalismo americano, che iniziò la “guerra fredda” contro l’Urss già con il lancio delle atomiche in Giappone e il massacro di centinaia di migliaia di civili, un massacro continuato allegramente nei settant’anni successivi in tutto il mondo.

Adesso la storia si sta ripetendo in forme dalle apparenze meno drammatiche, ma perché ingannevoli. Da settant’anni abbiamo una quantità enorme di “Repubbliche di Weimar”, fattrici di una “democrazia” che ha addormentato e fatto degenerare la sensibilità di centinaia di milioni di esseri umani nelle più sviluppate nazioni del mondo; sviluppate appunto economicamente, perché l’economia è battistrada dell’abbrutimento e spegnimento d’ogni sensazione del nostro assai particolare genere animale. E ci sono ancora i cretini, o forse molto peggio, che proprio di questi tempi continuano a porre in primo piano i problemi dell’euro e della necessità dell’autonomia monetaria, della finanza “cattivona”, ecc. Non sanno dire altro quelli che pur si pongono (o fingono di porsi?) quali oppositori degli attuali dominanti europei, tutti sdraiati davanti ai vertici statunitensi; e lo saranno pure con il nuovo presidente. Andando avanti così, si preparerà una reazione ben più grave e distruttiva di quella del 1933 in Germania. E sarà tuttavia indispensabile come lo fu quella di allora.

Questo ci racconta e ci illustra l’intelligente film di cui sto trattando. O ci si riappropria secondo forme adeguate, ma in ogni caso estremamente energiche, delle nostre prerogative tipicamente umane; o altrimenti arriverà ciò che deve accadere, perché prima o poi sprizzerà di nuovo quanto sembra oggi sepolto nella psiche totalmente piatta di perfetti abbrutiti, entusiasticamente dediti alle loro “brillanti novità”, alla loro “libertà” che nulla è se non il saltare del “tappo” capace di tenere allo stato sano e generoso il “vino” contenuto in quella “bottiglia” che è il nostro animo. Guardatevi il film e rigeneratevi se ne siete ancora capaci.