BECCHETTANDO QUA E LA’ (di GLG 14 marzo ’10)

 

1. Quando scoppiano vere rivoluzioni, è d’uopo che si cerchi di prendere alcuni “capi” (che si tratti di Louis XVI o dello Zar, ecc.) e li si condanni a morte, perché certi “simbolismi”, per quanto macabri, sono indispensabili se si intende segnare indelebilmente il mutamento d’epoca. In altri momenti, non decisamente rivoluzionari ma semplicemente di disordine, caos, ecc., è del tutto naturale che i “vertici” vengano spesso lasciati in pace (magari criticati, indicati quali mandanti, ma senza offese ancora più gravi) mentre viene però tagliato il loro “braccio armato”, le squadracce del caos e dello sfascio create apposta per dare il potere a quei mandanti, che poco si scoprono: sia per viltà sia perché spesso agiscono magari a loro volta per altri attori principali.
Questo vale per l’Italia odierna. I mandanti delle squadracce viola che cercano il caos, lo scontro, il dissesto del paese, stanno – l’abbiamo detto più volte – in certi ambienti finanziario-weimariani e industrial-decotti italiani, che agiscono in combutta con ambienti politico-economici americani in fase di ripensata e ristrutturata aggressione “imperiale”; deve essere data per ovvia la posizione subordinata dei gruppi italiani, che quindi assolvono ad una funzione in definitiva antinazionale, che è del resto quella degli stessi organismi dell’Unione Europea (pura filiale degli Stati Uniti). Il disegno è abbastanza elementare: impedire al governo di governare – il quale governo, con la sua debolezza e divisioni interne, ci “mette del suo” – creando una penosa sensazione di disfacimento, in una situazione già caratterizzata da una grave crisi, sempre dichiarata superata per poi affermare che è “ancora tra noi” (atteggiamento contraddittorio che induce ulteriore disorientamento e sconcerto).
Alla fine, i mandanti del caos sperano di poter intervenire dichiarando: quelli capaci di mettere ordine siamo noi, si mandi a casa l’attuale governo. A quel punto, le squadracce viola avranno l’ordine di fermarsi. Se qualcuno, come sempre accade, si sentirà tradito e vorrà proseguire, lo si sistemerà con le “buone maniere”; e poi ci si gonfierà il petto dichiarando che si è salvata la “legalità democratica”. Un giochetto (a parte il riferimento alla “democrazia”) che risale ad epoche assai più antiche del capitalismo, ma che funziona spesso bene. Naturalmente, se le cose andranno così, la “legalità democratica” sarà comunque quella promossa e finanziata dagli americani in Georgia, in Ucraina, in Iran, ecc. Adesso la si vuol instaurare anche in Italia. L’unico modo per sventare simili manovre criminali sarebbe tagliare il “braccio armato” di questi nostri servi industrial-finanziari genuflessi davanti agli Usa. Bisognerebbe schiacciare il “popolo viola”, stroncare con decisione le sue mene sovversive, “mazziando” pure il suo coadiutore giudiziario. A quel punto, non ci sarebbe bisogno di toccare i mandanti; da vili quali sono, ingoierebbero il rospo e, senza più sicari e “lanzichenecchi” a loro disposizione, “abbozzerebbero”.
Risolto questo primo problema, si potrebbe subito dopo procedere a ristrutturare, una volta per tutte, la configurazione dei sedicenti “poteri forti”, mettendo apparati dirigenziali di settori strategici (ormai, probabilmente, da cambiare pur essi) ai vertici delle associazioni bancarie e industriali, e soprattutto formando un gruppo preparato di reali grand commis, i cui interessi singoli (perché è ora di finirla con le panzane dei finti moralisti e finti preoccupati del solo “bene generale”) coincidano, almeno in buona parte, con quelli del paese. In tutta evidenza, l’attuale forza politica al governo non corrisponde per nulla a questi bisogni (nazionali) e ai possibili disegni per soddisfarli. Così le squadracce dei sicari, e i loro mandanti italiani e stranieri, sono pienamente all’opera, mentre molti – perfino dai pochi giornali in mano alle forze per il momento ancora dette di maggioranza (leggasi negli ultimi tempi Il Giornale o Libero, con editoriali e articoli dei loro direttori e vicedirettori e redattori vari) – cominciano a mostrare la loro tendenza ad ammorbidirsi verso questi mandanti, sintomo sicuro di preparazione al “non si sa mai chi comanderà tra qualche mese”.
 
2. Ci sono a volte segnali apparentemente minimi, e indiretti, di svolte importanti; e si verificano in posti impensati. Le scienze (cui sono abbonato da tempo immemorabile) sono l’edizione italiana di Scientific american. Lasciando perdere il primo (prestigioso) direttore, Ippolito, la rivista è stata guidata a lungo (1995-2008) da Enrico Bellone, ottimo fisico che fu, se non sbaglio, in stretti rapporti con il grande Ludovico Geymonat (1908-91). Con il febbraio 2009 egli ha lasciato la direzione, assunta da Marco Cattaneo, di cui si veda, per farsene un’idea e constatare le nette differenze rispetto a Bellone, Il nucleare di Obama e quello della Polverini, postato in Energie il 17 febbraio 2010 (Google). Sviolinate a Obama e alla sua politica ambientalista.
Veramente la cosa appare ancora più strana, se ho capito bene la successione (non spiegata) degli eventi. Fino al numero del gennaio 2009, l’editoriale è ancora di Bellone e, nell’ultima pagina sta scritto: Direttore Enrico Bellone; Direttore responsabile Marco Cattaneo. Dal numero successivo (di febbraio) l’editoriale è firmato da quest’ultimo, il quale però appare ancora come direttore responsabile. Semplicemente, è sparito il direttore Bellone, il quale scrive articoli ma non più gli editoriali. Da allora, lo ripeto, cambia nettamente la linea della rivista (in merito al “catastrofismo”) e gli articoli (a mio giudizio) diventano più “involuti”. Comunque, la rivista appare priva, allo stato attuale dei fatti, di un direttore scientifico; sintomo di qualcosa di non risolto, data anche la polemica di cui riferirò fra poco. Qualcuno dovrebbe spiegare agli abbonati che cavolo è accaduto.
E’ una semplice coincidenza che tutto ciò sia accaduto quando è stato eletto il nuovo presidente americano (alla fine del 2008 con entrata nelle sue funzioni il 20 gennaio 2009)? Di sicuro non è casuale coincidenza che, con l’arrivo del nuovo presidente, ci sia stata la svolta ambientalista degli Usa (relativa in particolare all’emissione di CO2, ecc.), quale elemento della nuova tattica “imperiale” volta ad indicare come “cattivi” i paesi tipo Cina, che hanno necessità di svilupparsi rapidamente oltre a possederne le potenzialità al contrario dell’occidente capitalistico, Usa in testa, arrancanti a causa della crisi (prevedibilmente assai simile a quella di fine ‘800); e che contestualmente, con il cambio di direzione della rivista Scienze (anzi, con la semplice sparizione del direttore scientifico), ci sia stata una decisa svolta anche in tale rivista, divenuta improvvisamente portavoce dei “catastrofisti” dell’ambiente, del surriscaldamento del clima, dello scioglimento dei ghiacciai con inondazione prossima ventura di chissà quanta parte della superficie del globo occupata da terre, ecc. Fra l’altro, si è verificato rapidamente un netto peggioramento, salvo eccezioni, della qualità divulgativa degli articoli di Scienze, i cui autori sembrano rivolgersi quasi esclusivamente agli esperti loro consimili.
Nel numero di gennaio o febbraio 2010, Bellone, che come già detto collabora tuttora, ha scritto un articolo molto moderato e tranquillo sui problemi relativi alla CO2 e “dintorni”, sollevando i dubbi nutriti da uno scettico circa la “catastrofe”. Subito, nel numero di marzo, vi è stata la risposta agitata di un gruppo di “catastrofisti” (di cui, non essendo del ramo, non conosco nulla, né fama né valore scientifico). Subito alla fine di questo scritto riporto la risposta, sempre tranquilla, di Bellone. Sottolineo comunque il passo in cui si citano le parole di un famoso climatologo (Guido Visconti): “questa apparente capacità previsionale è la stessa che ha dato notorietà, e quindi assicurato fondi, a un’intera classe scientifica negli ultimi 20 anni”.
Credo che pochi non scienziati (di scienze naturali) abbiano tanto letto in vita loro come me di fisica, chimica, biologia ecc. ecc. Tuttavia, so di essere un perfetto ignorante, perché ci vuol ben altro ormai per intervenire sensatamente su certi problemi. Del resto, sbagliò un grande come Bergson nella sua interpretazione della teoria della relatività, beccandosi le dure critiche di Einstein. Lasciamo perdere le cretinate dette da filosofi illustri sull’indeterminismo quantistico o sul teorema di indecidibilità di Gödel, per non parlare delle idiozie femministe della Irigaray circa il maggior studio dedicato, secondo lei, alla fisica dei solidi (maschili) rispetto a quella dei liquidi (femminili), come riportato nel meritorio testo critico di Sokal e Bricmont (Imposture intellettuali), tradotto in italiano dalla Garzanti nel 1999. Non entrerò quindi in merito alla discussione tra scienziati catastrofisti e scettici, per non fare la magra figura dei “filosofi” francesi (e non solo).
Non nascondo comunque che sono, istintivamente, più convinto delle ragioni di Bellone. Semplicemente per un motivo: perché anche nel campo delle teorie sociali, c’è stata un’invasione di approssimativi e di chiacchieroni (spesso solo filosofi di terza o quarta categoria), le cui stronzate passano per opere di genio e vengono pubblicizzate e diffuse dai media ed editoria di gruppi dominanti, culturalmente scadenti e furbastri nel voler dirottare su vie sbagliate, che finiscono dopo qualche anno in un cul de sac, forze magari potenzialmente spendibili in direzioni più utili e critiche. Finita una moda – che “ha dato notorietà, e quindi assicurato fondi, ad un’intera” non “classe scientifica”, ma di volgari Dulcamara, e non “negli ultimi vent’anni”, ma almeno quaranta – ne viene subito lanciata un’altra da ancora più scadenti falsi scienziati e filosofastri presuntuosi e arroganti.
Purtroppo, abbiamo solo a disposizione un piccolo blog, impossibilitato ad assolvere i compiti immani che sarebbero invece da adempiere. Comunque, almeno riportiamo, per i pochi che ci leggono, questi segnali di sempre maggior disfacimento: dei cervelli oltre che della società. Ci sarebbero altre notizie da becchettare qua e là; ad esempio le regionali francesi, che mi sembrano indicare quel che accadrà pure da noi fra poco. Fermiamoci per oggi qui.         

Risposta di Bellone
 

DIRITTO DI DISSENTIRE

Rispondo volentieri. Mi accusate di aver usato «toni inaccettabili», ma non è inaccettabile il fatto di riportare le tesi di chi è scettico nei confronti di visioni catastrofiste sul contributo umano all’effetto serra. Ho citato un sito dove si parla della CO2 e mi si rimprovera in quanto esso riprenderebbe un articolo apparso su «l’Avvenire»: e allora? Il rimprovero sarebbe giusto se la fisica del riscaldamento globale fosse incorniciata una volta per tutte nel «lavoro di sintesi» dell’IPCC. Ma le cose non stanno così, e lo sapete benissimo.
Un climatologo di fama internazionale come Guido Visconti, nel suo libro Clima estremo, ha scritto che «oggi la scienza non è in grado di spiegare le variazioni climatiche che sono avvenute in passato: pertanto, non si capisce come la stessa scienza potrebbe essere in grado di prevedere quello che avverrà nel prossimo futuro. Malgrado ciò, organismi internazionali come l’IPCC annunciano, con cadenza regolare, previsioni per i prossimi 50 o 100 anni. Questa apparente capacità previsionale è la stessa che ha dato notorietà, e quindi assicurato fondi, a un’intera classe scientifica negli ultimi 20 anni».
Poche settimane fa il sito del «Times» ha dato la parola al consulente scientifico del governo britannico, John Beddington, secondo il quale c’è bisogno di «maggiore onestà» nel formulare previsioni sul cambiamento climatico. Non solo: «I climatologi dovrebbero essere meno ostili nei confronti degli scettici che mettono in dubbio l’origine antropica del riscaldamento globale» (E.B.)