Berluskenstein e i suoi creatori
Ti ho chiesto io, creatore, dal fango
di farmi uomo? Ti ho chiesto io
di trarmi dal buio?
J. Milton, Il Paradiso perduto, X, vv. 743-45 in Frankenstein, o il moderno Prometeo
Nella competizione dei dipartiti ammazzati nelle urne, in primo luogo da chi nelle urne non ci entrerà più nemmeno morto perché disilluso e, poi, dall’unico non partito destinato perciò a non arrivare a niente, c’è tutta la decadenza del sistema politico italiano giunto ad esalare il suo respiro finale. L’ invasione degli ultrà-ortotteri del movimento dei grillini pare sia l’ultima piaga di questa II Repubblica piegata in due dall’apocalisse istituzionale ed economica e, pertanto, condannata ad essere rasa al suolo per volontà di un vendicativo Dio oltreoceanico.
In ogni caso, un Paese di rami secchi non può che trasformarsi in un habitat particolarmente adatto a diversi tipi insetti. Per ora è successo alla Sicilia che parla all’Italia intera dicendole “de te fabula narratur” ma non manchera’ tanto per dare gli estremi disonori a tutta la nazione. La cosa non ci dispiace affatto, meglio seppellire subito questo cadavere putrefatto, attraversato da trame e da tarme, tornando a nuova vita che assistere inermi al banchetto dei vermi.
Un po’, insomma, come in quel famoso discorso sul libero scambio di Marx, pronunciato il 9 gennaio 1848 all’Associazione democratica di Bruxelles, il quale non divenne improvvisamente capitalista perdendo la testa e la faccia ma piuttosto si auguro’, per il bene del proletariato, la repentina esplosione di tutte quelle contraddizioni che avrebbero fatto precipitare la situazione. Quindi facciamo anche noi lo stesso ragionamento al massacro affinché ogni antinomia deflagri, che i crik crok divoratori dello Stato e i cri cri venuti dal basso per finire nella rete si mangino pure tra loro fino all’ultimo brandello di carne. Non resterà più niente di tutto il vecchio mondo e, forse, finalmente si potrà riedificare questo Paese disastrato.
Lo scenario politico, tuttavia, era già stato destrutturato qualche giorno avanti a queste (e)lezioni siciliane, dopo la condanna di Berlusconi da parte dei giudici di rito ambrosiano, i quali gli hanno comminato, oltre ogni aspettativa ragionevole, 4 anni di reclusione per frode fiscale, nonostante la pena richiesta dal Pm fosse meno pesante.
In questo modo è saltato quell’accordo sottobanco tra il Presidente della Repubblica e lo stesso Cavaliere che aveva “patteggiato” con Napolitano il ritorno dietro le quinte, chiedendo in cambio il termine delle persecuzioni giudiziarie nei confronti suoi, dei suoi familiari e delle sue aziende.
La magistratura però non segue più un indirizzo unitario come durante Tangentopoli e non riconosce quale unico interlocutore quella sinistra risparmiata dalla mannaia giustizialistica agli inizi degli anni ’90, all’indomani della sua rapida conversione all’atlantismo spinto che ha spento ogni passato.
Tanto più che il Colle si era precedentemente imbarcato in un braccio di ferro col terzo potere per coprire alcuni politici amici i quali avevano autorizzato incontri ravvicinati di ogni tipo con gli uomini delle cosche, all’epoca della famigerata trattativa Stato-Mafia. Quest’ultima pero’ non fu affatto un negoziato come si sostiene improvvidamente ma una cessione di sovranità e di patrimonio pubblico a forze esterne alla Penisola che si servirono della mafia per alzare il tiro e ridurre il prezzo.
Tuttavia, Berlusconi è arrivato tardi all’appuntamento con la storia che nel frattempo, come spesso capita allorché i grandi eventi passano impropriamente sulla testa di piccoli individui, si è voltata nella solita storiella interna tra arraffatori di briciole pubbliche, avidi di miserie personali e di avanzi istituzionali. Come ha recentemente scritto il Gen. Piero Laporta, il vero banco di prova per B. era stato la guerra in Libia, l’occasione propizia per il leader del Pdl di alzarsi al livello dello statista abbandonando i tacchi dello stilista. Scrive Laporta: “Il momento cruciale per Berlusconi è stato il golpe contro Gheddafi. In quel momento doveva dimostrare la capacità di fronteggiare la crisi giocandosi tutto. Egli avrebbe dovuto porre il veto per l’intervento contro la Libia, sfasciando la Nato, caso mai inviando l’aeronautica a bombardare le truppe speciali francesi e inglesi, penetrate in Libia, piuttosto che concedere le nostre basi per far bombardare l’alleato Gheddafi, abbracciato e baciato in pubblico pochi mesi prima, durante la visita kermesse del libico a Roma. Il solo fatto che Berlusconi presumesse di mettere al sicuro Gheddafi dalla tempesta in arrivo con un carosello di carabinieri in suo onore, la dice lunga sull’incapacità sua e del suo entourage di imbecilli di valutare presente, passato e futuro d’una situazione internazionale dura e sfociante verso una guerra mondiale”. Il suo futuro ora è senza futuro per mancanza di coraggio, assenza di visione strategica ed abbondanza di amor proprio, peraltro, molto male tutelato. Adesso che non gode più di alcun credito presso il suo elettorato, abbandonato egoisticamente sotto un loden per pararsi il culo, si ritrova col culo scoperto, ovvero fuori dal bastione governativo da dove avrebbe potuto organizzare il suo estremo piano di resistenza e di sopravvivenza.
B. è dunque politicamente morto e con lui tutto il sistema partitocratico italiano perché come nel romanzo di Mary Shelley la sorte del mostro precederà quella dei suoi creatori che lo hanno evocato per continuare ad esistere. Quando i grilli friniscono i tempi finiscono.