de Vesna Peric Zimonjic (fonte IPS) trad. G.P.
BELGRADE 6 nov (IPS) – Dodici anni dopo la fine della guerra che gli ha consentito di nascere, la Bosnia-Herzegovina è ancora incapace di funzionare come stato, come dimostra la rinuncia del primo ministro Nikola Spiric, della minoranza serba. L’abbandono del serbo Spiric ha immerso il paese, di quattro milioni di abitanti, nella sua crisi politica peggiore da quando si è affermata la pace tra i bosniaci musulmani, croati e serbi che costituiscono la popolazione di questo stato multietnico. L’accordo firmato nel 1995 nella città americana di Dayton, ha messo fine alla guerra degli anni 90 ed ha condotto alla creazione di due ministati autonomi, entrambi integrati nella Bosnia-Herzegovina: la Repubblica Srpska (repubblica Serbia della Bosnia) e la Federazione Musulmano-Croata. Al di sopra degli organi locali ci sono il governo ed il Parlamento centrali, oltre ad una presidenza a rotazione di tre membri. L’accordo che ha segnato la fine della guerra del 1992-1995 in Bosnia-Herzegovina ha stabilito una struttura complicata di rappresentazione per serbi, croati e musulmani. Si richiedevano il consenso nel governo e nel Parlamento, però l’alto rappresentante della Comunità internazionale per la Bosnia, Miroslav Lajcak, ha introdotto ora il principio della maggioranza semplice. Ma Spiric ha rinunciato il primo di questo mese, mentre Lajcak ha presentato iniziative che mirano a migliorare l’efficienza nel governo ed il Parlamento come condizione preliminare per accelerare l’integrazione nell’Unione europea (UE). Il lavoro dei poteri esecutivo e legislativo è stato spesso segnato dall’ assenza dei suoi membri. Spiric ha protestato contro ciò che ha considerato un’intrusione. "Gli stranieri hanno controllato questo paese per 12 anni, e questo non è bene." Rinuncio. È la decisione corretta. Purtroppo, 12 anni dopo Dayton, la Bosnia-Herzegovina non è uno stato sovrano" ha detto. "I serbo-bosniaci si mostrano indignati dalla rinuncia, perché temono di perdere la loro rappresentanza nelle istituzioni centrali per mano dei "bosniaks", i musulmani bosniaci che costituiscono la maggioranza del paese. Lajcak ha descritto l’abbandono di Spiric come "irrazionale, emotivo ed irresponsabile". La posizione della Russia ha complicato la campagna di Lajcak. Il Consiglio di Implementazione della Pace, integrato dai rappresentanti di 40 nazioni che controlla la Bosnia-Herzegovina del dopo-guerra, ha approvato l’azione di Lajcak, ma Mosca, alleato tradizionale dei serbi, si è astenuta. Il rappresentante russo dinanzi al Consiglio, Alexander Bocan Harchenko, ha detto che l’organismo aveva scelto di seminare "una più grande irritazione e peggioramento". "Le misure di Lajcak vanno contro lo spirito di Dayton", ha detto Harchenko in una dichiarazione scritta emessa dall’ambasciata di Russia a Sarajevo. Harchenko è anche il rappresentante russo nel pannello internazionale di tre membri che negozia lo status della provincia meridionale serba del Kosovo, con il diplomatico tedesco Wolfgang Ischinger e l’inviato americano Frank Wisner. La rinuncia di Spiric non può essere risolta con nuove elezioni. Sotto la costituzione imposta dalla Comunità internazionale alla Bosnia-Herzegovina, l’attuale governo andrà avanti, benché senza alcuna possibilità pratica di operare. La maggioranza dei bosniaci sembra temere che il governo resti bloccato, nonostante la spiegazione offerta da Lajcak alla stampa locale per cui "il funzionamento dello Stato non è in pericolo" e che "ci sarà un governo provvisorio, che dovrebbe fare il lavoro in modo adeguato". "Questa è la crisi peggiore alla quale assiste il paese dal 1995 ed i vicini non aiutano", ha detto a IPS Jovo Bakic, un analista di Belgrado. Si riferiva alle politiche della Serbia, che sostiene ciò che è serbo-bosniaco. Il primo ministro della Serbia, Vojislav Kostunica, ha accusato Lajcak di fare parte di una conspirazione più vasta contro i serbi "per produrre l’indipendenza unilaterale del Kosovo ed eliminare la repubblica Srpska". La posizione di Belgrado ha condotto ad un processo diplomatico insolitamente acuto che ha coinvolto Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania, Italia e Francia. Il contenuto non è stato rivelato, ma un diplomatico di una di queste nazioni ha detto a IPS che "c’è stato un richiamo severo a Belgrado in quanto il Kosovo e la repubblica Srpska non possono essere trattati allo stesso modo". "L’accordo di pace di Dayton è un documento internazionale sostanziale per la Bosnia, mentre il Kosovo vive sotto la risoluzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU)", egli ha detto. "Le due questioni non funzionano come navi collegate", ha aggiunto. Ma il diplomatico né ha confermato né ha negato che l’avvertenza si riferisce alla possibilità che i serbi di Bosnia-Herzegovina possano convocare un referendum sull’indipendenza una volta che il Kosovo abbia proclamato il suo. Lo status del Kosovo è negoziato da mesi con una mediazione internazionale. La provincia è diretta dall’ONU dal 1999. I capi albanesi-kosovari dicono che proclameranno l’indipendenza in dicembre. L’ONU si è fatta carico del Kosovo dopo 11 settimane dal bombardamento delle Serbia da parte dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord (la NATO), a fronte della repressione lanciata da Belgrado contro due milioni di albanesi. Oslobodjenje periodico, di Sarajevo, ha segnalato in un commento che "la responsabilità dell’aggravamento della situazione è determinata dai capi politici che bloccano i possibili progressi con il loro comportamento aggressivo". Il giornale ha detto che anche i capi religiosi come quello della Comunità islamica della Bosnia, il Gran Muftí Mustafa Ceric, provano ora a sfruttare la situazione. In una visita recente negli Stati Uniti, Ceric ha premuto per ottenere l’abolizione della repubblica Srpska. L’ufficio di Lajcak lo ha ripreso duramente per quest’annuncio.