BREVI ACCOSTAMENTI TEORICI
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“Ci sono uomini che lottano un giorno e sono buoni.
Ci sono altri uomini che lottano un anno e sono migliori.
Ci sono uomini che lottano molti anni e sono molto buoni,
ma ci sono uomini che lottano tutta la vita : quelli sono indispensabili.”
Bertolt Brecht
Le note che seguono prendono la forma dell’accostamento, sia nel senso di avvicinare l’autore ad un altro per cogliere il valore di posizione della sua elaborazione, sia nel senso di contribuire ad illuminare la manovra (teorica e politica) per cambiare direzione e verso nuovi approdi, ancora non compiutamente definibili.
Questi accostamenti mi sono stati suggeriti dalla lettura di una serie di recenti scritti lagrassiani di varia natura, ma univocamente orientati a sottolineare ed approfondire la rottura sia con la tradizione marxista sia con aspetti decisivi dell’ipotesi marxiana.
La Grassa appare (ed è marxianamente un’apparenza prosaicamente reale !) assumere l’atteggiamento descritto da Brecht “Alla fine non si occupò più di filosofi, ma si interessò soltanto di indagini pratiche, scacciando di tanto in tanto i filosofi come mosche moleste.”1 : questo però solo verso quel tipo di filosofo che” gema flebilmente sulle miserie dell’ umanità, o annunci da buon cristiano l’avvento del regno millenario e la fratellanza universale, o umanisticamente fantastichi di spirito, cultura e libertà, oppure si faccia dottrinario e inventi un sistema di conciliazione e di prosperità per tutte le classi.”2 Notiamo di passaggio che la filosofia di Marx consiste include anche l’opzione dell’anti-umanesimo teorico, come critica delle filosofie dell’Uomo.
Penso che anche chi volesse procedere oltre queste prime tracce, dovrà seguire l’indicazione althusseriana di cercare la filosofia dell’autore non solo o tanto dove lui stesso dice di cercarla ma facendola emergere dalla sua elaborazione :
“Sostenevo che bisognava farla finita con una divisione sospetta, che da un lato tratta i politici come inferiori, cioè non filosofi o filosofi ‘della domenica’, e dall’altro cerca la politica dei filosofi solo nei testi nei quali essi vogliono proprio parlare di politica. Ritenevo da una parte che ogni politico, anche se non dice quasi nulla sulla filosofia, come Machiavelli, può essere filosofo in senso pieno, e d’altra parte che ogni filosofo, anche se non dice quasi nulla sulla politica, come Descartes, può essere politico in senso pieno, poiché la politica dei filosofi, cioè la politica che costituisce le loro filosofie come filosofie, è ben altro che la concezione politica dei loro autori. Se infatti la filosofia è in ultima istanza lotta di classe nella teoria, la politica che costituisce la filosofia (così come la filosofia che sostiene il pensiero dei politici) non s’identifica con un certo episodio della lotta politica, né con le scelte politiche degli autori. La politica che costituisce la filosofia riguarda e gira intorno ad una questione ben diversa : quella dell’egemonia ideologica della classe dominante, che si tratti di costituirla, di rafforzarla, di difenderla odi combatterla.” 3
1 Brecht ‘ME-TI Libro delle svolte’ Einaudi pg 156
2 Marx ‘Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’ Editori Riuniti pag 119
3 Althusser ‘E’ facile essere marxista in filosofia ?’ 1975 La pensee n 183 –in Freud e Lacan Editori Riuniti
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1. Problemi di orientamento : In quale fase (storica) siamo.
La lettura dello scritto lagrassiano ‘Tutto torna ma diverso’ mi ha sollecitato un parallelo con il filosofo ungherese Gyorgy Lukacs (1885-1971), quando quest’ultimo cominciando a porsi il problema dell’individuazione, tramite l’analogia storica, della fase in cui allora (1967) ci si trovava, affermò : “Dobbiamo renderci conto che abbiamo a che fare con un nuovo inizio o, per usare un’analogia, che ora noi non siamo negli anni Venti del secolo ventesimo, ma in certo senso, all’inizio del secolo diciannovesimo, quando, dopo la rivoluzione francese, si incominciava a formare lentamente il movimento operaio.”. Ed aggiungeva “Credo che questa idea sia molto importante per il teorico, perché ci si dispera assai presto quando l’enunciazione di certe verità produce solo un eco molto limitata.”4 La posizione lagrassiana registra una profonda identità rispetto a quella lukacsiana circa l’ impossibilità di riattivazione della prospettiva comunista come la si è conosciuta , ma anche una significativa differenza, dovuta alla radicalità che non solo prende d’atto della fine del comunismo nella sua forma storica novecentesca (e della sua non ri-proponibilità nella medesima forma e meno che mai nella congiuntura attuale) ma giunge sino alla ridiscussione di punti rilevanti dell’ipotesi marxiana stessa, che hanno ricevuto riscontri storico-fattuali negativi. La Grassa ha continuamente ammonito circa il peso ed i limiti che la tradizione avrà ed imporrà rispetto allo sviluppo della capacità di pensare una nuova teoria critica della formazione sociale capitalistica. Questo, paradossalmente ma non tanto, sulla scorta di Marx che sosteneva : “Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione. La tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello dei viventi e proprio quando sembra ch’essi lavorino a trasformare se stessi e le cose, a creare ciò che non è mai esistito, proprio in tali epoche di crisi rivoluzionaria essi evocano con angoscia gli spiriti del passato per prenderli al loro servizio; ne prendono a prestito i nomi, le parole d’ordine per la battaglia, i costumi, per rappresentare sotto questo vecchio e venerabile travestimento e con queste frasi prese a prestito la nuova scena della storia. Così Lutero si travestì da apostolo Paolo; la rivoluzione del 1789-1814 indossò successivamente i panni della Repubblica romana e dell’Impero romano; e la rivoluzione del 1848 non seppe fare di meglio che la parodia, ora del 1789, ora della tradizione. rivoluzionaria del 1793-1795. Così il principiante che ha imparato una lingua nuova la ritraduce continuamente nella sua lingua materna ma non riesce a possederne lo spirito e ad esprimersi liberamente se non quando si muove in essa senza reminiscenze, e dimenticando in essa la propria lingua d’origine.”5
1.2. L’analisi di cui abbiamo bisogno: quale teoria per la nuova fase.
Lukacs nel 1971 colloquiando con un sociologo italiano a proposito degli strumenti di analisi della realtà sociale affermò “che il marxismo come teoria generale della società ha in effetti subito un’interruzione. Si è fermato.”6 E conseguentemente ne concluse che “Bisogna riconoscere che, oggi come oggi, non abbiamo teoria marxista. …oggi bisogna fare ciò che Marx ha fatto per il capitalismo del suo tempo.”. Per questo—continua—il
4 Lukacs ‘Conversazioni’ Dedalo 1967 pg 77
5 Marx ‘Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte’ Editori Riuniti pag 44-45
6 Intervista concessa a Ferrarotti in appendice a Ferrarotti ‘Colloquio con Lukacs. La ricerca sociologica e il marxismo, Franco Angeli (Milano 1975).
/A> LEFT Lukacs riteneva però compiuto il marxismo, sia pure solo come metodo, che poi si sarebbe dovuto impiegare per l’analisi del capitalismo nella sua forma attuale. In fondo penso che la sua insistenza sull’ontologia possa essere letta come una metafora che invitava, chi voleva continuare effettivamente l’analisi marxiana a confrontarsi con la configurazione che in un dato momento la formazione sociale capitalistica—articolata nei rapporti delle sue formazioni sociali particolari—assumeva. La Grassa ha intrapreso lo stretto sentiero tra le alternative del (l’impossibile) ‘ritorno a Marx’ , quindi nell’eterna ripetizione e nell’esercizio filologico infinito, e dell’andare ‘oltre Marx’, ma ritornando ad elaborazioni prima di Marx, nell’illusione di esserlo lasciato alle spalle come un ‘cane morto’. Sta cercando di andare oltre Marx derivando ed innovando a partire dalla presa d’atto teorica della falsificazione storico-fattuale dell’ ipotesi marxiana del formarsi del lavoratore collettivo cooperativo e ipotesi del conflitto strategico. Nel suo procedere in questa direzione si pone in un campo conflittuale in cui si (ri)presentano ideologie apparentemente rivoluzionarie, ma che oggi, ed ancor più nella fase che si va aprendo, sono profondamente conservatrici e perfino reazionarie.
Nella descrizione lukacsiana : “Mentre l’apologetica diretta si preoccupa di nascondere, di contestare in modo sofistico, l’ apolegetica indiretta prende le mosse proprio da queste contraddizioni, ne riconosce l’effettiva esistenza, e l’impossibilità di negarle come dato di fatto, ma ne dà un interpretazione che nonostante tutto questo torna a vantaggio della conservazione. Mentre l’apologetica diretta si ingegna a presentare il capitalismo come il migliore degli ordinamenti, come la vetta suprema e definitiva dell’evoluzione dell’umanità, l’apologetica indiretta mette in rilievo senza riguardi i lati cattivi e gli orrori del capitalismo, ma afferma che essi non sono proprietà specifiche del capitalismo ma dell’esistenza in generale. “8
1.3. Verso quale prospettiva storica
Al Congresso degli scrittori tedeschi del 1956 Lukacs sostenne che “La prospettiva di cui parlo la posso definire come segue.
In primo luogo: qualcosa si determina come prospettiva in quanto non è ancora esistente. Se esistesse, non sarebbe prospettiva per il mondo che noi configuriamo.
In secondo luogo : tale prospettiva non è però una pura utopia, un puro sogno soggettivo, sebbene la necessaria conseguenza di un’evoluzione sociale oggettiva …
In terzo luTo : essa è oggettiva, ma non fatalistica. Se lo fosse non sarebbe una prospettiva.”
Lukacs pensava al comunismo come il portato della dinamica oggettiva intrinseca del modo di produzione capitalistico sia pure nella forma della potenzialità da attualizzare mediante le azioni e le scelte di un soggetto collettivo, mentre La Grassa ha mostrato come l’ipotesi marxiana del formarsi del lavoratore collettivo associato sia stata storicamente falsificata per cui un’eventuale possibilità di trasformazione del modo di produzione capitalistico (se) si darà, sarà probabilmente sotto la condizione del verificarsi della rottura in punto (anello debole) nel conflitto strategico infra-dominanti, in presenza della (formatasi) capacità di azione collettiva (adeguata) di raggruppamenti di rivoluzionari strategici contro il capitale.
7 idem
8 Lukacs ‘la distruzione della ragione’ Einaudi 1959
9 Lukacs ‘Il marxismo e la critica letteraria’ Einaudi
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1.4 Da dove ripartire : riposizionarsi nella congiuntura attuale.
Nella sua autobiografia, dettata ai suoli allievi più intimi nel suo ultimo periodo di vita, Istvan Eorsi riferisce che “Una sola volta, e fu nell’autunno del 1968, non molto dopo la marcia delle truppe del Patto di Varsavia su Praga, l’ho sentito dire questa frase : “Probabilmente l’intero esperimento iniziato nel 1917 è fallito, e bisogna ricominciare tutto da capo un’altra volta in un altro luogo.”. Questa frase non l’ha più ripetuta, non l’ha mai scritta e nemmeno pronunciata nelle ultime interviste, pur non destinate affatto al pubblico.”10 La Grassa sta producendo una ricapitolazione teoricamente pensata dell’evento storico che è risultato fallimentare nei suoi esiti (senza nulla togliere alla grandezza storica e politica dell’ottobre rosso) se lo si guarda dal punto di vista della prospettiva comunista, ma può condurre ad una valutazione ed a conseguenze teoriche (e politiche) differenti se lo si guarda dal punto di vista dello sviluppo della potenza da parte di una formazione sociale di tipologia non classicamente capitalistica. Il riposizionamento lagrassiano implica un ricominciamento che non può essere una coazione a ripetere, ma deve partire da premesse teoriche profondamente rinnovate, avendo presente che nel condurre questa impresa saremo nella condizione delineata da Otto Neurath : “Immaginiamo dei marinai che, in mare aperto, stiano modificando la loro goffa imbarcazione da una forma circolare ad una più affusolata. Per trasformare lo scafo della loro nave essi fanno uso di travi alla deriva assieme a travi della vecchia struttura. Ma non possono mettere la nave in bacino per ricostruirla da capo. Durante il loro lavoro essi stanno sulla vecchia struttura e lottano contro violenti fortunali e onde tempestose… Questo è il nostro destino di scienziati.” Questo con la consapevolezza che la fase policentrica che si va, pur non linearmente aprendo, sarà una fase che ad un tempo richiederà di essere all’altezza delle sfide cui potremmo trovarci di fronte, ma simultaneamente potrebbe non darci né il tempo né le condizioni per poter approntare l’impresa…
La ricadute politiche della pratica teorica : la determinatezza di fase del rapporto tra pratica teorica e pratica politica.
Lenin scrisse il “Che fare ?” tra l’autunno 1901 e il febbraio 1902 per affrontare i problemi decisivi interni all’organizzazione rivoluzionaria. Come egli dice nella prefazione del saggio ai tre temi principali, si proponeva di affrontare 1 °: il contenuto della nostra agitazione politica; 2°: i nostri compiti organizzativi; 3°: il piano per la creazione … di un’organizzazione di lotta per tutta la Russia, ha dovuto premettere due questioni più generali, quella della funzione della socialdemocrazia di fronte al movimento spontaneo delle masse e quella della differenza tra la politica tradeunionista e la politica socialdemocratica, per dissipare le confusioni dal movimento. Per Lenin invece “senza teoria rivoluzionaria non può esistere movimento rivoluzionario. Non si insisterà mai troppo su questo concetto in un momento in cui la predicazione opportunistica venuta di moda è accompagnata dall’esaltazione delle forme più anguste di lotta politica… solo un partito guidato da una teoria d’avanguardia può adempiere la funzione di combattente d’avanguardia.”11. L’elaborazione lagrassiana di una teoria di fase può, incontrando—ed al contempo, potendo (potenzialmente) contribuire ad indirizzarne la sua formazione— un referente politico adeguato allo scopo, contribuire a disincagliare e disancorare la teoria della formazione sociale capitalistica in e di una congiuntura storica determinata, mettendo gli eventuali agenti strategici anticapitalistici che potrebbero formarsi , nelle condizioni di
10 Lukacs ‘Pensiero vissuto’ Editori Riuniti pag. 8
11 Lenin, Che fare?, Editori Riuniti pg 55
/A> ‘Non domandarci la formula che mondi possa aprirti sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.’
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