BREXIT O NON BREXIT, di GLG
Isteria al massimo all’avvicinarsi del referendum sull’uscita o meno della Gran Bretagna dalla UE. E questo paese non è nemmeno nell’euro. Ho la netta sensazione che anche i sondaggi, che danno in prevalenza i favorevoli all’uscita, siano artefatti, servano ad alimentare la paura del cataclisma che dovrebbe seguire a simile decisione; cataclisma del tutto inesistente. Hanno talmente impaurito la “ggente” utilizzando tutti i mezzi (compreso il solito delle Borse) che la maggioranza, di solito pecorona (e anche in Inghilterra non credo sia diverso che altrove), piegherà il capo e penserà che è meglio non cambiare una virgola. Intendiamoci bene: non è che l’uscita rappresenterebbe una svolta epocale rispetto alla situazione odierna di questi paesi europei così succubi. L’Inghilterra resterà uno dei canali privilegiati della preminenza Usa. Esattamente come lo è il nostro paesello “a sud”. Tuttavia, i dirigenti pro-americani di un’Europa priva d’autonomia – gli eredi di quelli, ormai lo sappiamo, che furono ampiamente finanziati per restare alle dipendenze d’oltreatlantico (e figuriamoci quanto sono pagati questi odierni!) – preferiscono non rischiare nulla; proprio per rimanere nelle grazie di quel prepotente paesone di cow-boys.
Se vincesse il sì all’uscita, con il tempo potrebbero andare formandosi crescenti “rivoli” (cioè partiti e movimenti) consci della necessità non semplicemente di abbandonare la UE, ma proprio di una diversa politica estera sempre più affrancata da quegli arroganti e pretenziosi “padroni”; una politica estera che potrebbe favorire, in un’area decisiva per la potenza americana, un orientamento più amichevole verso la Russia, che diventerebbe ancora una volta il principale antagonista degli Stati Uniti in una situazione di crescente multipolarismo. In un periodo piuttosto lungo si potrebbe arrivare all’autentico policentrismo acceso, nel cui ambito i preminenti odierni non sarebbero più in grado di guidare gli affari mondiali a loro vantaggio. Anche il TTIP andrebbe a farsi benedire. In ogni caso, lo ripeto, il risultato positivo del “brexit” non è nettamente decisivo. Duro, e lungo, sarà il percorso verso una effettiva “liberazione” dei maggiori e più rilevanti paesi europei (Germania e Francia; e tutto sommato pure l’Italia), caduti alle dipendenze americane nel 1945.
E’ pur sempre da augurarsi la vittoria della corrente desiderosa di uscire dalla gabbia europea. Non credo avrà successo; e anche se lo avesse, dubito che si realizzerebbe concretamente l’uscita inglese dalla UE. Sarebbe comunque una ventata d’aria fresca a favore della suddetta “liberazione”, quella vera e non la falsa di settant’anni fa. L’effettivo lavoro in tal senso mi sembra però quasi inesistente (vedi la “timidezza” dello stesso FN in Francia). Sarà indispensabile uno sforzo costante e sempre più netto e deciso al fine di mettere viepiù il bastone fra le ruote all’attività aggressiva americana. Uno sforzo che deve però comportare la nascita di nuove organizzazioni politiche; e avrebbe bisogno d’essere irrobustito dalla crescita di potenze antagoniste degli Usa. Prima fra tutte, lo ribadisco, la Russia, ancora deboluccia rispetto al ruolo che a mio avviso ricoprirà in tempi non proprio brevi.