Buon Natale di Chauprade Aymeric
24 Dicembre 2011
Traduzione di Giuseppe Germinario ( gran bell’articolo con qualche punto da chiarire)
In calce l’articolo in versione originale
Sull’intelligenza di questi “diritti umani” che insediano l’islamismo nel mondo arabo e ci intorbidano con la Turchia
Interrompo un lungo silenzio, ammetto volontario. Il motivo? Una serie di viaggi in America Latina e nel mondo arabo, ma anche la volontà di fare un passo indietro rispetto ai tanti eventi che hanno costituito la recente attualità geopolitica. Spero di non aver troppo deluso i lettori i quali potevano legittimamente aspettarsi i miei commenti nelle ultime settimane. Si dice che nella nostra società fugace, pervasa da rumore di fondo, l’astinenza a volte è una benedizione.
Il voto, deliberato dall’Assemblea Nazionale Francese, di una legge mirante a penalizzare il diniego del genocidio armeno, mi pare, per chi rivendica la realpolitik, un buon momento per tornare al dibattito.
Tutti sanno che io non sono favorevole all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea; questo per una semplice ragione: non solo i turchi non sono europei, ma l’idea stessa di Europa si è in parte forgiata in opposizione ai turchi ottomani. Il mondo turcofono rappresenta un’area culturale con i propri criteri di civiltà e che non si limita alle differenze religiose con gli europei. Se fossi cinico direi che, non volendo loro del male, non ho alcun motivo per incitarli a salire a bordo di una nave che affonda.
Tuttavia, né la affezione particolare che si può avere verso il popolo armeno, né l’opposizione alla candidatura della Turchia all’Unione europea oppure l’ostilità di alcuni nei confronti dell’AKP (il partito turco islamico che governa ) dovrebbero indebolire il nostro senso di discernimento.
Ho notato di recente che la ricerca di motivi di disputa con il “nemico islamico” è stata una propensione cui hanno ceduto facilmente molti difensori delle identità francese ed europea. Quando si entra in questo tipo di logica, si deve osservare una regola di buon senso che consiste nel chiedersi “a chi giova veramente?”. E ‘ovvio che tutto ciò che conduce al peggioramento delle relazioni tra i popoli d’Europa da un lato, gli iraniani, turchi e arabi, dall’altra, serve agli americani e agli israeliani, non certamente agli europei. Cose da dire chiaramente a chi pensa che Huntington sia la soluzione: non risolviamo il problema dell’immigrazione dai paesi extraeuropei con la guerra al mondo musulmano.
Sia per altro chiaro che il realismo (Realpolitik) non significa l’assenza di valori o calpestare questi. Io ho stabilito una distinzione tra i “diritti umani”, di costruzione rivoluzionaria, e la libertà, valore antico. La libertà, dalla Grecia a Roma e alla cavalleria europea, è al centro di ciò che costituisce l’identità dell’Europa. I “Diritti umani”, diritti astratti di un uomo astratto, non hanno, quanto ad essi, nulla a che fare con la libertà; al contrario! E’ in nome dei “diritti umani” che da due secoli è condotta una sola medesima politica del terrore: ciò che terrorizza i popoli e li prende a bersaglio, come in Francia nel 1793, così nel vecchio Sud America, nell’Iraq baathista, in Serbia, in Libia, senza dimenticare Colonia e Dresda, Hiroshima e Nagasaki. Domani forse in Siria e Iran.
Realpolitik è il rigetto di questa politica dei “Diritti Umani” che, con il pretesto di liberare i popoli da loro stessi, non ha smesso di trucidarli e consegnarli a forze straniere. La Realpolitik rappresenta la prima tutela, quindi, dell’idea di libertà, un valore essenziale della civiltà europea che, associata all’esercizio della ragione, è senza dubbio il fattore principale del successo storico dell’Occidente.
I “Diritti umani” sono in procinto di distruggere ciò che la libertà e la ragione hanno costruito attraverso i secoli in Occidente. Distruggono la potenza degli europei, annientano la loro capacità di stabilire una lucida diagnosi della propria reale situazione (sottomissione al mondialismo americano e alle invasioni migratorie), e attizzano il risentimento degli antichi popoli che tornano nella storia (russi, cinesi, indiani, iraniani , turchi …).
Non ho intenzione di contestare la legge approvata sul genocidio armeno, sulla base di interessi puramente economici che sarebbero minacciati e adagiandomi sui miei principi. Io contesto questa cattiva idea, perché è, una volta di più, il risultato della cecità causata dalla finzione dei “diritti umani”.
Più questa finzione si afferma nel nostro paese, a scapito della realpolitik, più la libertà arretra.
Da anni ormai la libertà di indagine nel campo della storia è indebolita, in Francia; da quando regna una politica del terrore sulla memoria nel nostro paese e dal momento che il dibattito viene accantonato in favore della legge, soprattutto quando le verità dominanti cominciano ad essere minacciate da argomenti “troppo convincenti.”
Non è più permesso affermare liberamente le conclusioni di lavori scientifici specie su alcuni periodi della storia (soprattutto seconda guerra mondiale e periodo coloniale); non è più possibile enunciare fatti e numeri che possano stabilire un legame tra immigrazione e criminalità. E, a differenza del mondo anglosassone, non è più possibile lavorare sulle differenze genetiche e biologiche tra gruppi etnici e razziali.
Questa non è più la scienza (scienze umane e scienze esatte) o almeno la risultanza della sua libera discussione che, qui, tende a stabilire la verità; questi sono dogmi ideologici. E quando questi dogmi si indeboliscono di fronte all’esercizio della ragione, le leggi intervengono immediatamente a sostegno per impedire ad essa di progredire. C’è un esempio clamoroso di questa cancellazione della verità scientifica a favore dell’ideologia, un esempio che dovrebbe normalmente svegliare i francesi, semplicemente perché colpisce direttamente i loro figli: la teoria del genere (la teoria del genere) che postula che la differenziazione sessuale è il risultato di una determinazione di stampo sociologico e non di una determinazione biologica, la quale teoria viene imposta ai nostri studenti contro la verità scientifica, non solo contro la saggezza morale ebraica, cristiana e musulmana oppure quelle asiatiche. Certamente i manuali di storia da molto tempo soffrono di una visione distorta della storia. Medievalisti come Regine Pernoud e Jacques Heers hanno combattuto giustamente contro l’immagine torbida che l’insegnamento repubblicano ha dato del Medioevo; un Medio Evo in versione “Nome della Rosa”, ridotto a denti marci e a peste, caricaturato all’estremo per sottolineare la cesura del Rinascimento e soprattutto un Medio Evo privato della sua fondamentale dimensione: <incantamento>” e spiritualità. Ciò che è essenziale nel Medioevo – la forza della fede e l’incantamento della realtà – è completamente scivolato sul fianco dei nostri studenti. Come la filosofia medioevale tra l’altro, perché il nostro insegnamento della filosofia salta allegramente da Platone a Helvetius.
Al di là del solo Medio Evo, e per rafforzare la propria legittimità, la Repubblica non ha smesso di inculcare ai suoi giovani studenti una visione manichea dell’Ancien Régime. Questa visione grossolana e contraria alla verità si è poi estesa all’epoca coloniale, nei tre ultimi decenni, prima di coprire l’intera storia della civiltà europea. Nei manuali di storia più recenti, quello che è stato grande e dominante (Luigi XIV, Napoleone) è stato volontariamente rimosso a favore degli incerti imperi africani. Ma la novità è che i manuali di scienza e di vita sono ora ricondotti ai dogmi dell’ideologia dominante. Essere un uomo o una donna è ormai anche una costruzione sociologica, e di conseguenza è legittimo cambiare sesso e sessualità. Per dare legittimità al risultato della dimostrazione, hanno distorto le premesse. L’opposto del processo scientifico. Il sesso non è un fatto naturale che ci viene imposto dalla nostra nascita. Prima c’è stata la negazione della razza, poi quella delle nazioni; adesso la negazione dei generi. E la legge è ora incaricata di inculcarci questa nuova religione mondiale e i suoi dogmi, sempre che il conformismo non l’acquisisca naturalmente.
La nuova religione ha la sua nuova storia, scandita da disastri imprescindibili: l’olocausto degli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, in misura minore quello degli armeni, poi il piccolo ‘”Olocausto” dell’11 settembre. Alcuni olocausti, ma non tutti! È difficile immaginare che i nostri parlamentari varino una legge che penalizzi la negazione del genocidio degli Indiani d’America, alla base della creazione degli … Stati Uniti d’America, o una legge per criminalizzare la negazione della diaspora dei Palestinesi nel 1948 e nel ‘67. Va detto che ci sono pochi indiani che voteranno in occasione delle prossime elezioni presidenziali francesi. Non più che pochi palestinesi, anche se ci sono nel contempo molti arabi. Il giorno in cui la percentuale di francesi scettici sarà significativa ed evidente, possiamo aspettarci anche una legge che criminalizza la contestazione della versione ufficiale dell’11 settembre.
Oggi in Francia, un universitario è imprigionato (dopo essere stato distrutto socialmente) non perché ha attaccato una banca, ma perché ha osato sfidare le verità storiche stabilite. Al contrario, quelli che tormentano ogni giorno i francesi (francese nativo di Francia o nuovi che hanno fatto lo sforzo di diventarlo), quelli che rubano, insultano, sfidano gli anziani, schiaffeggiano gli adolescenti mingherlini e terrorizzano le loro ragazze, tutti costoro non interessano alla rappresentanza nazionale. No, per i nostri membri, ciò che è essenziale è quello di proteggere la memoria armena, come hanno creduto ieri di proteggere la memoria ebraica. Ovviamente, pensano di essere stati eletti per piegare le ginocchia davanti alle minoranze, piuttosto che occuparsi di una massa di bravi francesi che, inspiegabilmente, tornano a rinnovare il loro mandato da più di tre decenni.
Torno a questa cattiva idea della legge sul genocidio armeno.
1 / Questo dibattito deve rimanere nell’ambito degli storici. I Parlamentari, la stragrande maggioranza dei quali è ignara e non ha mai letto un solo libro sull’argomento, non devono impicciarsi. Non devono più legiferare sulla questione armena, così come non avrebbero dovuto ieri legiferare sul dramma dei campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale.
2 / Questa questione appartiene agli armeni e ai turchi. Riguarda la Turchia, non la Francia. Non si devono lamentare se i turchi replicano concentrandosi sul nostro passato coloniale. Era così prevedibile. Parlare di Algeria, ai turchi permette, a loro volta, di seminare la discordia tra di noi, ma anche di aumentare un po’ di più il prestigio della Turchia nel Maghreb.
3 / Dal momento che ora si scatenano sulla nostra storia, confesso che i turchi mi divertirebbero ulteriormente se si occupassero di legiferare sulla condanna del genocidio dei Vandeani. Nel caso non lo conoscessero ancora, che si precipitino sulle opere dello storico francese Reynald Secher, specialista delle guerre di Vandea. Essi troveranno il testo della Convenzione che esplicitamente ha dato l’ordine di sradicare un’intera popolazione, uomini, donne e bambini, perché era “contro-rivoluzionaria etnicamente”. Scoprirebbero i grandi massacri i quali non erano il risultato degli eccessi degli esecutori, ma di una politica criminale pianificata ai massimi livelli, con metodi pre-industriali (annegamenti da Carrier a Nantes) e con il Terrore ( concia della pelle umana, cannibalismo, poppanti cotti in forni) come strategia militare.
Immagino come sarebbe stato interessante anche per un élite turco-musulmana anti-kemalista scoprire quanto i loro avversari kemalisti ‘giacobini’ devono a questa Rivoluzione Francese che fu anche la matrice dei grandi totalitarismi del XX secolo (il nazismo e il bolscevismo) e delle grandi ideologie moderniste nel mondo musulmano ai quali si opposero islamisti turchi e Fratelli Musulmani arabi!
Se i nostri leader hanno deciso di farsi odiare da quei paesi emergenti che contano sempre di più come il Messico (con l’affare Cassez) o la Turchia, ce lo dicano chiaramente. Da questo punto di vista, i risultati conseguiti durante l’anno 2011 sono eccezionali!
Il Marocco ha vietato il 24 dicembre un numero de “L’Express” raffigurante Maometto. Inizio di uno scandalo nella nostra stampa benpensante. E allora? Ci si attende una nuova lezione di diritti umani? Non basta la Tunisia, il Messico, la Turchia; dobbiamo ora contrariare il Marocco? Non stiamo parlando di un titolo della stampa francese in territorio francese, ma di un titolo francese in territorio marocchino. I marocchini non hanno il diritto di fare ciò che vogliono a casa loro? Essi sarebbero quindi obbligati a distribuire “l’Express”? Non hanno il diritto di valutare se questo numero possa essere di disturbo dell’ordine pubblico? Il PJD (Partito islamico), non è ancora abbastanza forte (è al governo) da dovergli concedere ancora una mano? C’è un ottimo storico del Marocco (posso solo raccomandare la sua eccellente e recente storia del Marocco), Bernard Lugan sul quale non riesco a capacitarmi proprio ora! Pochi giorni fa, la trasmissione, già registrata per I-TV con Robert Ménard, per presentare una sintesi di “decolonizzazione dell’Africa” (pubblicato da Ellipses ai primi di dicembre) è stata semplicemente censurata, cioè registrata ma mai in onda. I nostri amici marocchini dovrebbero porre la questione alla Francia: se i francesi interdicono la voce del più grande storico dell’Africa, perché allora non potremmo (a volte, ma è così raro!) bloccare la distribuzione di uno dei vostri titoli di stampa nella nostra zona?
Alla velocità con cui la Francia moltiplica le dispute, ci si deve ora porre una domanda. La stupidità è sufficiente a spiegare tutto? O c’è una forza più profonda che spinge in quella direzione?
Joyeux Noël
Publié le 24 décembre 2011 par Aymeric Chauprade
24 décembre 2011
De l’intelligence de ces « Droits de l’Homme » qui installent l’islamisme dans le monde arabe et nous brouillent avec la Turquie
J’interromps un long silence, volontaire je dois dire. La raison ? Une série de voyages, en Amérique Latine et dans le monde arabe, mais aussi la volonté de prendre du recul sur les nombreux événements qui ont fait l’actualité géopolitique récente. J’espère ne pas avoir trop déçu les lecteurs qui pouvaient légitimement attendre mes commentaires durant ces dernières semaines. Qu’ils se disent que dans notre société d’immédiateté et de bruit de fond, l’abstinence est parfois aussi un bienfait.
Le vote par l’Assemblée nationale française d’une loi visant à pénaliser la contestation du génocide arménien, me paraît être, pour quelqu’un qui se réclame de la realpolitik, un bon moment pour revenir au débat.
Chacun sait que je ne suis pas favorable à l’entrée de la Turquie dans l’Union européenne, et cela pour une raison simple : non seulement les Turcs ne sont pas Européens, mais l’idée même d’Europe s’est en partie forgée dans l’opposition aux Turcs ottomans. Le monde turcophone est une aire culturelle qui dispose de ses propres critères de civilisation, et qui ne se limite pas à la différence religieuse avec les Européens. Et si j’étais méchant je dirais que comme je ne leur veux pas de mal, je n’ai aucune raison de leur souhaiter de monter à bord d’un bateau qui coule.
Pour autant, ni l’affection particulière que l’on peut avoir pour le peuple arménien, ni l’opposition à la candidature turque à l’Union européenne, ni l’hostilité de certains à l’AKP (le parti islamiste turc qui gouverne), ne doivent affaiblir notre sens du discernement.
J’ai noté, ces derniers temps, que chercher des querelles avec « l’ennemi musulman » était une pente à laquelle cédait facilement nombre de défenseurs des identité française et européenne. Quand on entre dans ce genre de logique, il convient d’observer une règle de bon sens qui consiste à se demander pour « qui roule-t-on vraiment ?». Il est évident que tout ce qui conduit à l’aggravation des relations entre les peuples européens d’un côté, les Iraniens, les Turcs et les Arabes de l’autre, sert les Américains et les Israéliens mais certainement pas les Européens. Que les choses soient dites clairement à ceux qui pensent qu’Huntington a la solution : nous ne règlerons pas le problème de l’immigration extra-européenne par la guerre avec le monde musulman.
Qu’il soit bien entendu ensuite que le réalisme (la realpolitik) ne signifie pas l’absence de valeurs ou le piétinement de celle-ci. J’établis une distinction entre les « Droits de l’Homme », fabrication révolutionnaire, et la liberté, valeur antique. La liberté, depuis la Grèce, Rome et la chevalerie européenne, est au cœur de ce qu’est l’identité de l’Europe. Les « Droits de l’Homme », droits abstraits d’un homme abstrait, n’ont, quant à eux, rien à voir avec la liberté, et bien au contraire ! C’est au nom des « Droits de l’Homme » que depuis deux siècles, une seule et même politique de Terreur est menée : celle qui terrorise les peuples et les prend pour cible davantage que leurs armées, autant dans la France de 1793, que dans le vieux Sud américain, l’Irak baasiste, la Serbie, la Libye, sans oublier Dresde et Cologne, Hiroshima et Nagasaki. Demain peut-être en Syrie et en Iran.
La realpolitik c’est d’abord le rejet de cette politique des « Droits de l’Homme » qui au prétexte de libérer les peuples d’eux-mêmes, n’a cessé de les assassiner et de les livrer à des forces étrangères. La realpolitik c’est ensuite la première protection de l’idée de liberté, valeur essentielle de la civilisation européenne, qui, associée à l’exercice de la raison, est sans conteste le premier facteur du succès historique de l’Occident.
Les « Droits de l’Homme » sont en train de détruire ce que la liberté et la raison ont construit durant des siècles en Occident. Ils détruisent la puissance des Européens, annihilent leur capacité à établir le diagnostic lucide de leur véritable situation (soumission au mondialisme américain et invasion migratoire), et attisent le ressentiment des vieux peuples qui reviennent dans l’Histoire (Russes, Chinois, Indiens, Iraniens, Turcs…).
Je ne suis pas en train de contester la loi votée sur le génocide arménien au motif d’intérêts purement économiques qui seraient menacés et en m’asseyant sur mes principes. Je conteste cette mauvaise idée, parce qu’elle est, une fois de plus, le produit de l’aveuglement provoqué par la fiction des « Droits de l’Homme ».
Et plus cette fiction s’impose dans notre pays, au détriment de la realpolitik, plus la liberté recule.
Cela fait des années que la liberté d’investigation dans le champ de l’Histoire est fragilisée en France, qu’une politique de Terreur mémorielle règne sur notre pays, et que le débat est écarté au profit de la loi, surtout quand les vérités dominantes commencent à être menacées par des arguments « trop convaincants ».
Il n’est plus permis d’affirmer librement les conclusions de travaux scientifiques portant sur certaines périodes de l’Histoire (Deuxième Guerre mondiale et époque coloniale surtout) ; il n’est plus possible d’énoncer des faits et des chiffres qui établiraient un lien entre immigration et criminalité. Et, à la différence du monde-anglo-saxon, il n’est plus possible de travailler sur les différences génétiques et biologiques entre groupes ethniques et raciaux.
Ce n’est plus la science (sciences humaines et sciences exactes), ou du moins la résultante de ses libres débats, qui, chez nous, tend à énoncer la vérité, ce sont des dogmes idéologiques. Et quand ces dogmes faiblissent face à l’exercice de la raison, des lois viennent immédiatement à leur renfort pour empêcher la raison de progresser. Il existe un exemple consternant de cet effacement de la vérité scientifique, au profit de l’idéologie, un exemple qui normalement devrait réveiller les Français, ceci tout simplement parce qu’il frappe directement leurs enfants : la théorie du genre (la gender theory) qui postule que la différenciation sexuelle est le produit d’une détermination sociologique et non d’une détermination biologique, et qui est imposée à nos écoliers contre la vérité scientifique, et pas seulement contre les morales juive, chrétienne et musulmane, ou les sagesses asiatiques. Certes, les manuels d’histoire souffrent depuis bien longtemps d’une vision déformée de l’Histoire. Des médiévistes comme Régine Pernoud ou Jacques Heers se sont battus, à juste titre, contre l’image noire que l’enseignement républicain a donnée du Moyen-âge, un Moyen-âge version « Nom de la Rose », ramené aux dents pourries et à la peste, caricaturé à l’extrême pour mieux souligner la césure de la Renaissance, et surtout un Moyen-âge privé de sa dimension fondamentale : « l’enchantement » et la spiritualité. Ce qu’il y a d’essentiel dans le Moyen-âge – la puissance de la foi et l’enchantement du réel- est complètement passé à côté de nos écoliers. Comme la philosophie médiévale d’ailleurs, puisque notre enseignement de la philosophie saute allègrement de Platon à Helvétius.
Au-delà du seul Moyen-âge, et pour renforcer sa légitimité, la République n’a cessé d’inculquer à ses petits écoliers une vision manichéenne de l’Ancien Régime. Cette vision grossière et contraire à la vérité s’est étendue ensuite à l’époque coloniale, durant les trois dernières décennies, avant d’englober toute l’histoire de la civilisation européenne. Dans les derniers manuels d’histoire, ce qui a été grand est dominateur (Louis XIV, Napoléon) y est volontairement effacé au profit d’empires africains incertains. Mais ce qui est nouveau, c’est que les manuels de Sciences et vie sont maintenant également rattrapés par les dogmes de l’idéologie dominante. Le fait d’être un homme ou une femme est désormais aussi une construction sociologique, et par voie conséquence il devient légitime de pouvoir changer de sexe et de sexualité. Pour donner une légitimité au résultat de la démonstration, on a tordu les prémisses. Le contraire même de la démarche scientifique. Le sexe n’est plus un fait naturel qui s’impose à nous dès notre naissance. Il y a eu d’abord la négation des races, puis celle des nations ; il y a maintenant la négation des sexes. Et la loi est désormais chargée de nous faire entrer dans le crâne cette nouvelle religion mondialiste et ses dogmes si le conformisme n’y parvient naturellement.
La nouvelle religion a sa nouvelle histoire, laquelle est ponctuée de catastrophes incontournables, l’Holocauste des Juifs durant la Seconde Guerre mondiale, dans une moindre mesure celui des Arméniens, puis le « petit Holocauste » du 11 septembre. Certains holocaustes, mais pas tous quand même ! On n’imagine guère en effet nos députés votant une loi pénalisant la négation du génocide des Indiens d’Amérique lequel est au fondement pourtant de la création des… Etats-Unis d’Amérique, ou une loi visant à pénaliser la négation de la dispersion palestinienne en 1948 et 67. Il faut dire qu’il y a peu d’Indiens qui voteront à la prochaine élection présidentielle française. Peu de Palestiniens non plus, même s’il y a pourtant beaucoup d’Arabes. Le jour où la proportion de Français rendue à l’évidence deviendra trop importante, on peut s’attendre aussi à une loi pénalisant la contestation de la version officielle du 11 septembre.
Aujourd’hui en France, un universitaire est emprisonné (après avoir été détruit socialement) non parce qu’il a attaqué une banque, mais parce qu’il a osé contester des vérités historiques établies. A l’inverse, ceux qui martyrisent de façon quotidienne les Français (Français de souche ou nouveaux Français qui ont fait l’effort de le devenir), ceux qui les volent, les insultent, bousculent leurs Anciens, giflent leurs ados maigrichons et terrorisent leurs filles, ceux-là n’intéressent pas la représentation nationale. Non, pour nos députés, ce qui est essentiel, c’est de protéger la mémoire arménienne, comme ils ont cru protéger hier la mémoire juive. Manifestement, ils pensent avoir été élus pour ployer le genoux devant les minorités, plutôt que de s’occuper d’une masse de braves Français qui, inexplicablement, renouvelle leur mandat depuis plus trois décennies.
Je reviens à cette mauvaise idée de loi sur le génocide arménien.
1/ Ce débat doit rester celui des historiens. Les Parlementaires, dont l’immense majorité est ignare et n’a jamais lu un seul livre sur le sujet, n’ont pas à s’en mêler. Ils n’ont pas plus à légiférer sur la question arménienne, qu’ils n’avaient hier à légiférer sur les drames concentrationnaires de la Deuxième Guerre mondiale.
2/ Cette question appartient aux Arméniens et aux Turcs. Elle regarde la Turquie et non la France. Il ne faut pas venir se plaindre si les Turcs rétorquent en se penchant sur notre passé colonial. C’était tellement prévisible. Parler de l’Algérie pour les Turcs c’est à la fois semer la discorde chez nous, mais c’est aussi rehausser un peu plus le prestige de la Turquie dans le Maghreb.
3/ Puisqu’ils se déchaînent maintenant sur notre Histoire, j’avoue que les Turcs m’amuseraient davantage s’ils s’occupaient de légiférer sur la contestation du génocide des Vendéens. S’ils ne les connaissent pas encore, qu’ils se précipitent sur les ouvrages de l’historien français Reynald Secher, spécialiste des guerres de Vendée. Ils y trouveront les textes de la Convention qui donnèrent l’ordre explicite d’éradiquer une population toute entière, hommes, femmes et enfants, parce qu’elle était, « ethniquement contre-révolutionnaire ». Ils y découvriront des massacres de grande ampleur qui ne furent pas le résultat de débordements de la part des exécutants, mais bien d’une politique criminelle planifiée au plus haut niveau, utilisant des méthodes préindustrielles (noyades de Carrier à Nantes) et la Terreur (tannage des peaux humaines, cannibalisme, nourrissons cuits dans des fours à pain) comme stratégie militaire.
J’imagine même combien il serait intéressant pour une élite turco-musulmane anti-kémaliste de découvrir combien leurs adversaires « jacobins » kémalistes doivent à cette Révolution française, qui fut aussi la matrice des grands totalitarismes du XXe siècle (bolchévisme et nazisme) et des grandes idéologies modernistes du monde musulman auxquels s’opposent islamistes turcs et Frères musulmans arabes !
Si nos gouvernants ont décidé de nous faire détester par des pays émergents qui comptent de plus en plus, comme le Mexique (avec l’affaire Cassez) ou la Turquie, qu’ils nous le disent clairement. De ce point de vue, les résultats engrangés durant l’année 2011 sont exceptionnels !
Le Maroc a interdit ce 24 décembre un numéro de L’Express figurant Mahomet. Début de scandale dans notre presse bienpensante. Et alors ? Nouvelle leçon de Droits de l’Homme à attendre ? Il ne suffit pas de la Tunisie, du Mexique, de la Turquie, il nous faut maintenant nous fâcher avec le Maroc ? Nous ne sommes pas en train de parler d’un titre de presse français sur le territoire français mais d’un titre français sur le territoire marocain. Les Marocains n’ont-ils pas le droit de faire ce qu’ils veulent chez eux ? Ils seraient donc obligés de distribuer L’Express ? Ils n’auraient pas le droit d’estimer que ce numéro peut constituer un trouble à l’ordre public ? Le PJD (parti islamiste) n’est-il pas encore assez fort (il gouverne) à nos yeux qu’il faudrait lui donner encore un coup de main ? Il y a un très bon historien du Maroc (je ne peux que recommander son excellente et tout récente Histoire du Maroc), Bernard Lugan qui ne doit pas en revenir en ce moment ! Il y a quelques jours, l’émission qu’il enregistrait pour I-Télévision avec Robert Ménard, afin de présenter un décapant essai « Décolonisez l’Afrique ! » (paru aux éditions Ellipses début décembre) a été purement et simplement censurée, c’est-à-dire enregistrée mais jamais diffusée. Nos amis marocains devraient poser la question à la France : si vous interdisez de parole votre plus grand historien de l’Afrique, pourquoi alors ne pourrions-nous pas (de temps en temps mais c’est tellement rare !) bloquer la distribution de l’un de vos titres de presse sur notre territoire ?
A la vitesse à laquelle la France multiplie les querelles, il faut maintenant se poser une question. La bêtise suffit-elle à tout expliquer ? Ou bien y-a-t-il une force plus profonde qui pousse dans cette direction ?