Cambiamenti Tecnologici (di Piergiorgio Rosso)
L’articolo originale di Irina Slav è uscito il giorno 8 agosto 2017 su OILPRICE.com con il titolo: “Dear Millennials, Big Oil is not your enemy”. Uno spot rivolto ai giovani neo-laureati in cerca di occupazione. Lo riportiamo comunque ampiamente – con traduzione libera – perché ci sembra abbastanza utile per rinforzare il nostro punto di vista sulla questione della transizione energetica in generale: una tecnologia – lo sfruttamento delle fonti di energia fossile – è storicamente determinata e viene superata non perché finiscano quelle determinate materie prime e neanche per decisione “illuminata” di un comitato di scienziati riuniti in un organismo ONU (Comitato IPCC), ma solo e quando una nuova tecnologia più efficiente – nel senso della razionalità strumentale del mini-max più volte citata da G. La Grassa – viene resa disponibile e solo e quando nuovi agenti delle sfere politica ed economica (industriale e finanziaria), decidono di utilizzarla nel contesto del conflitto strategico che li oppone ad altri. Nel frattempo la tecnologia esistente non sta ferma, si “efficienta” anch’essa e i suoi sostenitori non stanno a guardare ma invadono il campo avversario, se necessario e utile alla loro sopravvivenza.
Buona lettura.
Quella del petrolio e gas è, apparentemente, l’ultima industria che i millennials [convenzionalmente la fascia di età compresa fra 15 e 35 anni – NdR] hanno segnato a morte. Non vogliono lavorare nel settore perché è sporco, difficile e pericoloso. Per quanto precisa possa essere, questa non è la storia completa del petrolio e del gas.
Per i millennials, l’industria petrolifera si cura solo di fare più soldi possibile, pompare e vendere quanto più petrolio possibile e danneggiare l’ambiente irrimediabilmente. Ma questa è una descrizione piuttosto ristretta. E’ decisamente troppo facile mettere da parte il fatto che migliaia di prodotti quotidiani siano totalmente o parzialmente ricavati da petrolio e gas naturale.
Per essere onesti, alcuni dei prodotti derivati del petrolio hanno sostituti più ecologici, ma certamente non tutti, per esempio prodotti importanti come valvole cardiache e fibre sintetiche. E le alternative non sono sempre innocue. Le alternative alle fibre sintetiche sono cotone, canapa, lana, pelle e pelliccia.
Ora, alcuni autori affermano che l’industria dei combustibili fossili debba morire e che i millennials sarebbero solo felici di aiutarli. Ma per quanto sporca sia, l’industria dei combustibili fossili sopravvive. Il suo modello di business – almeno il modello di quelli che tendono a sopravvivere ad ogni crash dei prezzi – è sostenibile nel senso più generale della parola.
Una caratteristica di un modello di business sostenibile è la diversità di applicazioni per i suoi prodotti. Un altro è quello che recentemente ha ricevuto una grande spinta: l’innovazione tecnologica volta a migliorare l’efficienza produttiva e ridurre i costi di produzione. Quando il nuovo prezzo normale è la metà di quello che è stato tre anni fa, puoi andare avanti in uno spirito di innovazione, oppure puoi sprofondare. Questa innovazione, per quanto strano possa sembrare, aiuta la sostenibilità ambientale.
“E’ abbastanza semplice – dice l’analista Peter Bryant – ciò che è buono per il business è buono per l’ambiente”. Bryant, ha tre decenni di esperienza in energia, tra le altre industrie, e co-autore di una relazione che riesamina in anticipo ciò che si annuncia per i giocatori dell’industria del petrolio e del gas. Quello che può favorirli è più tecnologia, processi più semplici e maggiore produttività. Tutto ciò ridurrà l’effetto negativo che l’industria ha sull’ambiente, dice Bryant, perché la strada del petrolio e del gas verso la sostenibilità interna corre parallela alla sostenibilità ambientale. È vero che la sostenibilità ambientale non è stato l’impulso primario dell’innovazione, ma ora che l’attenzione del settore è orientata verso incrementi di efficienza e costi di produzione più bassi, una riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ad esempio, è una conseguenza logica. Un’altra conseguenza di questo tipo è ridurre la quantità di risorse come combustibili e acqua utilizzati per lo sviluppo di campi di petrolio e gas a terra e in mare aperto. Un terzo è assicurarsi di estrarre tutto ciò che puoi estrarre dai giacimenti esistenti prima di passare a quelli nuovi. Questo va bene per le imprese in quanto costa meno, ed è anche un bene per l’ambiente in quanto conserva risorse e riduce le emissioni. Gli azionisti ambientalisti hanno avuto un ruolo in tutto questo così come le nuove normative, rafforzando la motivazione del settore del petrolio e del gas in favore del cambiamento, ancorché contro voglia. Questa motivazione ha portato ad investimenti di Big Oil nelle energie rinnovabili e nelle iniziative per la cattura e stoccaggio del carbonio – stiamo parlando di centinaia di milioni di dollari versati in energia verde e ricerca sulla sostenibilità, che non è affatto male per un settore che agli occhi dell’opinione pubblica è l’opposto dell’economia verde. Alcune grandi compagnie petrolifere stanno sostenendo a gran voce una tassa sul carbonio negli Stati Uniti.
Allo stesso tempo, Big Oil si è rapidamente direzionata verso le energie rinnovabili. Oltre ai leader come Total e Statoil, che da anni si sono espansi in energia eolica e solare, Shell ha recentemente annunciato un investimento annuo di miliardi di dollari in iniziative rinnovabili e il suo amministratore delegato, Ben van Beurden, ha dichiarato che la sua prossima vettura sarà elettrica. Un rinnegato?
Per coloro che si fondono sulle vecchie ipotesi che il mondo non possa sopravvivere senza combustibili fossili, questo crescente spostamento verso le fonti rinnovabili potrebbe apparire come un rinnegamento. Per coloro che si trovano all’estremità opposta del campo, questo appare come i topi che lasciano una nave che affonda. La realtà è che il petrolio è un business. Non è un’ideologia e non è una fede. È un’impresa e le imprese, se i loro proprietari vogliono mantenerle in funzione, sono sistemi adattativi.
L’impulso delle energie rinnovabili sta ancora guadagnando slancio, spinto in avanti dalla normativa e dall’innovazione tecnologica. Se i regolamenti pro-verde continuano ad espandersi e l’innovazione tecnologica mantiene il ritmo attuale – o addirittura aumenta – il petrolio potrebbe diventare obsoleto prima della fine del secolo, almeno come fonte di carburante per veicoli e centrali elettriche. Il gas, il carburante “ponte”, continuerà ad essere richiesto per la durata del passaggio alle rinnovabili, che richiederà decenni.
In altre parole, il petrolio e il gas non scompaiono e le aziende che li estraggono e li raffinano non sbiadiranno nell’oblio: cambieranno. Alcune di loro potrebbero anche trasformarsi in leader di mercato dell’energia rinnovabile. Quale millennials non vorrebbe lavorare per un leader del mercato dell’energia rinnovabile?