Cambierà qualcosa? di G.P.
Profumo se ne va ma l’alone resta, così come l’arroganza di questo banchiere e dei capannelli politici e mediatici che lo hanno sempre circondato e protetto (in quanto funzionario di un settore ancora predominante del capitalismo italiano e non di certo come individuo).
Eppure Mr. Arrogance, prima di abbandonare il posto di lavoro, ha voluto farci la morale sulla sua indipendenza dai poteri forti e dalle logiche perverse di una politica ipertrofica che entra a gamba tesa nel mercato e negli affari (semmai sarebbe l’opposto). Quest'ultima è apparsa come una pessima boutade in bocca ad un soggetto che si è più volte messo in fila ai seggi delle primarie del PD. Profumo, dopo aver dato le dimissioni da Piazza Cordusio, si è lasciato andare ad una bassa retorica da circolo finanzieri in prepensionamento, attribuibile ad un momento di defaillance psicologica che, tuttavia, non lo autorizza a dire il falso così spudoratamente e reiteratamente. Prima di lui aveva provato a raccontare le stesse improbabili storie di equidistanza dalla politica anche Bazoli di Intesa SanPaolo, un altro messosi in fila alle primarie del Partito Democratico e da sempre molto vicino a Romano Prodi. Ma c'è poco da sorprendersi per tali uscite, poichè queste sono nel patrimonio genetico di una categoria di persone abituate da sempre alla menzogna e al raggiro ai danni della società.
Per farsi un’idea di come le cose non sono andate nell’ennesima soap bancaria di Casa-Italia bastava darsi una lettura dei quotidiani ieri. La chiarezza e la trasparenza non sono requisiti che entrano facilmente nelle grandi narrazioni attinenti a tali vicende, men che meno in questo paese dove la finanzocrazia controlla e subordina a sé ampia parte dello spettro partitico nazionale e dei mezzi di comunicazione. Più volte abbiamo parlato di questa caratteristica che tende scompaginare i ruoli e a capovolgere i rapporti di forza tra politica e finanza, in quei Paesi senza autonomia decisionale che dipendono da centri regolatori esterni per le proprie iniziative economiche e strategiche. Ma il quadro più pittoresco e irrealistico lo ha fornito ieri Repubblica, con un articolo a firma del suo vicedirettore Massimo Giannini. Quest’ultimo ha rilanciato senza pudore la versione di Alessandro Profumo sostenendo che il sistema dei poteri dominanti ha voluto punire un individuo non disponibile a piegarsi ai giochetti politici, quelli “di un capitalismo provinciale, asfittico, autoreferenziale, etero-diretto dalla politica. In questa ultima grande partita del potere italiano non ha perso Profumo, uno dei pochi grandi banchieri di caratura internazionale in questo sciagurato paese. Ha perso l’intera, sedicente “élite” della solita, piccola italietta”. Già il titolo del pezzo esprimeva pienamente la posizione dell’articolista e del suo editore parlando della vittoria dell’ "asse Geronzi-Berlusconi", tanto che non sarebbe stato necessario sprecare una lenzuolata di parole per far capire qual’era il vero problema, quello che sta mettendo decisamente in ambasce lui e il suo padrone. Sicuramente Geronzi non è uomo di sinistra ma nemmeno si deve ritenere un berlusconiano convinto. Forse questo “colpo” alla banca più importante della nazione, quella col profilo internazionale più pronunciato, ridisegnerà molti scenari e prospettive che potrebbero stravolgere la geografia dei drappelli dominanti del Belpaese. Ma a chi può dispiacere se le acque tornano a smuoversi dopo un ristagnamento più che cinquantennale che ha imputridito l’aria? Chi rimpiangerà mai questi tempi bui che hanno messo in ginocchio lo Stato davanti alla Grande Finanza parassitaria e all'Industria decotta assistita col denaro pubblico? Non ci aspettiamo nulla dagli eventi eppure è sempre meglio che vedere i soliti noti fare un solo boccone della penisola.